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(BP).
Nel 1928, siccome la situazione sembrava migliorata, si rese più definitivo il metodo delle riparazioni con un nuovo
piano, affidato ad una commissione guidata dal banchiere americano Owen Young, che nel 1929 abbassò la rata
annuale (prevedendone un aumento successivo) e fissò un orizzonte temporale del pagamento in 37 anni.
Il pagamento delle riparazioni e dei debiti di guerra, però, venne definitivamente sospeso nel 1931, a causa della crisi
finanziaria internazionale del 1929 (nota come grande crisi).
Gli Stati Uniti, quindi, finirono con il prestare alla Germania aiuti economici per la sua ricostruzione economica,
perché continuavano ad avere una Bilancia dei Pagamenti (BP) in avanzo: infatti, se gli Stati Uniti volevano essere
ripagati dei loro crediti, avrebbero dovuto avere una Bilancia dei Pagamenti (BP) in decifit, per assorbire capitali
dall’estero. Capitolo 9
Le difficoltà dell’economia europea negli anni Venti
1.
Gli anni ’20 furono caratterizzati dall’espansione degli Stati Uniti e del Giappone, ma videro un’Europa incapace di
generare un nuovo ciclo di sviluppo:
1. la crescita più deludente ci fu in Germania e in Gran Bretagna, anche se furono i due Paesi con maggiori
potenzialità nel periodo prebellico;
2. mentre i risultati economici meno negativi ci furono in Francia e in Italia, nonostante le loro travagliate
vicende politiche.
Germania: dall’iperinflazione alla crisi
2.
La lenta crescita della Germania era dovuta non solo alle elevate perdite umane della guerra, ma anche alle condizioni
nel Trattato di Versailles, che portarono all’iperinflazione e alla distruzione del sistema monetario tedesco:
imposte
per questo motivo, la moneta corrente, i depositi bancari e i titoli di Stato della Germania furono azzerati, provocando
elevate perdite alla classe media, perché era la maggiore detentrice di capitali liquidi tedeschi.
Nel Novembre del 1923, dopo che l’iperinflazione aveva reso il marco inservibile (perché un dollaro valeva 4.200
anche se fu solo con l’applicazione
miliardi di marchi), venne introdotta una nuova moneta (chiamata Renten Mark), all’afflusso di
del Piano Dawes nel 1924 che la circolazione monetaria si stabilizzò (con il Reichs Mark), grazie
capitali stranieri (soprattutto dagli Stati Uniti), che finanziarono tra il 1925 ed il 1927 un terzo degli investimenti
interni e le rate delle riparazioni, mantenendo la Bilancia dei Pagamenti (BP) in equilibrio.
Alla fine del 1927, però, a causa del peggioramento della congiuntura tedesca, gli americani decisero di ritirare i
propri capitali dalla Germania, provocando una vera e propria crisi tedesca, che iniziò alla fine del 1928 (cioè un anno
prima della grande crisi americana) e terminò nel 1933 (con la fine della Repubblica di Weimar e la salita al potere di
Hitler).
Nel 1928, infatti, in Germania, il reddito pro capite era solo del 13% superiore a quello prebellico (113): il risultato
peggiore, però, ci fu in Gran Bretagna (104), mentre quello migliore ci fu in Francia (135); i risultati intermedi,
invece, si ebbero in Italia (121) e negli Stati Uniti (130).
3. Gran Bretagna: primato della Sterlina a qualunque costo
Gran Bretagna, quindi, negli anni ’20 fu caratterizzata da una spirale negativa, nonostante fosse la potenza
La
vincitrice della prima guerra mondiale: in Gran Bretagna, infatti, la crescita del reddito pro capite fu solo del 4%, le
alto (variando tra il 7% e l’11% per
esportazioni si bloccarono ed il tasso di disoccupazione totale rimase sempre
l’intero decennio).
I risultati negativi della Gran Bretagna erano dovuti al fatto che, dopo la prima guerra mondiale, i suoi impianti
industriali e commerciali non vennero rinnovati e le sue esportazioni tradizionali vennero rimpiazzate da altri Paesi;
inoltre, il debito della Gran Bretagna nei confronti degli Stati Uniti ammontava a 4,7 miliardi di dollari e la sua
inflazione, essendo superiore a quella americana, portò alla svalutazione della sterlina.
Gli inglesi, però, cercarono a tutti i costi di evitare questa svalutazione, perché politici ed operatori economici erano
problemi dell’economia inglese sarebbero stati risolti solo se si fossero ristabilite le condizioni
convinti che i
prebelliche, tra cui la stabilità monetaria.
Nel 1925, quando gli europei ritornarono al Gold Standard, la decisione della Gran Bretagna, quindi, fu quella di
ritornare nel regime aureo allo stesso tasso di cambio con il dollaro che vigeva prima della guerra (cioè 4,86 dollari
per sterlina).
Questa decisione, presa dal primo ministro Winston Churchill, venne appoggiata non solo dalla City (cioè la più
piazza finanziaria dell’epoca),
grande ma anche dalla Confederazione degli industriali, che non sembravano
preoccupati dalla perdita di competitività delle esportazioni.
L’unico a criticare la decisione di Winston Churchill, invece, fu Keynes, perché era convinto che in quel modo
l’economia inglese sarebbe rimasta in una ”posizione di finto equilibrio”, a causa della combinazione pessima tra
”sopravvalutazione e deflazione”: il governo inglese, infatti, per sostenere il cambio sopravvalutato della sterlina, fu
costretto ad utilizzare una politica monetaria restrittiva con alti tassi di interesse che causarono la riduzione degli
investimenti e delle esportazioni.
La Bilancia dei Pagamenti (BP) della Gran Bretagna, quindi, divenne negativa e le riserve si ridussero, provocando
molti problemi alla Banca d’Inghilterra, che non voleva far ricorso a prestiti; la situazione della Gran Bretagna
migliorò solo alla fine degli anni ’20, ma ben presto peggiorò di nuovo, a causa della crisi finanziaria internazionale
del ’29.
4. Francia: una stabilizzazione monetaria realistica
Francia, negli anni ’20, fu il Paese con la migliore situazione economica, anche se venne superata dall’Italia per
La
quanto riguarda la produzione industriale: molto positive furono le esportazioni (aumentate di circa il 50%), mentre il
reddito pro capite si incrementò di oltre un terzo.
I risultati positivi della Francia vennero raggiunti per tre motivi principali:
un primo elemento utile fu il recupero dell’Alsazia e della Lorena, essendo regioni ricche
1. di materie prime ed
industrializzate;
mentre un altro fattore di crescita fu l’allargamento della capacità produttiva nell’industria pesante, realizzato
2. durante la prima guerra mondiale;
l’ultimo elemento di sviluppo, invece, fu la capacità di Raymond
3. Poincarè di stabilizzare legalmente nel 1928
il franco, riportando ordine nella finanza pubblica e nella politica monetaria, senza danni per la democrazia
francese: in particolare, il franco venne stabilizzato al tasso corrente (cioè 25,53 franchi per dollaro, contro i
5,18 franchi prebellici).
Il successo francese fu il rovescio della medaglia dell’insuccesso inglese, anche se gli inglesi non lo ammisero,
continuando a rimproverare alla Banca di Francia di aver accumulato oro e al governo francese di aver permesso la
svalutazione del franco, allo scopo di sottrarre mercati esteri alle esportazioni inglesi.
5. Italia: dalla democrazia alla dittatura
L’Italia, negli anni ’20, dopo la caduta dell’ultimo governo Giolitti (avvenuta nel 1921), entrò nel ventennio di
dittatura, per una serie di fattori:
1. un primo motivo fu la difficile riconversione delle industrie dalla produzione di guerra a quella di pace, a
causa dell’elevato decifit finanziario dello Stato italiano;
fu l’inizio del ”biennio rosso” (1919-1920), caratterizzato dall’occupazione delle
2. mentre un secondo motivo
terre e delle fabbriche, a causa dell’elevata disoccupazione e dell’iperinflazione;
3. un terzo fattore, invece, fu la condotta di Mussolini, che intraprese molte azioni illegali non adeguatamente
contrastate dalla polizia;
mentre un altro motivo fu l’atteggiamento poco garantista del re, che non bloccò con l’esercito la marcia su
4. Roma del 1922, consegnando il potere a Mussolini (che formò il suo primo governo)
l’ultimo fattore che causò la dittatura,
5. invece, furono gli sviluppi politici, che videro nel 1919 la sconfitta del
potente Partito Liberale e la vittoria di due partiti privi di esperienza governativa e senza la necessaria
autorevolezza (cioè il Partito Socialista ed il Partito Popolare).
Le cause iniziali che portarono al potere Mussolini, però, furono principalmente due:
1. una prima causa fu la mancanza di qualsiasi aiuto internazionale per la ricostruzione del territorio italiano,
distrutto dalla prima guerra mondiale;
mentre l’altra causa
2. fu la scarsa pratica di una democrazia di massa e, infatti, il suffragio universale maschile
venne introdotto solo nel 1912.
Subito dopo la salita al potere, Mussolini nominò ministro delle Finanze Alberto De Stefani, che era un economista
liberista e che proseguì nel processo di riequilibrio della finanza pubblica, fino ad arrivare al pareggio della
inoltre, Alberto De Stefani proibì gli scioperi, portando alla ripresa dell’economia
Bilancia dei Pagamenti (BP);
italiana, ma con un trend talmente inflazionistico che Mussolini decise di sostituirlo alla fine del 1924 con Giuseppe
Volpi, che era un grande finanziere ed imprenditore veneziano.
Giuseppe Volpi riuscì a farsi quasi interamente condonare i debiti verso la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e stabilizzò
la lira per rientrare nel Gold Standard (in particolare, nel 1926 un dollaro valeva 27,3 lire italiane).
La volontà di Volpi di stabilizzare la lira al tasso di cambio di mercato, però, venne superata da Mussolini, che impose
la famosa ”quota 90”, cioè un tasso di cambio sopravvalutato di 90 lire per sterlina (circa lo stesso valore in vigore
quando Mussolini salì al potere).
Nello stesso periodo, avvenne il consolidamento del debito pubblico e ci fu una riforma bancaria, secondo la quale la
d’Italia doveva diventare l’unica banca di emissione.
Banca
A seguito di queste misure, molti economisti (tra cui Keynes) preannunciarono una crisi dovuta alla caduta delle
esportazioni e degli investimenti, ma il regime fascista riuscì comunque ad evitarla (riducendo prezzi e salari),
portando già nel 1928 alla ripresa dell’economia italiana.
In campo creditizio e nel settore agricolo, invece, le difficoltà continuavano e, quindi, il governo si dedicò
all’organizzazione della ”bonifica integrale”, strutturalmente l’agricoltura italiana,
con la quale migliorò portando le
dell’Italia alla ”normalità”.
condizioni anni ’20 furono abbastanza positivi per l’economia italiana, che vide:
Nel complesso, quindi, gli
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