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MATTONI
Dall’età imperiale la produzione di mattoni si espande a scala industriale. Non richiede una
manodopera specializzata. Impiegati sia nella produzione sia nella messa in opera usati schiavi
(manodopera non specializzata). I mattoni usati dai romani sono di 3 tipi diversi con dimensioni
diverse (potevano essere spaccati in elementi triangolari o rettangolari o messi in opera così come
sono:
- Bessales: 19.7cm
- Sesquipedales: 44.4cm
- Bipedales: 59.2cm
I vari strati della fornace di mattoni (impilati verticalmente) hanno caratteristiche diverse:
- Ferrigni, alla base molto fragili e molto duri usati come aggregati cls o per fondazioni
- Forti, quelli ideali (mezzanelle)
- Dolci, di discreta qualità
- Albasi, usati per i tramezzi interni o per elementi decorativi perché sono i più fragili. Cotti in
alto.
Quelli romani sono mattoni quadrati e spesso realizzati tracciando all’interno dei solchi che
possono essere diagonali o quadrati con diagonali per facilitare la rottura. Pettine per far aderire la
malta (guarda incisione di Piranesi). Mattone grande ma basso perché prende come riferimento la
tegola. Solo la punta penetra del cls, venivano spezzati in triangoli. Ogni tot metto un ricorso di
mattoni interi per livellare. Risparmio di materiali. Nb interi solo negli angoli.
La muratura in opus caementicium o in opus testaceum non era mai lasciata a faccia-vista; essa
veniva sempre rivestita con uno spesso strato di stucco protettivo, o con lastre di marmo o
travertino che venivano agganciati alla muratura con delle staffe metalliche.
RIVESTIMENTI
RIVESTIMENTO INTONACO: Cls+opus reticolatum+3/5cm a base di malta grossolana e reso
ruvido con la cazzuola+2/4mm con malta più fine (vagliata) trattata con frattazzo+grassello di
clace+strato finissimo 1/2mm di calce pura per intonaco e decorazione
Se ospita lastre di marmo ci sono altre operazioni da fare
RIVESTIMENTO IN PIETRA: lastra poggi su zoccolo a una certa distanza dalla muratura e dopo
un distanziatore lastra e metto degli uncini nel muro sui quali verrà inserita la lastra di marmo che
ha dei buchi ai lati e poi viene colata la malta per unire il muro con la lastra. La lastra è lavorata
solo nella parte a vista. La malta annulla le imperfezioni della muratura e delle lastre in marmo non
lavorate.
ARCHI E VOLTE
Insieme alla tecnica costruttiva del cls si fa strada l’utilizzo delle strutture ad arco e della volta.
Greci struttura trilitica anche se conoscevano l’uso dell’arco, ma lo relegavano a situazioni di tipo
marginali e nelle strutture più importanti quello trilitico. I romani fanno l’arco l’elemento principale
della loro architettura.
Uso dell’arco in Italia: porta con arco a tutto sesto realizzato in pietra. Cloaca massima (canale
artificiale per smaltire le acque del foro massimo verso il Tevere), punto di uscita arco con 3 ghiere
con piccole pietre.
Pseudo arco o arco a mensola: risultante accostamento pietre le une sulle altre in modo che quelle
superiori sono a sbalzo rispetto a quelle di sotto, dove non c’è il concio di chiave. Oppure monolite,
unico blocco di pietra, lavorato creando una struttura ad arco a tutto sesto. Subiscono le stesse
deformazioni degli archi realizzati con conci.
Arco con conci (in pietra oppure cls con paramento). Arco struttura curva impostata su piedritti
(elementi verticali distanti e possono essere pilastri o colonne). Più elementi lapidei, il rimando dei
carichi della curvatura verso i piedritti hanno un andamento diverso dalla verticale, diretta verso
l’esterno. La direzione di questa spinta sui piedritti tende a ribaltarli, e le pressioni che gli elementi
dell’arco di trasmettono.
Costituito da n elementi. Il giunto in chiave garantisce la stabilità. Le reni dell’arco sono quelli più
delicati. L’arco appoggia su un piedritto o su una spalla (porzione di muratura).
ARCO A SESTO ACUTO. Nell’arco la linea delle forze coincide con l’asse mediano in minima parte
e in zone precide, e se ne allontana in corrispondenza delle reni e della chiave. In questi punti si
localizzano i punti di probabile rottura. NUCLEO DI INERZIA zona in cui deve ricadere la linea
delle forze. Finché la risultante delle forza vi ricada si ha lavoro a compressione, se invece ne esce
si ha a trazione, quindi lezione. Tutto questo in età romana si faceva in base all’esperienza. NB più
si alza il sesto acuto più scarica sulla verticale.
Se ci sono pochi conci e i piedritti si allontanano i giunti si aprono e l’arco collassa. Se invece li
avvicinano si apre sull’estradosso. Se non è in grado di sopportare il peso si apre nei giunti.
Arco in conci lapidei (accostando conci l’uno all’altro). Conci con sezione trapezoidale e
l’estradosso è perfettamente semicircolare. Per evitare lavoro ulteriore, possono presentarsi
perfettamente semicircolari all’intradosso ma all’estradosso hanno particolari disegni (conci
pentagonali o conci a martello).
Archi in conglomerato (in cls). Può avere un paramento in pietra o in laterizio, interno può essere
un’unica gettata o in distanze regolari pongo intero laterizio che occupi l’intera dimensione dell’arco
e in tutto il resto solo frammenti di mattone per la porzione esterna. Si vengono a formare
“cassette” nelle quali viene gettato il cls.
Le ghiere possono essere più di una. Ponte di Cestio: cls e paramento in pietra collegato con
staffe.
Cagnòli per la centina. Punti di innesto sul quale veniva posta la centina (opera provvisionale).
Archi di scarico. Serve per scaricare in punti particolari. Trasferisce le sollecitazioni superiori nei
punti più resistenti (o pieni) della muratura. Vedi il pantheon. Centine tipo capriata poi disposte assi
di legno che formi l’arco (che costituiscano i piano di appoggio) e poi posizionati i conci o gettato il
cls. Centine più o meno complicate. Per arco in cls, centina aerea che appoggia su risega della
muratura, tavole molto fitte, posizionate ghiere esterne e poi anche una centrale se è molto
spesso. Cls indurito si scassera. Nell’intradosso si vedono i segni delle tavole, ma spesso viene