Storia delle relazioni internazionali
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Neutralità: non possono commerciare armamenti all’estero. il primo conflitto infatti coinvolse gli
USA proprio perché avevano interessi a proteggere gli investimenti fatti in Europa.
Altro motivo d’entrata nel primo conflitto era la disintegrazione delle navi commerciali da parte
delle u-boat. Da qui non commerciare con nazioni coinvolte in conflitti (seconda legge di
neutralità).
Terza legge, il presidente non può AUTORIZZARE relazioni commerciali con parti coinvolte in
conflitti. Quarta, la più dura, le leggi hanno durata indeterminata. Vi è però la clausola CASH
CARRY: gli acquisti di merci possono essere effettuate direttamente sul naviglio e devono essere
pagati immediatamente.
Roosevelt ha quindi le mani legate mentre guarda preoccupato la situazione europea. Egli ha una
visione internazionalista degli USA. È preoccupato che l’Europa, principale interlocutore, cada
sotto l’egemonia del nemico. Vorrebbe agire tempestivamente ma si trova contro il Congresso e
l’opinione pubblica. Si crearono anche simpatie verso i nazisti in america (ad esempio il famoso
Lindberg).
Dopo la sua 3 rielezione però ha più libertà di manovra: dopo gli accadimenti nel vecchio
continente, cerca di porre dei rimedi cominciando un opera di avvicinamento con la GB. Modifica
la clausola Cash n Carry per il commercio di armamenti per facilitare l’esercito britannico. Sempre
nel corso di quell’estate Roosevelt baratta vecchi caccia-torpedinieri americani con alcune basi nel
Canada settentrionale. Con quei mezzi gli inglesi possono fare la scorta alle navi che trasportano il
materiale bellico.
Dal 41 Roosevelt accelera i tempi: capisce che gli inglesi non sono più in grado di resistere con la
formula del Cash n Carry. È costretto a procedere con i crediti: chiede autorizzazione al congresso
di affittare tutti i materiali bellici necessari alla GB che pagheranno a fine conflitto. Aumenta così il
coinvolgimento statunitense nella guerra. Persino la collaborazione militare è più fitta: vi sono molti
scambi di informazioni. Il presidente pensa anche di creare una linea d’informazione d’intelligence
unificato: il compito viene affidato agli inglesi che detenevano il primato. Nasce così l’OSS (office
of strategic services).
Churchill incontrerà il presidente americano per definire gli obiettivi per cui combattere: diventerà
la futura CARTA ATLANTICA. Non bisogna scordare però che gli americani non erano ancora in
guerra nonostante fossero evidentemente schierati. La legge degli affitti e dei prestiti viene estesa
anche ai russi in seguito.
A tutti gli effetti gli USA hanno preso una posizione (a differenza dell’inizio, come dimostrato dalle
leggi di neutralità). Questo perché Roosevelt capisce che dalla fine di questo conflitto si creerà un
nuovo sistema che condizionerà il mondo per lungo tempo. In caso di vittoria totalitarista gli
americani si troverebbero fortemente svantaggiati.
In Asia orientale, il Giappone oscillava sempre fra riconciliazione con le potenze occidentale e
l’espansionismo. In Asia la guerra era cominciata nel 37, quando il Giappone attacca la Cina divisa
internamente. Gli USA guardano con preoccupazione la situazione nel Pacifico: vogliono evitare
che anche in Asia si instauri l’egemonia di un governo ostile all’America.
Nel 1940 i giapponesi si vedono offrire le colonie francesi: l’azione avviene gradualmente.
Installano delle basi con l’intento di bloccare i contatti fra la Cina e l’Indocina.
Viene firmato il patto tripartito; Hitler chiede al governo giapponese un attacco congiunto alla
Russia. Matsuoka, ministro degli esteri, viene convocato ma non accetta, anzi, si ferma a Mosca
firmando un atto di non aggressione. Si orienteranno così verso Sud, aumentando le richieste alla
Francia. L’occupazione strisciante diventa vistosa nel 1941, quando chiede a Vichy di occupare il
territorio.
A questo punto gli americani ritengono che il quadro sia cambiato troppo e attuano un pesante
embargo delle esportazioni: viene così a mancare il petrolio. Vorrebbero che i giapponesi tornassero
sui proprio passi. Si verificano fari sondaggi e trattative. Gli americani sono convinti di avere un
arma vincente, di poterli strangolare. I giapponesi sono convinti di poter porre gli USA di fronte al
fatto compiuto: vogliono eliminare la potenza statunitense nel pacifico per almeno 2 anni.
I negoziati avvengono: gli americani chiedono che i giapponesi si ritirino dalla Cina. Queste però
non sono proposte negoziabili per i nipponici.
Di fronte a questa fermezza americana i giapponesi mettono in atto l’attacco alla Hawaii per poter
fermare il disegno espansionistico.
In quel momento l’unica presenza europea in Asia era la GB che però si reggeva a stento. Senza gli
USA avrebbe quindi avuto gioco facile ad occupare tutta l’Asia orientale.
A Pearl Harbour si trovava la principale base americana nel Pacifico. Eliminando la flotta
americana, i giapponesi potevano guadagnare tempo e quindi poter creare una base così forte per
poter resistere ad un ritorno sulla scenda degli americani. L’attacco avviene nel 7 dicembre 1941.
Roma 17/11/2006 (da Vera)
Gli americani probabilmente erano al corrente dell’attacco, ma Roosevelt aveva bisogno di uno
shock tale da trascinare il paese in guerra
A partire dal 1933 l’ufficio dell’intelligence navale americano cercò di intercettare i messaggi in
codice giapponesi al fine di capire le loro intenzioni viste le tensioni fra i due paesi.
Si iniziano a decrittare le corrispondenze ma senza conseguenze decisive: gli USA non possiedono
un servizio d’informazione centralizzato ed efficiente come oggi e i codici giapponesi vennero
affidati alla marina che ogni settimana consegnava al presidente i risultati delle intercettazioni.
Nel traffico diplomatico tra Giappone e USA non si fa accenno a nessun attacco; la situazione stava
degenerando, ma non significava che ci sarebbe stato un intervento in un determinato luogo, come
ad esempio Pearl Harbour.
Roosevelt temeva l’inizio delle ostilità, ma nelle Filippine o a Singapore, ovvero rimanendo sempre
nel raggio d’occupazione giapponese. Non aveva neanche la minima idea che parte della flotta
giapponese si stava già muovendo verso le Hawaii.
L’unico segnale di traffico navale giapponese, gli americani, lo ebbero dalle intercettazioni radio tra
le navi. A queste però non venne dato il peso giusto e quando il presidente ricevette la dichiarazione
di guerra nipponica, l’attacco a Pearl Harbour era già iniziato.
L’attacco mette fuori gioco gran parte delle forze armate americane. Per sei mesi le perdite tra navi
e uomini sono gravissime. Si salvarono solo due portaerei che in quel momento non si trovavano
alla base.
Le conseguenze di tale attacco sono devastanti. A causa di ciò l’America entra attivamente nel
conflitto.
L’offesa affondò, metaforicamente, l’isolazionismo, l’odio religioso, la sfiducia verso il continente
europeo. Il 7 dicembre 1941 inizia così la GUERRA MONDIALE.
Nasce la GRANDE ALLEANZA contro la Germania e il Giappone. Un’alleanza quasi nata quasi
obbligatoriamente fra USA, URSS e GB. Un’alleanze che alla fine del conflitto portò alla guerra
fredda: instabile per le divergenze ideologiche.
Si pone immediatamente il problema su dove andare a combattere: per gli USA era naturale
concentrarsi nel Pacifico per contenere l’espansione nipponica. Era certo però che gli alleati
avevano bisogno di resistere per circa un anno per RICOSTRUIRSI un robusto esercito.
Per tutto il 42 continua l’offensiva dell’Asse: fu l’anno più critico per gli alleati.
Tre azioni alleate però danno una svolta al conflitto:
- L’ATTACCO A EL-ALAMEIN degli inglesi ai tedeschi
- LA RESISTENZA A STALINGRADO: una controffensiva russa che distruggerà la 6°
armata tedesca regalando la prima sconfitta al Fuhrer.
- L’ATTACCO A GUADALCANAL degli americani contro i giapponesi
3 attacchi che rovesciano il destino e l’andamento della guerra.
Tra il 42 e il 45 continuano i momenti di stasi e le tensioni tra le potenze alleate: l’unico collante è
la distruzione del gigante nazista.
Persino Hitler quando si rese conto dell’andamento della guerra e dei rapporti interalleati, sperò
nello smembramento interno di tale alleanza. Non si rese però conto di quanto fossero determinati
Roosevelt, Churchill e Stalin.
Primo problema della Grande Alleanza: DECIDERE LA STRATEGIA DI FONDO
La situazione del 41 rivela la maggiore concentrazione tedesca in Russia: 180 divisioni tedesche in
territorio russo, 2 in Nord-Africa, guerra nel Pacifico.
La strategia viene decisa dagli anglo-americani. L’Italia offre a Roosevel il pretesto per aprire il
conflitto in Europa grazie alla dichiarazione di guerra. Solamente gli anglo-americani sono in
conflitto col Giappone; la Russia aveva, infatti, firmato un patto di NON-AGGRESSIONE con
l’impero del Sol Levante.
Nella CONFERENZA DI ARCADIA, si decide di sconfiggere prima la Germania per non
sperperare le forze in giro per il globo e perché considerata più pericolosa.
Concentrando le forze in Europa:
1) si allevierà il peso all’URSS
2) dopo la sconfitta tedesca quella del Giappone sarà più semplice.
In seguito a tali decisioni Stalin chiede l’APERTURA DI UN SECONDO FRONTE: la richiesta
avvelena i rapporti interalleati. Le motivazioni delle richieste furono di carattere militare (Stalin
voleva allontanare risorse tedesche dal territorio sovietico) e politico: i sovietici avevano bisogno di
una CONFERMA PRATICA dell’alleanza stipulata, avevano bisogno di un sondaggio sulle reali
intenzioni occidentali.
Questi sono consapevoli di tali necessità. Il punto è dove andare a colpire. Gli americani vogliono
colpire al cuore: lo sbarco deve avvenire in Francia per poi penetrare in profondità. Roosevelt non
desidera una guerra lunga, poiché ha l’intenzione di concentrare le forze in Giappone.
Secondo il parere britannico, invece, puntare al cuore nazista è un suicidio, come dimostrato dalla
WWI: Churchill preferisce lavorare ai FIANCHI del nemico per evitare milioni di morti nelle zone
infuocate dal nemico. Quindi l’idea dello sbarco era condivisa, ma non in una zona a rischio come
la Francia.
Bisognava dunque colpire in un punto dove era sicura la vittoria. Si pensa quindi ad uno sbarco in
NORD AFRICA. Nella conferenza dell’Arcadia la forza d’influenza americana è comunque
preponderante e si decide per uno sbarco da effettuare nel continente nel 43. solamente su insistenza
inglese si ipotizza uno sbarco in Nord Africa come piano di emergenza per salvare l’URSS in caso
di cedimento.
I piani decisi non vengono portati avanti poiché nell’aprile 42 Molotov si reca in GB e negli States
dove viene messo a conoscenza dei piani. Rimase deluso nonostante Roosevelt prometta lo sbarco
prima del 43. La situazione portava a due vie: nei mesi successivi o il presidente americano faceva
la figura del bugiardo o si dovevano rivedere i piani inglesi.
Nel Novembre 42 si avviò l’OPERAZIONE TORCH che aprì un piccolo fronte nell’Africa
settentrionale: tedeschi e soprattutto italiani vengono messi alle strette nella famosa battaglia di El-
Alamein.
Roma 18 – 10 2006
Si è voluto aprire un secondo fronte limitato in Europa meridionale e vedere così il conflitto nel
Mediterraneo. Il governo di Vichy dà ordine di resistere allo sbarco statunitense nell’Asia
meridionale. La resistenza varia da episodi più duri a quelli più blandi. L’ammiraglio Darlan è il
governatore del Nord Africa per il governo di Vichy: egli, contraddicendo gli ordini superiori, si
arrende.
La Francia viene punita: la G occupa territori francesi. Darlan continua a mantenere il potere nei
suoi territori: ciò prefigura una PACE SEPARATA, senza ledere il fascismo. L’amministrazione
Rossevel viene accusata di essere stata accondiscendente verso Darlan; i russi sono preoccupati
perché vedono la possibilità di paci separate con Italia e Germania portando poi ad un
rovesciamento delle alleanze.
Si apre una crisi che si risolve quando un esponente della resistenza francese fredda il governatore.
Ora sorge il problema di chi rappresenterà la Francia: gli inglesi hanno i loro francesi, ovveo De
Gaulle che aveva deciso di invitare i francesi alla resistenza al totalitarismo nazista. È diventato il
capo dei francesi liberi. Voleva anche portarsi dietro l’impero francese, ma solo poche colonie
aderirono. I suoi soldati furono inquadrati nell’esercito britannico. Egli però diventerà via via un
ospite sempre più scomodo.
Gli americani hanno un giudizio più perplesso: De Gaulle rimane un conservatore che sembra
essere riluttante ai cambiamenti. Si svolge un incontro anglo-americano per decidere se rivolgersi a
Girault e De Gaulle. L’incontro avviene nel gennaio 1943 a CASABLANCA: qui decidono il loro
interlocutore, cosa fare del Nord Africa ( in seguito ai successi ottenuti qui, vogliono di
conseguenza perseguire la via mediterranea). Roosevelt e i militari sono un po’ riluttanti in quanto
preferiscono l’Europa settentrionale. Churchill però riesce a convincerlo che la via Mediterranea
sarà relativamente meno complicata anche per via di segnali di malcontento nell’Italia meridionale.
Si deciderà di occupare la Sicilia per liberare il traffico sul Mediterraneo (operazione Husky) e forse
realizzare un effetto a catena. Da ora si adotta la PACE INCONDIZIONATA: dovuta naturalmente
al caso Darlan; a Casablanca si stabilisce che l’Asse dovrà arrendersi incondizionatamente. Ciò
porta ad un duplice effetto: rassicura i sovietici sul piano politico (niente intese con i crucchi) e
toglie vie di mezzo agli sconfitti. Si rendono le posizioni più rigide all’interno degli alleati.
In Italia, invece, si è convinti che si debbano cessare le ostilità prima dell’invasione interalleata.
Ci si rende conto che entro il 43 uno sbarco in Francia non si possa fare per via dei mezzi e delle
tecniche: si è capito dall’invasione nell’Africa settentrionale, in quanto un nemico “impreparato” e
fantomatico aveva già causato problemi e ritardi: uno sbarco in un luogo difeso come la F avrebbe
comportato ancora maggiori complicazioni.
Il 10 luglio 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia: il regime di Mussolini era già in crisi, ma aveva
radici molto solide. L’invasione apre prospettive di estrema preoccupazione. Si sviluppano progetti
separati destinati a incrociarsi.
Dopo lo sbarco era previsto che Hitler e Mussolini si incontrassero a Feltre. I loro rapporti però
sono cambiati: Mussolini da maestro che era ora è costretto ad ascoltare lunghi monologhi del
Fhurer. Hitler lo rassicura sulla vittoria finale e promette l’invio di un contingente tedesco.
Mussolini perde la chance di convincere i tedeschi sull’uscita dell’Italia dal conflitto.
L’esercito sta preparando un colpo di stato sotto la guida del re. Si incrinano anche le relazioni
all’interno del partito: Dino Grandi presenta come ordine del giorno di annullare tutte le riforme
costituzionali portate dal fascismo dal 25 e ridare al Re la capacità di scegliere il capo del governo.
In quel modo il Gran Consiglio si priva dei poteri che si era dato in 20 anni. La seduta è lunga ma
alla fine l’odg verrà approvato a grande maggioranza. Mussolini perplesso il giorno dopo
parlamenta col Re. Questi gli dirà di aver già scelto come capo del governo il maresciallo Badoglio.
Il 25 luglio 43 Mussolini verrà arrestato per ragioni di incolumità.
Tutti si immaginano la fine dei conflitti. Badoglio invece dichiara che la guerra continua a fianco
nei nazisti. Il fascismo viene attaccato: gli esponenti si nascondono, le folle festeggiano. In realtà
Badoglio ha come compito negoziare lentamente la resa dell’Italia. Egli dovrà convincere gli alleati
della sua buona fede, ma il compito non è semplice: ha condotto la guerra in Etiopia; era un
esponente del fascismo. Gli alleati non sono affatto intenzionati a cedere una resa onorevole.
Nell’agosto diplomatici italiani si incontrano con quelli britannici in Spagna; il generale Castellano,
in Portogallo, cerca di negoziare, ma quando si vede un muro davanti egli torna in Italia. Nel
mentre, un altro negoziatore viene inviato all’insaputa dell’altro. Alla vista di Zarussi, pensano ad
una trappola: arrestano l’ambasciatore che viene portato in Nord Africa.
Alla fine il 3 settembre, in una tenda alle pendici dell’Etna, il generale Castellano firma con il
generale americano l’ARMISTIZIO breve, provvisorio. Quello lungo sarà firmato alla fine di
settembre che avrà condizioni peggiori di quelli prospettati dagli italiani. La resa NON viene
annunciata immediatamente: verrà resa pubblica soltanto quando gli alleati sbarcheranno nello
stivale. Badoglio sa di non avere il pieno controllo: i tedeschi hanno inviato molte truppe per via
della diffidenza. B non prepara l’esercito al rovesciamento di fronte per la paura che potessero
annunciare la cosa ai nazisti. Prepara solo la fase iniziale al cambiamento di fronte, in ritardo. Egli è
convinto, erroneamente, di avere tempo e che lo sbarco avverrà vicino Roma in modo tale che non
dovesse fare nulla per difendere la capitale. Ciò non avviene per un motivo logistico: il controllo
aereo non può avvenire così a Nord per via del carburante. La data dello sbarco, sempre per motivi
di diffidenza, viene nascosta a Badoglio. Alla vigilia dell’8 settembre, il gen Maxwell Taylor viene
portato a Roma di nascosto per aggiornare Badoglio. Gli annuncia la presenza di due divisioni di
paracadutisti pronti ad entrare a Roma a patto che gli aeroporti vengano difesi: B però afferma la
sua incapacità di difesa. Da qui nasce il dramma, poiché i reparti erano pronti per entrare a Roma.
Dovrà gestire una crisi improvvisa. Eisenower dichiara per radio la firma dell’armistizio: la
conferma da parte italiana arriverà poco dopo.
L’invasione si arresterà a Cassino. L’8 settembre diventerà il giorno più nero: la confusione nelle
forze armate è totale. Non hanno ordini né istruzioni: l’unico messaggio è che le forze armate
devono cessare il fuoco verso gli anglo-americani e rispondere ad attacchi esterni (non si ha il
coraggio di affrontare in faccio il nazismo). L’operazione Alarico, tedesca, aveva previsto di
occupare territorio italiano settentrionale poiché non prevedevano che l’Italia fosse così incapace da
lasciare sguarnita la capitale.
Da parte italiana ci sono reparti che resistono, che depongono le armi e quelli che vengono portati
nei campi tedeschi per la verifica della loro disponibilità a continuare il conflitto.
Da un pdv strategico è positivo che gli alleati siano entrati nel territorio dell’asse. Dal punto di vista
politico significa che uno dei tre avversari è caduto. Ciò però ha ritardato lo sbarco in Normandia.
Ora l’Italia dovrà rimanere un teatro secondario per gli americani. Gli inglesi insistono sul fatto che
l’occupazione italiana debba rimanere in primo piano: in colloquio acceso si arriverà a decretare che
l’avanzata dovrà arrivare fino a Roma. Da lì si sarebbe passato alla pianificazione dello sbarco in
Francia. Questo teatro secondario sarebbe servito a drenare le forze tedesche: ciò allunga
l’andamento delle operazioni.
Dal pdv politico, in Italia, si prevede un’amministrazione diretta degli alleati nella fascia del fronte.
In una fascia più lontana dal fronte, al Re e a Badoglio viene riconosciuta un’autonomia politica
sotto strettissimo controllo delle forze interalleate. La COMMISSIONE ALLEATA DI
CONTROLLO dirigerà la vita politica del sud. Fra loro però mancano i russi. Questo modello verrà
applicato da questi ultimi quando occupano i territori orientali dell’Europa. Un fedelissimo di Stalin
però era stato inviato per presiedere la commissione alleata. Non otterrà però molti poteri. Quando i
sovietici si accorgono che i loro spazi sono minimi e che gli alleati non sono propensi a concederne,
non si preoccupano, anzi, pensano di poter applicare questa politica nei territori occupati. Nasce il
PRECEDENTE ITALIANO.
Stalin è cosciente di questo fatto e in una conversazione con Gilasc, secondo nella resistenza
Jugoslava, dice che alla fine di questa guerra, gli occupanti decreteranno l’orientamento politico dei
territori.
I tre alleati devono comunque coordinarsi: nell’ottobre 43 i ministri degli esteri si incontrano a
Mosca cominciando a delineare il dopoguerra. Proprio in quest’anno infatti le forze dell’asse
cominciano a stare sulla difensiva. Si stabilisce che dovrà nascere una commissione consultiva
europea per gestire i governi interalleati: è però un palliativo blando in quanto i tre vogliono gestire
direttamente i propri territori. Ci si rende conto che altre decisioni più importanti devono essere
prese.
Stalin però non vuole allontanarsi troppo dall’Unione sovietica per via della sua diffidenza: a
Teheran si incontrano i tre capi.
Roma 23/10/2006
SCOPI DI GUERRA – OBIETTIVI
Sovietici e inglesi hanno una visione tradizionale degli obiettivi, diversamente dagli americani,
rendendo il dialogo più complesso. Inglesi e americani finiscono per intendersi, poiché i primi
capiscono l’importanza dell’appoggio dei secondi. I sovietici invece, non contando sull’appoggio
americano, pensano ad un diverso futuro.
A Teheran, la vicinanza dei 3 statisti è al MASSIMO: l’alleanza funziona al meglio; ciascuno dei
tre però ha una visione diversa su come costruire il futuro.
La visione più tradizionale è quella inglese: non combattono la WWII per vedere smantellato
l’impero britannico: vuole rimanere una potenza primaria, evitare l’egemonia tedesca nell’Europa
continentale e la BALANCE OF POWERS, grazie al quale gli inglesi si sono potuti affermare.
Solamente l’equilibrio consentirà agli inglesi di impegnare le risorse a mantenere l’impero. Se si
verificasse il disequilibrio, invece, la GB non potrebbe più mantenere l’impero, fonte del suo potere.
Ciò fa sì che nel loro rapporto con i russi, ritaglino dall’inizio le SFERE D’INFLUENZA.
L’incognita sono gli Stati Uniti: dopo la WWI si sono isolati; che faranno ora? Se non si
interessassero dell’Europa, quanto potere avranno i russi?
La visione inglese è quella di una G distrutta, una F di media potenza, dunque chi potrà bilanciare la
potenza sovietica? Questi infatti potrebbero diventare la potenza numero 1 nel continente. Il loro
obiettivo è quindi RICREARE IL BALANCE OF POWERS: fare tutto il possibile per far rinascere
la F e continuare a contare sull’aiuto americano. È una visione tradizionale improntata al realismo.
Altro obiettivo è MANTENERE L’IMPERO: solo così sarà una grande potenza. Ciò significa
FARE DELLE CONCESSIONI e tenere in piedi la struttura. Ad esempio, laddove fosse troppo
costoso combattere i movimenti indipendentisti bisognerà tagliare il cordone ombelicale.
Guardando entrambi gli obiettivi capiamo che sono TRADIZIONALI: è politica di potenza, un
linguaggio che Stalin capisce alla perfezione.
I sovietici cominciano ad interrogarsi nel 43/44 sul dopoguerra e cercano come principale
interlocutore la GB. Si chiedono se possono tenere in piedi l’alleanza: è possibile ma bisogna fare i
conti con gli inglesi poiché solo loro sono interessati ai territori. Stalin vuole esportare la
rivoluzione o creare zone di influenza? Non ha interessi alla rivoluzione, vuole solamente
accrescere l’INFLUENZA SOVIETICA. Comunque sia vuole il mantenimento dei territori ottenuti
dal patto russo-tedesco. Poi vuole spingersi all’interno del continente fin quando ne ha la possibilità.
Stalin si immagina un mondo in cui controlla fortemente l’Unione Sovietica, in maniera indiretta,
ma fortemente influenzata dalla Russia, nell’Europa orientale, e in maniera indiretta nel resto
d’Europa: sostanzialmente vuole esercitare una FORTE INFLUENZA nei TERRITORI DI
CONFINE.
Ovvio che Stalin vede il mondo secondo la sua ideologia, ma sul piano pratico si avvale della
tradizionale politica di potenza: analizza fin dove si può rischiare per non irritare le potenze
capitaliste. Quindi secondo i russi il mantenimento dell’alleanza è possibile a patto che vi siano
alcune condizioni.
Chi non usa categorie tradizionali è Roosevelt: ha la consapevolezza della propria potenza e calcola
un futuro in cui potrà ritagliarsi delle categorie completamente diverse: tutti avranno bisogno delle
risorse statunitensi dopo la guerra, potranno quindi definire un nuovo meccanismo di regole che
soddisfi i loro interessi nazionali, ovvero quello di consentire la nascita di un mondo all’interno del
quale possono continuare a crescere economicamente.
Qui c’è un innovazione, in quanto non pensano ad un espansione politco-territoriale,pensano in
termini di CRESCITA ECONOMICA: vogliono creare un mondo SICURO per il CAPITALISMO,
in cui non debba temere minacce militari. Ciò si può ottenere solamente imponendolo agli altri.
Pianificano il SISTEMA ECONOMICO che vogliono creare: non pensano alle spartizioni; il
mondo deve essere un tutt’uno per non avere delle barriere per il commercio. L’amministrazione
Roosevelt, infatti, pensò che il conflitto sia dovuto anche all’interruzione della globalizzazione, fine
del liberoscambismo. Si devono eliminare le barriere tariffarie. Nel mondo deve esserci il FREE-
TRADE. Solo ciò provocherà il bene degli Stati Uniti e la STABILITA’ del sistema internazionale.
È una visione strettamente legata al futuro della crescita economica. Non vuol dire però che siano
completamente disinteressati dall’ambito politico: vogliono la stabilità. Roosevelt vuole recuperare
il disegno di Wilson: prendere la Società delle Nazioni e renderla più concreta, ovvero creare
l’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE, al fine di regolare il sistema internazionale per
una CRESCITA ECONOMICA migliore.
È molto più pragmatico del suo predecessore: fa una sintesi fra le posizioni di Wilson e aspetti più
pragmatici.
Chi dovrà coordinare le Nazioni Unite, chi comporrà il consiglio di sicurezza? USA, GB, RUSSIA,
CINA. Vogliono però evitare il ritorno delle influenze: per farlo tocca mantenere i rapporti
d’alleanza con i britannici e i sovietici.
Tutti e tre sono interessati a ciò, ma tutti e tre hanno obiettivi diversi. Gli americani hanno però una
visione più EGEMONICA: i loro obiettivi sono globali e possono essere letti in maniera
espansionistica. Quindi l’equilibrio dipende sia dalla volontà che dai reciproci timori. A Teheran si
assiste al massimo della collaborazione.
Gli Usa hanno un enorme bisogno dell’Unione Sovietica per arrivare alla vittoria: la guerra in
Europa va finita in tempi rapidi, poiché in seguito bisognerà impegnarsi in Asia.
Stalin vede una guerra in cui si presta meno attenzione alla perdita di uomini, al contrario degli altri
alleati. Questo perché possono contare poco sulla tecnologia e si trovano in un regime dittatoriale.
Roosevelt, invece, è in una democrazia e la popolarità dipende anche dal numero di bare che
tornano a casa. Queste bare sarebbero molte di più se non ci fossero i russi che logorano le risorse
tedesche. Gli americani non hanno dunque interesse ad incrinare la fragile alleanza con i russi:
vogliono quindi rinviare gli argomenti più spinosi alla fine del conflitto.
La guerra sta procedendo bene:c’è stato l’armistizio in Italia, la più grande battaglia di carri armati
nel KURSK (vittoria russa), la guerra procede bene in Giappone. C’è un clima di ottimismo che
proseguirà anche durante a Teheran. I lavori avvengono con cautela non volendo rovinare la grande
allenaza. Roosevelt è tanto preoccupato del suo primo incontro con Stalin, che scrive a Churchill
dicendo che devono evitare di far vedere la loro causa comune, isolando Stalin. Molti critici
rimproverano Roosevelt di ingenuità, poiché tratta Stalin come un “normale statista”. Farà di tutto
per restare con Stalin proprio perché i russi non avessero il sentore di essere esclusi dalla piccola
alleanza. I sovietici però sono diffidenti per via della notevole differenza che c’è fra i paesi.
Alla conferenza vengono affrontati una serie di problemi per configurare il dopoguerra: la
Germania deve essere assolutamente messa in condizioni di non poter scatenare una terza guerra
mondiale; è un cancro in Europa e si pensa anche allo smembramento, poiché proprio dall’unione
dei stati tedeschi è nata la politica di potenza. In quante parti deve essere smembrata però? Alcuni
pensano ad una configurazione di un secolo prima, ma il timore è tale da voler annientare
totalmente la Germania: è il piano Morgentau, ebreo, sviluppato dopo Teheran, che vuole
smantellare l’industria pesante tedesca per renderlo un paese agricolo.
Stalin avanza la questione delle riparazioni di guerra in seguito alle perdite di uomini e risorse,
perse all’interno del PROPRIO TERRITORIO che vede 180 divisioni tedesche occuparlo.
Il tutto si ispira a questo disegno FORTEMENTE PUNITIVO. Molto più difficile è impostare i
confini della potenze vincitrici: i sovietici vogliono mantenere il confine Molotov-Ribbentrop. È
possibile immaginare che la Polonia, motivo del conflitto, perda parte del proprio territorio? È
inevitabile anche perché erano territori non propriamente polacchi. Potranno essere compensati con
uno spostamento di territorio ad occidente. Chi deve governarla è il governo legittimo, per ora.
Il presidente americano accetta che i sovietici mantengano il controllo nei loro confini a patto che
questi accettino la visione degli Stati Uniti volti a creare un sistema stabile. Spiega a Stalin la sua
teoria dei 4 POLICEMEN. È un criterio che Stalin condivide, ma in termini concreti vuole poter
esercitare il controllo nelle sue zone d’influenza. L’organizzazione interesserà solamente quando
sarà concreta.
Roosevelt, in virtù della sua visione, è favorevole ad acconsentire concessioni a Stalin. Questo
vuole un secondo fronte in Europa. Gli anglo-americani vogliono un’apertura di fronte nel
Giappone da parte di Stalin che verrà ricompensato. Ciò però deve avvenire solamente alla fine
della guerra in Europa.
L’apertura di un secondo fronte in Europa è imminente, ma un particolare è ancora incerto: non si
sa ancora chi sarà il comandante in capo dello sbarco.
A Teheran c’è la massima convergenza degli interessi: si accetta lo spostamento della Polonia, la
nascita dell’ONU e l’annientamento della Germani. Non ci sono contrasti. Yalta ha una fama
eccessiva quindi. In Iran infatti già si accetta la nascita di un potere mondiale sovietico. Il problema
sarà come confluire tale potere con il sistema internazionale. Sarà possibile?
Tornato a casa, Roosevelt nomina come comandante delle operazioni il Gen. Eisenhower. Il gen
Marshall era in quel momento capo dello Stato Maggiore: era il manager della guerra.
Nei mesi successivi la guerra va avanti in un clima di cooperazione: il fronte italiano conosce la
fase di stallo peggiore perché i tedeschi sono riusciti a bloccare gli americani nel forte di Cassino.
Churchill progetta lo sbarco alle spalle delle forze tedesche: ciò avviene ad Anzio cogliendo di
sorpresa i tedeschi e prendendo Roma. Si consolida la posizione americana in zona, aspettando la
reazione tedesca: il risultato è che gli americani ad Anzio rischiano di essere ricacciati in mare.
Oltre a ciò, le truppe a Cassino devono impegnare i tedeschi per evitare che questi vadano ad aiutare
i commilitoni ad Anzio. Sostanzialmente la situazione in Italia rimane invariata.
Nel 44 si verifica la rottura del fronte italiano grazie anche al contributo francese e
contemporaneamente avviene l’apertura del secondo fronte con lo SBARCO IN NORMANDIA
(6/6/44): l’offensiva è inusuale, poiché viene dal mare. È di una complessità straordinaria. Un
milione di uomini viene riversato in territorio nemico grazie a tecnologie specifiche. I tedeschi
vengono colti impreparati, aspettandosi un attacco nel canale della Manica, grazie a delle info
filtrate ad arte grazie agli inglesi. Creano addirittura un finto esercito guidato dal gen Patton fatto di
cartoni. Questa illusione è determinante per l’esito dello sbarco, poiché ci sono delle riserve
tedesche che potrebbero intervenire. Hitler decide di non spostare le due divisioni poiché convinto
di una burla. Ciò è stato fondamentale per la riuscita della missione, poiché quando cominciò la
mobilitazione gli americani si erano già ben insediati
I sovietici si convincono della determinazione anglo-americana.
Lo sbarco ha successo, ma la tabella di marcia non viene rispettata per via del terreno complesso e
della resistenza accanita: per oltre un mese si consolidano solamente le posizioni.
A fine luglio, il gen Patton, guida uno sfondamento sul fianco destro tedesco agganciando tutte le
forze tedesche, sancendo così a fine agosto la fine della guerra in Francia. Contemporaneamente
viene sfondato il fronte anche in Italia. Ora però si verifica il contrasto anglo-americano sul confine
franco-italiano. Gli inglesi avevano progettato, infatti, uno sbarco a Sud. Per fare ciò però era
necessario spostare le truppe americane stazionate in Italia. Si conformerà al linea gotica che
sancirà la fine dell’avanzata alleata in Italia.
I sovietici, come d’accordo, per tenere impegnati i tedeschi, cominciano un enorme offensiva che li
porta per la prima volta fuori dal territorio russo. Ciò apre ad una possibile linea di frattura che avrà
conseguenze drammatiche.
Roma 24/10/2006
1944
A Varsavia nel 43 le truppe tedesche in ritirata, nella foresta di Katyn, trovano i resti di ufficiali
polacchi giustiziati. L’accusa viene mossa ai sovietici. Questi a loro volta rispondono affermando
che le accuse sono mosse solo per creare disordine all’interno dell’alleanza. Chi crede a tali accuse
è però il governo polacco rifugiato a Londra: tanto basta per rompere le relazioni diplomatiche con i
sovietici. Solo in tempi recenti si è scoperto che l’accusa era vera. Ciò significa che già nel 39 i
sovietici si preparavano ad impossessarsi del terreno polacco.
La rottura delle relazioni diplomatiche renderà difficile i negoziati quando i sovietici entreranno in
Polonia. Appena ciò avviene si creano un governo che delegittima quello a Londra. La situazione
diviene particolarmente tesa.
Quando ormai l’armata rossa è al sobborgo di Varsavia, l’esercito polacco fedele al governo
di Londra, lancia un insurrezione: obiettivo è liberare la capitale dal nazismo prima che lo
facciano i sovietici. Non contano di liberare la nazione da soli, ma di liberare la capitale affinché i
sovietici si trovino il governo legittimo già insediato.
I tedeschi però preparano la controffensiva, preparando una rappresaglia brutale che distruggerà
totalmente Varsavia. La resistenza dura tutto il mese di agosto. Tale resistenza provoca una CRISI
con gli ALLEATI: questi chiedono a Stalin perché non intervenisse. Questo risponde che le sue
azioni procedono secondo i piani, poiché a quel punto doveva puntare a sud. Non solo non farà
nulla, ma definisce gli insorti come dei vandali anti-comunisti: l’alleanza non può litigare per
questo gruppetto. Viene allora proposto ai sovietici di paracadutare le risorse che puntualmente
rifiutano. Gli americani, infatti, sarebbero dovuti partire dall’Italia meridionale. Solamente negli
ultimi giorni i sovietici daranno l’autorizzazione ad utilizzare a tale scopo le basi aeree. In sostanza
Stalin lascia che i tedeschi svolgano il lavoro sporco per lui, ovvero epurare la classe dirigente.
Muore tutto ciò che era il vecchio regime, dando la possibilità di insediare il loro governo con molta
facilità.
Questo episodio tra gli interalleati crea un clima di tensione, soprattutto fra gli inglesi che
ospitavano il governo polacco. Cominciano a domandarsi sulle intenzioni russe.
Al re Michele, in Romania, viene data la sollecitazione a formare un governo filo-comunista. Anche
qui dunque i primi segnali sono inquietanti: vogliono porre una mano pesante in Europa orientale.
Ciò genere profonde preoccupazioni sulle relazioni e soprattutto sul futuro dopoguerra: sarà
possibile mantenere in piedi l’alleanza? Basterà aggrapparsi alle Nazioni Unite? Churchill comincia
a pensare che affrontare le questioni spinose a conti fatti sia troppo pericoloso, anche perché
l’avanzata russa avviene alla velocità di un rullo compressore. Si chiede se non si debba rivedere
Teheran. Le dichiarazioni di principio non bastano più.
Questi fatti però coincidono con l’elezioni presidenziali americane: Roosevelt non può allontanarsi
dalla nazione. Churchill si reca a Mosca senza il pres degli USA: si accordarono freddamente su
come dividersi l’Europa orientale (90 Romania alla Russia, 90 Grecia alla GB, 50/50 Jugo,
Ungheria). È un altro Molotov-Ribbentrop? Il fatto che mancasse il terzo alleato lo rende invalido?
È una spartizione del continente in sfere di influenza? Non devono però parlare in quei termini
perché gli americani sono contrari a ciò. Delineano un PRINCIPIO GUIDA: la prima differenza col
M-R è che quello era un patto ad effettività immediata; questo non ha un’analoga concretezza; è un
accordo di massima. Lo abbozza perché pensa che Stalin, come Churchill stesso, parli in termini di
politica di potenza: si concentrano sui particolari e non sul globale.
Stalin sa anche che tale accordo ha un valore relativo vista la mancanza della terza firma. Entrambi
lo accettano come ipotesi, solamente per non creare scontri inutili. È un tentativo per far sì che la
sfera d’influenza sovietica venga riconosciuta ma non governata con troppa durezza. Accanto a
questa illusione, Churchill, si sbagliava anche sul fatto che gli americani avessero approvato tale
documento. L’accordo non è cinico, è ILLUSORIO.
Ch è però convinto di poter governare la crescita dell’armata rossa. Si rende conto però che questo
accordo non basta: bisogna andare oltre Teheran.
Nel dicembre 44 c’è uno stop delle azioni. L’ultima grande offensiva tedesca e quella delle Ardenne
che aveva come obiettivo il porto di Anversa. Obiettivo era ora bloccare gli avversari e
temporeggiare per costruire nuove tecnologie in grado di ribaltare le sorti: i tedeschi disponevano
dei migliori scienziati e probabilmente progettavano anche la costruzione della bomba atomica. Per
qualche giorno questa tattica sembra avere successo. Ma alla vigilia del Natale, gli alleati
cominciano la controffensiva ed è chiaro che la fine della guerra è imminente.
È indispensabile indire un’altra conferenza interalleata: Teheran non basta più. Si devono delineare
chiaramente le linee guida del futuro. Churchill e Roosevelt si recano in Crimea, a Yalta.
YALTA
Non è vero che qui si sia spartito il mondo in zone d’influenza. Perché si è creato questo mito?
Perché dopo la guerra l’Europa si è spaccata in due: si è stabilito un rapporto causale laddove si era
verificato solo un accadimento temporale. Uno dei primi a sostenere questo mito è un non-invitato a
Yalta: il gen De Gaulle (rosica a bestia)! Se avessero trovato un intesa qui, perché poi sarebbe nata
la guerra fredda? L’intesa non era stata raggiunta: si pose un cerotto a tale problema solamente con
accordi generali per negare la logica delle zone d’influenza. Un successo relativo per l’America. La
maggior parte delle intese sono GENERICHE: non si capisce chi debba governare l’Europa e in
quale modo. Altro mito è che l’Italia sarebbe stata annessa alla sfera occidentale: dell’Italia NON SI
PARLA MAI. Semplicemente ciò è avvenuto perché lì vi era già la presenza anglo-americana.
A Yalta si discute di Germania, di Polonia, dell’ONU e della guerra al Giappone. Si stilano i
principi che devono valere su tutta l’Europa liberata: su questa Roosevelt insiste. Si afferma che
tutti i paesi dovranno essere governati da governi democratici eletti a suffragio universale. Ma non
si sa come i sovietici governeranno ad est. Il presidente statunitense vuole solamente avere un
appiglio, una garanzia da utilizzare qualora i sovietici si ponessero in maniera troppo pesante nei
territori occupati. Questi accettano anche perché non sanno quanto sarò profonda la sovietizzazione.
Il problema polacco ha due problemi: territoriale e dei due governi. Il governo a Londra si è sciolto
ed è in piena crisi: discutono su come comportarsi con i sovietici; c’è chi si apre al dialogo con i
russi ma ci sono anche gli irriducibili. Vedendo ciò Stalin afferma che in Polonia vi è già un
governo antifascista.
Non bisogna dimenticare che la guerra è iniziata per la Polonia e quindi dare il controllo alla Russia
non è una cosa facile da digerire, soprattutto per Roosevelt che deve rispondere anche a 6 milioni di
elettori polacchi. Il problema si risolve con un compromesso, anche se si capisce che l’influenza
maggiore sarà quella sovietica: ci sarà una selezione mirata degli esponenti. È il massimo che gli
anglo-americani possono fare visto che in quel momento le truppe russe sono stanziate in territorio
polacco. Non si poteva rompere l’alleanza proprio in quel momento.
La Polonia si sposta territorialmente ad occidente: viene riconosciuto il territorio derivato dal
M/R.
La Germania è un problema serio: è la causa della guerra. A Teheran è stato previsto lo
smantellamento. Si scarta l’ipotesi della divisione. Si rimanda la questione alla fine della guerra: si
stabilisce che a fine guerra verrà divisa in ZONE DI OCCUPAZIONE MILITARE. Una zona
d’influenza ha una valenza illimitata. Una zona d’occupazione militare è invece provvisoria: la
smobilitazione avverrà in seguito ad un trattato di pace. Churchill insiste sulla zona di occupazione
francese: vuole un alleato forte in Europa e quindi vuole che risorga come potenza vincitrice. Stalin
mostra irritazione: potevano procedere ma non ritagliando la zona di occupazione russa. Anche la
capitale, che si trova completamente inserita nella zona sovietica, viene RIPARTITA. In quelle
stesse settimane su Berlino si crea un altro problema: gli alleati potrebbero arrivare prima dei
sovietici nella capitale. Ritirarsi in seguito ma comunque avere una certa influenza dopo. Il gen
Eisenhower non si preoccupa della politica e pensa solamente a finire la guerra e intende fermare
l’offensiva esattamente fin dove si era concordato. Altra decisione riguarda le riparazioni: la cifra si
stabilità alla fine della guerra. I sovietici propongono una cifra come base di discussione. Gli anglo-
americani cominciano però a ripensare al primo dopoguerra: non vogliono essere troppo punitivi
per evitare le conseguenze viste. Si allontanano del piano Morgentau. Si accordano sulla
denazificazione.
Perché Roosevelt ci tiene tanto a dar vita all’ONU? È convinto che se i sovietici si possano sentire
sicuri grazie all’esistenza di questa organizzazione, senza dover ricorrere all’espansionismo,
probabilmente si potrà evitare il problema di fare i conti con una sfera d’influenza russa.
Restano alcuni problemi da risolvere: i metodi di funzionamento e il consiglio di sicurezza. Gli
inglesi insistono molto sul fatto che anche la F debba farne parte (ci riusciranno). I sovietici
riescono ad ottenere che le decisioni debbano essere prese all’UNANIMITA’. Per quanto riguarda
le problematiche sostanziali ogni potenza potrà mettere il VETO. Altro problema è la composizione
dell’assemblea generale: i russi sono convinti che tutti i paesi sudamericani voteranno a favore degli
USA, gli inglesi avranno l’appoggio del Commonwealth e così i sovietici vogliono 16 seggi (una
per ogni repubblica componente l’URSS). La proposta viene rifiutata; vengono concessi solo 3
seggi: Russia, Bielorussia e Ucraina. Ma tutto ciò non interessava veramente i russi. Qui hanno fatto
di tutto per mantenere coesa l’alleanza. Il loro vero interesse è stato ottenuto: il controllo sulla
Polonia.
La conferenza si è conclusa con grande AMBIGUITA’: si prendono solo decisioni interlocutorie
GENERICHE. C’è solo il tentativo di tenere in piedi questa fragile alleanza.
Roma 25/10/2006
FINE DELLA WWII
-crisi successive a Yalta
-conferenza di Potsdam
-bomba atomica
poco dopo la conferenza, nel marzo del 45, vi è uno degli episodi più gravi all’interno dell’alleanza:
in Stalin si accendono forti sospetti riguardanti i servizi segreti americani stanziati in Svizzera e la
resistenza italiana.
Il capo dell’OSS, Allen Dulles, gestì tutta una rete di resistenza clandestina in Europa. Aveva quindi
rapporti molto stretti con la resistenza italiana, in particolare con Ferruccio Parri. Venne a sapere
che due ufficiali tedeschi volevano parlare con lui per fare un’offerta importante. Accetta l’incontro
e dialoga con i negoziatori inviati dal gen Wolff, la seconda autorità nell’Italia settentrionale, per
negoziare una pace separata in Italia settentrionale: finire la guerra senza bisogno di spargimenti di
sangue. Naturalmente Dulles avrà bisogno dell’autorizzazione da Washington, che puntualmente
avrà. Oltre a ciò deve anche accertarsi sulla veridicità delle proposte tedesche. Per fare ciò chiede
una riprova: Ferruccio Parri era stato catturato; Dulles richiede la sua scarcerazione e che gli venga
consegnato direttamente nelle sue mani. Ciò avviene, dunque la riprova della veridicità è stata
verificata.
Il problema era che una pace separata avrebbe potuto creare un cuneo all’interno degli interalleati e
spostare le truppe dal fronte italiano a quello sovietico.
Quando Stalin viene informato dell’accaduto si irrita: accusa Roosevelt di doppiogioco contro i
sovietici. Probabilmente voleva solamente metterlo sulla difensiva.
Roosevelt, che era sempre stato il principale collaboratore con i sovietici, ora comincia a ripensarci.
Non fa però in tempo poiché muore nel 12 aprile 1945. viene sostituito dal vice Harru Truman,
inesperto nella politica estera. Era stato nominato perché molto legato alla macchina del partito
democratico: attirava i voti, era specializzato sulla politica interna. Era spaventato dall’eredità
lasciata di Roosevelt.
Le differenze fra i due erano molte: Roosevelt era “aristocratico”, Truman era un borghese e riflette
l’americano del mid-west abituato a pensare in termini semplicistici. Il primo, invece, aveva una
visione mondiale più complessa.
Molti critici imputano l’inizio della guerra fredda all’incapacità di Truman: si fa completamente
manipolare dai consiglieri e dal suo anticomunismo. È vero che era inesperto di politica
internazionale, ma non era così sciocco. Egli comunque sia non sa che politica adottare poiché non
era stato istruito al riguardo dal presidente. Roosevelt, infatti, non spiegava mai le sue intenzioni:
voleva che tutti esponessero il punto di vista senza essere influenzati.
Alla sua morte, quindi, Truman si trova una vasta gamma di scelte a cui affidarsi: uno è Hopkins,
convinto che debba continuare l’alleanza con i sovietici, oppure l’ambasciatore Harriman che
voleva una politica più cauta nei confronti dei russi; l’ammiraglio Leahy sosteneva che l’accordo
con i sovietici doveva avvenire in una posizione di forza.
Alla fine conclude che l’alleanza deve continuare ma in maniera diversa: Roosevelt è stato troppo
accondiscendente. Ora si dovranno costruire basi più solide e si dovranno difendere gli interessi
degli USA. Il cambiamento avviene in modo brusco e molti sono convinti che vi sia un
cambiamento di STRATEGIA e non solamente di TATTICA.
Il primo episodio in cui Truman mostra la sua natura avviene all’incontro con Molotov: si doveva
approvare la CARTA DELLE NAZIONI. A seguito dell’episodio dell’OSS Stalin era deciso a non
mandare Molotov a San Francisco. In seguito alla morte però cede e invia il suo ambasciatore. In
seguito ai consigli avuti, Truman tratta male il russo, soprattutto perché non si è ancora riusciti a
mettere in piedi il governo di coalizione polacco accordato a Yalta.
Molotov risponde che nessuno lo aveva mai trattato in questo modo. Truman risponde che qualora i
russi rispetteranno i patti verranno trattati di conseguenza.
Stalin si chiede se il presidente faccia parte d quella frangia che vuole la cessazione dell’alleanza.
La guerra in Europa finisce nel 8 maggio 45: la resa viene firmata a Reims. I russi però non
considerano quello come il giorno di resa, bensì quello dopo, quando ufficiali nazisti vengono
portati a Mosca. Si entra in una fase di transizione: i contrasti si affiancano a momenti di
collaborazione. Ad esempio alla resa dell’Italia, quando le truppe neo-zelandesi corrono a Trieste
trovano una città già occupata dai comunisti jugoslavi che non vogliono arretrare. Lasceranno la
città solo dopo un lungo negoziato.
Gli yankees cominciano a chiedersi quale sia lo scopo dei sovietici nell’appoggiare gli jugoslavi.
Sullo sfondo continua il problema polacco: il partito comunista prende sempre più piede, dietro la
pressione dell’armata rossa.
A maggio Truman vuole conciliarsi con Stalin chiedendo se vuole ricevere Hopkins, erede della
politica di Roosevelt, per discutere il problema polacco: viene raggiunto un compromesso:
l’esponente del governo legittimo diventa capo del governo di coalizione nonostante la maggioranza
dei membri comunisti.
La guerre finisce in Europa in un clima di CRESCENTE TENSIONE.
Per evitare ulteriori sospetti, si prospetta un’altra conferenza che si svolgerà nel cuore della
Germania, a Potsdam.
Si nota immediatamente il cambiamento dei partecipanti: Roosevelt non c’è e a metà della
conferenza c’è una pausa per le elezioni in Inghilterra, dalle quali la coalizione di Churchill ne
uscirà perdente. Ora il premier è il laburista Attlee accompagnato agli esteri da Bevin. La sconfitta
dei conservatori porterà a varie conseguenza.
Ora quel minimo di relazioni personali che si erano create vengono a mancare: bisogna ripartire da
zero. Gli inglesi, pur essendo laburisti, non sono molto favorevoli al regime sovietico.
Il quadro che si crea a Potsdam è differente dalle precedenti conferenze: i rapporti fra americani e
sovietici devono essere ricostruiti; devono imparare a conoscersci. Truman penserà di poter venire a
patti con Stalin, per via della sua lettura semplicistica. È molto riduttivo sul piano della politica
estera. Fu anche criticato dal suo ministro degli esteri, Byrnes.
Confermano le decisioni prese a Yalta riguardo la Germania; si creerà una commissione per
stabilire l’entità delle riparazioni. Si domandano anche su come i pagamenti verranno effettuati: si
ha il timore della ripetizione del primo dopoguerra. Quindi le riparazioni non devono essere
effettuate in denaro: il pagamento avverrà “asportando” gli impianti industriali. Il problema si crea
perché gli interessati si trovano nella parte occidentale, lasciando ai sovietici le riparazioni più
povere. Potranno avere il 25% degli occidentali, ma attraverso un processo non proprio chiaro.
Ciò darà adito a ogni sorta di contrasti.
Una volta risolto il problema tedesco in maniera transitoria, si comincia a discutere sulla scadenza
sui trattati di pace: c’è chi vuole un trattato di pace immediato con la Germania e chi invece lo
vuole con le potenze minori. Prevale la seconda opinione per via dell’apparente semplicità. Ciò però
porterà ad un anno e mezzo di lavori e discussioni.
Solo dalla primavera del 47 si comincerà a negoziare il trattato con la Germania: quando ormai si è
logorato lo spirito di collaborazione che c’era alla fine del conflitto. Il trattato verrà firmato solo nel
1990!!!
Viene creato il Consiglio dei Ministri degli Esteri per discutere i trattati di pace: un organo che poi
fallirà.
A Potsdam i Sovietici confermano la loro volontà di entrare in guerra contro i giapponesi
esattamente tre mesi dopo la fine della guerra.
Si vuole ottenere la vittoria in Giappone senza fare un bagno di sangue. I nipponici controllavano
tutto il loro territorio e parte della Cina. Le soluzioni americane erano due: l’entrata in guerra della
Russia per intimorire e l’uso della bomba atomica. Il primo test di tale bomba era stato effettuato
prima di Potsdam. Durante la conferenza quindi aveva già la consapevolezza della nuova arma.
Stalin si complimenta ed approva l’uso dell’arma. Truman e Churchill si chiedono del perché di
questo atteggiamento di Stalin. Questo era a conoscenza del progetto americano grazie alle
informazioni filtrate attraverso l’intelligence.
Nella conferenza si decide l’uso della bomba e l’entrata dei sovietici. Scrivono un ultimatum in cui
Truman e Churchill chiedono la resa incondizionata che verrà respinta.
Roma 30/10/2006
L’IMPIEGO DELLA BOMBA ATOMICA
Nel 45 il Giappone controlla un’ampia fetta del sud-est asiatico: Cina, Indocina, Indonesia. In
questo periodo si moltiplicano gli attacchi dei kamikaze: ciò aumentò il costo della guerra
americana. Per risposta i bombardamenti si fanno più pesanti sulle città nipponiche: si usa la tecnica
dei BOMBARDAMENTI INCENDIARI.
Le Filippine vengono occupate dagli americani. Gli yankee avevano già testato la bomba nucleare
prima di Potsdam: Truman ne parla con Churchill e Stalin. A questo punto, in una dichiarazione
congiunta con gli inglesi, si fanno espliciti i termini d’arresa incondizionata. La resa viene respinta
e il 6 agosto viene sganciata la prima bomba atomica, l’8 la Russia dichiara guerra al Giappone e il
9 viene sganciata la seconda bomba su Nagasaki. Il 2 settembre viene firmata la resa definitiva sulla
corazzata Missouri.
Truman disse che l’uso della bomba è stato fatto per via dei costi in termini di vittime in caso di
sbarco. L’uso dell’ordigno ha quasi automaticamente provocato la resa del Giappone. Questa tesi
però, a partire degli anni 60 viene messo in discussione: la bomba non è stata sganciata per porre
fine alla guerra con il Giappone, bensì per intimidire l’URSS (6 primo ordigno, 8 invasione della
Manciuria e il giorno dopo altro ordigno). Secondo Alperovitz, infatti, il Giappone si stava già
avviando verso la resa, ma a Potsdam si erano poste condizione di pace talmente dure da indurre
automaticamente il Giappone al rifiuto di tale documento.
QUALE IL VERO MOTIVO DELLA BOMBA
Non tutte le tesi dello storico sono però esatte: i giapponesi non si stavano realmente avviando verso
la resa, bensì chiedono ai sovietici, nel luglio 45, di effettuare i sondaggi per vedere i termini di
resa. I sovietici poi vedono che questi segnali si interrompono poiché è SOLO PARTE DEL
GOVERNO a voler la pace: si verifica, infatti, all’interno uno scontro durissimo. L’imperatore è
l’ago della bilancia: vuole mantenersi al potere sia per motivi politici che religiosi. Egli sarà più
favorevole verso la resa. C’è comunque una tale resistenza verso questa tendenza che alcuni
ufficiali, anche dopo Nagasaki, volevano attuare un colpo di stato per cacciare l’imperatore.
Non era vero neanche che gli americani sapevano delle intenzioni dei nipponici.
Gli americani avevano due possibilità: fare affidamento all’invasione della Manciuria o fare uso
della bomba. Solitamente verso la fine dei conflitti, i capi di stato americani fanno emergere il loro
cinismo: sono abituati a far morire migliaia di persone, perciò non faceva molta differenza utilizzare
tante bombe o solo una.
Molti scienziati avevano molti dubbi etici sull’uso della bomba: avevano consigliato di effettuare
solo una dimostrazione, anche se è una richiesta debole e improponibile poiché dopo il primo
esperimento rimanevano solo 3 bombe, frutto di 5 anni di lavoro. Secondo Alperovitz Truman si
rifiutò perché doveva impressionare i sovietici ( è il punto debole della teoria, anche perché
probabilmente gli ufficiali avversari anche vedendo lo scoppio con i loro occhi avrebbero potuto
non credere alla potenza distruttiva).
Obiettivo principale americano era FINIRE AL PIU’ PRESTO POSSIBILE la guerra e, in caso,
guadagnando anche qualcosa di più sul piano delle relazioni con i sovietici dimostrando la potenza
dell’ordigno.
COME SI ARRIVA ALLA COSTRUZIONE DELLA BOMBA
È una corsa contro il tempo che nasce da una serie di scoperte fatte negli anni 30 grazie ai principali
fisici, tedeschi in colti casi, dell’epoca. Il principale studioso è Werner Heisenberg ha enormi
capacità intellettuali. Secondo molti scienziati, dopo la scoperta della fissione, Heisneberg sarebbe
stato in grado di produrre una bomba atomica. I tedeschi, e gli inglesi ci hanno pensato ma nessuno
ha cominciato sul serio. Col procedere del conflitto gli incentivi alla ricerca aumentano, fino ad
arrivare ad una decisione cruciale: gli inglesi sono i primi a lavorare sul problema, poi gli americani
si vogliono affiancare in quanto pensano che anche i tedeschi stanno lavorando in questo senso.
Albert Einstein scrive a Roosevelt dicendo che non parteciperà alla costruzione e che c’è uno sforzo
tedesco che sta procedendo alla costruzione di una bomba nucleare.
Molti fisici che costituiranno il PROGETTO MANHATTAN, saranno molti ebrei scappati
dall’Europa: Fermi ecc, sono animati da un profondo odio verso la Germania e una profonda stima
di Heisenberg che sicuramente porterà il Reich alla riuscita del progetto. Si crea un ritmo di lavoro
febbrile. I laboratori sono distaccati in vari territori statunitensi: la ricerca richiede una quantità di
risorse sorprendenti e una concentrazione delle menti più brillanti. Avevano fretta nel costruire gli
ordigni per superare la Germania (destinazione della bomba).
Probabilmente era uno SFORZO INUTILE: non ci erano arrivati e non era una delle priorità dei
nazisti. il dubbio era se Heisenberg, esponente maggiore della fisica tedesca, volesse o meno
realizzare la bomba atomica.
Dopo la guerra i tedeschi hanno argomentato la loro scelta dicendo non voler sporcarsi le mani con
un arma del genere: non era esattamene così poiché alcuni scienziati tedeschi erano stati catturati e
le loro conversazioni registrate: non erano arrivati ancora alla formulazione teorica della bomba.
Erano, anzi, stupiti della realizzazione anglo-americana: si chiedevano dove avessero sbagliato e si
accusarono a vicenda. Avevano imboccato la strada sbagliata: si stavano avviando verso un
REATTORE NUCLEARE, non verso un ordigno.
Lo sforzo inutile darà come risultato l’uso della bomba non verso l’obiettivo primario ma verso un
OBIETTIVO DI COMODITA’.
Americani e sovietici durante l’invasione della Germania creano reparti dell’esercito atti a
recuperare tutte le informazioni utili nei laboratori tedeschi da cui capiranno che la Germania non
era neanche lontanamente vicina alla costruzione della bomba.
L’immagine che ne esce è quella di una potenza straordinaria quasi volessero annunciare al mondo
di essere su un gradino più in alto rispetto alle altre superpotenze.
Gli scienziati avevano anche molte remore nell’aver consegnato ai politici un’arma che fece entrare
l’uomo nell’ERA NUCLEARE: la presenza della bomba tiene in allarme tutti quanti.
I sovietici si rendono conto di non stare al passo con gli americani: ha tenuto indietro il programma
nucleare sovietico non ritenendolo molto prioritario. Dopo Hiroshima e Nagasaki Stalin vuole
accelerare il processo: toglie Molotov dal vertice del progetto e dà via ad un ritmo di lavoro
frenetico. Mantiene le spie in America, e fa lavorare gli scienziati tedeschi, ricevendo un “doppio
boost”. L’unico a ricevere le info è lo stesso Kurciatov, capo del progetto.
Si può parlare di una diplomazia atomica dopo il 45? Secondo alcuni storici, sì. Dopo Potsdam gli
americani mantengono un atteggiamento più duro verso i sovietici, sperando che diventino più
accondiscendenti. Stessa cosa avviene fra i russi per dimostrare che la loro inferiorità nucleare non
influenza la loro politica estera. Si arriva ad un irrigidimento immediato a fine conflitto:il negoziato
per i trattati di pace si blocca immediatamente.
Il primo incontro dei ministri degli esteri delle potenze vincitrici ha come obiettivo il riassetto degli
ex-membri dell’asse. Vi è una sentenza relativamente mite per l’Italia. I governi bulgaro e rumeno
sono frutto dei sovietici e non rispecchiano i principi democratici. Si verifica una rottura: i sovietici
ritengono i due governi rappresentativi e ritengono ipocrita l’interesse americani per questi due stati
che non hanno mai visto la democrazia. Gli americani, allora, volevano solamente vedere la
capacità di resistenza sovietica. La conferenza si chiude SENZA FARE UN PASSO AVANTI: non
c’è neanche un comunicato alla stampa. Sullo sfondo di questo irrigidimento è probabilmente ciò
che è successo in Giappone: l’entrata nell’era nucleare.
Inoltre, in Iran, i sovietici non hanno mantenuto le promesse con gli inglesi: alla fine della guerra gli
inglesi hanno evacuato, mentre da parte russa viene creata una repubblica sovietica.
Truman osserva questo crescere delle tensioni; fa un sondaggio da cui risulterà che la situazione
non è gravissima; autorizza Burns ad andare a Mosca nel dicembre 45 per parlare con Stalin: è un
incontro informale per vedere se si poteva rimettere in carreggiata la struttura creata a Potsdam.
Burns riesce a convincere Stalin a fare qualche ritocco in Romania e Bulgaria in modo da
dimostrare alle opinioni pubbliche anglo-americano che hanno ottenuto qualche risultato: vengono
solamente inserite delle autorità riconosciute dagli anglosassoni.
Stalin vuole solamente DIFENDERE LE CONQUISTE della WWII: gli USA accettano di
contrattare al riguardo e nel 46 si attua una riunione a Parigi per discutere le trattative di pace con
gli ex-paesi belligeranti. È una fase di transizione.
In seguito però gli americani cominciano a pensare di abbandonare la via dei negoziati per avviare
una politica dura verso l’URSS.
Roma 31/10/2006
TRANSIZIONE FINE GUERRA – GUERRA FREDDA
Nel 46 cambiano i rapporti fra le superpotenze. Il tentativo di continuare la collaborazione si esplica
durante gli incontri. Ma ci si rende conto che questa conferenza della pace sarà più dura del solito
per via dei vari scontri, uno dei quali riguarderà l’Italia. I trattati non saranno pronti fino alla fine
dell’anno.
Si discute sull’Italia a proposito della città di Trieste e delle colonie. Il secondo è un problema
difficile perché l’Italia dichiara di voler liberare le colonie fasciste ma tenersi quelle prefasciste: la
Libia crea un problema poiché non viene più spartita fra i vincitori, bensì si avvia la politica del
“mandato” denominato però TRUSTINGSHIP. La trustingship sulla Libia viene chiesta dalla
Russia: la situazione è strana poiché non avevano mai avanzato interessi sul suolo libico; inoltre i
britannici avevano interessi alla Libia.
Problema più aspro riguarda Trieste: occupata dagli anglo-americani (zona A americana, zona B
jugoslava), viene contesa sia dalla Jugoslavia che dall’Italia. La prima è vincitrice e sostenuta
dall’URSS e l’altra è perdente ma è difesa dagli USA in quanto non vogliono consegnare ulteriori
territori a Tito, fedele satellite di Stalin. Non si riesce a trovare nessun’intesa su nessuno dei due
problemi: Trieste diviene TERRITORIO LIBERO (ibrido stile Danzica, amministrato dalle NU)
soluzione mai applicata, tanto che la città rimarrà divisa in due zone. Si ha dunque un compromesso
negativo, non si è riusciti a dialogare. Lo stesso sulle colonie italiane: il loro futuro sarà determinato
dalle Nazioni Unite (anche qui un compromesso in negativo).
La conferenza della pace, così, si dilunga e acuisce le differenze fra i paesi, si alimentano i sospetti.
Inoltre, si affiancano le aree di tensione che cominciano a moltiplicarsi sul panorama mondiale.
Altri fattori di crisi sono: la responsabilità dell’URSS, presunta dagli occidentali, di alimentare la
guerra civile i Grecia: supportavano i partigiani comunisti che si battevano contro la monarchia
sostenuta dalla GB. In realtà Stalin è abbastanza prudente in questo settore: non voleva incoraggiare
l’insurrezione poiché aveva concordare che la Grecia doveva essere influenzata dai britannici per il
90%: sono soprattutto gli jugoslavi che volevano creare un blocco di comunisti balcanici con la
Jugoslavia come primus inter pares.
In Turchia l’URSS chiede una ratifica per riavere la zona del Caucaso. Gli stretti sono sempre stati
le cartine tornasole della situazione politica internazionale: si sottraggono gli stretti del governo
turco che verranno gestiti dai sovietici.
Il governo turco si sente sotto pressione e si appoggia alla GB per resistere alle spinte russe.
Altra area di crisi l’Iran settentrionale: i sovietici avevano dato vita ad una repubblica sovietica
dell’Azerbaijan: dall’occidente viene vista la creazione di un corridoio che porti i sovietici ad
occidente. L’URSS userà il diritto di veto per la prima volta per la risoluzione del problema
iraniano.
I sovietici si pongono, sulla questione delle riparazioni, con una mano molto pesante, cercando di
portarsi via tutto ciò che è utile alla ricostruzione dell’URSS. La durezza sovietica è tale da
impressionare gli occidentali.
Gli alleati cominciano a preoccuparsi delle intenzioni sovietiche nella loro sfera di influenza
tedesca: vogliono eliminare la possibilità di un futuro nemico? O forse c’è un ragionamento più
sottile? I sovietici vogliono forse creare una situazione tanto disperata per generare una situazione
generale di tensione per portare al vertice del potere il comunismo grazie ad un clima pre-
rivoluzionario. Ciò innescherà varie reazioni atte a rovesciare questa tendenza.
Altro motivo di tensione si trova all’interno delle NU: la gestione dell’ENERGIA NUCLEARE e le
BOMBE ATOMICHE. Gli scienziati del progetto Manhattan sapevano che anche i sovietici ci
sarebbero arrivati, l’unica soluzione era trovare un sistema di gestione nelle nazioni unite. Gli USA
mettono al lavoro una commissione per gestire tutte le armi nucleari esistenti. Nel mentre però si
scopre una rete di spionaggio sovietica all’interno del progetto nucleare: con la legge Mc Mahon si
vieta la divulgazione della conoscenza nucleare; si crea una crisi con la GB che aveva fatto parte del
progetto iniziale. La reazione dell’opinione pubblica spinge il presidente ad affidare il progetto ad
un conservatore noto, Bernard Baruch, rendendo una gestione aggressiva che dia alle NU un potere
di controllo per evitare che altre nazioni lavorino alla bomba.
Gnomico, sovietico, respinge il progetto dell’ONU: propone la creazione di un’AGENZIA per il
controllo.
Non riescono ad accordarsi: gli americani rinfacciano ai sovietici di voler smantellare i loro ordigni,
mentre per i sovietici gli americani vogliono la creazione di una base di spionaggio.
Si ha un dialogo che si va DETERIORANDO. I sovietici si stanno preparando alla rivoluzione
mondiale? Si comportano così perché, essendo una dittatura, seguono una linea espansionistica?
Sono insicuri e quindi aggressivi? Proteggono interessi circoscritti o hanno una visione globale?
La guerra civile in Cina crea altro motivo di tensione: il Cremlino però attua una politica di
moderazione poiché vuole solamente consolidare le sue conquiste ed espandersi solo quando si
presenta il caso. Ciò però da parte occidentale si fa fatica a capirlo: vedono in lui una proiezione
incontrollata nel mondo. I sovietici volevano solamente qualche schermaglia politica in vista di un
accordo finale; gli alleati sonno portati ad interpretare queste schermaglie tattiche come il preludio
dell’espansione mondiale.
Kennan è il numero due dell’ambasciata americana: diplomatico di carriera di origini modeste;
aveva sviluppato rapporti con l’URSS perché sin dagli anni 20 era stato inviato nei paesi baltici. È
un profondo conoscitore della Russia. Alla richiesta di una spiegazione dei movimenti russi da parte
del dipartimento di stato, Kennan risponde con il “LUNGO TELEGRAMMA”: egli è soprattutto un
intellettuale più che un diplomatico. egli dice che bisogna chiedersi sul perché della politica del
Cremlino: i russi sono un popolo agricolo ed insicuro, circondato da popolazioni bellicose. Si sono
trovati in un certo senso spiazzati quando si sono affacciati come potenza mondiale. Il marxismo
innestato nell’insicurezza sovietica ha creato una miscela esplosiva; in politica estera cercheranno
sempre di RAFFORZARSI con una politica AGGRESSIVA, guidati dalla loro insicurezza. Si crea
così una politica estera che entra in conflitto con gli USA. L’unica soluzione qual è? La guerra?
Kennan presenta un quadro apocalittico: i sovietici però non si assumono rischi non necessari come
i tedeschi. Il contenimento si può fare solamente contrapponendo alla loro politica espansionistica
una politica di CONTAINMENT: i sovietici sono sensibili alla logica della forza, non vogliono la
guerra. Quindi se si mostra la capacità di resistere si potrà bloccare l’espansionismo sovietico.
Se questa è la chiave di lettura dell’URSS, non si deve più dialogare, bensì bisogna avviare un
contenimento ECONOMICO: gli USA dovranno aiutare la Germania alla sua ricostruzione, il
governo turco e quello greco. Bisogna interrompere la logica della diplomazia.
La conclusione di Kennan è che, avendone la forza, gli americani devono bloccare l’espansionismo
russo. I 50 successivi dipenderanno da questo documento, dall’idea di Kennan: CONTENERE
L’URSS. Questo documento verrà divulgato un anno dopo su Foreing Affaire. Sarà una SFIDA DI
LUNGO PERIODO. Kennan dirà che l’avere un avversario così importante spingerà gli USA a dare
il meglio di sé mobilitando la loro parte migliore. Si potrà vincere questa sfida enorme senza
vincere una guerra: serve una generazione perché in 20 la vecchia classe sovietica verrà sostituita
finchè la società non sarà in netta contrapposizione con le prime idee di Stalin. Kennan aveva
sbagliato solamente riguardo il tempo: 43 invece di 20 anni.
Secondo l’intellettuale il mondo è diviso in 4 agglomerati: America, Russia, Europa
occidentale/Germania, Giappone. Finora loro controllano ne controllano 3 ½. Anche ribaltando una
situazione a 3 a 2 potrebbe sollecitare i russi a prendere l’iniziativa.
Roma 6/11/2006
All’uscita di scena di Burns, segue il gen Marshall, architetto della vittoria alleata. Segretario
generale di Stato degli USA è un militare: si smette con la diplomazia e si va avanti con la politica
di confronto.
In GB dal 46 al potere ci sono i laburisti che avvieranno il Welfarestate: scelgono burro e cannoni,
ma privilegiano la prima cosa. Proprio con i laburisti al governo, si va sfaldando l’impero: nel 47
l’indipendenza dell’India; si ritira dalla Palestina e cede il problema alle Nazioni Unite. Di fronte al
moltiplicarsi delle crisi internazionali che rodevano le risorse britanniche, decidono di cedere.
Inoltre nell’inverno 46/7 si vive un inverno terribile che vede l’economia dei paesi usciti dalla
guerra messa in ginocchio. Gli inglesi non sono più in gradi di sostenere il governo greco e turco.
Questa crisi inglese apre all’amministrazione Truman un’opportunità: subentrare alla GB per gestire
la questione greco-turca. Gli USA avrebbero per la prima volta la gestione diretta in un pezzo
d’Europa: molto lontano dal tradizionale isolazionismo. L’idea è che la crisi greco-turca possa far
avviare l’idea di Kennan, la POLITICA DI CONTENIMENTO: la crisi era infatti interpretata come
frutto della pressione sovietica. Truman, Marshall e Acheson decidono di porre la questione al
congresso repubblicano ostile a loro. Si svolge una seduta a porte chiuse in qui viene proposta la
questione al senatore Wandemberg: egli acconsente, ma avverte Truman che avrebbe dovuto
mostrare l’inferno per avere i fondi. Deve esporre la sua politica in termini più preoccupanti: nasce
la DOTTRINA TRUMAN. Al congresso fa un discorso apocalittico: l’URSS non viene nominata
direttamente, ma viene messa in evidenza una minaccia su tutto il mondo libero. Presenta al
congresso i termini di uno SCONTRO EPOCALE in cui solo gli USA possono salvare la
situazione.
Truman chiede soldi solo per la Grecia e la Turchia, quando invece c’era un’altra crisi in Cina. Lì
però avevano perso le speranze: i soldi versati durante la guerra sono stati persi per l’inefficienza di
Chan-Kai-Shek. Secondo il quadro apocalittico Truman avrebbe dovuto chiedere soldi anche per la
Cina. È una contraddizione del quadro concettuale generale: serviva solo a scuotere l’OP
americana.
Con quello strumento Truman ottiene il risultato prefisso, ma il prezzo da pagare è altissimo poiché
Truman si crea una CAMICIA DI FORZA IDEOLOGICA: L’ANTICOMUNISMO. Diventerà un
binario molto rigido sul quale condurre la politica estera. Truman è meno anticomunista di quanto si
possa pensare. Lui e i suoi però hanno bisogno di questo mantello ideologico per avere con loro
l’OP. diventerà però una gabbia dalla quale sarà molto difficile uscire.
È un punto di svolta della politica americana: non è che abbandonino il dialogo con i sovietici, ma
dal 12 marzo 47 la POLITICA DI CONFRONTO è quella preponderante a scapito della politica del
dialogo. A riprova di ciò, nel 47 si svolge un altro incontro del Consiglio dei Ministri degli Esteri:
sono stati firmati tutti i trattati di pace con le potenze minori; ora tocca alla Germania. La sessione
dell’incontro si svolgerà a Mosca. Si verificherà uno scontro durissimo: il problema centrale è la
ricostruzione dell’economia tedesca.
Gli americani avevano unito la loro zona con quella inglese per una ripresa repentina dell’economia
tedesca. Se ciò non fosse avvenuto, la sensazione che si ha è che tutta l’Europa non avrebbe potuto
funzionare: era vista come la locomotiva del treno economico europeo.
Marshall arriva a Mosca con questo bagaglio di idee.
Questa Germania unificata però a chi dovrebbe “andare”? Marshall è preoccupato e ritiene che è
difficile collaborare con i sovietici, ma non deve cedere. la sessione finisce col fallimento: la
conclusione che Marshall ne trae è che Stalin sta temporeggiando a suo favore: più si ritarda la
ricostruzione e quindi anche l’avvio dell’economia europea, Stalin ha più possibilità di far sentire la
sua pressione per via della debolezza.
Viene pensato il famoso PIANO MARSHALL: un piano di aiuti economici atti alla ricrescita
economica da contrapporre all’URSS. Nasce dalla SINERGIA DI INTERESSI ECONOMICI E
POLITICI. Gli USA devono fare un investimento enorme in Europa per non renderla troppo
vulnerabile all’amo di Stalin. L’intento del piano viene annunciato all’università di Harvard. Per
poter vendere un piano di aiuti per l’Europa, aveva bisogno di una richiesta anche da parte dei pesi
europei. Il segnale positivo viene sia dalla GB che dalla Francia. Si indice una conferenza a Parigi
per decidere cosa fare. Invitano anche Molotov per studiare un PIANO DI RICOSTRUZIONE
ECONOMICA; non aver invitato si sovietici significava rifiutarli. Vogliono rendere la vita difficile
ai sovietici. Molotov arriva a Parigi con un entourage enorme, poiché ha intenzione di recuperare le
perdite con gli aiuti americani. In quell’incontro però si arriva alla rottura: gli europei vogliono un
piano d’aiuto che faccia “rapporto” su come vengono utilizzati gli aiuti.
Le strutture di fondo dell’economie europee sono microeconomie spezzate; gli americani vogliono
che gli aiuti vengano utilizzati per creare un MERCATO EUROPEO, per creare un economia di
scala.
Molotov non voleva rivelare la gestione degli aiuti: ogni forma di controllo era considerata come
spionaggio. L’URSS lascia la conferenza e non accetta il piano d’aiuti.
La rottura si fa più grande. F e GB aprono un’altra conferenza aperta a tutti quei paesi che
avrebbero voluto far uso degli aiuti. Polonia e Cecoslovacchia avrebbero voluto partecipare, ma si
tirano indietro.
Si comincia a delineare la struttura del piano Marshall. l’impiego di questi aiuti doveva avvenire su
scala europea. Quello che conte è che fra luglio e agosto si verifica la ROTTURA CON I
SOVIETICI.
Questi nel 47 cominciano la loro controffensiva. A Szlavska Poreba viene convocato una
conferenza con i principali personaggi dei partiti comunisti: si annuncia una CHIAMATA ALLE
ARMI, in sostanza. Si vuole la contrapposizione all’avanzata capitalistica. Non c’è più tempo per
la collaborazione. Per i partiti comunisti nell’opposizione, come in F e Ita, è chiaro che l’ascesa al
governo non poteva più verificarsi in maniera pacifica. Bisogna iniziare una dura campagna di
opposizione. Tutti i partiti comunisti devo contrapporsi a questa offensiva capitalistica. Nasce il
COMINFORM nel 47: si traduce in una direttiva di lotta dei partiti comunisti; si deve fare blocco
attorno alla madre patria.
Dal settembre del 47 l’EUROPA SI SPACCA IN DUE. Si consolidano due blocchi: uno guidato
dall’URSS e l’altro dagli USA.
In occidente si sono aperti molti dibattiti riguardo la Guerra Fredda.
Il canone ORTODOSSO è quello che afferma che la causa principale è l’espansionismo di Stalin:
gli USA sono intervenuti con una politica di DIFESA degli interessi dell’occidente. Questa idea
tiene banco fin quando negli anni 60 si incrinano gli appoggi alla politica americana, soprattutto a
partire dalla guerra del Vietnam.
Nasce una storiografia REVISIONISTA che ribalta la visione precedente. Nasce dalla crisi nella
società americana a seguito del conflitto del Vietnam. Si chiedono se la politica del contenimento
fosse giusta. E in quel caso quel fosse il vero motivo dell’avvio di quella politica. Gli storici
americani fanno una sorta di mea culpa ammettendo che l’inizio del clima aggressivo, per via
economica, è stata avviata dagli americani. Il piano Marshall non è altro che l’incarnazione di
quella visione: per evitare la sovrapproduzione si vuole creare un mercato solido in Europa. È una
visione di base ECONOMICA.
Questa scuola di pensiero introduce un elemento in più nella nostra lettura dei fatti. Anche i
revisionisti però non sono del tutto esenti da errori. I limiti sono dati dall’accesso ai documenti del
periodo. Negli anni 70 sono in grado di vedere i documenti degli anni 40 e riescono a tirare fuori
delle storie ancora più complicate: disegni di stabilizzazione economica sono minoritari rispetto ad
un linguaggio politico; l’economia è uno STRUMENTO della politica. Ci si rende conto che la
paura per la crescita dell’URSS era una PERCEZIONE REALE.
I revisionisti hanno dunque segnalato il fine economico americano ma avevano sopravvalutato
quell’aspetto. Fino quel momento la lettura era solo bipolare.
Se però si vanno a leggere i documenti inglesi, si capisce che loro sono i primi a ragionare su una
politica di rapporti di forza e potenza: dopo la guerra si creerà il vuoto e l’influenza sovietica sarà
preponderante. Secondo gli inglesi per evitare ciò gli americani devono intervenire. Usano forse la
Grecia e la Turchia come amo per far abboccare gli americani. Gli inglesi cercano di riequilibrare
una situazione politica europea convincendo il governo Truman ad avere una politica più aggressiva
verso la Russia: il quadro non è più solo bipolare: la GB ha un ruolo importante.
Nasce fra 70/80 una nuova scuola di pensiero, molto più variegata, indicata come STORIOGRAFIA
POST-REVISIONISTA.
Cosa cambia con l’accesso alla documentazione dell’Europa orientale? Hanno dato vita ad un
dibattito fra storici: si è cercato di integrare le varie parti. Si sono create risposte ma anche dubbi:
alcuni hanno fatto conclusioni trionfaliste secondo cui Stalin era veramente un “espansionista”.
Altri documenti però confermano il post-revisionismo: la creazione di un ingranaggio fatto di
diffide reciproche inevitabili. C’è anche chi ha descritto Stalin come un insicuro e tale insicurezza
interpretata come aggressività ad occidente.
Roma 7/11/2006
Gli USA creano un organo per raccogliere fondi in America da mandare in Europa. Vogliono creare
un blocco politico ed economico solido e forte da contrapporre all’URSS: vogliono sottrarre
l’influenza all’URSS. Più povera restava l’Europa, più facile sarebbe stata la penetrazione sovietica.
Prima riusciva a recuperare la ripresa economica, maggiore sarebbe stata la capacità di resistenza. È
l’attuazione del disegno di Kennan. Egli aveva infatti un progetto politico, non di contrapposizione
miltare. Si vuole STABILIZZARE L’EUROPA OCCIDENTALE IN FUNZIONE ANTI-
SOVIETICA.
L’obiettivo principale è rimettere in moto l’economia tedesca, motore di quella europea. Gli aiuti
dati agli altri, secondo Gimbel, servono a far accettare il primato tedesco nell’economia europea.
Senza la ricostruzione della G non si poteva costruire una base di resistenza contro la Russia. Gli
altri stati sono disposti ad accettare la ricostruzione della G a patto che l’America sia presente nel
continente per tutelarli da un ritorno eccessivamente veloce della G.
L’Europa per diventare solida, deve superare gli strumenti economici del passato. Gli americani
vogliono esportare il loro modo di produzione: solo così si sarebbe potuta ottenere la
modernizzazione. Si è riusciti ad ottenere l’eliminazione dei dazi; si è creata l’Unione Europea per i
pagamenti; tutto ciò affinché ogni Stato non pensi ad un economia nazionale.
Gli americani cominciano a progettare una iniziale integrazione europea in funzione anti-sovietica e
per avere un partner di commercio.
Non sempre però ottengono quello che vogliono: ci sarà la ripresa e la nascita delle economie
europee e tedesca, ma le economie nazionali impiegano tempo a digerire la produzione di scala.
L’idea di un consumo di massa è un idea aliena a molte industrie europee. La trasformazione in
società simil-americana con un ampia fascia media che percepisce vantaggi dalla crescita
economica viene assimilata difficilmente.
Riescono quindi a stabilizzare il quadro politico europeo, ma non sempre gli europei utilizzano i
fondi come vorrebbero gli yankees.
Con una G come locomotiva del treno economico europeo, comincia a prefigurarsi l’idea di
un’unificazione della nazione. I sovietici sono contrari. Comincia a prendere piede l’ipotesi di
separare le zone di occupazione: quelle occidentali da quelle sovietiche. Non era possibile rimettere
in moto l’economia tedesca senza unificare le tre zone occidentali. È possibile creare uno stato
tedesco rimanendo in buoni rapporti con l’URSS? La risposta è no, quindi tanto vale unificare gli
stati appartenenti all’occidente. I francesi però sono restii per un timore verso una Germania
aggressiva: il ritorno della Germania era un problema serio. Solamente nel 48 i tedeschi non
saranno più il nemico numero 1, sostituiti dai sovietici. i Francesi temevano ancor di più una
GERMANIA SOVIETIZZATA. Alla fine accetteranno l’idea anglo-americana.
Nasce il progetto di uno STATO TEDESCO OCCIDENTALE. La cosa viene decisa durante una
conferenza a Londra nel marzo del 1948. Per facilitare la ripresa economica, si decide di cambiare
la valuta. Si pone il problema se estendere la nuova valuta nella zona occidentale di Berlino. Si
pone subito un problema che i russi vedono come una minaccia: i sovietici si irrigidiscono e cercano
di invertire la marcia cercando di convincere gli occidentali verso il dialogo. Si erano resi conto che
la nascita di un nuovo Stato tedesco sarebbe stato anti-sovietico.
In questo periodo si rafforza in tutte le cancellerie (estate 47 – autunno 48) la sensazione che la
guerra diventerà calda. È il momento di maggior tensione.
Il clima è tale che l’amministrazione Truman, prima del piano Marshall, decidono di inviare aiuti
d’emergenza a Francia e Italia. In Italia, oltre alla tensione all’adesione al piano, c’è anche quella
causata dalle elezioni del 1948: al potere in quel momento c’era un governo monocolore
democristiano. I socialisti e comunisti erano stati espulsi attuando una campagna propagandistica
feroce. Il timore è che l’Italia passi dalla parte russa. La campagna che precede le elezioni ha toni
durissimi,in cui entrambi i contendenti investono una quantità ingente di risorse. Col National
Security Act, nasce il NSCouncil che aveva come obiettivo la difesa degli interessi americani.
Secondo questo organo, i partiti di sinistra avrebbero attuato un colpo di stato in caso di perdita
delle elezioni. Si pensa ad un piano di aiuti per aiutare la vittoria democristiana. I parenti italo-
americani vengono invitati a scrivere ai loro compatrioti. Fu una campagna senza esclusioni di
colpi. Su questa tensione si innesca un ulteriore un ulteriore elemento che potrebbe mettere in crisi
la situazione: il COLPO DI STATO IN CECOSLOVACCHIA. Lì vi era un sistema democratico.
Durante una crisi del febbraio 48, il partito comunista prende in mano la situazione trasformando il
paese in una dittatura. Questa sequenza di eventi rafforza l’idea dell’aggressività dell’URSS
all’esterno. L’influenza dell’episodio ad un mese dal voto italiano, colpisce l’opinione pubblica
italiana.
Si prelude all’ultima fase dello scontro. Nel giugno 48 i sovietici decidono di premere ulteriormente
per invertire il corso delle intenzioni occidentali: bloccano l’accesso alla città di Berlino. Le
uniche comunicazioni che i sovietici ritengono di non bloccare sono quelle AEREE. Si vuole
esercitare una pressione forte agli occidentali per dissuaderli ad attuare la nuova valuta a Berlino e
riportarli al tavolo del negoziato. Se questi non avessero ceduto, sarebbero comunque stati costretti
ad abbandonare Berlino Ovest che sarebbe stata inglobata sotto l’influenza russa.
La risposta americana è altrettanto dura: decidono di creare un PONTE AEREO per i rifornimenti
della parte occidentale (luglio 48 – maggio 49).
I sovietici non ostacolano il ponte perché la loro pressione non aveva come obiettivo l’apertura di
un nuovo conflitto ( con un blocco aereo avrebbero dovuto colpire per primi). Si limitarono a
disturbare i voli americani.
La manovra che doveva invertire le scelte americane, diventa una manovra che accoglie un grande
successo propagandistico. Riuscirono ad alimentare una città per un anno semplicemente per via
aerea. Berlino ovest diventa il simbolo dell’impegno americano. Un ex-avversario potrebbe
diventare un nuovo alleato.
Il ponte viene interrotto quando i sovietici chiedono la ripresa del negoziato. L’unificazione dello
stato tedesco però è andato avanti e i sovietici devono arrendersi al fatto compiuto.
L’obiettivo di firmare un trattato di pace a quattro con un’unica Germania è FALLITO.
La divisione della Germania non nasce da una decisione presa a tavolino, bensì dalla diffidenza
presente nel clima, dall’impossibilità di trovare un accordo comune. Questa soluzione ha in sé i
germi di una possibile destabilizzazione: nella Carta Fondamentale che la G occidentale accetta,
afferma che esiste solamente uno stato tedesco e che riconosce i länder sotto influenza sovietica
come propri. È uno stato arci-revisionista: nega la legittimità della divisione. Si crea una situazione
ambivalente: sembra che ci sia stabilità con la divisione; la stabilizzazione è apparente poiché la
tensione è evidente.
In tutto questo manca ancora una GARANZIA MILITARE. La cosa nasce negli ultimi mesi del 47,
poiché inglesi e francesi cominciano a provare timori per la situazione sovietica (nascita del
COMINFORM). Se il piano Marshall deve procedere correttamente, anche gli Stati Uniti devono
aderire ad una garanzia militare per tranquillizzare la vita degli europei.
I sovietici in quel momento non hanno intenzione di invadere l’Europa occidentale. I francesi,
indeboliti stavano combattendo in Indocina; la GB aveva un esercito stremato; le forze armate russe
erano la più grande macchina da guerra in Europa.
L’idea di un corpo di garanzia militare viene dagli europei per vari timori tra le quali l’idea che gli
USA potessero tornare all’isolazionismo;
solo gli USA potevano contrapporsi con i sovietici grazie alla bomba atomica, potendo così
garantire anche un prossimo REVISIONISMO TEDESCO: si vuole il contenimento ESTERNO
dell’URSS e un contenimento INTERNO contro la Germania. In questo modo anche la Francia
accetta la ricostruzione tedesca. Senza la garanzia militare americana la Francia avrebbe accettato
con estrema difficoltà.
Marshall propone agli europei di lanciare un segnale. Si avviano così i negoziati per il PATTO
ATLANTICO.
Nel gennaio 48, il ministro Bevin lancia un’ipotesi per l’alleanza del blocco dei paesi occidentali.
Non si esplicita contro chi debba confrontarsi questa alleanza. Il negoziato a 5 si svolge
velocemente e il 17 marzo 48 nasce la WESTER UNION: GB, F, O, B, L. Da un lato si vuole
incanalare la ricostruzione sotto la guida della GB, dall’altro so vuole mostrare che gli europei si
stanno rafforzando nella difesa. Si apre un negoziato supersegreto nel marzo fra americani e inglesi.
Mancano i francesi. Vengono invece invitati i Canadesi. Si decide se creare o meno un’alleanza
TRANSATLANTICA. I francesi non vengono invitati per timore delle spie russe nel governo
francese. Il timore era paradossale poiché il numero 2 dell’ambasciata inglese a Washington era una
spia per i sovietici.
Si decide di fare una pausa perché l’amministrazione Truman deve fare un passo importante. In
vista delle elezioni, Truman ritiene di dover avere un autorizzazione bipartisan da parte del
congresso: si autorizza l’amministrazione a negoziare un’alleanza militare in TEMPO DI PACE. Da
questo momento si entra nella parte concreta della formazione del PATTO ATLANTICO.
Roma 8/11/2006
Nei mesi successivi il negoziato si svolge con estrema lentezza poiché il presidente si deve
ricandidare. Riuscirà a vincere per il rotto della cuffia. Tutto il 48 conduce una politica estera
estremamente cauta. Nell’estate si hanno negoziati a 7: 5 della wester, USA e CANADA. Ognuno
partecipa con un obiettivo proprio. Non tutti condividono tutto, ma cmq sia hanno interesse a dar
vita ad un legame transatlantico in cui gli USA diventassero i garanti della sicurezza. I F sono
interessati ad aiuti militari concreti per ricostruire le proprie forze armata; chiedono anche una
garanzia militare. Gli inglesi pensano di poter tornare ad essere una grande potenza: vedono il
declino come temporaneo; gli USA sono lo strumento indispensabile volto alla GB di guadagnare
tempo per tornare ad essere una grande potenza; hanno bisogno della presenza americana nel
continente finchè non avessero ripreso le loro forze. Il Canada si vede diviso fra il rapporto con
l’USA e il Commonwealth: l’alleanza potrebbe avere un grande valore politico più che militare. Gli
USA si avvicinano ma con diffidenza: non vogliono essere “sfruttati” dagli europei per i loro fini;
in una prima fase del negoziato spuntano i primi problemi; nella seconda, dopo la vittoria di
Truman, egli si presenta più sicuro.
I problemi centrali sono l’AMPIEZZA DELL’ALLEANZA & IL MECCANISMO.
AMPIEZZA: gli stati che negoziano hanno in mente uno schema basato sulla loro esperienza della
WWII: l’idea con i russi è modellata da quello che è successo nella recente guerra, ovvero prime
vittorie della parte avversaria e poi l’arrivo di una potenza in soccorso. In quel momento i russi
erano i più potenti nel continente.
Affinché gli USA potessero occupare una posizione di vigilanza, dovevano avere appoggio in
Inghilterra e altre STRUTTURE LOGISTICHE FONDAMENTALI. Per questo nel negoziato si
comincia a parlare dei PAESI STEPPING STONES: quei paesi che servono a facilitare il
collegamento fra le due sponde dell’Atlantico. Quali sono questi stati? Innanzitutto il Portogallo.
Immediatamente viene indicato come un alleato fondamentale: si ha però un problema politico in
quanto l’alleanza era formata da paesi democratici, mentre in Portogallo vigeva il fascismo di
Salazar.
Stesso ragionamento viene applicato alla Danimarca, che voleva dire Groealndia; anche l’Islanda,
non minacciata, diventa una base centrale di collegamento. La Danimarca aveva avviato un dialogo
con la Norvegia e la Svezia per un’alleanza Scandinava: più piccola ma più coesa. La rottura
all’interno dei paesi scandinavi avviene quando si capisce che l’America non garantisce la difesa.
Così Danimarca e Norvegia optano per l’alleanza atlantica. Quindi ci sono i 7 paesi, Danimarca,
Norvegia, Islanda e Portogallo. Tranne il Portogallo tutti gli altri hanno la democrazia.
L’unico problema nasce a proposito dell’Italia: non fa parte dell’Atlantico, viene da una tradizione
di scarsa democraticità; la forza del partito comunista preoccupa gli occidentali; è debole sul piano
militare: includerlo significa ampliare il fronte di difesa. Alcuni ritenevano l’Italia fondamentale
poiché tenerla fuori avrebbe potenzialmente reso facile l’influenza sovietica.
Questa visione è fortemente contrastata da Kennan: voleva un’alleanza più circoscritta possibile.
Riteneva un’alleanza militare superflua: la minaccia era l’espansione politica. Un’alleanza militare
faceva solo salire la tensione. Se questa era proprio necessaria, doveva essere la più circoscritta i
possibile: i paesi firmatari dovevano avere aspetti che li accomunavano.
La Francia è interessata a far entrare nell’alleanza, tutto il loro possedimento imperiale.
Gli americani non sono d’accordo: si moltiplicano gli impegni; gli americani si erano posti il
problema della DECOLONIZZAZIONE; la F vuole comunque la dimensione dell’alleanza
circoscritta al Mediterraneo. Questa invece si orientava verso il nord. Il problema era che l’Algeria
era territorio metropolitano della Francia e quindi avrebbe avuto un fronte scoperto. Spingerà quindi
perché questa entri nell’alleanza e ci riuscirà. Insiste quindi che anche l’Italia entri nell’alleanza: il
primo motivo è che si abbia un bilanciamento anche verso sud; altro motivo era che avere l’Italia
nell’alleanza voleva dire avere uno stato cuscinetto.
Gli oppositori dell’ingresso italiano sono gli inglesi, gli scandinavi e buona parte
dell’amministrazione Truman. Diventa uno dei nodi sul quale l’alleanza rischia di fallire.
La decisione finale verrà presa solo nel marzo 1949: un mese prima della firma dell’alleanza. Non
aiuta il fatto che il governo italiano in tutto questo periodo oscilli. Questo perché De Gasperi aveva
tenuto fuori l’Italia dal patto Bruxelles, poiché in quel momento c’erano le elezioni e aveva timore
di un’alleanza fra paesi europei senza la presenza degli USA, principali interlocutori italiani.
L’Italia elabora un proprio progetto basato sull’interlocutore americano. Quando questi invece
fanno capire che è meglio che faccia parte dell’alleanza, anche il governo De Gasperi deve rivedere
le sue posizioni. Sarà l’ultimo Stato ad entrare. Saranno 12 in totale.
IL MECCANISMO: che tipo di garanzia devono dare gli USA? Gli europei chiedono il più rigido
possibile, il più automatico: se uno stato viene attaccato, tutti i membri intervengono in aiuto. Gli
americani sono contrari per la paura che il congresso non approvi una clausola di questo genere: il
congresso infatti aveva la potestà di dichiarare guerra. Quindi la formula automatica avrebbe privato
il congresso delle sue prerogative. Tale clausola sarebbe stata sicuramente respinta.
Si deve trovare una FORMULA DI COMPROMESSO. Si conclude con l’art.5 : un attacco contro
lo stato membro viene considerato un attacco contro tutti gli altri; ciascuno stato adempirà
agli obblighi dell’alleanza secondo la sua prassi costituzionale. Da qui i paesi europei
dubiteranno della volontà americana di intervenire. L’alleanza è nata, infatti, inevitabilmente con
un’AMBIGUITA’ DI FONDO.
La firma avviene nel 4 aprile dal TRATTATO DEL NORD ATLANTICO (non la Nato). Era
semplicemente un meccanismo di coordinamento per garantire l’intervento degli USA in Europa. È
il passaggio finale della costruzione del BLOCCO OCCIDENTALE: si vuole far capire che
l’Europa vuole stare fuori dall’influenza sovietica e che gli USA vogliono giocare un ruolo nel
continente.
Sono gli USA ad avere costruito un impero in Europa? O sono stati gli Europei a costringerli a
venire inventando una minaccia sovietica? Chi ha tirato chi e quanto?! Una delle tesi che ha preso
piede è quella di uno storico norvegese secondo la quale gli USA hanno costruito un impero in
Europa su invito. Un invito che spesso va OLTRE la garanzia nazionale. Nel caso italiano si
chiedeva anche un intervento in politica interna. L’adesione italiana serviva a combattere anche il
nemico interno.
Gli USA sono prevalenti nel formulare le regole dell’alleanza. Sarà più facile vendere al congresso
un’alleanza multilaterale, invece di tante bilaterali poiché puzzavano di furto di soldi americani. È
qui che esercitano l’egemonia.
Si chiude, nel 49, la PRIMA FASE della guerra fredda: i confini sono netti; la Germania è
spaccata; si potrebbe dire che la guerra fredda finisce qui (se intendiamo l’incapacità di trovare
un’intesa comune per il futuro dell’Europa, la soluzione è stata trovata).
Rimangono però gravi motivi di tensione legati al fatto che la Germania riconosce come propria la
parte est. È una soluzione PARZIALMENTE STABILE, si ha la fine della FASE ACUTA della
guerra fredda.
La logica del blocco occidentale è l’INTERCONNESSIONE: la Francia non teme il nuovo stato
tedesco anche perché vi è la garanzia americana. Il primo segretario generale dell’alleanza atlantica
dirà nel 51 che la NATO serve a 3 scopi:
- To keep the Americans IN
- To keep the Russians OUT
- To keep the Germans DOWN
Questo era l’elemento implicito e sconveniente della NATO. Per i paesi più piccoli la presenza di
un garante così potente significava che una parte di quei meccanismi di contesto che hanno
caratterizzato la storia europea, vengono messi da parte: c’è una potenza più forte super-partes. Per i
più piccoli significava avere vantaggi poiché non dovevano concorrere, per poi perdere, ad avere la
supremazia in Europa.
Il processo di integrazione europea nasce da questo progetto più ampio: è funzionale al disegno. Si
può organizzare l’Europa in maniera tale da lavorare per contrastare la Russia.
INIZI DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA: il processo già poteva datarsi dalla fine
del conflitto. Il superamento della logica nazionale era la soluzione per evitare mire egemoniche
simili al nazismo. Era evidente che i nazionalismi esasperati portavano a disastri. Si doveva
COOPERARE.
La logica più radicale è quella del movimento RADICALE: era necessario smantellare lo stato
nazionale in quanto portatore di tensioni; solo se si andava oltre, con una federazione europea si
poteva evitare la WWIII. Solo se si approfitta di questa fase, in cui gli stati hanno subito in colpo
durissimo, sarà possibile evitare il ritorno ai nazionalismi. Questa idea aveva trovato SCARSA
RISONANZA nell’OP.
Alla visione federalista, quella più militante ed urgente, se ne contrappongono altre. Una è quella
che sarà formata dalla VISIONE INTERGOVENRATIVA: niente contrasti fra europei, ma il
cardine dell’Europa rimangono gli Stati nazionali; il meccanismo migliore è una crescita di
cooperazione a livello di stati nazionali.
A cavallo fra queste due tesi, che prevarrà, è la tesi FUNZIONALISTA: è giusto erodere sovranità
degli stati nazionali, ma ciò deve avvenire in maniera graduale, incidendo nelle loro abitudini,
creando organismi di cooperazioni internazionali che erodano parte della sovranità di ciascuno
Stato, in maniera tale che piano piano si trovino svuotati dei loro attributi iniziali.
Nel primo maggio 48 tutte queste tesi vengono presentati all’Aia. Da questo dibattito nasce
un’iniziativa esile: dar vita ad un Consiglio d’Europa atto alla cooperazione europea. Discuteranno
su come effettuare la cooperazione: da una possibile Europa di guida inglese ad una guidata dalla
Francia.
Inizialmente si voleva la GB per vari motivi: era il baluardo della vittoria contro il nazismo;
ospitava i governi liberi attuando già cooperazione. Questi però sono molto riluttanti nel volersi
identificare solamente europei; volevano una politica mondiale. La GB rifiuta di sposare le tesi
europeiste più spinte: hanno fiducia nello Stato Nazionale.
La F invece comincia ad elaborare una sua politica europea che nel 48 comincia a concretizzarsi: il
suo ruolo di potenza deve ricostruirsi attraverso la cooperazione con i paesi europei.
All’Aia si discuterà se avere un consiglio europeo di stampo inglese o francese. Vince
apparentemente il modello inglese: una camera simbolica; ma la F avendo presentato un modello
diverso, si era presentata come un LEADER PIU’ ATTENDIBILE. Dalla GB ci si aspettava di più e
non hanno saputo esercitare il loro ruolo. La F invece cominciava ad immaginare una costruzione
diversa da quella minimalista inglese. Tutto ciò si svolge nella costruzione del meccanismo del
blocco occidentale.
Roma 14/11/06
La conferenza dell’Aia del 48 mette in movimento un dialogo fra paesi europei che farà nascere nel
maggio 49 il Consiglio d’Europa, un organo di valore solo simbolico. Altro organismo che ha il
compito di promuovere la crescita in Europa è l’OECE (influenzato dal Piano Marshall). tutto ciò
testimonia che non ci sono INNOVAZIONI PROFONDE: l’OECE ha valenza pratica ma un potere
più limitato rispetto a quello auspicato dagli USA: diventa uno strumento multilaterale di gestione.
Nasce l’EPaymentU: un meccanismo per facilitare il pagamento delle transazioni internazionali.
Facilita la RIPRESA DEGLI SCAMBI.
Rispetto alle aspirazioni degli intellettuali europeisti, questi organi sono solamente istituzioni
marginali dal pdv politico complessivo.
L’innovazione più importante nasce nella primavera 50, prima della guerra in Korea: è un’idea
francese che si vedeva erodere i suoi poteri all’interno dell’alleanza. Proprio in Francia viene creato
lo STANDING GROUP, per dare una struttura militare permanente all’interno dell’alleanza
atlantica. Ma in F c’è la sensazione che, dalla nascita della Germania ovest, il suo peso si vada a
ridimensionare. A ciò si aggiunge una preoccupazione pratica: la necessità di assicurarsi un
CONTROLLO SALDO sull’economia tedesca, soprattutto per quanto riguarda il carbone nelle
miniere della Ruhr. Con l’AUTORITA’ INTERNAZIONALE DELLA RUHR, inglesi, americani e
francesi avrebbero dovuto gestire le risorse siderurgiche e carbonifere della G. I francesi però
continuano a mostrarsi preoccupati. La Francia si trova spinta a PRENDERE UN’INIZIATIVA: si
prefigge 2 obiettivi: assicurarsi il controllo di ciò che è prodotti dai tedeschi nella Ruhr (motivo
pratico); ritagliarsi un ruolo di spicco nell’integrazione europea (motivo politico) e quindi farsi
guida di tale percorso. In modo tale può creare un raggruppamento di Stati rafforzando la sua
posizione anche nei confronti degli USA.
Riescono in questo momento a FONDERE TUTTE LE ESIGENZE. Il piano viene concepito da
Jean Bonnet, uno dei personaggi più singolari della vita politica francese. Era in quel momento a
capo della ricostruzione economica; proprio per quello era a conoscenza di tutti i dati. Egli era stato
sempre colui che promuoveva la collaborazione fra altri paesi durante le due guerre. Nella
primavera 50, prepara un progetto in cui propone di fondere la GESTIONE economica per quanto
riguarda la SIDERURGIA e CARBONE.
Il ministro degli esteri Schuman prepara il progetto sia con Bonnet che con l’ambasciatore
americano Bruce. Il primo cancelliere della repubblica tedesca viene interpellato; darà la sua piena
adesione. La dichiarazione Schuman è preceduta da una riunione con i ministri esteri inglese,
americano e francese. In tale dichiarazione propone di fondere in un'unica organizzazione la
gestione del carbone e dell’acciaio di tutti gli Stati europei, ovvero sottrarre alle singole
sovranità degli stati la gestione delle risorse. Ciò risponde alla visione di una nuova Europa. Ciò fa
sì che la F debba cedere per prima alcuni suoi poteri, ma lo fa affinché neanche la Germania abbia il
controllo sulle proprie risorse. Con questa proposta la F coglie 5 piccioni con una fava: stabilisce
una formula con cui graduare e controllare la ricrescita tedesca, si mette a capo dell’integrazione
europea (sia dal pdv europeo che da quello americano) sottraendo la leadership alla GB. È un
iniziativa brillante: hanno inventato una formula nuova per un problema vecchio.
La risposta tedesca è favorevole, così come quella dei paesi del benelux: sono convinti che da ciò
possa nascervi una vera crescita. A questi si associa l’Italia: De Gasperi forza la mano anche verso
coloro che erano riluttanti: gli ambienti economici italiani prevedono di essere penalizzati per via
della competizione sfavorevole.
La GB si tiene fuori dal dialogo: è interessata ma non nella formula proposta dai francesi poiché
non vuole compromettere la propria sovranità nazionale.
Due sono i motivi: (natura generale) mentre negli stati continentali è maturata una sfiducia verso gli
stati nazionali, in GB ciò non è avvenuto; al potere c’è un governo di sinistra: il dialogo è difficile
verso gli altri governi europei; timore di una struttura sovranazionale.
Nell’estate (1950) comincia il dialogo fra i 6 paesi per dar vita alla COMUNITA’ EUROPEA DEL
CARBONE E DELL’ACCIAIO, mentre scoppia la guerra di Korea.
Acheson propone la rimilitarizzazione della G: tutti sono favorevoli tranne la Francia. Di fronte alla
situazione deve presentare un piano alternativo per il riarmo della G che sia potenzialmente meno
pericoloso di quello presentato dagli americani. Acheson voleva infatti riattivare reparti militari da
inserire nell’alleanza atlantica.
Nell’ottobre 1950 Schuman e Bonnet progettano un piano analogo a quello della CECA ma sul
piano militare: gli stati che dichiarano di voler aderire, metteranno insieme le loro capacità
militari. È un’innovazione profonda poiché la quintessenza della sovranità nazionale è il controllo
del proprio apparato militare.
Per quanto riguarda il riarmo tedesco la proposta francese si fa più minuziosa: mira a sparpagliare le
risorse tedesche nell’esercito europeo, riducendo il contributo nazionale: ci sarebbero tanti piccoli
reggimenti sparsi nell’esercito europeo.
Le prime reazioni sono negative: le proposte francesi, però, erano volte ad un esigenza concreta,
data dallo scoppio della guerra in Korea e dal pericolo d’invasione sovietica. I più malevoli
pensavano che la proposta fosse stata fatta proprio per ritardare il riarmo tedesco. Gli altri paesi
europei sono perplessi. Gli unici che acconsentono sono i tedeschi, per lo stesso motivo a cui hanno
acconsentito al piano Schuman: è un paese a sovranità limitata e quindi qualunque strumento che la
faccia risalire sul piano internazionale con gli altri paesi è ben visto.
Decisivo sarà il cambio d’atteggiamento dell’Italia che inizialmente si era mostrata perplessa. Nel
marzo viene convocata a Parigi una conferenza per dar vita ad un progetto di difesa europea,
parallelo alla conferenza per la creazione della CECA.
Si è passati dalle formule generiche a progetti più circoscritti ma più incisivi.
Mentre la CECA ha successo, la CEDifesa morirà subito dopo la nascita. Dobbiamo capire perché
nonostante lo slancio francese del momento l’idea si è deteriorata.
La CED nasce come un progetto francese osteggiato dagli americani; muore nel 54 come un
progetto americano osteggiato dai francesi.
Marzo-luglio 51: la conferenza avanza con difficoltà. Un primo tentativo è modificare il contributo
militare dei vari stati: si vogliono unità più grandi per non sparpagliare troppo le unità.
Estate 51: si verifica un cambiamento: gli USA si rendono conto che la creazione di divisioni
tedesche all’interno dell’alleanza atlantica incontra difficoltà; gli europei preferiscono il progetto
della CED. A capo dell’esercito interalleato viene posto Eisenhower: Supreme Allied
Commander in Europe con lo scopo di riorganizzare la difesa in Europa.
I dialoghi con Bonnet lo faranno diventare un europeista: per costruire efficientemente uno
strumento da contrapporre all’URSS si convince che la soluzione sta nella creazione di una CED.
Riuscirà a convincere anche l’amministrazione americana: da qui gli americani sposeranno il
progetto, così da ammorbidire i dubbi degli altri paesi europei. I nuovi stati, tanto sono convinti, che
ci aggiungono di loro: l’Italia, ad esempio, elabora un progetto volto ad aggiungere alla comunità di
difesa, una COMUNITA’ POLITICA: si dovrà redigere una COSTITUZIONE EUROPEA.
L’idea di De Gasperi, che si concretizza nell’art 31 della CED: si farà un salto di qualità nel
progetto d’integrazione. Con questo salto il progetto va avanti e agli inizi del 52 comincia a
modellarsi la CED.
Gli USA si trovano a dover rispondere alla richieste europee riguardo il programma di riarmo. Tutto
ciò nasce da un esigenza concreta: la guerra in Korea. Si devono costruire grandi forze armate per
scoraggiare i sovietici.
A Lisbona, l’alleanza atlantica, viene creata una tabella di marcia in cui si stabilisce ciò che la CED
farà dell’esercito interalleato; si stabiliscono gli obiettivi ultimi dell’alleanza (avere un tot di questo
e di quello); si stabilisce il primo ALLARGAMENTO dell’alleanza con la Grecia e la Turchia.
Lisbona rappresenta l’apice di un percorso di collaborazione crescente fra paesi europei
(anche all’interno) e gli USA. È un meccanismo a forza centripeta. Si fanno sacrifici che nella
normalità non si sarebbero fatti per via della minaccia sovietica.
Nel maggio 52 viene firmato il trattato istitutivi della CED. Il progetto viene strettamente
vincolato ad una serie di protocolli: si legano alla creazione della CED con il riacquisto della piena
sovranità della repubblica tedesca (non avrà forze armate proprie ma darà un contributo nella CED).
In seguito si potrà preparare anche una carta costitutiva. Fino a questo momento si collabora sempre
di più.
Una volta firmato il trattato si andrà in senso inverso: gli obiettivi di Lisbona, la CED e la
CEPolitica non vedranno mai la luce. Tra il 52 e il 54 si esauriscono le forze che muovevano la
collaborazione. Il fallimento della CED diventa uno shock: nei successivi ani non ci saranno
iniziative ambiziose. Si faranno progetti più circoscritti: non si parlerà più di integrazione politica.
Probabile motivo del fallimento era anche dovuto alla fragilità della Francia della quarta repubblica:
la durata media di un governo era di 10 mesi; non c’era un partito egemone.
Roma 15/11/06
I problemi riguardanti la CED furono 2: chi avrebbe pagato il riarmo e se l’idea fosse davvero
praticabile.
Secondo gli europei l’onere maggiore doveva essere affidato agli USA. Gli yankees, a loro volta,
pensano che il contributo più grande debba essere a carico europeo: il programma era così
massiccio che in caso contrario la CED avrebbe mandato in bancarotta l’economia statunitense.
Questo dibattito assume il nome tecnico di BURDEN SHARING.
Contemporaneamente al dibattito, nell’estate 52, c’era un fortissimo clima acceso nel periodo
elettorale: i repubblicani usano la campagna del 52 per accusare i demo di essere stati troppo
morbidi con i sovietici. Il contenimento è troppo costoso e non porta a risultati; hanno impantanato
gli USA in Korea senza venirne a capo; hanno perso la Cina lasciandola a Mao; non hanno fatto
nulla per liberare i popoli dell’Europa orientale. Nasce l’idea della liberazione di questi popoli e di
respingere la cortina di ferro. Si vuole attuare una politica estera PIU’ INCISIVA SPENDENDO
MENO: i democratici sono gli SPENDOCRATICI.
I demo propongono Stevenson; i repubblicani rispondono però col famosissimo gen. Eisenhower:
lascia il posto di comandante supremo in Europa. Vincerà le elezioni del Novembre 52.
Si pone un grosso punto interrogativo: cosa significa questa vittoria, quindi il cambiamento in
politica estera, dopo 20 anni di democratici? Cosa cambierà?
Eisenhower non fa mistero di voler applicare un NEW LOOK.
Nel marzo 53 però viene a mancare Stalin, ponendo altri quesiti. D’ora in poi si apriranno una serie
di scenari che danno vita a molte alternative: il rafforzamento dell’alleanza occidentale è così
indispensabile? Oppure ci sono altre alternative? L’attuazione del disegno diventerà più complicata
adesso.
Eisenhower, nei suoi 8 anni di governo, conserva l’immagine del buon nonno, che si mantiene al di
sopra della mischia politica più aspra (alcuni lo ritenevano nullafacente). In verità era molto scaltro
e si nascondeva con quella facciata in modo tale da confondere i giornalisti.
Altrettanto importanti i suoi due più stretti collaboratori: John Foster Dulles e Allen Dulles.
Coordineranno la politica estera americana per i successivi 8 anni. Il primo aveva partecipato a
Versailles, uomo di spicco del partito per la politica internazionale; ha un tono da predicatore
moralista dividendo il bene e il male in maniera netta.
Allen ha un aspetto più bonario e farà della CIA uno degli strumenti centrali nella politica
americana: entra nella maturità. Assumerà da ora la fama di KING-MAKER: si progettano una
lunga serie di colpi di Stato in giro per il mondo.
Qual è la politica estera che hanno in mente? Ci mettono 7/8 mesi a stabilire la loro politica:
operazione Solarium poiché i gruppi lavorano nei piani alti della Casa Bianca:
una prima ipotesi è la FORTRESS AMERICA: una sorta di ritorno all’ISOLAZIONISMO: si
potenzia l’aviazione e la marina e si fa affidamento al nucleare. Le guerriglie logorano solamente le
risorse americane senza guadagnare niente. Il tutto è volto a SCORAGGIARE l’URSS.
Seconda ipotesi è continuare la politica del Contenimento, perché tutto sommato non si può fare
altrimenti. Si cercano di sondare i margini del dialogo con i sovietici.
Terza ipotesi: POLITICA AGGRESSIVA, ovvero realizzare gli slogan della campagna elettorale.
Essere anche disposti ad uno scontro con l’URSS.
I gruppi di lavoro analizzano le situazioni, e alla fine la politica di fondo sarà una via di mezzo tra la
prima e la seconda ipotesi: l’ultima è troppo rischiosa, ma di quella opzione si vuole mantenere una
propaganda aggressiva.
Proprio perché il contenimento è troppo costoso, Eisenhower cerca di scoraggiare l’URSS, non con
un riarmo: gli USA hanno un economia superiore e se la fanno fallire per la difesa avranno perso.
Come si fa a far crescere l’economia rinunciando al riarmo e scoraggiare l’URSS? La risposta viene
dalla TECNOLOGIA: durante il processo del raggiungimento della bomba nucleare, si sono fatte
tutta una serie di avanzamenti tecnologici: i costi sono stati ridotti per ottenere risultati migliori.
Si attua la EGEMONY OF THE CHEAP: nonostante i sovietici abbiano la bomba, gli americani
possono averne di più e più efficienti. Charlie Wilson, segretario alla difesa, conia l’espressione
“BIGGER BANG FOR A BUCK”. L’amministrazione Eisenhower si lancia su un programma di
RIARMO NUCLEARE lasciandosi alle spalle quello avio-navale.
Bisogna però utilizzare questa superiorità tecnologica.
RAPPRESAGLIA MASSICCIA: non si può contenere l’URSS solamente RISPONDENDO alle
sue iniziative (come in Korea); per riguadagnare l’iniziativa strategica, gli americani devono
rispondere ai sovietici con mezzi, in tempi e in luoghi a loro scelta: si deve generare nell’avversario
IL DUBBIO, LA PAURA di dove attaccherà l’avversario. Eisenhower vuole far credere che l’uso
dell’arma nucleare sia normale, proprio per la superiorità tecnologica: l’URSS non ha basi aeree nei
pressi degli USA; non avevano la capacità dei bombardieri americani. Per alcuni anni gli americani
hanno ancora qualche MARGINE DI VANTAGGIO. Ciò fa sì che l’amministrazione ritiene di aver
trovato la soluzione all’equazione: IMPOSTARE LA POLITICA ESTERA IN UN BLUFF.
John Foster Dulles conierà l’espressione del BRINKMANSHIP. Brink è l’orlo: portare l’avversario
sull’orlo minacciando conseguenze spropositate. I sovietici, grandi giocatori di scacchi, si muovono
con cautela e con calcolo; gli americani, grandi giocatori di poker, si basano sul bluff.
L’efficacia sta quindi nella sua CREDIBILITA’.
Ci sono però due elementi di debolezza che non emergono subito (alla fine degli anni 50):
il primo presupposto è che gli USA abbiano una superiorità tecnologica; ma qualora i sovietici
potranno colpire il suolo americano, sarà ancora efficace questa politica? Quando i sovietici ci
riusciranno i margini si faranno meno larghi.
Oppure i sovietici si muoveranno con la testa bassa? Ovvero appoggiando guerriglie. A quel punto,
al di sotto della soglia della convenzionalità, gli USA faranno davvero uso del nucleare?
Quindi i nodi sono la superiorità tecnologica e la credibilità in un conflitto non convenzionale.
Nell’ottobre 53 l’NSC (National Security Council) attua una risoluzione che permette l’impiego
delle forze nucleare anche al Joint Chiefs of Staff: sino allora solamente il presidente aveva
l’autorizzazione per l’uso del nucleare. Era una sorta di surrogato al mancato riarmo delle forze
aero-navali. La dottrina della rappresaglia massiccia si incarna in questa risoluzione. È il cardine del
New Look.
Altro punto importante del new look è il tono da CROCIATA MILITANTE della propaganda
repubblicana: non è solo la contrapposizione fra due agglomerati politici, bensì fra il BENE & il
MALE: non incarnano solo la difesa della sicurezza nazionale, ma ne danno un valore morale.
In verità il presidente e Dulles sono molto più moderati di quello che sembrano: usano una retorica
militante per tenere buona la parte oltranzista per non essere accusati di essere troppo morbidi con
in comunisti.
Inoltre una retorica così aggressiva serve a mantenere alto il livello di dubbio nell’avversario.
Terzo elemento del new look è la “pattomania” del segretario di Stato. Non può esistere la
neutralità: Dulles insiste a dar vita a tutta una serie di alleanze in maniera tale da circondare il
blocco sovietico. Si cerca di ridurre il neutralismo che stava nascendo dal 55: quei paesi che
uscivano dal colonialismo e non volevano inserirsi in questo conflitto.
Quarto elemento: ricorrere senza scrupoli agli STRUMENTI CLANDESTINI. Se l’avversario è
così immorale perché non rispondere con la stessa moneta? Si fa largo uso della CIA. La vittoria
contro il comunismo in Italia, dimostra l’efficacia a relativo basso costo di questa politica.
Si costruiranno anche colpi di Stato laddove ci sono governi che dimostrano di non volersi mettere
in sintonia con l’America: in Iran e in Guatemala. Il primo perché è un governo nazionalista che
vuole collaborare con il partito comunista e smantellare gli impianti petroliferi inglesi; il secondo
perché il governo flirta con il partito comunista e non vede di buon occhio la American Fruit
Company.
Queste due vittorie alimentano il mito di Allen Dulles e della CIA: ovunque era in grado di agire in
una situazione di instabilità, ci si ficcava.
Il senso del new look è quindi RIPRENDERE L’INIZIATIVA e non lasciare che i primi ad agire
fossero i sovietici: bisogna metterli sulla difensiva.
Si aggiunge un elemento paradossale: cercare un DIALOGO con l’avversario (soprattutto dopo
la morte di Stalin). Anche il dialogo può essere funzionale: perché non negoziare quando è
possibile?!
Come reagiscono gli europei? Sono SCETTICI. Appena si fiuta il vento di cambiamento, la prima
reazione è di rifiuto: non vogliono che le forze convenzionali americane se ne vadano. Il
sentimento si comincia a placare agli inizi del 55 quando gli americani accettano la presenza delle
armi nucleari tattiche all’interno della NATO: tattiche perché sono più piccole e da utilizzare in
battaglia. Le prime armi sono cannoni da 280mm installate lungo il confine tedesco. Si sostituisce il
progetto di riarmo dell’alleanza atlantica con l’introduzione di armamenti atomici da
utilizzare sul campo.
Il problema di fondo è che gli USA mantengono sempre il controllo ultimo di queste armi. Gli
europei saranno comunque sempre esitanti perché la loro sorte dipenderà esclusivamente dalla
volontà del presidente americano di impiegare le armi atomiche: in un attacco in Europa, la sorte
dipende dagli USA.
Si chiedono se abbia ancora senso continuare sul percorso della CED. Si generano dubbi che
costituiranno una parte importante del fallimento del disegno. Altro punto di crisi è la morte di
Stalin: l’URSS era Stalin. Non si capisce quale sarà il senso ultimo della nuova politica estera
sovietica.
Roma 21/11/2006
STALIN’S DEATH
Inizi di marzo 53. è un episodio drammatico: incide sull’identità dell’URSS, su come la sua politica
viene percepita fuori, sui rapporti fra i satelliti e con gli USA.
L’ultimo periodo staliniano è stato caratterizzato da un aspro momento di repressione interna,
dettata dalla paura staliniana di una crescita delle tensioni con l’avversario. Alla crescita della
tensione internazionale, si deve accompagnare un’epurazione interna in modo tale da non far
trovare al nemico degli elementi destabilizzanti. Il momento culminante è fra il 51/2, quando
viene resa pubblica la vicenda del COMPLOTTO DEI MEDICI EBRAICI accusati di aver attentato
alla vita di Stalin: alla morte di Zdanov, ideologo importante, che muore di morte naturale, Stalin fa
circolare la voce che i medici ebraici non hanno fatto il possibile per salvarlo e che fossero spie del
sionismo imperialista. Le confessioni sono state estorte con la tortura. Cominciano momenti di dura
repressione negli ultimi giorni di vita di Stalin.
Quando nella Dacia (villa di Stalin) vengono chiamati i suoi più stretti collaboratori, egli pensa che
questi non abbiano fatto il possibile per salvargli la vita. È morto comunque di un grave attacco
cardiaco. I suoi collaboratori vivevano in un costante clima di oppressione. In quei giorni Molotov
si è visto mandare al Gulag la moglie proprio per non farlo deviare dalle direttive del Partito.
La sua morte è un enorme punto di domanda, poiché fino a quel momento E’ STATO L’URSS: ha
fatto di tutto per presentarsi come il padre che ha costruito il socialismo: ha effettuato una
cancellazione retrospettiva in cui i vecchi bolscevichi sono stati eliminati fisicamente. Nel momento
in cui muore, si apre un problema di successione drammatica: significa cambiare politica e anche un
nuovo corso alla politica estera dell’URSS.
Viene nominata una successione, fra gli eredi di Stalin, COLLETTIVA: nessuno voleva incarnare
tutti i suoi poteri in un'unica persona perché non si fidano l’uno dell’altro e perciò si ripartiscono i
compiti. Bisogna cercare di capire che tipo di politica estera possono svolgere.
La partita più importante si gioca fra:
BERIA: ministro degli interni e capo della polizia segreta. Questa aveva un potere enorme. Egli
seguiva Stalin dovunque. Ha accumulato una maggiore quantità di poteri rispetto agli altri. In
quanto capo dell’MKVD era anche a capo del progetto nucleare. Alcuni prigionieri di guerra
vengono utilizzati per costruire una bomba atomica in una città atomica!! Ha la fama di essere un
personaggio cinico e malefico. Su questo personaggio si punta il cambiamento dell’URSS. Si rese
conto che l’Unione Sovietica aveva imboccato una strada pericolosa: mettersi contro gli occidentali.
L’incarnazione del terrore staliniano diventa colui che vuole combinare le riforme interne con
l’apertura all’esterno.
Trova un alleato in MALENKOV, un tecnocrate, che viene nominato PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO. Ha una visione pragmatica della ricostruzione del socialismo nell’Unione sovietica.
Entrambi ritengono di avere in mano abbastanza potere. Beria è il più temuto: si formerà una
coalizione avversaria che vorrà eliminarlo.
Da chi è chi è formata tale coalizione? Il Più stalinista è MOLOTOV: nel nuovo governo tornerà ad
occupare il dicastero degli esteri. Sarà colui che vorrà continuare lo scontro con l’occidente.
CHRUSCEV è il punto di equilibrio: diviene PRIMO SEGRETARIO GENERALE DEL
PARTITO; lo era stato in Ucraina, coinvolto nella gestione delle purghe, si presenta come una
persona relativamente semplice rispetto agli altri. Ed è in questo suo aspetto che sta la sua arma: gli
altri pensano di poterlo manipolare: gli danno la dirigenza del partito pensando di poterne ridurre il
ruolo nella vita politica sovietica. Nella prima fase si schiera con i conservatori: uno dei principali
alleati di Molotov.
In un primo momento Beria e Malenkov sembrano presentarsi come i principali rappresentanti del
NUOVO CORSO. Gli USA cominciano a sottolineare l’importanza di questi due.
Malenkov comincia a fare dei discorsi pubblici in cui si presentato segnali diversi da quelli lanciati
da Stalin.
In quel periodo i paesi stavano testando armi TERMONUCLEARI: si usava la fusione invece della
fissione, portando l’ordigno ad una potenza elevatissima. Ciò fa si che da entrambe le parti si
mandino segnali in cui si fa capire che si è recepita la portata dei nuovi ordigni. Si cercano nuovi
margini di dialogo poiché si prevedono immagini di distruzione di massa disastrose. Nei discorsi di
Malenkov appaiono questi temi.
Beria e Malenkov hanno delle difficoltà: c’era una seconda generazione di IPERSTALINISTI, in
seguito alle ultime purghe. E questi si chiedono se il nuovo corso si applichi anche negli altri paesi
dell’union sovietica. La primi crisi scoppia in Germania. Il governo era retto da ULBRICHT:
ultrastalinista che vuole creare la “comunistizzazione” nel suo paese. Ha però dei problemi seri: il
suo paese non è riconosciuto da tutti ( è un paria nella comunità internazionale). Vuole trasformare
il suo paese in uno Stato guida all’interno del blocco: si ritiene di essere il vero portatore del
pensiero marxista-leninista. Aveva con Stalin un ruolo di dipendenza, ma una volta morto questo,
si ritiene al pari degli altri suoi collaboratori principali.
Negli inizi del 51 vengono messe in atto tutta una serie di NAZIONALIZZAZIONI che mettono in
ginocchio l’economia del paese. Egli però non vorrà sentire lamentele quando gioca in casa. Chi ha
la possibilità emigra: nell’arco di un decennio si presenta un quadro un cui la Germania est si
potrebbe svuotare.
Ullbricht sarà costretto a malincuore a rallentare il suo processo di comunistizzazione e come
sempre non appena si apre uno spiraglio minimo di cambiamento in una dittatura, succede sempre
che le speranze vadano oltre: non bastava lo smantellamento degli aspetti più duri, vogliono
l’unificazione delle due zone.
Scoppia una rivolta che verrà repressa molto duramente: nell’estate del 53 si ebbero disordini molto
estesi. Il premier trae vantaggio da questa situazione: ai collaboratori dice che è stato proprio il
cambio di movimento ad aver generato il disordine: bisogna tornare indietro.
Con quest’arma in mano, Molotov si rivolge a Beria che aveva presentato possibilità di dialogo con
gli occidentali proprio riguardo la Germania: ritiene che mantenere la separazione creerà un
problema cronico. Dall’interno viene accusato di voler SVENDERE la G agli occidentali e che
fosse egli stesso una spia.
Nasce una campagna di accuse che culmina in una riunione del POLITBURO: lui è quello che fa
paura agli altri solitamente; ora viene messo in minoranza sfruttando quello che è successo nella G
orientale. Viene arrestato con enorme stupore e la situazione GLI SFUGGE DI MANO.
A partire dall’estate 53 la ventata riformatrice cessa. Beria viene accusato di ciò che era successo in
Germania. Mendicherà di avere salva la vita perché sa che gli spetterà la fucilazione.
Sarà l’ultima vittima fisica dell’Unione sovietica: le seguenti successioni non saranno così
drammatiche. È l’ultimo che lascia la vita per la lotta del potere nel Cremlino.
Malenkov si trova in una posizione debole adesso. Nel 55 viene destituito e il posto viene preso da
Bulganin, un politico di cui Chruschev si fida di più.
A partire del 56 Chruschev rovescia le carte in tavola, diventando lui il portavoce dell’ala
riformatrice.
Alla morte di Stalin gli occidentali si chiedono se la nuova URSS sarà la stessa minaccia di quella
di Stalin: sono lo stesso aggressivi? oppure bisogna rivedere le stime occidentali?
Finora gli anglo-americani hanno avuto difficoltà a penetrare nel sistema sovietico. Il lavoro dei
criminologi è quello di cercare di indovinare ciò che succede al di là della cortina di ferro.
Cominciano a chiedersi se sia veramente necessario riarmare la Germania e creare la CED. Il
margine di sostegno della CED in F si assottiglia sempre di più.
F, G, e Benelux ratificano il trattato per la creazione di una Comunità Europea. Il lavoro viene
affidato ad un altro organo:la CECA. Devono preparare un trattato per una futura comunità politica
europea.
Alla sequenza delle ratifiche mancano quelle della F e dell’Ita.
PERCHE’ LA CED FALLISCE
La parte della classe dirigente della F che voleva l’istituzione della CED era esigua. Si pensava però
di non dover abbandonare il progetto poiché ciò assicurava la collaborazione degli USA. Dalla
ratifica francese dipendeva il riarmo della G e anche il disegno americano di un Europa Unita e
forte capace di condividere le spese. Ecco perché gli yankees insistono in maniera ossessiva: Dulles
disse che se la F non avesse ratificato, gli USA sarebbero stati costretti a rimettere in discussione
tutto. È un ricatto. I F non vogliono prendersi la responsabilità del fallimento del progetto, quindi
restano legati alla necessità di non irritare gli USA. Fanno finta di credere ad un progetto senza
interessi solo perché avevano bisogno di aiuti americani in una sua colonia: il Vietnam.
L’intera Indocina, a fine guerra, sarebbe stata occupata da truppe inglesi e cinesi fin quando la F
non fosse stata in grado di inviare proprie forze. Nel Nord del Vietnam, però, il partito comunista,
guidato da Ho Chi Min, dichiara la nascita della nuova repubblica.
Gli americani esitano ad avere un atteggiamento esplicito, poiché tradizionalmente contrari
all’imperialismo.
I F propongono all’Indocina l’entrata nella Union française: quindi un paese semi-autonomo. E
proprio durante le trattative, nel 46, scoppia l’insurrezione. I francesi affrontano la guerriglia in
modo diligente, all’inizio: era un fenomeno locale pericoloso ma controllabile.
Nel 49 il quadro cambia: la guerriglia riceve l’appoggio della CINA comunista. Questa aveva
tutto l’interesse ad estendere l’influenza in Asia ed eliminare i residui di colonialismo.
Sistematicamente verranno inviati materiali e si addestreranno le truppe vietnamite. La guerra fa un
salto di qualità: i F non si trovano più di fronte ad una guerriglia, ma ad una guerra in grande stile,
soprattutto nel nord. I francesi cominciano a subire sconfitte severe soprattutto nelle linee di
comunicazione.
Cambia il quadro strategico anche per gli americani: il favore passa a quelli che sostengono che la F
stia combattendo una guerra appartenente alla guerra fredda, e non una guerra imperialista.
Bisogna aiutare i francesi rifornendoli di uomini e mezzi. l’amministrazione Truman comincia ad
aumentare lo sforzo in Indocina.
Nel 51 viene inviato uno degli eroi francesi: riesce ad infliggere una serie di sconfitte ai ribelli,
sennonché la ribellione aumenta e il generale muore senza che ci sia nessuno a prenderne l’eredità.
Fra il 53/4 arriveranno quasi a coprire l’intera spesa francese: neanche gli uomini sono francesi, in
quanto appartenenti alla legione straniera o sono uomini del luogo.
Può quindi la F affossare il progetto di CED quando ha bisogno dell’America? Si sono invertite le
parti.
Alla fine del 53, su pressione USA, i francesi dovevano attirare le forze ribelli in una grande
battaglia campale, dove potevano avere la meglio. Costruiscono vari capisaldi nel nord per
disturbare gli spostamenti della guerriglia. Nasce il piano NAVAR: creazione di una serie di
postazioni fortificate che costringano i vietnamiti ad attaccare: la più importante era quella di Dien
Bien Phu: qui doveva avvenire la battaglia decisiva. Diventa il momento culminante della guerra in
Indocina: trarre in trappola gli insorti e infliggere una sconfitta che cambi la situazione. Questo fatto
coincide anche con il destino della CED.
Roma 22/11/2006
Gli americani non sono una presenza facile: sentono di poter guidare i francesi. La cosa viene
assorbita difficilmente in quanto i F erano già abituati alla guerra imperiale. D’altra parte gli
americani hanno gli strumenti per continuare la guerra. Di qui l’idea di risolvere la situazione in una
battaglia definitiva a Dien Bien Phu.
Le cose vanno però male sin dall’inizio: i vietnamiti sono riusciti a portare in mezzo alla giungla i
cannoni; tutte le postazioni periferiche vengono occupate dai vietnamiti; diventa una guerra
d’ASSEDIO: è uno dei momenti critici per i francesi del dopoguerra. I vietnamiti sono riusciti a
rovesciare la situazione: la resistenza della base dipende solo dal paracadutamento delle risorse.
C’è bisogno di un intervento americano.
Gli USA decidono di intervenire nel conflitto: finora c’erano solo ufficiali con compito di gestione.
Eisenhower pone una duplice questione: si può intervenire solo col benestare del congresso (in
quanto potrebbe trasformarsi in una lunga guerra) e degli alleati.
Nel luglio 53 aveva appena firmato l’armistizio per la guerra di Corea: il suo timore era una
riedizione di tale conflitto. Il presidente è tutt’altro che entusiasta della missione. I senatori non se la
sentono d’intervenire: l’azione si può fare solo se diventa un’operazione composta. Si contattano gli
inglesi: i francesi sono destinati alla perdita. Gli inglesi sostengono di voler intavolare una
conferenza con i sovietici per risolvere il problema in Asia. Dulles, prima di dialogare con i
sovietici, vuole dare vita ad un’alleanza militare.
Nel mentre non arrivano gli aiuti e l’assedio si stringe sempre di più; aumentano le richieste di
intervento americano che verranno respinte. Ciò innesca un meccanismo che genera profondo
risentimento nei francesi. I francesi cominciano a pensare che l’alleanza non tuteli i loro interessi.
Di lì a pochi giorni la F si arrenderà, subendo la più grave sconfitta della F coloniale. Vuole uscire
dal pantano vietnamita; l’occasione viene offerta nella conferenza sui problemi asiatici. Si tiene a
Ginevra nel 54: il problema della Corea viene ancora discusso: l’empasse resta e agli inizi di
maggio si affronta la questione vietnamita. Dien Bien Phu cade proprio quando a Ginevra si discute
sul destino dell’Indocina: si troveranno in una posizione debole durante la conferenza. La conf va
avanti a fatica e sembra difficile trovare la soluzione. La svolta si ha quando viene eletto Pierre
Mendes-Franz come primo ministro. Dichiara di voler risolvere entro 100 giorni i problemi esteri
della F: Vitenam e CED. La prima opportunità si presenta alla conferenza di Ginvera: non sono solo
i F a voler un risultato positivo; russi e cinesi vogliono legittimare la fine del conflitto per evitare di
generare un focolaio; faranno pressione congiunta con gli alleati per cedere alle richieste. Si arriva
alla soluzione di compromesso 21/2 luglio 54: per il momento il Vietnam viene diviso a metà lungo
il 17° parallelo: gli insorti potranno dar vita ad una repubblica indipendente; a sud l’influenza è
francese, ma con la previsione che di lì a due anni si indiranno votazioni per il destino del paese.
I F ottengono molto da questo risultato. I Vietnamiti ottengono meno di quello che avevano
conquistato, ma erano sicuri di vincere le elezioni.
La conferenza nomina una commissione internazionale per salvaguardare l’adempimento degli
accordi. È una soluzione che consente ai F di uscire con relativo onore.
Come ha fatto la F a ribaltare la situazione nel tavolo delle conferenze? Si dice che abbiano saputo
sfruttare gli interessi russo-cinesi. Al tempo invece si pensava che la F avesse barattato con i
sovietici la vittoria con l’affossamento del progetto CED e quindi non ci sarebbe stato nessun
riarmo della Germania. Non c’è niente che dimostri questa tesi.
Il collegamento con i due problemi è strettissimo. Da ora in poi non hanno più bisogno dell’aiuto
militare americano e quindi possono fare a meno di seguire una causa a cui non credono.
Il premier indice una riunione a Bruxelles dove dice agli altri potenziali membri che per dar vita al
trattato bisognerà aggiungere altri protocolli: non cedere totalmente le forze armate (in quanto
impero coloniale); la F chiede una fase di transizione per l’entrata nella CED. Gli alleati gli dicono
di no. Mendes-Franz rispondo che se si vuole la creazione della Comunità non ci sono alternative.
Porta il trattato in aula e viene approvata la mozione preliminare in cui il parlamento francese si
RIFIUTA DI DISCUTERE il trattato.
Con questa manovra parlamentare il progetto viene AFFOSSATO definitivamente. È proprio questo
che ha fatto emergere le ipotesi di Ginevra. Si affossa anche il progetto della comunità politica.
Cade il castello dell’Europa federale. Il continente prende un colpo durissimo: i grandi sogni
vengono fermati.
Al di là di questo si hanno conseguenze drammatiche: i rapporti con gli americani toccano il fondo.
A ciò si lega una serie di problemi pratici: che fine fa il progetto di riarmo della G? e tutte quelle
misure con le quali si voleva dare piena sovranità al governo tedesco? Si creano una serie di
problemi a LIVELLO EUROPEO. La G rimane in una situazione di minorità perenne? Bisogna
farla uscire da quella situazione.
Eden prospetta una serie di ipotesi non particolarmente originali. C’è bisogno di un’alleanza
militare che metta in piedi un esercito tedesco per prevenire il nazionalismo radicale. Si mira a
ripescare il vecchio patto di Bruxelles del 48: Eden vuole ampliare il patto per la difesa dell’Europa
occidentale facendo aderire la Germania e l’Italia. All’interno di questo meccanismo si deve
studiare una struttura che controlli il riarmo tedesco.
Nella prima conferenza a Londra, si studia una soluzione come da lui suggerita. Gli europei sono
favorevoli; meno gli americani, poiché la soluzione pare venire incontro ai F, allontanandosi dal
progetto americano. D’altra parte però non ci sono altre soluzioni. Il progetto viene confermato ad
ottobre, trasformando la Western Union in una WEuropeanU: nel primo caso si voleva federalizzare
l’Europa, mentre il secondo è un semplice patto militare. Non ci saranno discriminazioni verso la
Germania, poiché il controllo calerà su tutti i membri. È però indispensabile arrivare ad una formula
giuridica che consenta ai tedeschi di innalzarsi nel grado di sovranità ma impedire che i tedeschi si
dotino di armi di distruzioni di massa.
La proposta viene inviata. Hadehauer la rifiuta in quanto vuole la piena parità. Gli altri però non se
la sentono in quanto è un paese spaccato che rivendica l’altra parte. La soluzione viene da una delle
formule ambigue tipiche della diplomazia: il cancelliere rilascia volontariamente una dichiarazione
unilaterale: la G per sua volontà non si doterà di armi chimiche o batteriologice nel proprio
territorio. È una dichiarazione su base volontaria. Ci sono però scappatoie: si può collaborare nella
costruzione di nuove armi in territorio estero.
Dulles si congratula e gli dice che l’impegno deve essere mantenuto finchè permangono quelle
condizioni.
Con la conferenza di Parigi si arriva alla quadratura del cerchio. È un arrivo minimalista però.
Tutti ratificano il trattato del WEU. Agli inizi di maggio 55 la Germania entra nell’alleanza
atlantica.
Si è mirato a far dell’Europa uno strumento più coeso e in grado di bilanciare gli USA. Ma siccome
quel disegno è fallito, l’E da questo momento non proverà più a rilanciare un proprio spazio
autonomo nell’alleanza atlantica: la sicurezza viene delegata all’alleanza atlantica (USA). Si
rilancerà la costruzione di una comunità europea ECONOMICA. Da ora l’Europa pensa alla
CRESCITA ECONOMICA e gli USA garantiscono la sua DIFESA!
Di fronte alla questione del Sud-est asiatico, gli americani, non sono completamente disinteressati:
il presidente rilascia una dichiarazione in cui afferma che lasciare l’Indocina ai sovietici, si avrà un
EFFETTO DOMINO in tutta l’Asia. Se non si vuole intervenire militarmente, come si può
intervenire?
Si può istituire un’alleanza militare per circoscrivere il Vietnam comunista. Un alleanza che faccia
da argine all’espansione comunista. L’alleanza si conclude qualche settimana dopo di Ginevra, a
Manila. Nasce la SEATO, una replica della NATO in Asia: fanno parte gli USA, GB,
AUSTRALIA, NUOVA ZELANDA, FILIPPINE, THAILANDIA e PAKISTAN (non è uno stato
dell’Asia del sud-est; si è voluto però legare con gli USA per una politica contro i sovietici e gli
indiani). Nasce l’8 settembre 54 la SEATO. In una clausola del patto di Manila afferma che il casus
foederis può essere invocato non solo se uno degli stati membri viene attaccato, ma anche quando
l’invocazione viene da uno dei 3 paesi che hanno ottenuto l’indipendenza a Ginevra. La SEATO ha
un compito più importante della NATO in quanto si è appena assistito ad una guerra. gli USA si
affidano così alla speranza di stabilizzare la situazione asiatica.
In questa situazione le linee tracciate nel 49 diventano più nette. Se la divisione è più netta, i motivi
del contendere VENGONO MENO. È una ripartizione DI FATTO. Così a partire del 55 si cerca di
superare la logica del confronto per attenuare la tensione e risolvere gli ultimi problemi rimasti.
Ad esempio viene risolto il FUTURO DELL’AUSTRIA: era sottoposta ad una situazione analoga a
quella tedesca. Nel 55 esce dallo status di potenza occupata a patto che mantenga la sua neutralità.
È un TRATTATO DI STATO AUSTRIACO, non di pace, poiché era scomparsa nel 38 ed esisteva
in quanto parte del grande Reich. È un tassello significativo nel quadro della distensione poiché si
può prefigurare l’applicazione dello stesso modello alla Germania. Si risolverebbe l’ultimo
problema in Europa. Tale questione diventa il primo odg nella prima conferenza di Ginevra dei capi
di stato vincitori della WWII: Chruschev incontra Eisenhower e Eden. Per un attimo si ricrea una
sensazione di solidarietà. È veramente la fine della guerra fredda? Dai risultati della conferenza si
vede che non si è ottenuto molto poiché nessuno ha rinunciato a cedere il proprio territorio. La
soluzione occidentale è votare prima e poi lasciare scegliere i tedeschi in base alle loro scelte. I
sovietici non hanno la minima intenzione delle libere elezioni: vogliono prima l’unificazione.
Si parla di sicurezza E, della G ma in concreto non si trova nessuna soluzione fondamentale.
Per la prima volta però si RIPRENDE la strada del dialogo: si va oltre la logica dello scontro
armato.
Roma 27/11/06
Nel 55 si ha una prima fase di DISTENSIONE. Non c’è dubbio che lo “spirito di Ginevra”
rappresenti un cambiamento di tono fra le potenze. Quello che accade è la fine di un ciclo: ha
l’andamento di una parabola che raggiunge un momento di massima per poi raggiungere un corso di
declino. Dal 46/7 si raggiunge un momento di massima coesione all’interno dei due blocchi, e poi
nel 52 la coesione si allenta.
La spinta all’integrazione, all’unificazione degli sforzi per porsi d’innanzi l’avversario ha l’apice
nel 52/3. poi da una fase che potenzialmente vede il confronto si passa ad una fase che prevede il
COSTANTE CONFRONTO.
Ci sono due effetti che vanno tenuti in conto però.
Inizialmente i due blocchi concentrano gli sforzi; quando le frontiere sono apparentemente più
stabili, la tensione si SPOSTA FUORI dall’E. L’E è APPARENTEMENTE stabilizzata: c’è
l’ESPORTAZIONE della guerra fredda. Questo fenomeno si intreccia col fenomeno della
DECOLONIZZAZIONE: la WWII ha dato una spinta agli sforzi indipendentisti delle varie colonie.
Sembra quasi che i tempi della decolonizzazione siano dettati dalla guerra fredda, poiché entrambe
le parti vogliono allargare le proprie influenze. Tali paesi non sono totalmente passivi: vogliono
affermare l’autonomia. Nel 55 a Bandung nasce il movimento dei paesi NON ALLINEATI. È un
movimento che trova una leadership nell’India di Nehru, nell’Egitto di Nasser, nell’Indonesia di
Soekarno e nella Jugoslavia di Tito. Questo movimento però strizza più gli occhi al blocco
sovietico, ciò dimostra quanto il sistema bipolare fosse invasivo.
Vi è quindi una minore importanza dell’E mentre si moltiplicano i punti di crisi all’esterno di essa.
All’interno di ciascun blocco (secondo problema), proprio perché lo scontro si attenua, da entrambe
le parti si evidenziano le TENDENZE CENTRISTE: i blocchi si incrinano. È quello che succede
nella F di De Gaulle che si batterà per una maggiore libertà di movimento all’interno del blocco;
cosa simile avviene nella Cina di Mao. In questa nuova fase gli attori della politica internazionale
agiscono con maggiore autonomia.
Quando la paura della guerra scompare aumentano le tendenze a cercare maggiore indipendenza.
CRISI D’UNGHERIA E DESTALINIZZAZIONE
Con la nuova amministrazione dell’URSS c’è meno eurocentrismo. Chruschev e Bulgarin hanno
una vista più globale: sanno l’importanza della fase della decolonizzazione.
Ch è consapevole di avere una base di potere FRAGILE: ha eliminato l’ala riformatrice e secondo
una tipica mossa della politica del Cremlino, lui si è alleato con la destra per eliminare la sinistra,
per poi schierarsi a sinistra per eliminare la destra. Fa proprie le idee riformatrici poiché sa che ora
il suo avversario è Molotov: è necessario aumentare il ritmo della destalinizzazione sia per
migliorare la qualità della vita sia per ridurre gli spazi ai propri avversari.
Al ventesimo congresso dell’URSS denuncia i crimini della politica di Stalin: dalla facciata
pubblica annuncia che l’US deve uscire dalla fase di sofferenza ed è sua l’intenzione di alleggerire
la repressione verso i dissidenti; ciò non è nulla in confronto a ciò che disse in privato agli altri
collaboratori: qui si lancia con accuse durissime verso Stalin: lo accusa di aver creato un clima di
terrore e di aver fatto nascere il culto della persona. Questo clima viene denunciato con ESTREMA
DUREZZA anche con motivi non plausibili, come quando imputa a Stalin di aver guidato la WWII
su una mappa piccola.
La portata del discorso è però DEVASTANTE: il grande capo, identificato con la costruzione del
comunismo, viene criticato; il che lascia interdetti gli interlocutori che si chiedono dove voglia
arrivare Ch. Il discorso rimane segreto, e lo ha fatto per accelerare il conflitto all’interno del partito.
Le ripercussioni però vanno molto OLTRE le sue previsioni: una copia del discorso arriva sulla
scrivania di Allen Dulles.
Alcuni dirigenti del PC polacco, composto da ebrei, hanno fornito i documenti ai loro contatti in
Israele; da lì vengono spediti all’USA. I documenti non vengono resi noti, ma vengono utilizzati per
creare zizzania: lo si vuole sfruttare per scardinare la presa sull’E orientale. Altra ipotesi è che il
discorso doveva essere usato per una massiccia propaganda. Alla fine il documento viene stampato
sul NYTimes. La prima reazione in Occidente è di incredulità: affermano che sia un falso e pensano
che sia un’altra macchinazione americane. Ma effettivamente di lì a pochi giorni non si fa vedere
nessuna smentita dal Cremlino. A questo punto si verificano una serie di RIPERCUSSIONI che
vanno al di là delle previsioni di Ch.
In Italia si comincia a discutere sul riunire il PS col PC. Cominciano i dubbi sulla leadership del PC
russo. Il dibattito si apre in tutti i partiti di sinistra dell’E occidentale.
In E orientale l’impatto del documento ha un impatto DEVASTANTE: si vogliono staccare
dall’artiglio russo. I primi sono la Polonia e l’Ungheria.
La prima rivendica un’identità nazionale diversa da quella sovietica. Qui il controllo era
rigidissimo: il ministro della difesa polacco era un russo per evitare che i polacchi abbiano un
esercito autonomo. Nel giugno 56, all’indomani della pubblicazione cominciano i primi disordini: si
hanno i primi scioperi che manifestano la difficoltà della società polacca ad allinearsi con l’identità
sovietica. È impressionante il fatto che a scioperare siano proprio gli operai, coloro che dovrebbero
essere protetti dal comunismo.
È una manifestazione moderata che ha espressione in Vlasislav Gomulka: membro del PCP epurato
nella fase finale del terrore staliniano che ha recuperato la sua libertà solo dopo la morte del
dittatore ma mai più riammesso nel partito. Il grande dibattito che si apre è proprio la sua
riammissione come guida del partito. In lui alcuni vedono il salvatore della patria, mentre i sovietici
vedono in lui, sebbene comunista, un PERICOLOSO DEVIAZIONISTA. Poiché chi ha criticato la
leadership di Stalin potrebbe farlo un’altra volta. Il PCP ad ottobre esplicitano il loro desiderio di
avere Gomulka come leader. I principali esponenti del governo atterrano a Varsavia: Ch appena
sbarcato ha dato scena ad una sfuriata (la Polonia deve restare comunista). Comincia una riunione
estremamente tesa, che si acuisce quando ai polacchi viene annunciato che due divisioni
dell’Armata Rossa sono alle Porte di Varsavia. I sovietici affermano che la mossa non è un
invasione, bensì una manovra di sicurezza presente nel patto militare. Alla fine si trova un punto
d’intesa: Gomulka ribadisce il desiderio di una Polonia comunista, ma questa deve avere più libertà,
ricostruendo lo stato potendo scegliere i propri tempi e i propri mezzi (ad esempio non avere un
ministro russo). I sovietici accettano le condizioni e su questa soluzione si esce dalla crisi. La
formula viene anche incontro alle esigenze di Ch: si spiazzano gli stalinisti tradizionali per essere
rimpiazzati con una classe dirigente riformatrice.
In Ungheria la SITUAZIONE SFUGGE DI MANO: non è una coincidenza che la tensione qui sia
collegata alla crisi polacca. Quando arriva a Budapest la notizia che la crisi polacca si è risolta, qui
si moltiplicano gli episodi di protesta.
Nel 24 ottobre si sostiene la causa di Gomulka. Qui la situazione non è dissimile da quella polacca:
c’è stato un periodo di fermento, maggiore però poiché in Polonia vi era una cappa più pressante.
Alla morte di Stalin a capo del governo ungherese fu posto Nagy: ha collaborato anche per gli
aspetti più duri dello Stalinismo. Tra il 53/5 mette in pratica un primo tentativo di destalinizzazione.
Viene fermato. Nell’ottobre 56 si ripete ciò che è accaduto in Polonia: Nagy diventa il Gomulka
ungherese. Vi è una prima crisi diplomatica, ma poi la piazza prende il sopravvento e Nagy viene
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