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GUERRA FINITA E VINTA INSIEME più una RETTIFICA DEL CONFINE ORIENTALE ITALIANO
ALL’ISONZO.
Le POTENZE DELL’INTESA offrivano: il Trentino, l’Alto Adige, la contea di Gorizia e Gradisca, la
Venezia Giulia, Trieste, l’Istria (fiume rimaneva all’impero asburgico come sbocco sul mare), le basi
italiane tali da dare una continuità di controllo alla Marina italiana su tutta la sponda orientale
dell’Adriatico, 30 milioni di sterline (contributo iniziale per la guerra), il riconoscimento pieno del
controllo italiano sulle 12 isole del Dodecaneso, la conquista della Tripolitania e della Cilenaica.
Le concessioni austriache sono troppo poco così, il 26 APRILE 1915, l’Italia firma il PATTO DI
LONDRA e aderisce all’INTESA impegnandosi ad ENTRARE IN GUERRA ENTRO 30 GIORNI.
L’Italia sottoscrive questo accordo perché più favorevole.
A INIZIO MAGGIO il governo DENUNCIA LA TRIPLICE ALLEANZA.
Gli AUSTRIACI capiscono che l’unica linea difendibile e L’ISONZO e schierano truppe lì.
Prima della metà di maggio il governo SALANDRA SI DIMETTE e GIOLITTI, pur non credendo
nella guerra, ritiene che Salandra debba proseguire il percorso intrapreso e fa REINCARICARE
SALANDRA.
L’ITALIA, IL 24 MAGGIO 1915, DICHIARA GUERRA ALL’AUSTRIA.
Storico tedesco Haflelbach disse “pensate solo alla vostra neutralità, commerciavate e facevate
soldi con tutti (perché gli italiani vendevano armi), vi risparmiavate 700 mila morti, circa il doppio
di feriti e mutilati e forse vi sareste evitati il fascismo”.
INGRESSO DEGLI STATI UNITI
Gli Stati Uniti d’America entrano in guerra nonostante l’OPINIONE PUBBLICA fosse CONTRARIA.
Sono definiti “MELTING POT” perché sono un PAESE MULTIETNICO (vi erano inglesi, italiani e
francesi che tenevano per l’intesa, tedeschi e irlandesi che tenevano per la triplice alleanza e così
via).
L’opinione pubblica statunitense è divisa e pacifista.
Gli Stati Uniti entrano in guerra nell’APRILE DEL 1917 per 3 RAGIONI:
I TEDESCHI conducono una GUERRA SOTTOMARINA indiscriminata e AFFONDANO UN
NAVIGLIO NEUTRALE STATUNITENSE (la Lusitania) che portava AIUTI ALL’INTESA (dietro alla
bandiera neutrale venivano inviati aiuti a Gran Bretagna e Francia, i tedeschi lo sanno e colpiscono
nonostante il diritto internazionale vietasse di colpire Navigli con bandiera neutrale).
Berlino si giustifica dicendo che fu una libera iniziativa del comandante nell’Atlantico ma non si sa
con certezza.
L’INTELLIGENCE AMERICANA scopre una serie di comunicazioni tra gli imperi centrali, le loro
ambasciate a Washington e l’ambasciata messicana a Washington di un TENTATIVO AUSTRO-
TEDESCO DI FAR ENTRARE IL MESSICO IN GUERRA CONTRO GLI STATI UNITI (l’azione
diplomatica ci fu e ci sono i documenti a provare ciò).
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Le motivazioni il Messico le aveva perché con la guerra di metà 800 gli erano stati portati via molti
territori ma non era militarmente pronto ad entrare in guerra contro una potenza come gli Stati
Uniti.
Gli Stati Uniti avevano PRESTATO MOLTI SOLDI ALL’INTESA e una SCONFITTA di
quest’ultima avrebbe fatto si che tutti quei soldi andassero PERDUTI (motivo inconfessabile).
WILSON viene rieletto nel novembre del 1916 con un programma pacifista e nel 1917 CHIEDE AL
CONGRESSO DI VOTARE LA GUERRA con il pretesto che I TEDESCHI HANNO VIOLATO IL
DIRITTO INTERNAZIONALE e gli Stati Uniti devono fare qualcosa.
Gli Stati Uniti NON HANNO LA CAPACITÀ MILITARE IDONEA a combattere una guerra di quel
tipo.
Non hanno uno STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO (organo che rende realistica e operativa la
condotta di una guerra sotto la direttiva politica del governo e sotto il comando del presidente).
Il generale Pershing (incaricato del comando in Europa) non vuole un intermediario fra lui e il
presidente ma alla fine prevarrà la linea di creare uno stato maggiore dell’esercito.
Gli Stati Uniti non hanno neanche un ESERCITO DI MASSA e sono costretti ad arruolare forze (si
devono dotare di una capacità di intervento).
Nel giugno del 1918, ossia più di un anno dopo l’entrata in guerra, LE TRUPPE ARRIVANO AD
UN NUMERO ACCETTABILE e il corpo di spedizione Americano in Europa arriva in FRANCIA con
40 divisioni (circa 400 mila truppe).
Vengono ACCOLTI MALE perché NON SI VOGLIONO INTEGRARE con l’esercito anglo-francese e
viceversa (gli anglo francesi non vogliono dare il merito della vittoria agli americani e quest’ultimi
non condividono le ragioni di guerra).
Gli americani portano avanti una GUERRA PARALLELA (da soli) contro i tedeschi.
Hanno dei carri armati primitivi (prima li avevano solo gli inglesi).
Il presidente WILSON dice di entrare in guerra per FARLA FINIRE AL PIÙ PRESTO CON UNA
PACE GIUSTA E CONDIVISA e non per schiacciare e umiliare nessuno perché solo una pace
giusta e condivisa garantirà poi pace al mondo perché una pace vessatoria sarà un pessimo
proseguio per il futuro. LA DIPLOMAZIA IN GUERRA
La prima guerra mondiale fu una tragedia per tutti più che una grandiosa esperienza.
IN GUERRA LA DIPLOMAZIA LA FANNO LE ARMI (le ambasciate chiudono perché in un clima di
conflitto non ci sono più relazioni diplomatiche e la ragione è di chi sta vincendo).
Ci furono le OFFERTE DI PACE DEL PAPÀ PIO X ma non si può parlare di atti diplomatici.
A livello diplomatico bisogna ricordare 2 EVENTI:
GLI ACCORDI SYKES-PICOT (maggio del 1916)
Il 16 maggio 1916 il parlamentare britannico Mark Sykes e il diplomatico francese George
Picot firmarono l'accordo segreto sulla spartizione delle aree di influenza in Medio
Oriente in seguito alla caduta dell'impero ottomano.
L'accordo prevedeva la spartizione di tutto il territorio compreso fra la costa orientale del
Mediterraneo e la frontiera Persiana, un area di oltre 2 milioni di km2. Agli inglesi sarebbe
spettata la zona meridionale, ossia l'attuale Palestina Giordania e Iraq, ai Francesi Libano
e Siria.
Il governo inglese intendeva stipulare l’accordo per affermare un controllo su vaste regioni
del Medio Oriente, passaggio terrestre e marittimo obbligato per l’India, perla del suo impero.
11 Quello francese, invece, alle manie di grandeur imperiale aggiungeva un interesse culturale e
religioso – prima ancora che economico – per la regione siriana. Con essa vantava legami di
secoli, durante i quali aveva svolto la «missione storica» di proteggere le minoranze cattoliche.
Gran Bretagna e Francia vollero assicurarsi una cospicua parte di bottino a spese del sultano
dopo le concessioni fatte alla Russia, loro alleata in guerra contro Germania, Austria e Turchia.
Il governo dello zar era infatti riuscito a strappare ad esse il riconoscimento delle sue
secolari mire su Costantinopoli e sugli Stretti, per garantirsi libero accesso al
Mediterraneo.
Al tavolo delle trattative Sykes cercò di ridimensionare le richieste di Georges-Picot, il quale mirava
a un controllo diretto sulla Grande Siria, compresa la regione palestinese e quella di Mosul. La
Gran Bretagna stava già trattando con lo sceriffo del Hagiaz – Hussein ibn Ali, guardiano delle
città sante della Mecca e di Medina – per sollevare gli arabi contro i turchi e contrastare la
chiamata alla guerra santa, effettuata dal sultano ottomano in qualità di califfo.
Per suscitare una ribellione generale contro i turchi, Hussein rivendicava l’indipendenza di tutti
i territori arabi dell’impero turco sotto la sua sovranità. Tuttavia, i britannici, per cercare
di conciliare le sue rivendicazioni con quelle della Francia, contestarono il carattere
arabo della costa siriana. Domandarono inoltre l’esclusione dal futuro Stato arabo indipendente
delle province di Bassora e Baghdad, sulle quali intendevano riservarsi una sfera d’influenza. Lo
sceriffo non volle cedere sulla Siria occidentale, ma questa divergenza non gli impedì di stringere
alleanza con gli inglesi.
Gli accordi Sykes-Picot furono condizionati dal tentativo britannico di tener conto delle
ambizioni di Hussein: all’amministrazione diretta della Francia sarebbero spettate due regioni
contigue – quella turca di Cilicia e la Siria occidentale –, mentre a quella britannica le province di
Bassora e di Bagdad.
Per cercare di armonizzare quest’accordo con quello raggiunto con lo sceriffo, fu stabilito che il
rimanente territorio sarebbe appartenuto a uno «Stato arabo» o a una «confederazione di Stati
arabi». Anche all’interno di questi Stati «indipendenti», però, le due potenze si riservavano delle
sfere d’influenza: la Francia sulla provincia di Mosul e sulla Siria interna; la Gran Bretagna
sull’odierna Giordania, sul Neghev e sul sud-est della Siria. Sykes riuscì a ottenere anche
l’internazionalizzazione della parte centro-occidentale della Palestina – quella compresa tra la
Galilea e Hebron –, contenente i Luoghi Santi delle tre religioni monoteistiche.
A questa trama d’intese è indissolubilmente legata la
Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917), della
quale gli inglesi si servirono per ottenere il
mandato sulla Palestina. Emanandola la Gran
Bretagna prometteva di fare «ogni sforzo per
facilitare» la «costituzione in Palestina di un
focolare nazionale per il popolo ebraico», violando in
tal modo gli accordi Sykes-Picot e quelli con
Hussein.
Nel corso della guerra gli inglesi, nonostante lo
scarso contributo militare arabo, inflissero gravi
sconfitte all’Impero ottomano. Lo Hagiaz fu
comunque considerato Stato belligerante, e come
tale invitato alla conferenza di pace di Parigi. La
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piccola delegazione, capeggiata dal terzo figlio dello sceriffo Hussein (Feisal), non partecipò quindi
in rappresentanza dell’intero popolo arabo. A Feisal, in ogni caso, gli inglesi permisero di insediare
un governo a Damasco (ottobre 1918), con autorità sulle regioni che gli accordi Sykes-Picot
destinavano allo Stato arabo «indipendente» sotto l’influenza della Francia. Quest’ultima, a sua
volta, si affrettò a occupare la Cilicia e il litorale siro-libanese, preparandosi a contrastare le mire
dell’emiro su questi territori.
Già durante gli ultimi mesi del conflitto gli inglesi avevano maturato la convinzione che fosse
necessario rimettere in discussione gli accordi Sykes-Picot. Essi, oltre che dal saldo
controllo militare che avevano affermato sull’Impero ottomano, furono agevolati dall’uscita di
scena della Russia dalla guerra. Le loro esigenze coloniali non confliggevano solo con le
promesse contraddittorie formulate agli arabi, ai francesi e ai sionisti, ma anche coi proclami anti-
imperialisti di Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti. Londra, in ogni caso, puntava
ormai al controllo diretto dell’intera Mesopotamia – regione ricca di petrolio – e dell