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Rifiuto dell'idea federalista del PSD'Az

Il PCI sardo fu combattuto da Spano per portarlo sulla linea nazionale di Togliatti. La linea era un'autonomia dell'isola, nel quadro dell'unità nazionale, sulla base di una profonda democratizzazione amministrativa, politica e sociale di tutta la vita isolana. Elaborazione gramsciana. Il congresso Regionale del 45, infatti, si basava su un regionalismo moderato basato sulla reiezione del federalismo, sulla devoluzione alle regioni solo di limitati poteri.

Ostilità e diffidenza verso il PSD'Az. Il Partito Socialista aveva un'impostazione simile, caratterizzata dalla cautela nei confronti dell'autonomia definendola come mero decentramento amministrativo. Per loro erano più importanti il recupero della tradizione prefascista e le battaglie per l'emancipazione della classe operaia.

Il Partito Liberale, composto di personalità borghesi e intellettuali, ripropose la linea nazionale.

una linea confusa tra impegno regionalistico, tiepido regionalismo, e posizioni anti regionalistiche: Bruno demoliva l'istituto dell'ente regione; Marcello rinviava la scelta amministrativa dopo la decisione sulla questione istituzionale; Randaccio autonomismo più ampio impostato e simile al rivendicazionismo e ripartizionismo del Siciliano la Loggia; Cocco Ortu favorevole a un decentramento Regionale e a una linea di liberismo economico.

Il clima elettorale acuì i contrasti tra le forze politiche e la possibilità di un fronte autonomistico unitario ne fece le spese. Si affermò, infatti, soltanto un autonomismo nettamente economicistico, perché non si volle disegnare un'autonomia forte culturalmente, motivata, specificamente sarda e non basata essenzialmente sull'arretratezza economica. Tuttavia quasi tutti i partiti furono "obbligati" a inserire nei loro programmi elettorali una rivendicazione di autonomia.

Comunque il

respingimento della tesi federale comportò anche l’annaquamentodi una concezione di autonomia integrale, mentre, l’affannosa ricerca dei temini realidella questione finanziaria e doganale, non forni risposte soddisfacenti e contribuì aritardare l’evoluzione del partito.

Lo stesso Lussu che propose l’obbligo dell’insegnamento della lingua sarda alivello primario, condivise l’opinione generale che non si poteva frantumare l’unitàculturale del popolo italiano e che l’isola non era in grado di sobbarcarsi gli onerieconomici derivanti da tali competenze. Il dibattito preparatorio dello Statuto fudominato da una visione economicistica, protrattasi per lungo tempo anche in etàrepubblicana.

La redazione del progetto di StatutoLa riunione della consulta Regionale del 9 maggio sancì la resa dei conti conl’iniziativa di estendere alla Sardegna l’autonomia concessa alla Sicilia. I consultorisardi furono

compatti nell'accusare Lussu di comportamento antidemocratico e centralistico. Egli, infatti, aveva ritenuto di optare per il male minore, ossia l'autonomia sia pure per decreto, cogliendo l'attimo irripetibile offerto e superando i vincoli della questione di principio. I consultori però votarono a larga maggioranza l'ordine del giorno di Randaccio, sostenendo che la Sardegna dovesse godere diritti uguali a quelli previsti per la Sicilia, ma riaffermando che l'isola intendeva ottenere la propria carta autonomistica dall'assemblea costituente e nei termini fissati dall'organismo competente, la consulta sarda. Anche l'alto commissario agì in sintonia con tale linea ma riprese pure la vecchia richiesta di modificare il sistema di nomina dell'Alto Commissario e della Consulta. La Consulta doveva essere eletta con voto segreto e col sistema proporzionale dagli elettori iscritti al collegio elettorale delle tre province sarde e che essa asuavolta eleggesse un presidente, dotato degli stessi poteri dell'Alto Commissario che dava quindi una più piena autonomia, lontana dalla cautela romana nella definizione dei poteri regionali. Uniche innovazioni furono l'ampliamento numerico della consulta a 32 membri basato sul principio di proporzionalità. Dopo l'elezione dell'assemblea costituente fu ricostituita la consulta su base proporzionale. L'Assemblea Costituente continuò la discussione sul regionalismo speciale e la sottocommissione preposta al coordinamento dello Statuto Siciliano alla costituzione discusse la possibilità di coordinare anche lo Statuto sardo, valdostano e trentino. Dato che la Sardegna non aveva ancora un progetto proprio di Statuto, due rappresentanti sardi, Lussu e Laconi proposero di innovare la procedura per la realizzazione dello Statuto conferendo al gruppo elettorale sardo la competenza di redigerlo. Secco no da parte dei costituenti invocando lagiustificazione che la sottocommissione non aveva il mandato di elaborare un progetto di Statuto per la Sardegna. Il 7 dicembre fu nominata la seconda consulta e rieletta la commissione per lo studio dell'ordinamento Regionale. Si riunì il 3 dicembre e incaricò due gruppi di lavoro di presentare per la riunione successiva le linee direttive sugli aspetti finanziari e costituzionali dell'autonomia. Le proposte dei due gruppi di lavoro furono discusse il 30 e 31 dicembre insieme ai deputati sardi della costituente. Lo schema predisposto da Sailis inquadrava l'autonomia sarda in ambito statuale unitario. La proposizione teneva conto dello Statuto Regionale. I maggiori dissensi riguardavano i poteri della regione a causa dei timori manifestati dalle sinistre sulla possibilità che forze conservatrici utilizzassero la competenza primaria per impedire l'applicazione nell'isola della riforma agraria e industriale. Per il coordinatore, il lavoro si svolseverso un sistema finanziario speciale, più favorevole, basato sulla solidarietà interregionale. Un'autonomia finanziaria integrale era stata respinta a maggioranze. La DC proponeva l'integrazione statale al bilancio regionale e la collaborazione stato regione per la fissazione delle aliquote e dei contingenti annui di gettito da far gravare sulla Sardegna. Fu respinta l'impostazione sardista sull'indipendenza doganale e della zona franca, preferendo adottare un sistema misto centralizzato e contemperamento con la richiesta di diversi privilegi. Nonostante la necessità di costituire un fronte unico autonomistico di tutti i partiti, gli esponenti sardi dei vari schieramenti mostrarono come fossero notevoli le divergenze soprattutto sui poteri attribuire alla regione, sulla figura del rappresentante del governo e sull'ente intermedio. Sfumate, invece, le loro posizioni circa gli aspetti economici e finanziari del progetto. Per il progetto laraccomandazione dei costituentisardi era di seguire le indicazioni e i limiti della costituente evitando esagerazione emostrando una volontà di autocensura determinata dalla nuova situazione politicanazionale. L'ordinamento Regionale, presentato dal comitato di redazione alla commissione, stabilì che le forme di autonomia speciale dovessero essere limitate a poche regioni e prevedesse la legislazione Regionale esclusiva, concorrente e integrativa. Le sinistre continuarono a opporsi alla potestà legislativa esclusiva. Laconi denunciò un'impronta federale portatrice di svantaggi per la regione e lesiva dell'unità statale. Gli altri esponenti sardi rifiutarono tale posizione e l'esigenza di salvare la potestà esclusiva comportò la riduzione delle materie previste nel progetto originario, e solo 5 giunsero in assemblea. Seguendo l'invito del Randaccio, nella seduta del 9 gennaio fu predisposto un progetto di Statuto discusso il.

25 febbraio a Cagliari e amarzo a Sassari.

Il progetto esaltava il ruolo della provincia, conservandola quale ente autarchico e attribuendole funzioni politiche pregnanti. Altra questione spinosa fu la scelta del capoluogo sardo. La scelta fu rinviata alla prima assemblea Regionale.

Con il mantenimento della provincia come ente di decentramento amministrativo, la Sardegna anticipò dunque la scelta adottata più tardi dall'Assemblea Costituente.

I deputati sardi durante la discussione a Montecitorio del progetto, esaminarono e votarono articolo per articolo, adattando il testo alla formulazione del progetto costituzionale attenuandone la portata autonomistica. La commissione procedette a un'ulteriore elaborazione, ribadendo così il proprio ruolo e la propria libertà di giudizio rispetto al parere della deputazione sarda. Il progetto che la consulta esaminò in aprile recava differenze formali e sostanziali rispetto a quello approvato nelle riunioni di

Montecitorio. Detto ciò, i consultori approvarono un testo che riprendeva largamente quello della deputazione sarda, il progetto coordinato e revisionato dalla commissione il 4 e 25 aprile fu approvato definitivamente dalla consulta il 29 aprile e trasmesso il 9 maggio al Presidente del Consiglio e da questi al Presidente dell'Assemblea Costituente.

Nella relazione di accompagnamento dello Statuto di Sailis si evincevano i compromessi raggiunti sulla competenza legislativa Regionale sul regime fiscale e doganale e sull'ordinamento interno. Assicurando la potestà d'imperio alla regione derivante dalla sovranità originaria dello stato si escludeva così un qualsiasi principio federalistico. Il compromesso lasciò tutti insoddisfatti.

L'approvazione dello Statuto

L'esclusione della sinistra dal governo De Gasperi, influì sulla scelta del regionalismo impedendo l'alleanza tra i vari gruppi politici antiregionalisti (sinistra e destra). Per

La sinistra le autonomie locali diventavano la garanzia contro ogni possibili restaurazioni conservatrici aprendo nuove prospettive di lotta politica. Dal punto di vista governativo, l'ordinamento regionale forte avrebbe comportato per i partiti di governo la rinuncia di una quota di potere a favore delle regioni. L'ente regione poteva, infatti, fungere da referente della volontà di riforme sociali e soprattutto della riforma agraria cara al mezzogiorno.

In questo clima di diffidenza verso il regionalismo, il 21 luglio una mozione chiedeva al Governo di approvare lo Statuto Sardo con procedura analoga a quello Siciliano entro l'anno. Ma prevalendo le obiezioni di ordine formale del governo, il progetto fu rinviato all'esame della commissione dell'Assemblea Costituente.

Ancora una volta, però, i sardi si erano presentati divisi al confronto con lo stato. L'organizzazione della mobilitazione autonomistica finiva col ricadere sui sardi, sui comunisti.

e sui socialisti: mentre le posizioni politiche dei socialisti possono variare, in generale si identificano con l'idea di una società più equa e giusta. I socialisti sostengono l'intervento dello Stato nell'economia per ridistribuire la ricchezza e garantire servizi pubblici accessibili a tutti. Credono anche nella protezione dei diritti dei lavoratori e nella promozione del benessere sociale. Alcuni socialisti possono anche sostenere l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e l'adozione di un'economia pianificata.
Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
14 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle istituzioni politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Cardia Maria Laura.