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LA RESTAURAZIONE IN FRANCIA 1814
Nel 1814 con la Restaurazione i sovrani tornano sui loro troni, ma non in un sistema di ancien regime. Il
mezzo per contenere le modifiche radicate è il riconoscimento della Chart Octroyèe, carta di costituzione
concessa dal sovrano. Il re aveva un grande potere di decisione sul territorio a lui affidato, ora il re deve
riconoscere i diritti all’interno di una costituzione. La Nazione francese si vede rappresentata da un governo
monarchico che riconosce i diritti della società attraverso la concessione di una carta nazionale. In questa
costituzione sarà garantita una distribuzione dei poteri, non vi sarà più una separazione: il potere esecutivo
spetterà al sovrano e ai suoi ministri; il potere legislativo spetterà al Parlamento che è formato da due
camere, una censitaria e una nominata dal re (di nomina regia); il potere giudiziario spetterà ai giudici scelti
dal re e diverranno “indipendenti”, ma non saranno più eletti dai cittadini. Si stabilisce un equilibrio tra
Parlamento e Governo. Lo Statuto Albertino sarà la base di riferimento e si fonderà sui principi contenuti
nella Carta Nazionale (Chart Octroyèe)
LA RESTAURAZIONE (1814-1848)
Nel 1812 si sono avute in Sicilia ed in Spagna una serie di esperienze costituzionali (codice) alla base del
pensiero politico in Italia.
Nel 1814 in Francia fu concessa dal sovrano Luigi XVIII la “Chart Octroyèe” (ossia la “costituzione
concessa” - redatta nel 1814 ed entrata in vigore nel 1815).
In questo periodo si svilupparono (diffusero) tre diversi modelli costituzionali :
1. La costituzione siciliana : la Sicilia era ancora un regno a se stante; vi era poi il Regno di Napoli.
La borghesia era nel 1812 in Sicilia una classe ancora minoritaria, perché ancora incentrata sul
sistema del baronaggio. Essa era sempre stata governata dai viceré e dipendente dal Regno di
Napoli; per questo motivo era considerata come “distaccata”. Anche durante l’età napoleonica
permane un sistema di tipo “federale”. Nel 1812 si avverte anche in Sicilia la necessità di avviarsi al
costituzionalismo, dopo la fuga dei Borboni in Sicilia. Questo diretto contatto con la corona muta gli
equilibri:
− La costituzione si basa sul principio di “collaborazione tra corona e aristocrazia”, non borghesia.
− L’influenza britannica era interessata a garantirsi l’appoggio della Sicilia per i traffici nel
Mediterraneo.
2. La costituzione di Cadice : nel 1812 la rivoluzione porta ad una costituzione in cui la monarchia ha
un ruolo minoritario rispetto al Parlamento, in cui vi era un'unica camera che deteneva il potere
legislativo e, in accordo con il re, nominava il Governo. Tale modello era, appunto, un modello
“monocamerale”, estremamente democratico per l’epoca, in un momento in cui si è vicini alla
Restaurazione. Ciò che conta non è l’aristocrazia ma la borghesia. La costituzione di Cadice è alla
base dei moti del 1820-21, ossia dei moti rivoluzionari a Napoli e Torino; ci si rifà a questa
costituzione.
3. La costituzione francese : concessa dal sovrano nel 1814; bisogna trovare un equilibrio tra
monarchia e sovranità, costituzionalismo ecc.… Il sovrano è l’unico detentore del potere di decidere,
ma riconosce i diritti dei cittadini, contenuti nella costituzione da lui concessa e nei codici. Il
Consiglio di Stato, in quanto simbolo del sistema napoleonico, non poteva essere mantenuto perché
affidava eccessivo potere alla borghesia mediante le consulte di Stato, ossia organi(smi) cui
partecipano i rappresentanti e l’aristocrazia.
Si trattava di un sistema che reprimeva la borghesia con la sola funzione consultiva; il potere ritornava al
sovrano ed il Parlamento era costituito da due camere: una eletta a suffragio censitario e l’altra di nomina
regia.
I moti rivoluzionari scoppiano con riferimento al modello di Cadice (il modello siciliano era da scartare
perché non borghese, ma ancora fondato sull’aristocrazia e il baronaggio; il modello francese neanche viene
ritenuto adatto nel 1820, perché troppo complesso). I moti del ’20-21 erano animati dalla carboneria, che era
una società segreta nata in Spagna intorno al dibattito relativo alla Costituzione di Cadice. Carboneria ed
esercito furono da legante tra la Spagna e Napoli: Guglielmo Pepe, generale dell’esercito borbonico, marcia
verso Napoli per chiedere una Costituzione (ossia la Costituzione di Cadice anche in Italia); lo stesso accade
anche a Torino.
Nel 1848 la borghesia economica ed amministrativa, divenuta oramai dominante in Italia, effettua il tentativo
di adottare anche qui un modello costituzionale simile a quello francese del 1814, poi cambiato da Luigi
Filippo nel 1830 (egli fu il re dei Francesi dal 1830 al 1848 con il nome di Luigi Filippo I).
Nel Regno di Sardegna vigeva la Costituzione dello Statuto Albertino, flessibile e breve, ma al contempo
lacunosa, che sanciva certi princìpi delegando la legge a renderli operativi. Il carattere “flessibile” le
permetterà di durare fino al post-fascismo, potendosi adattare ai vari contesti politici e governativi.
A Napoli i Borbone non sono così illuminati e liberali come Carlo Alberto: viene concesso uno Statuto
sospeso poco dopo; infatti i Borbone non sono disposti ad un compromesso tra aristocrazia, esercito e
borghesia. Si tratta di deputati eletti costretti a giurare di rispettare lo Statuto così come di professare la
religione cattolica. Una volta concesso, lo Statuto diveniva, con il giuramento, immodificabile. I deputati
rifiutano al che si manifesta uno scontro violento tra gli stessi deputati e l’esercito (si tratta di una
rivoluzione repressa con la forza).
“LO STATUTO ALBERTINO DEL REGNO DI SARDEGNA”
(8 Febbraio del 1848)
Si tratta di una Costituzione, più propriamente di uno “statuto”, che prevede un accordo tra il re e il popolo.
E’ molto legato alla carta costituzionale del 1814. Tale carta dichiara quelli che sono i titoli del sovrano.
Carlo Alberto, re di Sardegna, per la grazia di Dio, emana questa carta. Viene richiamato in vita il vecchio
regime dell’assolutismo, con la differenza che ora il re diventa una figura eletta da Dio, non dai cittadini. C’è
comunque una sostanziale differenza tra l’attuale sovranità e quella dell’ Antico regime. Anche con i
“sudditi” c’è il ritorno (non pieno) ad una concezione di Antico regime; c’è una dichiarazione che stabilisce
determinati princìpi, che è una Chart Octroyèe. In quest’anno (ossia nel 1848) scoppiano i cd. “moti
rivoluzionari del ‘48”; il re decide di concedere uno Statuto. Quest’ultimo ha carattere “concesso” e non
“obbligatorio”, in quanto è il re che spontaneamente decide di riconoscere dei diritti alla dignità e
all’interesse della Nazione. Si parla, dunque, di “Sovranità nazionale” che si fonda sui rapporti tra sudditi e
corona. La nazione è frutto di quest’incontro tra sudditi e re. Vi è, dunque, un equilibrio tra corona (che deve
mantenere determinati agi) e sudditi (che volevano vedersi riconoscere dei diritti). La scelta è quella per
delle istituzioni che siano “rappresentative”. Lo Statuto Albertino, infatti, si basa sul principio della
“rappresentanza” sulla base delle istituzioni, designate tramite elezioni. Quest’ultime prevedono un sistema
elettorale e presuppongono, dunque, che una parte più ampia scelga una parte più ristretta per la
rappresentanza. L’organo di rappresentanza (rappresentativo) per eccellenza è il Parlamento. A seconda dei
sistemi politici vi possono essere (anche) altri organi rappresentativi: anche il Presidente della Repubblica
può essere eletto dai cittadini. In questo contesto vige un principio, che è il principio di “equilibrio tra i
diversi poteri”. Di solito è il Parlamento che nomina l’esecutivo (ossia il Governo, dandogli la fiducia), ma
non sempre è così: qui la fiducia doveva essere riposta nel re. Il Parlamentarismo della Repubblica italiana,
invece, si fonda sul rapporto di fiducia che lega Parlamento e Governo (che deve poter contare dalla
maggioranza assoluta sulla maggioranza parlamentare “composita”). Un difetto dei sistemi democratici è
quello di essere basati sui sistemi pluripartitici.
“Articoli fondamentali dello Statuto Albertino”
Art. 1 – Riconoscimento della cd. Religione cattolica, apostolica e romana (da qui deriva il potere “divino”
della monarchia). E’ scandito il rapporto tra il Regno di Sardegna ed il Regno d’Italia con lo Stato Pontificio
(o Città del Vaticano). Ciò che emerge da questo articolo è anche il rapporto tra lo Stato ed una classe
particolarmente importante della società, che era il clero (si tratta dunque di un rapporto tra lo Stato ed il
clero, in quanto entrambi rappresentano espressioni appartenenti allo Stato Pontificio).
Art. 2 – Lo Stato è eletto da un Governo monarchico rappresentativo: la carica di re è ereditaria in base alla
cd. Legge “salica”.
Art. 3 – Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato e quella dei
Deputati (vi è un richiamo al concetto di “The King in Parliament”). Tale concetto sarà ripreso dalla
costituzione francese del 1814. Il re aveva la sua visione e i suoi interessi ; erano due, appunto le camere che
assieme al re eserciteranno il potere legislativo, la Camera “alta” e la Camera “bassa”. Il punto di equilibrio
tra e due Camere e il re doveva essere trovato dal Governo (anche quest’ultimo doveva prendere decisioni e
trovare un punto di equilibrio tra le Camere e il re- es. il Consiglio di Stato). Vi è differenza tra la
Costituzione “formale” e “sostanziale”. Con la Costituzione cd. “formale”, ci dedichiamo alla lettera, a ciò
che c’è scritto; la Costituzione cd. “sostanziale”, non è altro che la costituzione “vivente” (1848-1870) e
rappresenta la prerogativa del Presidente del Consiglio che spingerà in avanti il ruolo del Governo. La
Costituzione “sostanziale” cambia, e cambia anche “profondamente”.
Art. 4 - “La persona del re è sacra ed inviolabile”.
Art. 5 – “Al re, solo, appartiene il potere esecutivo”.
Art. 6 – “il re nomina tutte le cariche dello Stato”.
(“Il re è detentore del potere militare”);
Art. 7 – “Il re, solo, sanziona le leggi e le promulga”.
Art. 8 – &ldquo