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Petrii filius => figlio di Pietro
In Italiano il servile viene prima:
Venire volebat => voleva venire
Tutte le lingue romanze hanno sfruttato l'ordine delle parole al fine di trarre informazioni da esse.
La sequenza verbo-soggetto è ancora valida in alcune forme (c'era una volta un re, arriva il treno,
suona il telefono) oppure quando il soggetto è la novità grammaticale: nella frase "canta Mario"
so già che c'è qualcuno che canta, la novità è che è Mario a farlo.
Eccezioni:
Frase dislocata
La frase dislocata è più ricca semanticamente; è spezzata, sedimentata prendendo una parte che
sta in fondo, mettendola all'inizio, o viceversa, raddoppiandola con un pronome:
- ho visto il film => il film, l'ho visto
Tutti i complementi sono dislocabili:
- Il libro, non l'ho ancora letto / non l'ho ancora letto, il libro (c.o.)
- A lui, non l'ho ancora detto / non l'ho ancora detto, a lui (c.t.)
- A Venezia, ci andrò domani / ci andrò domani a Venezia (c. luogo)
- A me, mi piace
Questo processo di scorporamento dell'unità della frase fa parte della sintassi moderna, ma è un
elemento nativo dell'Italiano. E' un principio di diseconomia (si usano più parole), ma ha avuto
fortuna per la maggiore quantità di informazioni che dà.
Frase scissa
- Lo dice lui => è lui che lo dice
- Ho dato il libro a Mario => è a Mario che ho dato il libro
- Quando viene? => quand'è che viene?
- Quanto costa? => quant'è che costa?
"che" polivalente
Il "che" è un tipo di nesso che congiunge una frase con un'altra; è una via di mezzo tra
congiunzione e pronome. Per la semplificazione si crea un unico nesso, che non si distingue fra
pronome e congiunzione: serve per tutti i ruoli di giuntura.
- Il giorno che verrai, vedrai (in cui)
- Presto che è tardi (perché)
- Paese che vai... (in cui)
- Fa un freddo che non se ne può più (tanto che)
- Vieni che ti faccio un regalo (affinché)
Nella frase "la valigia che ci ho messo i libri" si assiste allo svuotamento del "che", e per spiegare
che c'è un luogo su usa "ci".
Nuove congiunzioni
Nonostante la lingua tenda a mantenere le congiunzioni, forme di più parole le sostituiscono,
perché comunque più semplici:
- Come mai? (perché?)
- Siccome (poiché)
- Dato che, visto che (poiché)
"ci"
La particella "ci" è avverbio di luogo e pronome personale, ma si è allargato l'uso:
- con essere => c'è qualcuno; c'è sciopero
- con avere => ce l'hai l'ombrello?; c'ho fame.
Non ha valore locativo, è attualizzante: rende più pieno il significato del verbo. Non si usa nello
scritto perché non si sa come scriverlo: ci avevo / c'avevo. Non si è consolidato perché è un
fenomeno recente e perché è passato attraverso la lingua parlata, non scritta.
- con alcuni verbi => capirci, volerci, crederci
E' in concorrenza con "vi", quasi del tutto estromesso
Semplificazione dei pronomi
-Egli, ella => lui, lei, gli, le
- Essi, esse => loro
- Ambiguità du "suo" (di lui): Giorgio ha visto Andrea con sua moglie.
Giorgio ha visto andrea con la propria moglie.
In latino c'era la differenza: si usavano suus e eius. A noi rimane l'ambiguità
Pronome allocutivo:
si usa per rivolgersi a qualcuno:
- Lei è pregato di stare calmo
Il verbo
Il verbo ci dice il modo in cui avviene qualcosa, il tempo e l'aspetto (atteggiamento del
parlante).
L'imperfetto di cortesia (cercavo Mario, volevo un dolce) e l'imperfetto di fantasia (ho sognato
che ero su un treno) sono costruzioni irregolari che sono divenute comuni nel parlato quotidiano.
Analoghe costruzioni possono esse il presente usato in funzione del futuro (vado in pensione
l'anno prossimo), il futuro modale (saprete tutti che..), l'impiego dell'imperfetto indicativo nel
periodo ipotetico dell'irrealtà (se fossi venuto, lo avresti visto > se venivi, lo vedevi).
Va sottolineato poi che in italiano si sta acuendo sempre più la concorrenza del passato
prossimo al posto del passato remoto ed è in corso, anche se ancora non in maniera
eccessivamente dilagante, un indebolimento del congiuntivo (specialmente dopo verbi
d'opinione).
Verbi procomplementari
I verbi procomplementari sono verbi che, attraverso particelle pronominali, inglobano i
complementi e producono forme verbali che possono creare problemi di interpretazione:
- Entrarci
- Farcela
- Starci
- Volersene
Verbi sintagmatici
I verbi sintagmatici sono verbi rafforzati. Sono sentiti come una parola unica e i due elementi non
si possono dividere.
- Metter dentro
- Buttar via
- Star su
- Lasciare fuori
- Finire dentro
Il nome
In Italiano abbiamo:
- un'estensione dei nomi invariabili (radio, bici, auto)
- nomi femminili che terminano in -o (la Uno, la radio)
- femminile di nomi che sarebbero maschili (vigile)
Si ha anche la tendenza alla riduzione del raddoppiamento fonosintattico (tivvù => tivù;;
soprattassa => sopratassa); si riducono i fenomeni di prostesi (in Ispagna) e aumentano parole
terminanti in consonante, per via delle introduzioni straniere e dei forestierismi locali (design,
nord, film, frac).
Per quanto riguarda l'accento nei polisillabi c'è la tendenza a ritrarlo:
- Salùbre => sàlubre
- Codardìa => codàrdia
- Edìle => èdile
- Guaìna => guàina
- Zaffìro => zàffiro
- Mollìca => mòllica
"valùto" sarebbe corretto, infatti diciamo "valùta"
Tratti propri della grammatica moderna:
fonologia
- Perdita della differenza tra vocali chiuse e vocali aperte
- Perdita della differenza tra -s- sorde e sonore
- Perdita del raddoppiamento fonosintattico
- Perdita dei fenomeni eufonici: Luigi e Andrea (vocale diversa); Luigi ed Emanuele (vocale
uguale)
- Perdita di lavori che portano a elisioni e troncamenti
- Tendenza a omogeneizzare
In 150 anni il lessico è raddoppiato.
La derivazione è un fenomeno che permette di prendere una parola e, modificandola, di crearne
un'altra; è una manipolazione che modifica una forma piena attraverso forme non autonome
(sociale => socialismo). Ci sono parole che l'Italiano forma usando il materiale in suo possesso:
- applicando un elemento semanticamente non autonomo: suffissazione (aggiunta di suffisso o
prefissazione (aggiunta di prefisso)
- lasciandola invariata, ma attribuendo una diversa categoria grammaticale: sostantivi e aggettivi
che nascono dalla forma del verbo, generalmente dall'indicativo (l'inizio, l'inoltro)