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Svetonio su un errore grammaticale di Vespasiano (plostri>plaustri) o la tendenza di

Cicerone a semplificare il nesso NS>S;

• Testimonianze di scriventi popolari: lettere di un soldato (Claudio Terenziano);

• Testimonianze di autori letterari: che tendevano ad accostarsi all’uso quotidiano o a

riprodurlo con intento di caricatura:

• Il confronto tra le varie lingue romanze: che consente di ricostruire una forma

attribuibile al latino volgare.

I fenomeni ricorrenti di queste fonti sono:

• Caduta -M finale, fin dall’età repubblicana;

• Tendenza al monottongamento di AU>O, AE>E e OE>E; 4

• Semplificazione del nesso NS>S;

Il fenomeno più rilevante è il passaggio da un sistema vocalico quantitativo (lunghe

e brevi) a uno qualitativo (aperte e chiuse) secondo il seguente schema:

L’evoluzione delle vocali non riguarda tutte le parole ma solo quelle di “tradizione

popolare”, le parole dotte (latinismi o cultismi), inseriti soprattutto nel medioevo

vennero semplicemente adattate al sistema grammaticale italiano, senza subire le

modifiche avvenute negli anni precedenti, esistono anche casi in cui da una stessa

base latina muovano due distinte parole italiane “Allotropi” (lat. Vitium> cult. Vizio

> pop. Vezzo.). Spesso la forma più corrente è quella dotta, mentre la parola di trafila

popolare sviluppa un significato più concreto che tende a finire in disuso.

Altrettanto radicali le innovazioni morfologiche del latino volgare:

• Collasso delle declinazioni del sistema dei casi, di conseguenza l’ordine delle

parole sostanzialmente libero cede a una sequenza cristallizzata, in cui la

funzione sintattica (soggetto/oggetto) è indicata dalla posizione del nome

rispetto al verbo. Le parole italiane e romanze derivano dall’accusativo

(eccezioni: sono 4: uomo, re, moglie e sarto, qui la parola deriva dal

nominativo. Mentre le parole ladro<LATRONES, drago<DRACONEM e

fiasco<FLASKONEM sono spiegabili con il fenomeno della

retroformazione, in cui il nesso -one veniva avvertito come accrescitivo);

• Perdita del neutro (si può trovare qualche traccia nei plurali femminili le

ossa<OSSA, le corna<CORNUA, le uova<OVA);

• Il verbo: delle quattro coniugazioni del latino classico (AMARE, MONERE,

LEGERE e AUDIRE) rimangono solo la prima, la seconda e la quarta. Molte

forme organiche vengono sostituire da forme “perifrastiche”:

come il futuro composto di infinito + una forma ridotta di HABEO *AO 

CANTAR(E)*AO>canterò;

nasce il condizionale composto da infinito + imperfetto di HABEO*HEBUI

CANTAR(E)+(H)EBUI>canterebbe.

3)Fenomeni più notevoli:

Dittongamento toscano:

1. Dittongamento di Ĕ e Ŏ (entrambe brevi) latina tonica in sillaba libera: 5

DĔDIT>diede; HĔRI>ieri; BŎNUM>buono; CŎR>cuore…

Il fenomeno non si produce sui latinismi e non è sistematico sui “proparossitoni” (parole

accentate sulla terzultima sillaba): LĔVITUM>lievito; ŎPERAM; PĔCORA> pecora.

In ĔRAT e ĔRANT si era regolarmente sviluppato il dittongo ma è caduto con la “regola del

dittongo mobile”, in questi casi dobbiamo tenere conto dell’accento nella frase (iera-véro,

iera-stàto), in questi casi il dittongo si ritrovava in posizione protonica e tendeva a ridursi.

Eccezioni: BĔNE>bene; NŎVEM>nove; LĔI>lei.

In due casi l’italiano antico recava un dittongamento che venne successivamente

monottongato:

• Gruppo consonante + r: BRĔVEM>breve, PRĔCAT>prega, TRŎPAT>trova;

ᶮᶮ ᴈ

• Dopo un fono palatale (/ /, / /, /d / e /j/) FILIŎLUM>figliolo, IŎCAT>gioca.

ƛƛ

In alcuni paradigmi verbali un antico dittongamento è stato eliminato per effetto del

dittongo mobile per pressione delle forme “rizoatone” (accentate sulla desinenza) sulle

forme “rizotoniche” (accentate sulla radice): LĔVAT>lieva>leva.

Anafonesi:

2. L’anafonesi è l’innalzamento delle due vocali chiuse toniche /e/ e /o/ davanti a determinati

foni:

• a) Si ha /i/ tonica da /e/ del latino volgare davanti a /ƛƛ/ e /ᶮᶮ/, purché provenienti

dal latino classico LJ e NJ;

• b) Si ha /i/ tonica da /e/ del latino volgare e /u/ e /o/ quando in latino classico seguiva

una nasale velare, ossia NG e NK.

Esempi a) GRAMĬNEAM>gramégna>gramigna, CONSĬLIUM>conséglio>consiglio,

FAMĬLIAM>faméglia>famiglia;

in LĬGNUM>legno non avviene l’anafonesi perché proviene dal nesso latino NG.

Esempi b) LĬNGUAM>léngua>lingua, VĬNCO>vénco>vinco, FŬNGUM>fòngo>fungo.

Chiusura delle vocali toniche in iato:

3. Le vocali toniche /e/, /ᴈ/, /o/, /ᴐ/ seguita da un'altra vocale (che non sia /i/) tendono a

chiudersi fino ad arrivare alle vocali estreme /i/ e /u/

Esempi: ĔGO>èo>éo>io, MĔUM>mèo>méo>mio, DĔUM>Dèo>Déo>Dio,

TŬAM>tòa>tua.

Le parole dea e dei hanno avuto un trattamento dotto, invece davanti a /i/ si procede con il

naturale dittongamento: MĔĪ>miei e BŎ(V)ES>buoi. 6

Trattamento di “e” protonica:

4. Una /e/ protonica del latino volgare tende a chiudersi in /i/.

Esempi: DĒCEMBREM>decembre>dicembre, MĬNORE>menore>minore…

Il fenomeno avviene non solo all’interno di parola ma anche all’interno di frase,

coinvolgendo i monosillabi di scarso corpo fonico “protonia sintattica”.

Esempi: DĒ ROMA>di Roma, MĒ LAVO>mi lavo.

Eccezioni:

• Molte parole che nell’italiano avevano /i/ protonica hanno oggi /e/ per la

rilatinizzazione d’età rinascimentale: FĒLICEM>filice>felice;

• Molti latinismi e semilatinismi: SĔRENUM>sereno, SĒCRETUM>segreto;

• La /e/ può conservarsi nei derivati per influsso della base: TĒLARIUM>telaio per

influsso di tela;

• Nei verbi si tende a un livellamento tra “rizotoniche” e “rizoatone”: PĒ(N)SAT>pesa

PĒ(N)SABAT>pesava (*pisava);

• Nelle parole di origine straniera.

Trattamento di Ĭ postonico non finale:

5. La /e/ postonica non finale del latino volgare corrispondente alla Ĭ del latino classico si

chiude in /i/.

Esempi: HOMĬNES>uomeni>uomini, ANĬMAM>anema>anima.

Se la /e/ postonica non finale deriva da Ĕ tende a mantenersi: LITTĔRAM>lettera.

“ae” ed “er” intertonici e postonici:

6. Nel fiorentino il gruppo -AR- in posizione intertonica (tra accento primario e secondario) e

postonica passa ad /er/.

Esempi: MARGARITAM>margherita, CANTARE+*AT>canterà, e le trasformazioni dei

suffissi arìa>erìa, arello>erello, areccio>ereccio.

Labializzazione della vocale protonica:

7. In un certo numero di casi un fono labiale successivo (/p/, /b/, /m/, /f/, /v/) ha determinato

l’alterazione della vocale palatale precedente:

Esempi: DĒMANDARE>demandare>domandare, DĒBERE>devere>dovere. 7

Fenomeni generali: pròstesi, epèntesi, epìtesi:

8. Nel corso dell’evoluzione linguistica il corpo fonico di una parola può accrescersi di un

singolo fono o di una sillaba, si può classificare questo fenomeno in base alla posizione della

parola in cui avviene:

• Pròstesi: se l’accrescimento avviene in posizione iniziale, questa è strettamente

vocalica e consiste nell’inserimento della /i/ nelle parole inizianti con /s/

+consonante: per iscritto, in iscuola. Fenomeno quasi scomparso;

• Epèntesi: l’aggiunta di una vocale o di una consonante all’interno della parola, ad

esempio la /v/ per estirpare uno iato: IO(H)ANNES>Giovanni, VĬDUAM>vedova, o

l’epentesi di /i/ nel gruppo -SM-: SPASMUM>spasimo, suffisso -ĪSMUM>-esimo (il

suo allotropo dotto è -ismo: socialismo, neologismo);

• Epitesi: se l’accrescimento è nella parte finale, molto diffuso nell’italiano antico

l’avversione verso le parole “ossitone”: piùe, sìe e nòe.

Fenomeni generali: Afèresi e sìncope:

9. Questi fenomeni determinano la caduta un fono che può avvenire:

• Aferesi: caduta di un fono o di una sillaba in posizione iniziale: questo>’sto,

stamane> questa mane.

Un caso particolare di aferesi è la “discrezione dell’articolo”, frutto di un’errata

segmentazione della catena fonica: (H)ARĒNAM>l’arena>la rena;

• Sincope: caduta di un fono in posizione centrale e può avvenire in due casi:

a) Sincope della vocale postonica del suffisso -ŬLUM, ŬLAM:

VĔT(Ŭ)LUM>vecchio, CĬRC(Ŭ)LUM>cerchio;

b) Sincope della vocale intertonica: CER(E)BĔLLUM>cervello,

DŎM(I)NAM>donna.

Apocope:

10. L’apocope è la caduta di un fono a fine parola e va distinta in:

• Vocalica: che può essere obbligatoria (buon giorno), le condizioni che consentono

l’apocope sono:

a) La parola non deve trovarsi alla fine della frase (un giorno buon - sbagliato);

b) La vocale deve essere atona (citt bella – sbagliato);

c)La vocale deve essere preceduta da liquida (/l/, /r/) o da una nasale (/n/, /m/);

d)La vocale non deve essere né /a/ né /i/ quando ha valore morfologico (buon

giornata – sbagliato, i buon padri – sbagliato) 8

• Sillabica: che nell’italiano moderno avviene solo con le parole santo>san e

grande>gran, nel caso delle preposizioni articolate avviene una apocope vocalica.

L’apocope non va confusa con l’elisione (perdita fonica e grafica della vocale finale

atona di una parola davanti alla vocale iniziale della parola seguente, e di conseguenza

richiede l’apostrofo), l’apocope da origine ad una parola relativamente autonoma mentre

l’elisione no.

Raddoppiamento fonosintattico:

11. Un italiano centromeridionale legge la sequenza <a casa> [ak’kasa], questo fenomeno è

spiegabile tramite l’“assimilazione consonantica”, cioè una si verifica un incontro di due

consonanti non ammesse, la reazione più frequente è l’assimilazione di una consonante

all’altra, l’assimilazione può essere di due tipi:

• Assimilazione Progressiva: si impone la consonante che sta davanti (nesso ND>NN

nei dialetti del Sud), poco frequente nell’italiano;

• Assimilazione Regressiva: si impone la consonante che sta dietro (FACTUM>fatto),

più frequente nell’italiano.

Il raddoppiamento fonosintattico è un’assimilazione regressiva all’interno di frase (non

all’interno di parola): IAM PASSATUM> già p

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Publisher
A.A. 2016-2017
12 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paolot97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della lingua italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Picchiorri Emiliano.