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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA 2
Anche allora esistevano manifestazioni linguistiche intermedie tra italiano e dialetto (oggi si
parla di italiano regionale).
LA LINGUA DELL’OTTOCENTO
Continua in questo periodo la POLIMORFIA (es. fo/faccio; vo/vado). Non si aveva la certezza di
alcuni fatti grafici (es. princìpi/principii/ecc). La polimorfia si trova anche all’interno dello stesso
testo.
Il verbo “dovere” è tutto un insieme di forme alternative. Anche la forma dell’imperfetto è
soggetta a variazioni. Manzoni si renderà conto che la forma in -o è la più diffusa.
Molte di queste coppie sono neutre e contemporanee: nessuna delle due forme è marcata. Ma
ci sono altri casi non neutri: per esempio, avea/aveva avea è diacronicamente marcato.
Spesso uno dei due termini della coppia era usato in prosa, l’altro in poesia (es. anima/alma).
L’apporto straniero nel lessico è estremamente importante. Questo proviene, soprattutto a
livello politico, dal francese e dall’inglese. Se l’influenza francese non è mai venuta meno,
l’inglese comincia ad essere conosciuto a partire dal Settecento. L’Ottocento, tuttavia, è il secolo
in cui i contatti si fanno più forti.
Importanti sono in questo periodo i DIZIONARI. Si parla infatti di “Secolo dei dizionari”. Il
DIZIONARIO DELLA CRUSCA è storico e normativo. Questa tradizione continua nell’Ottocento (es.
Manuzi) con studiosi che ampliano il dizionario della Crusca: prendono l’impianto della IV Crusca
e vi aggiungono nuovi lemmi. Si diffondono in questo periodo anche i DIZIONARI UNIVERSALI.
Tra questi il più importante è il Tramater. Si hanno poi DIZIONARI DIALETTALI, DIZIONARI
SETTORIALI (agricoltura/diritto/ecc) e DIZIONARI PURISTICI, ovvero elenchi di parole che non
bisogna usare (es. parole nuove formate a suffisso zero dal verbo/parole burocratiche/ecc). Un
esempio è l’elenco di Bernardoni, cui risponde il Gherardini con un elenco di parole condannate
ma ammissibili. Si hanno poi i DIZIONARI DEI SINONIMI (Tommaseo). A Tommaseo si deve anche
il Dizionario della lingua italiana di Tommaseo-Bellini, pubblicato in Piemonte. Nell’Ottocento si
diffondono anche i DIZIONARI DELL’USO (es. Giorgini-Broglio/Petrocchi). Il Giorgini-Broglio è
estremamente importante in quanto è il vocabolario voluto da Manzoni vuole un vocabolario
dell’uso contemporaneo.
LETTERA A FAURIEL
Manzoni parla delle caratteristiche del romanzo storico. Le descrizioni devono essere il più
possibile aderenti alla realtà. Le difficoltà linguistiche sono invece legate alla “povertà della
lingua italiana”. Segue un confronto con la situazione francese: la Francia ha avuto un centro di
irradiazione politico e linguistico. L’italiano è, invece, una lingua scritta che manca
completamente di una dimensione orale.
Manzoni è consapevole della mancanza di uno strumento comune tra un autore e i suoi lettori.
Persino la definizione di “italiano” è incerta. Manzoni prova a raggiungere una perfezione
approssimativa di stile, ottenibile tramite:
La conoscenza dei classici italiani;
La conoscenza degli scrittori stranieri; 2
STORIA DELLA LINGUA ITALIANA 2
Lo scambio di opinioni alte con i propri concittadini.
Manzoni non ha ancora le idee chiare. Si ha qui una prima definizione del problema linguistico.
SECONDA INTRODUZIONE A FERMO E LUCIA (1823-24)
Manzoni fa finta di aver ripreso l’idea per il romanzo da un brutto manoscritto del 1600. Il testo
originale è criticato per l’eccessiva retorica, l’ampollosità, il culto della forma e non del
contenuto. Nel XVII secolo molto spesso emergeva nel testo il carattere locale. Solo due gruppi
di persone erano meno coinvolte dalla regionalità: chi aveva studiato la lingua toscana e chi
aveva interessi di dimensione europea.
Manzoni si interroga sullo stile più adatto a sostituire il rozzo stile di scrittura seicentesco egli
cerca di utilizzare molti lombardismi e lo confessa. Cerca, inoltre, di fare uso di quelle forme che
riteneva potessero essere comprese anche dai non lombardi. Questa prima fase manzoniana è
detta ECLETTICA. Manzoni sostiene di “scrivere male” e di non sapere come si possa scrivere
bene. Ciò su cui si sbilancia è l’adozione di una lingua che sia familiare ai lettori e capace di
veicolare ogni concetto. Egli individua a riguardo due lingue che rispondono bene a questi
requisiti: il milanese e il toscano.
EDIZIONI DEL 1827 E DEL 1840
Manzoni compie degli studi sul toscano. Studia la Crusca del Cesari e numerosi autori toscani.
Nell’edizione del 1827 viene accentuata l’importanza del toscano, ma si mantengono i
lombardismi.
In seguito l’autore compie un viaggio a Firenze e si rende conto che esiste una versione parlata
del toscano che ha sempre conosciuto. Realizza che tale lingua può colmare la lacuna
dell’italiano parlato. Manzoni arriva così alla TEORIA DEL FIORENTINO PARLATO COLTO, espressa
nella “Lettera a Carena” e nella “Relazione al ministro Broglio”.
Nel corso degli anni, quindi, Manzoni parte da un problema di tipo letterario per poi spostarsi sul
piano linguistico e soprattutto sociale: negli anni ’30 individua nel fiorentino colto uno
strumento adatto a tutto il popolo italiano per superare le difficoltà date dai dialetti.
Dopo il viaggio a Firenze, Manzoni si impegna nell’operazione sistematica di correggere tutti i
livelli linguistici della sua opera. L’intento è quello di raggiungere un tono medio. Non bisogna
però dimenticare i tentativi già presenti nella versione del 1827 (es. gli per loro).
Le correzioni seguono 4 ORIENTAMENTI, come illustrato da Maurizio Vitale:
1. Correzioni volte a rendere la lingua più corrente (es. tosto diviene subito);
2. Correzioni in direzione fiorentina (es. monottongazione, lui/lei/loro come soggetti);
3. Scelta tra i doppioni (es. delicato non dilicato, per le non pelle);
4. Cancellazione dei lombardismi. 3
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LETTURA: NENCIONI, pag. 244_L’introduzione
Le correzioni cominciano dall’introduzione all’opera.
Trascrivere trascriver: Manzoni vuole forse rendere l’unione delle parole
nell’oralità. Tuttavia la sua scelta, in questo caso, non ha avuto molto seguito;
Suol dirsi si suol dire: si ha qui la risalita del pronome, tratto che oggi si sta
imponendo. Oltretutto, suol dirsi era più settentrionale;
Egli Ø: è un riempitivo molto diffuso nella tradizione scritta italiana ma di fatto
superfluo;
Deciferare decifrare: la forma piena viene sincopata;
Diceva dicevo: è molto importante. Manzoni cancella la forma in -a propria
della tradizione trecentesca ed esito diretto del latino. Nel fiorentino, già dal
1400, prende piede la forma in -o, per analogia con il presente;
Io fra Ø tra: nella tradizione i pronomi personali erano molto frequenti ma di
fatto inutili. La correzione di fra in tra rientra nella scelta dei doppioni ma non ha
avuto seguito. Noi usiamo l’uno e l’altro a seconda del contesto.
Gragnuola grandine: sono due forme toscane, ma la prima è molto più
fiorentina. Manzoni spesso mostra di voler trascurare forme marcatamente
fiorentine;
A prima giunta… sul principio…: si ha qui una semplificazione;
Come è com’è: elisione;
Gramatica grammatica: fatto grafico/fonetico legato alla forma latina (come
anche publico e fabrica). Gli autori settentrionali usavano queste forme anche per
influsso del sostrato dialettale che presenta le forme scempie. Manzoni elimina
tutte le scempie in modo sistematico, in direzione della pronuncia toscana;
Spagnuola spagnola: si elimina il dittongo dopo la consonante palatale;
Ad ogni a ogni: -d eufonica; oggi tende a scomparire tranne che con la stessa
vocale;
Mettervi metterci: fa parte delle correzioni volte a rendere la lingua media.
Questo tratto è una caratteristica propria anche del Neo-standard odierno;
Modo maniera: questa sostituzione è ricorrente nel romanzo, ma la
motivazione sottostante non è chiara;
Manco male meno male: viene corretto perché il primo è troppo basso e forse
anche troppo fiorentino;
Ella Ø: era una prassi indicare il soggetto. Manzoni elimina il pronome
tradizionale, non lo sostituisce;
Paruta parsa: semplificazione;
Presentato alcuna obiezione: perché è al maschile? Per la sostituzione di “perché”
con “obiezione”?
Tosto subito: “tosto” era più usato di oggi nell’Ottocento. Manzoni però lo
sostituisce quasi sempre. Resta immutato per es. nel brano “quel ramo del lago di
Como…”;
Prestargli: questo uso è già presente nell’edizione del 1827;
Testimonii testimoni: correzione linguistica, non stilistica;
Trovati... personaggi: qui si ha accordo. Manzoni oscilla tra l’accordo e il non
accordo;
Entrambe tutt’e due: “entrambe” era considerato come troppo elevato. 4
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Va messo in evidenza come la sintassi sia, tutto sommato, corrente. Manzoni è uno degli autori
più leggibili dell’Ottocento.
LETTURA: NENCIONI, pag. 250_“Quel ramo del lago di Como…”
Si ha un periodare denso, sintatticamente elevato, con soluzioni binarie (es.
restringersi/prender). Ci sono comunque correzioni che seguono i consueti orientamenti.
Riviera costiera: correzione lessicale. Il primo termine è più settentrionale;
Ivi: è abbastanza elevato. È uno dei pochi “ivi” del romanzo;
Ricomincia rincomincia: sottigliezza. Il secondo è più fiorentino;
Bastioni mura: “bastioni” fa parte della nomenclatura lombarda. In questo
caso rendeva bene l’idea in riferimento a un contesto lombardo;
Discerna: è un uso un po’ elevato, tuttavia ben collocato in questo contesto;
Tosto: è uno dei pochi casi in cui “tosto” non viene corretto;
Interciso tagliato: il primo è ricercatissimo;
Egli questo: è un altro dei modi di sostituire “egli”, attraverso un pronome
dimostrativo;
Spagnuoli spagnoli: caso di “uo” dopo palatale. Il dittongo “uo” è esito
normale di “ŏ”.