Storia della letteratura spagnola - la conquista dell'America raccontata mediante le opere letterarie
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LA CONQUISTA DELL’AMERICA
Nell’anno 1492 l’Europa colonizza il nuovo mondo. Cristoforo Colombo giunge per primo in
America. Man mano che l’America latina viene conquistata dalla madrepatria (Spagna) si assiste
ad un impoverimento della prima a favore della seconda. Le ricchezze provenienti dall’America
centrale e meridionale furono alla base della potenza economica spagnola del XVI secolo, una
potenza però che non porta alla formazione di classi borghesi né di strutture produttive capaci di
innovazione, ciò che porterà alla decomposizione dell’impero.
La spinta verso il colonialismo ebbe essenzialmente come obiettivo la creazione di vie
commerciali dirette che collegavano l’Europa atlantica all’Oriente.
L’impulso originario di guadagno commerciale si tramutò però nello sfruttamento con la forza.
Colombo e Las Casas, come quasi tutti gli Europei della fine del XV secolo condividevano due
idee. Secondo la prima, il ripopolamento del mondo da parte dei figli di Noé dopo il diluvio
universale, ebbe inizio in Europa che era considerata luogo in cui avevano avuto origine tutti i
popoli del mondo. Il fatto che l’America fosse ignota all’Europa e popolata da esseri
innegabilmente umani poteva significare una sola cosa: in qualche epoca remota gli Amerindi
erano migrati dall’Europa raggiungendo la parte settentrionale del continente americano attraverso
la terra ferma (l’attuale stretto di Bering). Se questa ipotesi fosse veritiera, tali popolazioni
sarebbero rimaste isolate dal mondo e, poiché doveva essere avvenuto prima della venuta di Cristo,
a essi era stata preclusa qualsiasi possibilità di salvezza. Perciò, finché non furono ‘scoperti’, non
erano esistiti. In base alla seconda opinione qualsiasi forma di società civile era definita dalla
proprietà.
Si trattava di due opinioni correlate. Colombo avrebbe dovuto ‘prendere possesso ’ in loro nome di
tutto quanto ‘avrebbe scoperto’ essendo stato il primo ‘a posarvi lo sguardo’.
Nel 1493, Colombo rientra dalle ‘Indie’ e si presenta alla corte di Barcellona consegnando
il rapporto originale del ‘primo viaggio’ ai sovrani. La regina Isabella ordinò che il resoconto
fosse copiato immediatamente (‘Copia di Barcellona’). La suddetta copia venne riconsegnata allo
stesso Colombo dopo il ritorno dal suo ‘secondo viaggio’ e rimase nelle sue mani fino al 1506,
anno della sua morte. In seguito, passò ai suoi eredi ma dal 1554 se ne è persa ogni traccia.Prima
dello smarrimento, comunque, la maggior parte del contenuto della relazione fu estratto da
Bartolomé de Las Casas e copiato nel Diario. Las Casas era amico della famiglia di Cristoforo
Colombo e aveva passato molti anni nella stesura di una Storia della Spagna nel mondo. E’ molto
probabile quindi che, originariamente, il Diario costituisse un’appendice di quest’opera. Il
documento fu riscoperto nel 1795 da Fernando de Navarette e pubblicato per la prima volta nel
1825.
Di rilevanza straordinaria, rimase il primo rapporto storico del ‘primo viaggio’ di Cristoforo
Colombo. Il Diario è scritto soprattutto in terza persona e, di tanto in tanto, quando Las Casas
attinge direttamente dalla Copia di Barcellona, passa al discorso in prima persona.
Dagli scritti riportati dal Padre de Las Casas che Colombo utilizzò durante il suo viaggio la mappa
di Toscanelli e che Juan de la Cosa disegnò nel 1500 una mappa del mondo che includeva le terre
scoperte nell’emisfero occidentale, anche se ancora secondo la concezione piana del mondo.
Questo documento geografico è importantissimo perché è la più antica mappa conosciuta che
rappresenta ogni parte del Nuovo Mondo. E’ l’unica mappa conosciuta che rappresenta ogni parte
del Nuovo Mondo.
Juan Ginés de Sepúlveda (1490/1573), umanista spagnolo che nutre pregiudizi sugli Indios,
sostenne in diverse opere l’inferiorità degli indigeni americani, nei quali egli non vedeva quasi
traccia di umanità e li definisce ‘homuncoli’, rozzi, aggressivi e violenti. Egli illustra la conquista
dell’America come possibilità di civiltà per questi popoli che ne sono privi. Arriva così a
giustificare le stragi compiute dagli Spagnoli nel Nuovo Continente. L’opera ‘Trattato sopra le
giuste cause della guerra contro gli Indi’ affronta questa tematica.
Sepúlveda si presenta come un lottatore, un ribelle, un uomo libero, ma anche come viaggiatore,
narratore di storie e regista. Egli avversa la tesi della piena umanità degli Indios, sostenuta da Las
Casas; nessuna critica viene mossa agli atti dei conquistadores, i quali anzi sono presentati come
campioni di virtù guerriere. I nativi sono considerati alla stregua di bestie e le opere sono
condannate come rituali animaleschi.
Sepúlveda dice che gli spagnoli: ‘...hanno doti di prudenza, ingegno, magnanimità mentre gli
‘omuncoli’ a stento riscontrano tracce di umanità, sono privi di cultura, non conoscono alcun
documento della loro storia, non hanno legge scritta ma solo costumi barbari…’. Sono così ignavi
e timidi che a mala pena possono sopportare la presenza ostile degli spagnoli e spesso sono
dispersi a migliaia e fuggono, sbaragliati da un numero così esiguo di spagnoli che non arriva
neppure al centinaio. Il fatto poi che alcuni di loro sembrino avere dell’ingegno, per via di certe
opere di costruzione, non è priva di una più umana perizia, dal momento che vediamo certi
animaletti, come le api e i ragni, costruire opere che nessuna attività saprebbe imitare… La vita
sociale degli abitanti della Nuova Spagna è considerata più civile di tutti e loro stessi vantano
delle loro istituzioni pubbliche, quasi fosse una piccola prova della loro industria e civiltà il fatto di
avere città edificate razionalmente e re nominati non secondo un diritto ereditario e basato sull’età,
ma per suffragio popolare.
Questa gente, così barbara, incolta, contaminata da così nefandi sacrifici ed empie credenze, è
stata conquistata da un re così eccellente, pio e giusto quale fu Fernando II d’Aragona( 1452-
1516).
Il discorso di Sepúlveda è teso a un solo obiettivo: giustificare la conquista delle Americhe e
illustrare come tale conquista arrechi come ricompensa il conferimento della civiltà a popolazioni
che ne sono prive. I re cristiani inoltre hanno il dovere di portare la parola di Dio a coloro che ne
sono privi, operare cioè la trasformazione dei ‘selvaggi’ da bestie in esseri umani.
E’ chiaro che la sua posizione è completamente opposta a quella sostenuta dal domenicano
spagnolo Bartolomé de Las Casas.
BIOGRAFIA DEL PADRE DE LAS CASAS
Bartolomé de Las Casas nasce a Siviglia nel 1474 e giunge nel Nuovo Mondo (Hispaniola) nel
1502 con il proposito di arricchirsi e di ottenere benefici ecclesiastici. Così gli viene affidata la
gestione di un’encomienda e, nel 1513, viene ordinato sacerdote. Fino a questo periodo della sua
vita, quindi, colui che oggi consideriamo uno dei primi difensori degli indiani vive nell’isola di
Haiti e di Cuba come un comune colono che sfrutta gli indigeni mantenendoli in condizioni di
schiavitù. Solo nel 1514, come testimoniato nella sua Historia de las Indias, Las Casas inizia a
reagire agli abusi commessi a danno degli indiani, condannando l’istituzione della stessa
encomienda e ingiungendo agli altri coloni di rinunciare ai loro schiavi, pena la condanna eterna.
Per mettere in pratica nella migliore maniera questo suo nuovo intento riformatore, decide di
tornare in Spagna per informare la corona e il Consiglio delle Indie di ciò che realmente stava
accadendo al di là dell’atlantico. Inizia a lavorare per una riforma del rapporto tra la madre patria
e i territori di conquista redigendo una serie di resoconti, memoriali e piani d’azione prima al re
Ferdinando e, dopo la sua morte(1515), al cardinale Cisneros, all’imperatore Carlo V e al principe
Filippo II. Ciò che più gli interessa non è raccontare gli orrori accaduti negli anni passati, ma
denunciare gli scempi attuali e la corruzione coloniali al fine di porvi rimedio. Concretamente
chiede la razionalizzazione dell’encomienda favorendo l’evangelizzazione delle popolazioni e
nuovi sistemi di gestione del territorio che avrebbero garantito più entrate alla corona evitando la
morte di tutti gli indigeni.
Nel 1520 estende i suoi progetti anche alla terra ferma ancora poco esplorata e conquistata e
decide di metterli in pratica nella zona di Cumanà sulla costa del Venezuela affermando che ‘è più
utile la presenza di un frate che di duecento uomini armati’ (Memorial de los remedios para las
Indias, 1518). Resistenze ed ostacoli, però dovuti all’esasperazione della gente continuamente
soggetta alle incursioni dei conquistadores, impediscono la realizzazione del progetto e sanciscono
il fallimento personale dell’opera del religioso che, di conseguenza nel 1522, decide di ritirarsi in
un convento domenicano ad Haiti.
In due anni di permanenza nei conventi di Santo Domingo e di Puerto de Plata ( da lui
fondato), il frate inizia a comporre la sua monumentale Historia de las Indias, il cui intento era
quello di far emergere gli eccessi degli Spagnoli e le atrocità subite dagli Indios a partire dalle
prime scoperte.
Il vigore delle sue idee di riforma è ribadito anche nella severa ammonizione del 1531 al
Consiglio delle Indie( qui per la prima volta il domenicano userà l’immagine dei religiosi che,
inviati come pecore fra gli indigeni/ lupi, hanno il compito di renderli mansueti e di portar loro la
parola di Dio) e nel trattato De unico modo omnium gentium ad veram religionem, contro coloro
che pretendono di giustificare le guerre di conquista in considerazione del fine cristiano.
Nel 1540, forte della fama ottenuta per aver convertito pacificamente una regione del Guatemala
(ribattezzata Vera Paz), frà Bartolomé rientra a Madrid proponendo una definitiva abolizione
dell’encomienga (Octavo Rimedio, 1542) dopo che sia il papa Paolo III con la bolla Sublimis
Deus, sia Francisco de Vitoria (teologo e giurista salmantino) avevano proclamato il diritto degli
Indios a non essere privati della libertà e dei beni in loro possesso.
Per quanto riguarda la stesura della Brevissima relazione, si sa che nasce dopo ampie esposizioni
orali dell’autore dinanzi alla giunta convocata nel 1542 e a Carlo V e che viene conclusa a
Valencia nello stesso anno, dedicata a Filippo II che da sempre svolgeva un ruolo di intermediario
con l’imperatore. L’opera, che ha subito grande fortuna, suggestiona la corte e ha risonanza anche
a livello legislativo: del 1542- 1543 sono le Nuevas Leyes che, per la prima volta sanciscono
l’eliminazione dell’encomienda per estinzione, l’abolizione della schiavitù degli Indiani e una più
rigida e controllata regolamentazione delle conquiste. Purtroppo però queste leggi non vengono
accettate di buon grado nelle colonie dove, come constata di persona Las Casas tornatovi in qualità
di vescovo del Chiapas ( regione messicana al confine con il Guatemala), si sollevano rivolte di
encomienderos e proprietari di schiavi che portano nel 1545 al regio decreto che sospende la legge
contro l’encomienda.
Dal 1546 il frate è di nuovo in Spagna a perorare la causa indiana di fronte alle autorità. In questo
periodo si concretizza il passaggio dal suo atteggiamento assimilazionistico nei confronti dei più
deboli al ‘prospettivismo’, secondo cui non esiste più un vero Dio ma il dio che ognuno di noi
riconosce come tale. La nozione di religione ne esce quindi relativizzata e l’uguaglianza non si
paga più a prezzo dell’identità.
Siamo giunti ormai al 1550, anno delle celebri controversie di Valladolid che oppongono l’erudito
e filosofo Ginés de Sepúlveda, difensore delle guerre di conquista, all’abate domenicano. In questo
contesto vengono redatte opere come le Trenta preposizioni molto giuridiche, il Trattato
comprobatorio dell’Impero sovrano, ma soprattutto il Trattato sugli indiani resi schiavi.
Tra 1552 e 1557, terminati i dibattiti sulla liceità delle imprese armate nel Nuovo Mondo, Fra’
Bartolomé si dedica al reclutamento di missionari e religiosi da inviare nelle Indie, ristampando
anche la Brevissima relazione della Distruzione delle Indie utile per la loro formazione come per
un indottrinamento più completo di coloro che già si trovavano lì.
Il testo primitivo, preceduto da ‘argomento’ e da ‘prologo’ diretto al principe Felipe II, si presenta
compendiato anche con alcuni paragrafi aggiunti nel 1546 per denunciare l’insuccesso delle Leggi
Nuove e con un breve documento che riferisce i danni commessi da un capitano nel Nuovo regno
di Granata.
DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti di Storia della letteratura spagnola con attenzione ai seguenti argomenti: Bartolomé de Las Casas e i suoi scritti più importanti: Historia de las Indias, Memorial de los remedios para las Indias, De unico modo omnium gentium ad veram religionem; Juan Ginés de Sepúlveda e il Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli Indi.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura spagnola II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Verona - Univr o del prof Gambin Felice.
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