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CONQUISTARE

Le ragioni della vittoria

Per studiare un avvenimento di per sé non verbale, come la conquista del Messico, i documenti non valgono più

come gesti, ma come fonti di informazione su una realtà di cui non fanno parte. Data la mancanza di scrittura

indigena, i testi che esprimono il punto di vista indiano sono tutti posteriori alla conquista, e quindi influenzati dai

conquistatori. Se però si rinuncia a questa fonte di informazioni, non abbiamo di che sostituirla, e inoltre i

problemi qui sollevati si riferiscono alla conoscenza non del vero ma del verosimile. L’importante è che i testi

siano ricevibili dai contemporanei, o che lo siano stati nella mente dell’autore.

Ecco il temo: la spedizione di Cortés nel 1519. Venuto a conoscenza dell’esistenza dell’impero azteco, comincia

una lenta penetrazione, cercando di guadagnare alla sua causa le popolazioni che incontrava. Arrivato a Città del

Messico, Cortés viene ben ricevuto, ma fa prigioniero il sovrano azteco. Una spedizione spagnola diretta contro

Cortés, il quale vince, lo allontana da Città del Messico, che nel frattempo vive un momento di subbuglio. Scoppia

allora la guerra, e quando Cortés tenta la fuga di notte e viene scoperto, perde nella battaglia conseguente buona

parte del suo esercito (Noche triste). Cortés però torna ad assediare Città del Messico, taglia tutte le vie di

accesso e la conquista. Quali le spiegazioni di questa folgorante vittoria? Innanzitutto gioca il comportamento

ambiguo ed esitante di Moctezuma, che non oppone quasi nessuna resistenza. In alcune cronache, Moctezuma è

presentato come un uomo malinconico e rassegnato. Gli aztechi erano essi stessi degli usurpatori ed è possibile

che un senso di colpa nazionale abbia fatto immaginare a Moctezuma che gli spagnoli fossero i diretti discendenti

degli antichi toltechi. Per noi rimane impossibile affermare con certezza che vi abbia creduto. Non solo

Moctezuma sia lascia imprigionare di Cortés e dai suoi uomini, ma si preoccupa solo di evitare ogni effusione di

sangue. Egli cerca di impedire che la guerra si insedii nella sua città e pur di evitarlo preferisce cedere il potere,

abbandonare ricchezze e privilegi. Anche durante la breve assenza di Cortés, Moctezuma non cerca mai di

approfittare della situazione per sbarazzarsi degli spagnoli. La storia ce lo presenta addirittura pronto a convertirsi

al cristianesimo in punto di morte. Di fronte ai nemici, egli rifugge dal servirsi del suo potere, come se non fosse

convinto di voler vincere. Qualsiasi giogo gli sembrava meno pesante di una rivolta del suo popolo. Lo

sfruttamento, da parte di Cortés, dei dissensi interni fra le diverse popolazioni che vivono sul suolo messicano, gli

farà ottenere un grosso successo. Inizialmente gli indiani che Cortés incontra non rimangono impressionati dalle

sue mire conquistatrici,perché sono già stati conquistati e colonizzati dagli aztechi. Il Messico di allora non è uno

stato omogeneo, ma un agglomerato di popolazioni sottomesse dagli aztechi: Cortés apparirà come il male

minore.

Gli spagnoli cercano solo oro, schiavi e donne: ma è esattamente di questo che si lamentavano gli indiani, quando

riferivano i misfatti degli aztechi. L’oro e le pietre preziose erano stati prelevati dai funzionari di Moctezuma:

questa è una pura invenzione spagnola escogitata per legittimare la loro conquista. Vi sono molte somiglianze fra

conquistatori vecchie nuovi. Gli spagnoli bruceranno i libri dei messicani per cancellarne la religione,

infrangeranno i loro monumenti per far sparire ogni ricordo dell’antica grandezza. Ma gli stessi aztechi avevano

distrutto tutti i libri antichi, per poter riscrivere la storia a modo loro. Tuttavia gli aztechi amano presentarsi come i

continuatori dei toltechi; e gli spagnoli manifestano un certo sentimento di fedeltà al passato. Fatto simbolico è

che la capitale del nuovo Stato sarà la stessa del Messico vinto. Cortés vuole crearsi una legittimità agli occhi

della popolazione locale accettando consapevolmente la continuità con il regno di Moctezuma. Lo stesso avviene

nel campo religioso. Si aggiunse anche il fattore della superiorità degli spagnoli in materia di armi. Gli aztechi non

conoscevano la lavorazione dei metalli, le loro spade e le loro armature sono meno efficaci; le frecce non valgono

gli archibugi e i cannoni degli spagnoli. Nei loro spostamenti gli spagnoli sono molto più rapidi, su terra hanno

cavalli, gli aztechi vanno a piedi. Infine gli spagnoli inaugurano inconsapevolmente la guerra batteriologica,

portandosi dietro il vaiolo che fa strage nelle file nemiche. Ma questa superiorità non basta a spiegare tutto, se si

tiene conto del rapporto numerico fra i due campi avversari. Non si vuole certo negare l’importanza di questi

fattori, ma bisogna prendere in considerazione anche altro, come la risposta che danno i racconti indiani: tutto è

avvenuto perché i maya e gli aztechi hanno perduto il controllo della comunicazione. La parola degli dei è divenuta

inintelligibile, oppure gli dei sono ammutoliti. Gli aztechi stessi descrivono l’inizio della propria fine come un

silenzio che cade su di loro. Che gli spagnoli abbiano trionfato sugli indiani con l’aiuto dei segni?

Moctezuma e i segni

Sul piano linguistico o simbolico, non c’è alcuna inferiorità naturale da parte degli indiani. Gli indiani dedicano

gran parte del loro tempo all’interpretazione dei messaggi e questa interpretazione ha varie forme. La prima era la

divinazione ciclica. Gli aztechi posseggono un calendario religioso per cui ogni giorno ha una storia, ogni nascita, a

seconda del giorno in cui avviene, ha il suo destino. La seconda forma di divinazione sono i presagi. Ogni

avvenimento che si discosti dall’ordinario viene interpretato come il preannuncio di un altro futuro avvenimento,

generalmente nefasto. Quando questi segni si fanno attendere, non si esita a sollecitarli; e a questo scopo ci si

reca dall’indovino di professione. Tutta la storia degli aztechi non è che la realizzazione di profezie antecedenti.

Può diventare atto solo ciò che prima è stato verbo. Gli aztechi sono convinti che tutte queste previsioni

concernenti l’avvenire si realizzino. E le cose, poi, nell’effettivo si compiono, perché gli uomini fanno del loro

meglio perché avvengano; in altri casi, la profezia è ancora più veritiera in quanto viene formulata solo

retrospettivamente. Ecco perché presagi e divinazioni godono di un immenso prestigio.

Poiché tutto è prevedibile, tutto è previsto, la parola chiave della società mesoamericana è: ordine. C’è una

profonda regolamentazione che investe anche i minimi particolari della vita quotidiana. In questo quadro, è la

società che decide delle sorti dell’individuo. L’individuo non costituisce esso stesso una totalità, ma è elemento

costitutivo di un’altra totalità sociale. Questa preminenza del sociale sull’individuale è comprovata anche dal ruolo

attribuito alla famiglia. La solidarietà familiare, però, non è il valore supremo: benché trans individuale, la cellula

familiare non è ancora la società. La morte rappresenta una catastrofe solo in una prospettiva individuale,

mentre, dal punto di vista sociale, il beneficio che si ricava dalla sottomissione alla regola del gruppo conta più

della perdita di un individuo. Per questo i sacrificandi accettano la loro sorte senza disperazione. In questa società

superstrutturata, un individuo non può essere l’eguale di un altro, e le distinzioni gerarchiche hanno fondamentale

importanza. La vita della persona non è un campo aperto e indeterminato, che la libera volontà individuale possa

modellare, ma la realizzazione di un ordine esistente da sempre. L’avvenire dell’individuo è regolato dal passato

collettivo; l’individuo non costruisce il proprio avvenire, ma gli viene rivelato. La domanda caratteristica non è di

tipo prasseologico, ma epistemologico.

Nella vita dell’uomo azteco, il ruolo predominante lo investe la comunicazione fra persona e mondo naturale,

persona e universo religioso. L’uomo azteco interpreta il divino, il naturale e il sociale attraverso gli indizi e i

presagi, con l’ausilio del sacerdote-indovino. Non bisogna, però, pensare che questo predominio escluda la

raccolta delle informazioni. È l’azione sugli altri attraverso la mediazione dei segni che resta allo stadio

embrionale, ma non si manca mai di informarsi sullo stato delle cose, anche viventi: l’uomo interessa come

oggetto del discorso più che come destinatario. Tuttavia, i successi della raccolta delle informazioni, non vanno di

pari passo con la comunicazione interumana. E’ emblematico il rifiuto reiterato di Moctezuma di comunicare con

gli intrusi. La rinuncia al linguaggio è la confessione di uno scacco. In Moctezuma si associano la paura

dell’informazione ricevuta e la paura dell’informazione richiesta dagli altri. Moctezuma si rifiutava anche di farsi

vedere: questo rifiuto non è un atto personale, ma è l’ottemperanza ad una regola millenaria. Il corpo del re è

qualcosa di individuale, mentre la funzione del re è un puro effetto sociale. Lasciandosi vedere, Moctezuma

abbandonava la sua sfera d’azione, quella dello scambio sociale e diventava un individuo vulnerabile. Non meno

rivelatore è il fatto che Moctezuma riceve l’informazione, ma punisce coloro che gliela recano. Si può capire

perché i volontari disposti a dar informazioni sul comportamento degli spagnoli si facessero sempre più rari.

Anche quanto l’informazione raggiunge Moctezuma, la sua necessaria interpretazione avviene nel quadro della

comunicazione con il mondo, non di quella con gli uomini. È allora naturale che, quando i capi del paese vogliono

comprendere il presente, si rivolgano non a dei conoscitori di uomini, ma a coloro che praticano lo scambio con gli

dei.

Moctezuma sapeva informarsi circa i nemici, ma nel passato si era trattato di un sistema di informazioni definito.

L’identità degli spagnoli è così diversa, il loro comportamento è così imprevedibile che l’intero sistema di

comunicazione ne risulta sconvolto, per cui gli aztechi falliscono proprio là dove prima ottenevano ottimi successi:

nella raccolta di informazioni. I racconti indigeni cominciano sempre con l’enumerazione dei presagi che

annunciano la venuta degli spagnoli. Moctezuma è bombardato da una quantità di messaggi che predicono tutti

la vittoria dei nuovi arrivati. Questi racconti stupiscono per la loro uniformità: l’arrivo degli spagnoli è sempre

preceduto da presagi e la loro vittori

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
22 pagine
8 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stotle di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle Civiltà e dei Sistemi Internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pizzetti Silvia Maria.