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Estratto del documento

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

55

Vediamo che al vertice è posta la Repubblica Italiana perché, in uno Stato

repubblicano, la Repubblica, è un valore superiore a quello dei cittadini che la

compongono.

Quando si opera in nome della Repubblica, significa che si opera in nome di una

certa architettura che ha al suo vertice, come nella sentenza, la Repubblica e non il

popolo.

Infatti l’art. 1, comma II° Cost. sancisce che: “La sovranità appartiene al popolo, che

la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” ed infatti stesso i giudici,

dichiarano di pronunziare le sentenze in nome del popolo italiano e dunque, la

Repubblica, è una sorta di simbolica identificazione di una collettività.

Continuando nell’analisi della sentenza in questione, nella stessa è riportato:

Composta dagli Ill. mi Sigg. ri Magistrati:

Dott. MARIA GABRIELLA LUCCIOLI - Presidente –

Dott. SALVATORE DI PALMA - Rel. Consigliere –

Dott. VITTORIO RAGONESI - Consigliere –

Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA - Consigliere –

Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA - Consigliere –

Vediamo anche che, in questo collegio di cinque magistrati che compongono la

Prima Sezione Civile della Corte di cassazione, ci sono tre donne e due uomini e

questo rileva perché, la cultura e la psicologia delle donne, fanno sì che, le stesse

donne, siano più pronte alle infrazioni della tradizione. Oltretutto si ricorda che il

collegio per sua naturale indole è conservatore.

Il documento in questione assume poi, questa forma, ai fini della riconoscibilità

dell’atto; infatti la sentenza, che è la massima manifestazione concreta del diritto,

deve essere immediatamente individuabile in quanto deve dare certezza dei

rapporti giuridici.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(e per ragioni di privacy non sono riportati i nomi)

……………………………

ma sappiamo che il processo ha inizio su impulso di parte.

Altro aspetto che rileva nell’analizzare questa sentenza, è che nella stessa, è

riportato testualmente: 56

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il rigetto del ricorso

ebbene ciò rileva perché, abbiamo più volte detto che, il compito della Cassazione, è

la nomofilachia, ossia l’uniforme applicazione della legge e abbiamo anche detto

che, sempre in Cassazione, non si discute tanto dello ius litigatoris (della specifica

vicenda), quanto dello ius constitutionis e cioè della corretta applicazione della

legge; in questo contesto, il Sostituto Procuratore Generale, è colui che interviene

nell’interesse della legge ma è un’istituzione che, originariamente, aveva una certa

funzione, oggi non è più così, perché è un magistrato come un qualsiasi altro

magistrato di Cassazione.

Una seconda indicazione relativa alla specificità del caso arbitrato davanti alla Corte,

ci è data dal fatto che il ricorso è proposto anche

Contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI

LATINA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA;

e questo perché, la materia del Registro dello stato civile, è una materia di rilevanza

pubblica, è una materia che tutela gli interessi generali della collettività e quindi, in

questo processo, c’è sì l’interesse dell’individuo a vedere trascritto il proprio

matrimonio, ma c’è anche l’interesse della collettività a verificare se ci siano

esigenze morali, culturali, recepite dal diritto e che si oppongano al riconoscimento

di questo matrimonio celebratosi tra persone dello stesso sesso.

13° giorno: utilizzazione dello strumentario tecnico del giudice,

concorrenza sleale, precetto in bianco, postribolo

(lezione dell’assistente)

Ci chiediamo: ma gli strumenti tecnici a disposizione del giudice, come venivano

utilizzati?

Ebbene certamente non in maniera neutra!

Infatti, abbiamo in precedenza parlato, della politicità del giudice, intesa non tanto

come appartenenza ad un partito (che nella specie era poi il partito fascista) ma

quanto come sua inevitabile tendenza a imprimere, nella società, determinati valori

attraverso la sentenza. E decidere per la prevalenza di un interesse piuttosto che un

altro, significa far politica, significa incidere nella società proprio sotto il profilo della

cura della società, dell’attenzione della stessa.

57

Per cui, l’idea ancora oggi invalsa (che ha acquistato cioè forza, autorità) secondo la

quale il giudice si serve soltanto di strumenti tecnici (nel caso specifico: del diritto) e

che questi stessi strumenti per il solo fatto del loro tecnicismo sono neutri, non è poi

così vera! Infatti, utilizzare strumenti tecnici, non significa non prendere

determinate posizioni.

Analizziamo ora, un caso di concorrenza sleale particolarmente significativo, sia

perché il giudice mostra di saper andare in profondità per determinate questioni

svolgendo un ruolo di mediatore degli interessi sociali, sia perché in detta

controversia sono messi a confronto due interessi fondamentali per la società e

cioè, da un lato, la tutela del principio individualistico e, dall’altro, la tutela del libero

mercato.

È vero che il mercato deve essere libero, ma è vero anche che deve rispettare

determinati principi di affidamento della concorrenza che non possono venir meno

in nome delle leggi economiche.

Questa questione, possiamo dire che è un tema attuale perché, nel campo del

diritto commerciale, si è sempre posto il problema di quanto e se lo Stato, dovesse

intromettersi nei rapporti economici.

È giusto che il mercato si autoregolamenti? O è giusto che la politica in qualche

modo entri nelle leggi del mercato cercando di regolarle?

La controversia oggetto di esame rileva perché, attraverso la contrapposizione di

questi interessi (tutela del principio individualistico e del libero mercato), si

contrapponevano anche due concezioni diverse dello Stato, da una parte, lo Stato

liberale e, dall’altra, lo Stato etico, sociale, che era lo Stato che propagandava il

regime fascista.

Questa controversia, è collocata in un paragrafo del libro intitolato: “Saper vedere è

poter vedere”; ma in che senso il giudice deve saper vedere e deve poter vedere?

Fino a quanto il giudice si può inoltrare rispetto all’applicazione della legge?

Per comprenderlo procediamo con ordine!

Una certa ditta “Moncenisio” venne citata in giudizio dalla ditta “Cohen” per un caso

di concorrenza sleale che si traduceva in una imitazione servile; ancora oggi, il

concetto di imitazione servile, è piuttosto sfumato, perché spesso è sufficiente

cambiare leggermente una cucitura di una borsa per fare in modo che non sia

esattamente uguale ad un’altra.

Entrambe le aziende in questione, si occupavano della produzione di carri da

rimorchio per uso bellico (per le guerre).

Nella vicenda in questione, non solo era difficile definire il concetto di imitazione

servile, ma era importante chiarire in che termini, si dovesse intendere la

concorrenza sleale perché, a quell’epoca (gli anni ’30), la nostra società, era una

società prevalentemente agricola e rurale, si era agli albori dell’industrializzazione

dello Stato italiano. 58

Lo stesso Stato fascista, era favorevole all’industrializzazione, alla produttività

perché, tutto l’individuo in primis, doveva risolversi nello Stato.

Dunque, la ditta “Moncenisio”, venne citata in giudizio e, la stessa, architettò un

marchingegno difensivo; si informò e venne a sapere che, la “Cohen”, non era

l’effettiva titolare e depositaria dei brevetti dei carri, ma che era semplicemente

concessionaria di questi brevetti, la cui titolarità, era in capo ad un’altra azienda,

tale “Ricchiardi e Verme”.

La ditta “Moncenisio” decise, allora, di mettersi d’accordo con la ditta “Ricchiardi e

Verme” affinché, quest’ultima, cedesse i brevetti ad un tale ingegnere Rossi,

mandato appositamente dalla “Moncenisio” che però, non intendeva far emergere

questo accordo e pertanto decise di incaricare detto ingegnere.

Quest’ultimo, interpretando il contratto che la “Cohen” aveva stipulato con la

“Ricchiardi e Verme”, risolse il contratto con la “Cohen”, affermando che la stessa

aveva inadempiuto alle condizioni di concessione che prevedevano l’obbligo della

collocazione sul mercato di ameno trecento carri nel primo triennio riducendola

così, sul lastrico infatti, così facendo, prima di tutto le sottrae i brevetti e la svuota,

in parte, anche della legittimazione attiva ad agire in giudizio (sappiamo che:

legittimato attivo è colui che pretende il diritto, l’attore che muove l’azione;

legittimato passivo è colui che subisce l’azione, il convenuto).

Eseguiamo una piccola precisazione, si deduce che la controversia in questione è di

particolare rilievo perché, nella stessa, sono coinvolti avvocati di altissimo prestigio

come: Ungaro, Ianfolla, Cammeo.

Possiamo sostenere che, effettivamente, vi fu una macchinazione ai danni della

“Cohen”, che ha alterato in maniera dolosa, fraudolenta, la situazione, per cui si

potrebbe parlare di un caso di concorrenza sleale.

Tuttavia, la Corte di cassazione, giudice di legittimità che riesce a leggere questi

collegamenti, ha dovuto rinviare più volte la causa al giudice dell’appello perché,

quest’ultimo, la suddetta macchinazione, non la vedeva e riteneva che il caso di

concorrenza sleale non vi dovesse essere.

Il giudice dell’appello, a differenza della Cassazione, giunse a questa conclusione

perché guardava ai singoli atti posti in essere e cioè guardava all’atto di cessione del

brevetto, all’atto di risoluzione del contratto, i quali, sono tutti atti che,

distintamente considerati, sono perfettamente leciti, la loro causa è perfettamente

lecita!

Sappiamo infatti che, gli elementi che caratterizzano il contratto, sono: l’oggetto, la

causa e il consenso e che un contratto può essere nullo per illiceità della causa, vale

a dire quando la stessa è illecita, quando è contraria al buon costume, all’ordine

pubblico e a norme imperative.

Dunque, nella stipula di un contratto, il moti

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher unteruns di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della giustizia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Abbamonte Orazio.