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Arturo Rocco e il diritto penale dello Stato liberale di diritto
Arriviamo, dunque, alla prolusione sassarese di Arturo Rocco del 1910, della quale abbiamo ampiamente parlato. Centro del discorso penale è il fatto che le libertà ed i diritti fondamentali risiedano nella sovranità dello Stato e, quindi, nelle leggi. "I diritti sono nelle leggi e dalle leggi sono assicurate le libertà". È lo Stato di diritto a dover assicurare l'osservanza delle proprie norme ed il rispetto delle libertà che esso stesso sancisce ed il diritto penale rientra nel quadro costituzionale dello Stato liberale di diritto.
Risanare il diritto penale e costituzionalizzarlo
Per anni gli storici del diritto penale hanno additano Arturo Rocco (e le sue idee contenute nella prolusione sassarese) come il responsabile dei "guasti" prodotti dal metodo tecnico-giuridico. In realtà tali guasti sono da attribuirsi alle degenerazioni dei concetti espressi.
Da Rocco per raggiungere dei fini totalmente diversi: egli parla semplicemente della necessità di ripristinare la giuridicità della scienza penale e della centralità della legge, che nulla hanno a che vedere con gli errori commessi nel cinquantennio centrale del XX secolo. Nella logica del nuovo diritto pubblico e alla maniera del vecchio diritto civile.
È sbagliato, dunque, attribuire all'Arturo Rocco del 1910 tutte le conseguenze che si hanno, sotto il profilo penale, durante il fascismo. Rocco nota, durante quel periodo, che il diritto penale è in crisi e cerca di porvi rimedio, rendendo la sua materia quanto più simile al diritto privato, ossia riducendola ad un sistema di "principi di diritto", ad una teoria giuridica. La degenerazione tecnicistica che ne deriva, quindi, non è a lui imputabile, tenendo conto del fatto che lo stesso Rocco voleva evitare che la scienza penale si riducesse, come invece poi avverrà, ad.
Una "civilistica penale", che si isolasse e perdesse la sua centralità, cessando di essere scienza integrata. Quindi non possiamo vedere nella sua prolusione del 1910 una base di autoritarismo statalista, in quanto in quegli anni egli è a tutti gli effetti un giurista liberale. Ciò che avverrà in seguito, da parte tra l'altro dello stesso Rocco, è una degenerazione figlia della volontà di ridurre il diritto penale ad una materia totalmente tecnica e apolitica, proprio al fine di sfruttarla per il raggiungimento degli obiettivi fascisti, ma non bisogna in alcun modo retrodatare la nascita del diritto dello Stato totalitario.
UNA INCERTA TRANSIZIONE: IL PROGETTO FERRI E L'AVVENTO DEL REGIME FASCISTA
Le idee di Rocco, già anticipate da Orlando in materia di diritto pubblico, hanno però bisogno di maturare all'interno della società italiana del tempo. Lo stesso Vincenzo Manzini, che in seguito
Raccoglierà le idee di Rocco e sarà uno degli artefici del codice penale del 1930, nello stesso periodo parla di errore nell'abolizione della pena di morte e della necessità di permettere a tutti gli uomini di armarsi e di difendersi dai criminali. Lodovico Mortara, procuratore della Corte di Cassazione, in quel periodo lamenta l'inefficacia e la mitezza del sistema delle repressioni, notando un eccesso di severità nei confronti dei reati contro la proprietà. Lo stesso Mortara, di lì a poco, diventa Ministro della giustizia e nel 1919 istituisce una commissione, presieduta da Enrico Ferri, con il compito di riformare le leggi penali, proprio al fine di ridurre la criminalità, con particolare attenzione alla delinquenza minorile ed a quella abituale. La scelta del guardasigilli è più che mai errata: egli pone nelle mani di un "uomo dal pensiero vecchio" il compito di riformare, quindi di guardare al futuro.
Sembra arrivato, dunque, il momento tanto aspettato dai17positivisti. In realtà il positivismo è già finito, si è disgregato e non è più capace di innovare la scienza penale ed è per tal motivo che il progetto presentato dalla commissione Ferri nel 1921 viene lasciato cadere, senza neanche essere discusso in parlamento. All'interno del progetto presentato le idee della scuola positiva sono tradotte in norme e appaiono assurde e poco chiare: il nuovo progetto di codice è imperniato sull'ossessione della pericolosità, le pene sono a tempo indeterminato, la pericolosità di un soggetto è desunta dal suo comportamento oggettivo, l'autore di un delitto è equiparato al mandante e a chiunque vi abbia preso parte. L'assurdità del progetto è palese ed il suo fallimento è scontato (bella questa eh...è mia, giuro...ahahaha).
LA POLITICA PENALE DEL FASCISMO TRA
“RIVOLUZIONE” E CONTINUITA’
Nel periodo del fascismo al centro del problema penale viene posta la questione dello scontro politico. Il criminale abituale viene visto come un nemico, contro il quale attuare un sistema preventivo. Il dissenso è vissuto come “attacco allo Stato”, il quale mette in piedi un intero sistema non in difesa del cittadino, ma a tutela di se stesso. Il diritto penale diventa strumento di propaganda e di acquisizione del consenso, di fatto reprimendo qualsiasi forma di dissenso. Viene fuori, dunque, tutto l’autoritarismo repressivo proprio della cultura prefascista: il fascismo non cambia la scienza penale ed il pensiero dei giuristi, ma si limita a guardare al futuro, garantendo anzi una continuità di idee all’interno della rivoluzione sociale che pone in essere. Lo Stato si infiltra ovunque e diviene totalitario, entrando in qualsiasi vicenda privata, ma senza smuovere in alcun modo il liberalismo conservatore.
Il fascismo realizza, all'inizio degli anni Venti, una corposa opera di legislazione repressiva, di cui il diritto penale è lo strumento principale. L'intero sistema penale viene provvisto di contenuti autoritari e di una funzione intimidatoria. Dopo un primo provvedimento di amnistia del '22, del tutto incline a fini politici, Mussolini e il suo ministro Alfredo Rocco (fratello di Arturo) mirano alla neutralizzazione delle opposizioni tramite la legge penale. Tra il 1925 ed il 1926 vengono, infatti, emanate le leggi fascistissime, articolate in "leggi di difesa dello Stato" (inerentemente alle società segrete, ai fuoriusciti ed alla burocrazia) e "leggi di riforma costituzionale" (inerenti l'attribuzione di maggiori poteri al capo del governo). Ogni forma
diopposizione politica e reprimere l'antifascismo. L'OVRA ha il potere di arrestare, interrogare e perquisire senza mandato, e può detenere le persone sospettate di attività sovversive per un periodo illimitato. Inoltre, vengono istituiti campi di concentramento per imprigionare e perseguitare gli oppositori politici. Tutto ciò viene fatto con l'obiettivo di eliminare ogni forma di opposizione al regime fascista e di instaurare un controllo totale sulla popolazione. La libertà di pensiero, di espressione e di associazione vengono completamente negate, e chiunque osi criticare il regime o manifestare idee contrarie viene perseguitato e punito. Questa politica repressiva e autoritaria mette fine a ogni forma di democrazia e di stato di diritto, e instaura un regime totalitario in cui il potere è concentrato nelle mani del dittatore e dei suoi fedeli. La violenza e l'oppressione diventano gli strumenti principali per mantenere il controllo e reprimere ogni forma di dissenso. In conclusione, l'ordinamento penale viene distorto e utilizzato come strumento di repressione politica, con la reintroduzione della pena di morte, l'istituzione di tribunali speciali e l'attribuzione di poteri straordinari alle forze di polizia. Questo porta alla negazione dei diritti fondamentali e all'instaurazione di un regime totalitario in cui ogni forma di opposizione viene annientata.della razza e della purezza della stirpe. Le pene vengono aumentate per i reati politici e per quelli commessi contro lo Stato, mentre vengono ridotte per i reati contro la proprietà privata. Il codice di procedura penale introduce nuove norme che limitano le garanzie processuali e favoriscono l'azione repressiva dello Stato. Il regolamento carcerario disciplina in modo rigido la vita dei detenuti, imponendo condizioni di isolamento e di lavoro forzato. Le leggi di pubblica sicurezza ampliano i poteri delle forze dell'ordine e limitano le libertà individuali. Le leggi razziali, promulgate nel 1938, discriminano gli ebrei e limitano i loro diritti civili. La riforma dell'ordinamento giudiziario del 1941, invece, riduce l'indipendenza dei magistrati e favorisce il controllo del regime sul sistema giudiziario.all’economia corporativa, all’ossessione per la purezza della stirpe ed alla difesa dello Stato. Al contrario del codice Zanardelli, il nuovo codice non appare noncurante dell’oppositore, ma lo considera come un avversario, un nemico da annientare perché antepone i propri interessi a quelli della Patria. Inoltre, a differenza del codice precedente, quello nuovo contempla i reati politici. L’opera ambigua della scienza penalistica italiana negli anni del fascismo Negli anni del fascismo alla scienza penalistica italiana ed ai giuristi in generale possono essere attribuiti una serie di meriti e di demeriti. Da un lato, infatti, i giuristi attuano quello che era il progetto di Arturo Rocco, ossia una svolta in ambito penale orientata verso il metodo tecnico-giuridico, il che impedisce al fascismo di ereditare un sistema penale basato sul dibattito/scontro povero e poco fertile tra le scuole, che avrebbe comportato non pochi problemi in quanto il regime avrebbe dovuto.riformare la materia senza un indirizzo da seguire. Certo essisvuotano di significato le parole di Rocco, realizzando proprio ciò che quest'ultimo voleva evitare, ossia l'isolamento del diritto penale, ma ciò nonostante riescono ad evitare alcuni danni. Essi dunque hanno il merito di conservare quanto di positivo il sistema giuridico liberale aveva prodotto. Da un altro lato, tuttavia, i giuristi hanno la responsabilità di aver disperso il senso di difesa e di garanzia che i cittadini si attendono da un sistema penale. Il loro silenzio, talune volte, pesa più di un intervento a favore del regime, in quanto incoraggiare il sopruso da parte dello Stato equivale a privare direttamente i cittadini delle loro libertà fondamentali.LA QUESTIONE PENALE NEI PRIMI ANNI DELLA REPUBBLICA: LA COSTITUZIONE INATTUATA
Il passaggio dal fascismo alla Repubblica, sotto il profilo penale, si basa sulla discussione tra coloro che sostengono che il codice Rocco siatroppo autoritario e repressivo, motivo per sostituirlo quanto prima, e coloro che credono che il codice sia frutto del lavoro dei giuristi e non del regime, pertanto ritenendo possibile depurarlo dall'impronta dello Stato totalitario. La lotta, per