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No scetticismo: apparenze ingannano ma c'è una verità.
Avvia una CONDANNA DELLA SCRITTURA: sapere non può democratizzarsi così tanto, tutti
possono leggere il sapere dedicato a pochi, e in tal caso è un sapere senza valore. Nel Fedro per
bocca di Socrate condanna la scrittura in quanto non dà conoscenza e rovina la memoria. Le vere
parole sono quelle che restano nell'anima che impara, non gli scritti. Giustifica con un mito
ambientato in Egitto: aiutante del faraone, Teut, è un'inventore e inventa la scrittura come rimedio
per la memoria. Il faraone ribatte che è un veleno per la memoria. Socrate racconta questo mito poi
ricomincia a parlare con Fedro, che gli chiede qual è la vera memoria se non va bene quella scritta.
Socrate dice che è quella scritta nell'anima che impara, una scrittura interna. Condanna della
scrittura in nome della scrittura.
Il compito politico della filosofia
L'opera di Platone si configura come una risposta filosofica alla crisi politico-culturale che
attraversa la società ateniese a partire dalla fine del V secolo. Con la sconfitta di Atene nella guerra
del Peloponneso, il regime dei Trenta Tiranni e il ritorno alla democrazia si assiste al tramonto
dell'età d'oro periclea. Per Platone però questa crisi non è soltanto politica, ma una crisi dell'uomo
nella sua totalità derivante da una crisi intellettuale. Per questo motivo sostiene la necessità di una
riforma globale dell'esistenza e della politica umana: il progetto di Platone prevede una rifondazione
filosofica della politica sostenuta da nuove certezze di pensiero.
Dalla morte di Socrate, sentita come simbolo della crisi e della decadenza della società, come
ingiustizia imperdonabile, Platone concepisce la filosofia come solo strumento per condurre il
singolo e la comunità verso la giustizia.
Opere e dottrine non scritte
Platone è l'unico filosofo dell'antichità di cui siano rimaste tutte le opere: l'"Apologia di Socrate",
34 dialoghi e 13 lettere, riguardo ad alcune delle quali sussistono ancora dubbi sull'autenticità. I
suoi scritti si suddividono in tre periodi: scritti giovanili o socratici, della maturità e deella
vecchiaia.
Siamo a conoscenza del fatto che Platone tiene dei corsi intitolati "Intorno al bene" riguardanti una
metafisica a sfondo pitagorico (alla base del mondo e delle idee c'è la base pitagorica del limitato e
dell'illimitato) che preferisce non mettere per iscritto al fine di salvaguardare il carattere dialettico
dell'oralità.
Caratteri della filosofia platonica
Nonostante nella seconda fase del suo pensiero Platone si stacchi dall'insegnamento di Socrate per
elaborare teorie indipendenti, la ricerca platonica si configura come uno sforzo di interpretazione
della personalità filosofica di Socrate. La forma letteraria del dialogo è un atto di fedeltà alla
concezione socratica della filosofia come sapere aperto, orale, dialettico e quindi dialogico. Questa
concezione prevede la filosofia come una ricerca incessante e mai conclusa, come uno sforzo
infinito verso la verità che l'uomo non potrà mai possedere totalmente ma che ha il dovere morale di
perseguire.
Oltre alla forma dialogica, l'altro carattere predominante dell'opera platonica è l'uso dei miti come
strumenti ai fini della comunicazione intellettuale in maniera più accessibile (fine didattico-
espositivo) e come mezzi per inserirsi nelle lacune della ricerca filosofica e quindi parlare di realtà
che stanno al di là dei limiti dell'indagine puramente razionale.
SCRITTI GIOVANILI O SOCRATICI
Il primo periodo è caratterizzato dall'illustrazione e dalla difesa dell'insegnamento socratico e dalla
polemica contro i sofisti.
L'"Apologia di Socrate" rappresenta l'esaltazione della vita consacrata alla ricerca filosofica,
compito affidato all'uomo dagli dei che consiste nell'esame di se stesso e degli altri per raggiungere
il sapere e quindi la virtù. Il "Critone" presenta l'accettazione serena da parte di Socrate del suo
destino e del suo rifiuto di eludere il rispetto delle leggi.
I cosiddetti dialoghi minori illustrano i capisaldi dell'insegnamento socratico, che per Platone sono
tre:
1. La virtù è una sola e si identifica con la scienza
2. Solo come scienza, la virtù è insegnabile
3. Nella virtù come scienza consiste la felicità dell'uomo.
Il metodo usato è quello dialettico: ammette in via d'ipotesi le tesi opposte e ne dimostra l'assurdità
o l'inutilità.
Dal momento che la virtù è una sola, uno solo è anche il valore che tende a realizzare, che si
identifica con il bene. Se la virtù è scienza, cioè conoscenza del bene, non esiste alcuna persona che
faccia deliberatamente il male conoscendo il bene: il male è dunque ignoranza.
Nel "Protagora" Platone contrappone l'insegnamento di Socrate a quello dei sofisti. La virtù come
scienza, una e unica, è insegnabile da parte di Socrate ma Protagora afferma che le virtù sono molte
e il suo sapere non è altro che un bagaglio di abilità private che non possono essere insegnate.
Quest'opera nega all'insegnamento sofistico ogni valore educativo e formativo e alla sofistica stessa
nega il contenuto umano: attraverso questa concezione l'insegnamento socratico risalta in tutto il
suo valore.
Nell'"Eutidemo" viene criticato il procedimento eristico tipico della sofistica, il quale prevede l'arte
di avere sempre ragione in quanto non esiste il concetto di vero o falso e di conseguenza non è
possibile l'errore. Socrate/Platone ribatte che in tal caso non c'è nulla da insegnare e nulla da
apprendere se non la sapienza, attraverso la filosofia. Da una critica dell'eristica Platone passa
all'esortazione alla filosofia, concepita come uso del sapere a vantaggio dell'uomo.
Nel "Gorgia" la polemica è rivolta alla base dell'insegnamento sofista, ovvero alla retorica, concepit
come una pratica adulatoria che riesce a persuadere soltanto gli ignoranti, poichè essa non si
esprime riguardo ad un oggetto in particolare. All'idea di giustizia come convenzione umana
perpetuata dai sofisti, Platone oppone l'idea di una virtù che consiste nell'ordine e nella regolarità, la
quale permette all'uomo di raggiungere il bene. Bene e male sono entità opposte mentre piacere e
dolore si condizionano a vicenda: pertanto non si può identificare il piacere con il bene.
SCRITTI DELLA MATURITA'
La dottrina delle idee
Nella seconda fase del suo pensiero Platone va al di là delle dottrine socratiche per elaborare un
proprio pensiero.
Partendo dal presupposto che la scienza è una, stabile, assoluta ed immutabile, quindi perfetta, si
interroga su quale sia l'oggetto della scienza. Dal momento che le cose del mondo sono imperfette e
mutevoli (corrispondono alla conoscenza fallace "doxa") esse non possono esserne l'oggetto, che si
identifica invece con le idee, entità immutabili e perfette che esistono come sostanze autonome in
una dimensione che trascende quella della realtà materiale, chiamata iperuranio.
Secondo un realismo gnoseologico il pensiero rispecchia l'essere: le cose sono dunque copie delle
idee. L'idea è dunque il modello unico e perfetto delle cose molteplici e imperfette del mondo.
Quello di Platone è anche un dualismo gnoseologico in quanto esistono due gradi di conoscenza
(opinione e scienza) che rispecchiano due tipi d'essere (cose e idee) secondo un dualismo che è
anche ontologico.
Nell'elaborazione di questa dottrina Platone riprende il concetto di Eraclito del mondo come regno
della mutevolezza e quello parmenideo/eleatico dell'autenticità e immutabilità dell'essere e il
dualismo gnoseologico e ontologico.
I tipi di idee e il rapporto con le cose
Ci sono diversi tipi di idee:
- Le IDEE VALORI corrispondono ai supremi principi etici, estetici e politici, e formano gli ideali e
i valori (Bene, Bellezza, Giustizia...)
- Le IDEE MATEMATICHE corrispondono ai supremi principi dell'aritmetica e della geometria.
Nella realtà infatti non si ritrovano mai le forme perfette descritte dalla matemaica, ma solo copie
approssimative di esse.
- Le idee di cose naturali opposte alle idee di cose artificiali.
Nel corso della maturazione del suo pensiero le idee si definiscono infine come le forme uniche e
perfette di classi di cose raggruppate e designate con un unico nome. Pur essendo molteplici le idee
non sono disorganizzate ma costituiscono una trama gerarchico-piramidale composta dalle idee
valori in cima e l'idea del Bene (idea suprema/idea delle idee) al vertice. L'idea del bene viene
spesso assimilata a Dio, ma non un Dio creatore, in quanto pur superando in valore e potenza le
altre idee il Bene non le crea, poichè sono eterne e immutabili, ma si limita a conferire loro la
perfezione.
Le idee costituisono i criteri di giudizio delle cose in quanto ne costituiscono la condizione di
pensabilità: per pensare un oggetto ci si riferisce necessariamente all'idea di esso. Inoltre esse
costituiscono anche la causa delle cose in quanto ne costituiscono la condizione di esistenza: gli
uomini esistono in quanto imitano o partecipano delle essenze archetipe senza le quali essi non
potrebbero essere.
Definire il rapporto tra idee e cose, tuttavia, è problematico: Platone parla sia di mimesi,
procedimento per cui le cose imitano le idee, sia di metesi, procedimento per cui le cose partecipano
alle idee, che di parusìa, procedimento per cui le idee sono presenti nelle cose. Il problema resta
aperto.
Le idee sono entità trascendenti in quanto esistono oltre la mente e le cose. L'interpretazione
comunemente più diffusa è quella delle idee come modelli di classificazione delle cose/criteri
mentali di pensabilità degli oggetti, e che quindi non risiedono in alcun luogo. Interpretazioni
precedenti tuttavia rappresentavano il mondo delle idee con accezione metafisico-religiosa,
interpretandolo come l'empireo dantesco o il paradiso cristiano. Anche questo problema resta
aperto.
La conoscenza delle idee e lo scopo della dottrina
Platone afferma che la conoscenza delle idee è possibile tramite il ricordo di esse derivante dalla
condizione disincarnata che l'anima vive prima di entrare nel corpo. Con questa dottrina-mito della
reminiscenza, influenzata dalla metempsicosi pitagorica, si sostiene che la conoscenza consiste nel
ricordo: le idee sono dentro di noi e grazie all'esperienza delle cose è