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Riprende il modello dei poemi epici: la Musa è la responsabile del contenuto dello
scritto.
La dea indica a Parmenide cosa può essere pensato e detto.
La dea indica la via da seguire e la via percorsa fino ad allora dagli uomini.
Cambia l'oggetto della ricerca.
Non si tratta più di partire da ciò che è osservabile per giungere a ciò che sfugge ai sensi,
l'oggetto della ricerca è ciò che può essere propriamente detto o pensato.
Prescinde dalla corrispondenza con l’esperienza sensibile: non ha bisogno di
conferme dall’esterno in quanto dotato di necessità interna.
Nel discorso con la dea, assume come punto di partenza la disgiunzione.
“o è o non è”.
Si può dire e pensare solamente ciò che è disgiunto dal non essere.
Nella conoscenza ci sono 3 vie.
Quella percorribile, che consiste nel dire e pensare ciò che è.
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Quella non percorribile, poiché non si può dire e pensare ciò che non è.
Quella comunemente percorsa, mescolando ciò che è con ciò che non è.
Ad esempio, parlare di nascere e morire, si mescolano essere e non essere.
Con “essere”, Parmenide intende una moltitudine di cose.
Probabilmente ciò che è presente, esiste, è vero e che può essere pensato e detto e
viceversa.
Essere
Assume in greco diversi significati e funzioni:
Può indicare il significato di esistere, come quando una cosa è, riferendosi al concetto intrinseco
“esistenza” del verbo “essere”.
di
Può indicare un attributo di una cosa (x è bello), riferendosi alla funzione copulativa del verbo
“essere”, che connette soggetto e predicato.
Può avere valore assertivo, indicando che “è così”.
chiedersi cosa vuol dire quando si dice che “una cosa è”.
A questo pro, Parmenide intende
Ne ricava che contemporaneamente nulla può essere o non essere, oltre a dire che ciò che è può
essere necessariamente pensato e detto e viceversa.
Parmenide non critica le apparenze sensoriali, ma il linguaggio usato dagli uomini per descriverle.
Utilizzano parole nelle quale è mescolato ciò che è disgiunto, essere e non essere.
Parmenide dimostra che l’essere è immutabile, immobile, indivisibile, uno.
Lo fa attraverso un procedimento logico (sia filosofico che matematico) chiamato
“deduzione”.
Nello specifico, si avvale della “dimostrazione per assurdo”
Partire dalle opinioni opposte a quanto si vuole dimostrare, per evidenziare
che non è possibile giungere a nessuna tesi, se non ammettendo che siano
vere le opinioni contrarie.
Ad esempio, se l’essere muta vuol dire che adesso è ciò che prima non
era, o che non è quello che sarà; se fosse vero però vorrebbe dire
mescolare essere e non essere, il che è assunto come impossibile.
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Nella seconda parte del poema ha come oggetto il mondo dell’opinione.
La dea spiega la via percorsa comunemente dagli uomini.
Intende probabilmente spiegare il modello fisico utilizzato dagli uomini.
Caratterizzato dal nascere e dal morire delle cose, ossia il trasformarsi delle cose.
Presuppone che esistano degli elementi: luce-fuoco e tenebre-terra, dalle
quali si formano combinazioni: mescolanze.
Gli elementi sono analoghi all’essere e le mescolanze al non essere.
Qua si radica l’errore delle opinioni dei mortali.
6. Gli Eleati: Zenone e Melisso
Discepoli di Parmenide.
Zenone.
Scrisse in prosa.
Il suo obbiettivo è quello di difendere le dottrine di Parmenide dagli attacchi avversari.
Utilizza sempre la dimostrazione per assurdo, ma vi aggiunge il regresso all’infinito.
Utilizzante il principio di divisione delle grandezze (come spazio e tempo).
Muove argomentazioni contro la molteplicità e il movimento (paradossi).
Contro il movimento muove 4 argomentazioni.
Il più famoso è quello di Achille e la Tartaruga.
Dove Achille lascia un vantaggio ad una tartaruga; al fine che la raggiunga. Tuttavia
non potrà mai raggiungerla poiché il durante il tempo impiegato da Achille a
raggiugere il posto impiegato dalla tartaruga, questa avrà impiegato lo stesso
tempo per spostarsi di un altro po’. (Funziona unicamente se si assume che lo spazio
sia divisibile all’infinito; in tal modo Achille non raggiungerà mai la tartaruga.)
Vuole dimostrare l’assurdità della nozione di movimento, dimostrando che
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l’essere è immobile, come sosteneva Parmenide.
Muove argomentazioni anche contro la molteplicità.
Sostiene che se i molti sono (considerato come “essere”) devono essere finiti (un numero
limitato che permetta di individuare una moltitudine) sia infiniti (poiché è sempre possibile
aggiungere ciò che separa l’uno dall’altro per ottenerne uno nuovo).
Ma è impossibile che una cosa sia finita e infinita.
Conclude, d’accordo con Parmenide, che l’essere è uno.
Diversamente da Parmenide, nelle sue argomentazioni non parte dalla distinzione “è o non è”
Si avvale del regresso all’infinito e sulla divisibilità delle grandezze.
Tutto questo può essere applicato al dominio della natura.
Melisso.
Originario di Samo.
Scrisse un’opera in prosa (“Sulla Natura o sull’Essere”)
Diversamente da Parmenide l’Essere non è “astratto”
Lo indentifica con la Natura, una sostanza fisica estesa nello spazio e nel tempo.
Come per Parmenide, l’Essere è uno, immobile ed immutabile.
Ma, se per Parmenide l’essere “è”, per Melisso “era” e “sarà”
È eterno nel suo essere infinito, senza limiti.
Analogamente, vale per lo spazio.
L’essere non ha confini e non può avere nulla al di fuori di esso.
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7. Empedocle
Influenzato dall’orfismo e dal pitagorismo.
Operò in Sicilia.
Partecipò alle lotte politiche schierato dalla parte dei democratici.
Compose un’opera in esametri: “Sulla Natura” o “Purificazioni”
Secondo alcuni studiosi si tratta di due opere distinte.
Come Parmenide gli uomini parlano erroneamente del nascere e perire delle cose.
L’errore viene sempre attribuito al linguaggio.
Dietro trasformazioni incessanti, si denominano le radici (gli elementi): terra, aria, acqua, fuoco.
L’oggetto della ricerca, come in Parmenide, è sempre il mondo, ma si distingue nettamente
da esso.
Ciò che si differenzia dal pensiero eleatico è che cio che è “essere” è dominato dalla
molteplicità.
Gli oggetti della nostra percezione sensoriale non sono altro che la
combinazione, secondo diverse proporzioni, delle 4 radici.
Si differenzia anche per il concetto di movimento.
Poiché le radici, per mescolarsi, devono essere soggette al movimento.
Le trasformazioni avvengono grazie a forze in grado di compiere queste aggregazioni.
Identifica queste forze con quelle che chiama Amore e Odio.
Attinge al linguaggio dei racconti mitici.
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Le due forze non agiscono solamente sull’Universo, ma su ogni cosa che popola
l’Universo.
La loro azione avviene nel tempo secondo gradi diversi.
Quando prevale l’Amore, sia ha una situazione di pace.
Empedocle la identifica come una sfera compatta priva di scissioni.
Quando prevale L’odio, si ha una scissione delle 4 radici.
Si ha il caos della tradizione mitica.
In situazioni normali, non estreme, si ha la compresenza delle due forze.
Nell’epoca attuale, Empedocle però scorge una prevalenza dell’Odio.
Gli esseri viventi sono il frutto di queste aggregazioni.
Sia l’uomo che la le cose (l’obbiettivo della conoscenza dell’uomo) hanno la stessa struttura.
Entrambi sono una mescolanza delle quattro radici.
Anche il pensiero è collegato alla struttura fisica dell’uomo precisamente nel cuore.
Dove avviene la migliore mescolanza delle quattro radici.
Per Empedocle, il tempo è compreso all’interno del ciclo di aggregazione e disgregazione.
Si integra con la tradizione orfica della trasmigrazione dell’anima.
L’anima, in origine è un demone che spinta dall’Odio commette delle colpe che è
costretta ad espiare attraverso un lungo viaggio attraverso i corpi viventi.
Si conduce al vegetarianismo.
La concezione dell’anima di Empedocle e la sua salvezza costituisce il perno
della sua predicazione.
Con Empedocle si chiude il ciclo dei pensatori che si presentano dotati di un sapere eccezionale
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8. Anassagora
Nato a Clazomene (Ionia), la abbandona per Atene.
Si lega in amicizia a Pericle e alla sua cerchia
Scrive un libro intitolato “Sulla Natura”
Viene sottoposto a processo per aver sostenuto che il Sole è una pietra incandescente e la Luna un
corpo terroso.
Viene processato per due motivi: per colpire Pericle attraverso di lui e perché i corpi celesti
potrebbero perdere il valore di segni inviati dalle divinità.
(il processo viene sostenuto dopo che Diopite fa approvare un decreto dove venivano resi
processabili chi avrebbe insegnato cose empie sui corpi celesti)
Le sue dottrine sul mondo fisico vengono considerate pericolose in quanto
minavano i fondamenti religiosi della comunità.
Il tutto veniva aggravato dalla crescente alfabetizzazione del popolo ateniese, dove
il libro non era più un lusso dove si trovava il sapere eccezionale e per questo
nascosto ai più, ma accessibile al pubblico
L'obbiettivo delle ricerche di Anassagora è la nascita del mondo conosciuto.
Sostiene che ogni cosa è una mescolanza di Semi.
Riprende il concetto di mescolanza di Parmenide e di Empedocle, indicandola come i
“materiali” di cui il mondo è costituito, come “carne”, “ferro”, ecc..
Riprende anche la dottrina di Anassimandro sull'Apeiròn, sostenendo che la matrice
responsabile della creazione del mondo è una totalità indistinta di tutti i semi
Perviene probabilmente all'emanazione della dottrina osservando il processo
di crescita degli esseri viventi attraverso la nutrizione
I semi non nascono e non periscono, ma rimangono costanti
In ogni oggetto sono presenti i semi di tutte le cose.
Per distinguere una mescolanza dall'altra, secondo Anassagora in ogni
mescolanza prevale un certo tipo di semi.
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Nel mondo fisico non esistono semi “allo stato puro”.
Riducendo un oggetto a particelle sempre più piccole otterremo sempre una
mescola