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LEON BATTISTA ALBERTI – THEOGENIUOS
È un testo in volgare in cui troviamo una profonda riflessione sulla condizione
dell'uomo che possiamo definire in prima battuta se non pessimistica, profondamente
realistica – troviamo la realtà umana non come era per Pico (filosofia alta, ma sempre
sotto la teologia) il quale non fa i conti con la drammatica realtà del male, della
sventura ecc. in un testo asettico in cui immagina un mondo ideale, perfettamente
cristiano, in cui l'uomo è già spinto a fare le sue scelte in due direzioni.
Nel Theogenious siamo più dalla parte de anche se si tratta di un testo
De miseria
fondamentalmente sulle cose negative della vita umana, ma si danno delle indicazioni
abbastanza precise per far fronte a queste – è un testo che cerca di risolvere le
problematiche
(Erasmo da Rottendam negli stessi mesi in cui Pico scrive il suo il
De Devinitate Omini, De
un testo canonico in cui si invita ad entrare nel chiostro, un anticipazione
cuntempu mundi
del bandono della vita con certe condizioni – farlo solo se si è completamente convinti)
→ discorso analogo per Alberti: l'esito è in parte quello dell'abbandono della vita, ma
non è il ritiro nel chiostro – la risposta è sulla base sapienziale – non una propria e vera
fuga, ma cerca di dare una risposta plausibile e concreta – il testo si conclude con un
elogio della morte, ma non su base cristiane – non c'è una vera e propria dimensione
religiosa: Alberti vuole fare i conti con la condizione umana senza l'apposto che poteva
trovare nella religione cristiana (presunto laicismo di Pico – qui c'è una concezione del
divino di tipo non del tutto trascendente: nega in forma velata un presupposto della
cristianità: la trascendenza divina)
Mali della vita: la sfortuna e la malvagità umana (culmina nell'elogio della morte) –
troviamo una forma di dignità dell'uomo – capacità di fare fronte ai mali della vita
(Pico: testo calato nella realtà del suo tempo -/- Alberti al di fuori → si muove in una
versa prospettiva sull'uomo e sulla [una sorta di divinità – non panteismo]) Testo
natura
eterogeneo come anche l'autore – precede di 50 anni il testo di Pico – rifiuta qualsiasi
inganno, qualsiasi fuga dall'esistenza sulla terra e se trova delle risposta le trova
nell'uomo. → Pico non è un testo realistico (la morte come uscita dalla vita ) – quello di
Alberti lo è. 30/04/2015
Origine non oggetti, ma soggettiva del male – non è nel male stesso, ma nel modo in
cui l'uomo lo vede e lo recepisce – essendo la causa ultima sarà più facile trovare una
soluzione: sia i mali provenienti dagli uomini o dalla natura/casualità.
Natura e Dio: Le Dediche, parte interna ed esterna, destinate ad un dedicatario → elogi
di maniera del 1441 aggiunti successivamente all'opera (data dell'opera è 1440): far
fronte a i mali – la morte dei propri cari – Leonello d'Este, signore di Ferrara, dopo la
morte del padre – natura di fondo del testo è la consolazione: → comma
testo consolatorio
8 – comma 9 → “Principe di tutte le cose” → definizione generica – due elementi in
contrapposizioni: le vicende dolorose e le risposte che gli si danno → riproposta della
contraddizione “sollevommi afflitto”: soro riuscito a sollevarmi dalle mie sventure –
terza via dopo la miseria e la grandezza dell'uomo
Esilio degli Alberti – Controversie famigliari → le sventure nella vita di Alberti:
condizione di esiliato, figlio legittimo, controversie famigliari date dall'eredità
Latino e volgare – il testo è scritto in volgare perché voleva che arrivasse a tutti.
Esempio provante di genere consolatorio (di due anni prima) scritto dall'umanista
(unire esigenze diverse culturali, storiche, filosofiche con la dimensione attiva
dell'impegno civile nella società) ambasciatore Manetti nel 1438-39 cioè Dialogus
(conosciuto anche per il appartenente al ciclo
consolatorio De degnitate ed excellentia ominima
del di Pico nella maniera trattatistica → è un trattato meno considerato [a
De Degnitate
differenza di Pico che era uno spunto visionario]) – concezione della dignità dell'uomo
35 anni prima di Pico Manetti vedeva la ragione della dignità e della eccelenza
dell'uomo, in diretta polemica contro il di Innocenzo III rispondendo
De cuntempu mundi
punto per punto ad ogni invettiva – due elementi nel intreccio costante di essi:
dimensione contemplativa e pratica – Manetti risolve la cosa partendo dalla sua
esperienza personale (non aveva la mano scrittoria di Pico, ma aveva delle idee molto
contemporanee) – trova la risposta in un dialogo con tre personaggi delle quali quelle
che ritiene più sbagliata sarà quella che prenderà Alberti → Personaggi: parte come
Alberti dalla sua esperienza di vita (lutto famigliare) trasponendolo nel dialogo un
dialogo veramente accaduto alla Certosa alle porte di Firenze – Nicolò da Cortona,
Angelo Acciaioli e lui stesso Gianotto Manetti – Filosofia stoica la risposta di Acciaioli: la
vera natura del male nel modo in cui lo recepiamo – l'uomo deve evincere il male
guardandolo in modo diverso → teoria degli indifferenti – riferimento di tipo teorico
nella consolatori nella tradizione cristiana → soluzione di mezzo: la tempistica
(prevede in un primo momento la lecità abbandonarsi al pianto entro un tempo
stabilito e dopo adoperarsi dei mezzi che ci sono nella religione cristiana – l'anima del
defunto non muore)
Apertura libro primo: due dialoghi in uno: 2 figure Teogenio e Nicrotilo + Genipatro e
Tichepedo - → incontro con i due personaggi iniziali: Teogenio è il saggio che si è
ritirato dal mondo, ma non nell'ottica religiosa (il cittadino che abbandona la città, può
ancora far parte della città – non è negare la vita in comune, ma la libertà di
partecipare attivamente nella politica – diritto di far parte della città anche non
essendo presente e non avere impegno nella vita della città) – confronto tra città e
natura → fuga dalla dimensione cittadina – volto idilliaco: abbandona la città che porta
la sfortuna – la sfortuna sta quando si sta con gli altri – Nicrotilo lo viene a trovare –
rapporto tra le persone è un tema centrale di Alberti – primo volto della natura
(comma venti): la natura è bellissima, ma non ci fa sfuggire i mali umani – sfogo di
Teogenio con riferimento al suo passato (di Alberti) e di crisi della città (Firenze) – la
materia di questo caso gli ispira i temi: la sua taciturnità disturbava i cittadini
19/05/2015
TOMMASO MORO – LA CITTÀ PERFETTA
Tommaso, riflettendo sulle modalità attraverso cui raggiungere la fondazione della
città perfetta, arriva a dichiarare la necessità dell'abolizione della proprietà privata.
Il testo dell'utopia di Tommaso Moro è un saggio narrativo, come era già consolidato
all'epoca grazie ed a causa delle nuove scoperte coloniali, portando molti scrittori a
narrare di incredibili viaggi. Tommaso Moro prende questa “moda” facendola sua, ma
portando sul piano critico-filosofico. Palesemente falso è il racconto di Moro con cui
riesce a dire delle cose che nella realtà non gli sarebbe possibile.
Il pensiero Occidentale si è fortemente preoccupato di definire in un approccio
filosofico la dimensione della città, in quanto questa rappresentava la grandezza
dell'essere umano e della sua capacità di cooperare. Lo studio delle città antiche
portano dei modelli critici con se. In contrario, Erasmo Da Rotterdam parlerà nel suo
della situazione decadente dell'uomo, dedicato allo stesso Moro,
Elogio della Follia
facendosi condannare anche per queste idee. Erasmo era amico di Moro, entrambi
condannati a morte, anche se Moro vive in Inghilterra e quindi si scontra con un potere
politico-religioso diverso.
Moro rappresenta un particolare tipo di pensatore impegnato politicamente. Delle
opere rimaste, l'unica opera strettamente filosofica è ed egli stesso si definì
Utopia
come uomo politico e fu appunto per questo suo ruolo che verrà condannato da Enrico
VIII. Tommaso Moro studia legge ed esercita come avvocato e verrà eletto a
Cancelliere d'Inghilterra, per scelta dello stesso Enrico VIII. Le sue ricerche filosofiche
sono svolte nel suo tempo libero, in quanto uomo particolarmente impegnato nella
politica ed anche nell'Utopia ci saranno molti elementi di realismo politico che danno
lucidità alle sue conoscenze machiavelliane. È il periodo in cui la chiesa d'Inghilterra
cerca una indipendenza dalla chiesa cattolica, a causa della decisione di Enrico VIII di
divorziare da sua moglie, la quale non gli aveva dato figli. In un primo momento il re
obbliga il clero di riconosce il lui il massimo potere polito e spirituale. Quando questo
succede Tommaso Moro, oltre a non voler riconoscere tale obbligo, si dimette dal suo
incarico di Cancelliere. Moro, come Esasmo, era contro la scissione Luterana, essendo
profondamente cristiano. Questa sua scelta viene vista come un tradimento politico e,
qualche anno dopo, il re obbliga i suoi sudditi, tra cui lo stesso Moro, a riconoscere in
lui il massimo potere. Moro per non staccarsi dal papato si rifiuta di riconoscere tale
potere al re e viene condannato a morte.
Molte critiche poste da Erasmo erano critiche politiche che non arrivavano però ad un
proposito politico, ma più semplicemente una critica umoristica. L'utopia con Moro non
si pone solo come una critica umoristica, ma come un viaggio verso un momento
migliore o come la chiameranno i commentatori “l'elogio della sapienza”. L'umorismo
di Tommaso Moro è presente, inserendosi e accompagnato il testo di Erasmo Da
Rotterdam. Negli stessi anni essi traducono gli stessi scritti e lavorano sui loro testi.
Il testo di Tommaso Moro si pone come un dialogo tra due personaggi ed è un testo
che a differenza dell'Elogio si sviluppa come un viaggio realmente accaduto,
alla Follia
reclamando così un diritto di autorità sulle cose che propone. L'isola è l'Inghilterra e
l'utopia saranno i diversi miglioramenti da porre. Il testo si divide in due libri: nel
primo, in cui i due personaggi si incontrano, si parla solo dell'Inghilterra; nel secondo si
parla il viaggio su l'isola di Utopia. Inizia