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FILOSOFI NON-IDEALISTI

Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche ebbero poco in comune tra di loro, se non il fatto di non aver preso parte alla filosofia dominante dei primi tre decenni del XIX secolo, ciascuno di loro produsse una personale filosofia, diversa da quella dell'idealismo; possiamo definirli non-idealisti.

Per mettere in chiaro la storia della filosofia dell'Ottocento, questi autori possono essere accomunati, perché ciascuno di loro diede un contributo originale e personale alla cultura del tempo.

SCHOPENHAUER

Egli nasce a Danzica nel 1788 e morì a Francoforte sul Meno nel 1860. Frequentò l'università di Gottinga e dopo qualche anno si laureò in filosofia presso l'università di Jena con una tesi "Sulla quadruplice radice del pensiero di ragione sufficiente" dove tratta tutto il suo sistema filosofico. Egli considera quattro classi del principio di ragione sufficiente: la prima corrisponde alle rappresentazioni 'intuitive',

‘complete’ ed ‘empiriche’ delle forme sensibili di spazio e di tempo; la seconda corrisponde alla differenza posta tra l’uomo (essere razionale) e l’animale (essere istintivo); la terza corrisponde alle forme a priori della sensibilità del senso esterno e del senso interno, ossia alla capacità dell’uomo di avere intuizioni in relazione alla posizione e alla successione delle cose; la quarta corrisponde all’oggetto immediato del senso interno, in quanto il soggetto conosce, agisce e opera nel mondo secondo la propria volontà. Nel 1819 portò a compimento la sua opera principale con il titolo Il mondo come volontà e rappresentazione. Successivamente si abilita alla libera docenza presso l’università di Berlino, e tenne i suoi corsi, senza però riscuotere successo. Tra le opere di Schopenhauer oltre Il mondo come volontà e rappresentazione dobbiamo ricordare La vista e i colori e I due

problemi fondamentali dell'etica. Purtroppo, le opere di Schopenhauer nell'immediatezza non ebbero successo, questo perché era il periodo della massima fioritura dell'idealismo. Infatti il 1819 è particolarmente significativo perché si colloca nell'era del dominio del pensiero hegeliano, ed è significativo il fatto che le idee di Schopenhauer hanno fatto breccia presso il pubblico, solo dopo la morte di Hegel.

Rappresentazione e volontà

Tra i pensatori di questo periodo si fa viva l'aspirazione alla concretezza, infatti, Schopenhauer insiste sul fatto che l'uomo è essenzialmente corpo, e la natura di tale corpo sta nella volontà, nei desideri, negli istinti, nelle passioni, cioè in tutto ciò che Freud avrebbe definito 'pulsioni'. La filosofia della volontà di Schopenhauer viene trattata nella sua opera principale: Il mondo come volontà e rappresentazione, suddivisa in

quattro libri, il primo e il terzo sono dedicati al 'mondo come rappresentazione' e il secondo e il quarto al 'mondo come volontà'. Concependo il mondo come una sua rappresentazione e come una sua volontà, Schopenhauer analizza dapprima il rapporto di conoscenza del mondo da parte del soggetto, ma soprattutto il rapporto particolare che si instaura tra il soggetto ed il mondo. Il soggetto conosce i vari fenomeni che gli appaiono nel mondo sul piano di spazio, tempo e causalità, ma ciò che egli vede e crede di conoscere non è la vera realtà; in quanto, secondo Schopenhauer, la vera realtà è coperta dal cosiddetto "velo di Maya". Maya è la potenza magica di cui si servono gli dèi per assumere aspetti illusori e che avvolge l'uomo come in un sogno che gli impedisce di conoscere la vera essenza delle cose. L'uomo non può dunque limitarsi alla conoscenza dei fenomeni checostituiscono la realtà delle apparenze, ma deve saper penetrare l'essenza delle cose mediante l'uso dell'intelletto, deve saper distinguere 'il sogno dalla realtà', deve sapersi liberare del velo di Maya, per giungere alla verità che si nasconde agli occhi dell'uomo comune. La filosofia nasce dallo stupore che il filosofo prova osservando il mondo e comprendendo che ogni uomo è trascinato dalla 'volontà di vivere' che gli permette di distrarsi dalla verità, dal dolore e dalla noia esistenziale. Processo di liberazione della volontà di vivere Nel corso della sua esistenza l'uomo è trascinato nel vortice dell'incessante divenire delle cose con l'obiettivo di proiettarsi verso il mondo delle idee e per riuscire in questo, deve acquisire la consapevolezza della propria condizione esistenziale e sottrarsi alla volontà di vivere, affermando la propria personalità e

Astraendosi dalla realtà mondana o suicidandosi, non per disperazione, ma come frutto di una profonda meditazione. Secondo Schopenhauer l'uomo può liberarsi dalla continua corrente del volere attraverso tre vie: la via estetica, la via etica, la noluntas. La vita è un continuo volere, perché l'uomo soddisfatto di un desiderio ne ha immediatamente un altro. Le prime due vie (estetica ed etica) determinano un effetto passeggero e non definitivo, invece, la terza via (quella del noluntas) è quella giusta, cioè, l'uomo deve smettere di volere attraverso la noluntas.

Con la via estetica il distacco dal mondo si realizza attraverso l'esperienza dell'arte. L'arte è considerata una possibilità di staccarsi dal mondo attraverso la contemplazione dell'opera d'arte. Se consideriamo l'uomo mentre contempla un'opera d'arte, comprendiamo che l'uomo può fuggire dalla

realtà in quanto rapito dal contenuto dell'opera stessa, ciò però ha un effetto limitato e non duraturo. Schopenhauer distingue le arti statiche dalle arti dinamiche, facendo una gerarchia all'interno delle une a seconda della capacità che hanno di coinvolgere lo spettatore per un periodo più o meno lungo. Le arti statiche sono: l'architettura, la pittura e la scultura. - Colpiscono lo spettatore per un periodo meno lungo, inoltre, esse sono legate alla materia di cui si serve l'artista per realizzare la propria opera d'arte. Le arti dinamiche sono: la poesia, la tragedia e la musica. - Riescono a catturare l'attenzione dello spettatore per un periodo più lungo. Esse possiedono una capacità 'catartica', cioè hanno la capacità di far vivere nella funzione l'esperienza del dolore. L'artista inteso come genio. Il genio è colui che riesce a mettere su tela le sue

impressioni attraverso l'opera d'arte, ad esempio, tutti quanti guardando un tramonto siamo colpiti, ma non tutti riusciamo a trasferire le nostre emozioni e sensazioni su tela. Quindi per Schopenhauer, così come aveva detto Kant nella Critica del giudizio, l'artista è un genio, ovvero, un uomo che possiede una tale genialità grazie alla quale sa realizzare un'opera d'arte, ma non sa insegnare ad altri il mestiere dell'artista. Schopenhauer in questa sua visione dell'arte, consolida una teoria di tipo romantico, quindi, per ciò che riguarda l'arte in generale, egli pur sottolineando l'importanza della figura dell'artista e la funzione dell'arte, sottolinea che la via estetica ha una durata limitata nel tempo, quindi non è una soluzione definitiva rispetto alla volontà di vivere. Finito l'effetto di un'opera d'arte sullo spettatore, questo si trova di nuovo immerso nel

Divenire della realtà. A questo punto la via estetica non è sufficiente a liberarsi dalla continua corrente del volere, perciò Schopenhauer analizza la via etica. Egli precisa che la via etica, nella forma dell'altruismo, ha un effetto più duraturo ma non definitivo. Immedesimandosi nel dolore o nel male degli altri, l'uomo dimentica il proprio stato di dolore. Pensiamo alla funzione di un missionario che assiste ai poveri, costui si staccherà dal mondo per un periodo più lungo di quanto possa accadere ad un uomo posto dinanzi ad un'opera d'arte. Ma anche questa via non rappresenta una soluzione definitiva alla volontà di vivere.

Nello schema della filosofia di Schopenhauer, la soluzione definitiva è data dal noluntas, cioè dell'ascetismo. Perché l'uomo attraverso l'ascesi si libera e si distacca da ogni impulso. Con l'ascesi intesa come la conclusione di qualsiasi istinto ed

impulso e come assoluta indifferenza verso le cose, l'uomo annienta la volontà di vivere rifugiandosi nella non volontà. La noluntas rappresenta la volontà consapevole di poter o di saper fare a meno di tutti gli impulsi cui l'uomo è soggetto nell'ambito del divenire della realtà. L'asceta è colui che riesce a liberarsi dei bisogni materiali, per sprigionare tutta la sua spiritualità, e per fare ciò, Schopenhauer ricorre ai suggerimenti che ci provengono dalla filosofia e dalla religione della cultura orientale, con particolare riferimento all'induismo e al buddismo. Bisogna smettere di desiderare per poter realizzare la spiritualità che proviene dagli insegnamenti dalla filosofia orientale.

KIERKEGAARD

Nasce a Copenaghen nel 1813 e muore nel 1855. Egli si fa sostenitore di un conservatorismo moderato, oppositore di un liberalismo che a suo avviso cresceva troppo velocemente. Prendendo spunto dalla

filosofia greca decide di occuparsi di Socrate, cosa che fa già nella sua tesi di laurea che era appunto incentrata sul concetto di ironia. Considerando Socrate un autore centrale nel contesto della cultura antica e moderna, si richiama e si confronta con esso sul concetto di 'ironia': secondo la tradizione antica ironia significa 'simulazione' e Socrate adotta questo metodo quando dialoga con i suoi interlocutori; simulando di non sapere, poneva continue domande al proprio interlocutore spingendolo ad indagare dentro se per ricercare la verità. Per Kierkegaard l'ironia è una 'negatività infinita e assoluta' perché il soggetto che fa ricorso all'ironia è sempre padrone di ciò che dice e negando la realtà con totale consapevolezza esprime la propria soggettività sempre in piena libertà. Così Socrate praticando la teoria della dotta ignoranza rappresentava il maestro chespingeva l'uomo alla continua ricerca della verità; altra missione dell'uomo è rappresentata per Kierkegaard dalla dottrina del Cristo, ossia la capacità dell'uomo di sacrificarsi in difesa.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
23 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fabiolabica di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Genna Caterina.