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• “MIRACOLO DEL CUORE DELL’AVARO”
• “MIRACOLO DEL NEONATO CHE PARLA”
• “MIRACOLO DEL FIGLIO PENTITO”
• “CRISTO MORTO” (CRISTO PASSO)
Su uno sfondo preziosamente cesellato con tondi ed altri motivi geometrici, due angeli
reggono una cortina, davanti alla quale sta il Cristo morto in piedi, secondo l'iconografia
medievale. La sua testa è piegata a sinistra, non raggiunge l'intensità patetica di altre
opere essendo improntata a un'espressione di maggior compostezza, dove spiccano
solo gli occhi incavati e la bocca leggermente dischiusa. Più rattristati appaiono i due
angeli, le cui ali invadono la cornice esterna. L'angelo di destra, con la bocca
spalancata, appare più colpito dal lutto, mentre quello di sinistra ha gesti più moderati
e sembra preso da un pianto silenzioso. L’utilizzo di panneggi sensibili alla struttura
corporea, quasi aderenti, conferiscono ai corpi una morbidezza plastica nuova; copiata
poi in pittura con l’effetto bagnato.
Sarà la forte carica innovativa dell’Altare del Santo di Donatello a diventare maggior fonte
d’ispirazione per i giovani artisti emergenti.
MASACCIO (1401-1428)
Considerato terzo padre del Rinascimento, la sua attività si circoscrive in un arco temporale
brevissimo (Masaccio muore giovane all’età di circa 27 anni). Giunge a Firenze giovanissimo e
stinge amicizia con Brunelleschi e Donatello, insieme ai quali condivide le idee rinascimentali.
La base dell’arte di Masaccio è costituita da una geniale rilettura di Giotto, condotta alla luce
di regole prospettiche, e dallo studio dalle opere di Donatello e Nanni di banco.
“TRITTICO DI SAN GIOVENALE” (1422)
Il trittico è composto da tre ante a sesto acuto con fondo oro. Quello centrale, di dimensioni
maggiori, è decorato da una Maestà, col Bambino in trono, con due angeli inginocchiati ai suoi
piedi, mentre negli scomparti laterali si trovano due santi ciascuno: a sinistra Bartolomeo e
Biagio, a destra Giovenale e Antonio Abate. Masaccio applica la prospettiva visibile dalle linee
convergenti del trono, dello zoccolo e delle linee del pavimento, unificando prospetticamente
le tre ante. Le direzioni delle figure sono parte integrante della prospettiva, i personaggi sono
plastici, tridimensionali e chiaroscurati, resi volumetricamente dalla caduta della luce, che
spiove dall’alto. L’elemento più realistico è Gesù bambino con la sua mano in bocca e un
corpo cicciottelo, ispirato ad una statua antica. Il tutto è meditato per restituire
tridimensionalità.
“SANT’ANNA METTERZA” (1424)
Si tratta della prima opera che vede collaborare Masaccio al più anziano Masolino da
Panicale, artista di formazione gotica internazionale anche se aperto alle novità
rinascimentali. Nella pala di grandi dimensioni a sesto acuto, viene rappresentata la maestà,
ad opera di Masaccio, e Sant’Anna, di Masolino. I personaggi sono disposti in una massiccia
forma piramidale, in ordine di età. La plasticità delle figure della Madonna e del Bambino sono
un vero spartiacque tra l'esperienza gotica anteriore e i futuri sviluppi del Rinascimento, dove
Masaccio riesce a creare delle figure modellate da un forte chiaroscuro che emergono dal
dipinto come se fossero dei rilievi scolpiti. Sant'Anna è invece legata ancora a un linguaggio
più medievale, con una luce diffusa più convenzionale e con un panneggio che cura
soprattutto la linea delle pieghe, annullando il volume. La sua veste rossa, più che evidenziare
le forme di un corpo, si appiattisce diventando un semplice sfondo alla Madonna. La luce in
Masaccio è molto reale, tanto da arrivare ad oscurare in gran parte il volto del bambino,
rappresentato plastico e volumetrico, esemplato da una statua antica.
POLITTICO DEL CARMINE DI PISA (1426)
Il Polittico di Pisa è un'opera di Masaccio, dipinta per la chiesa del Carmine di Pisa ed oggi
smembrata in più musei e parzialmente dispersa. Il polittico aveva un impianto ancora
medievale, diviso forse in scomparti su più ordini e figure su fondo oro, con i personaggi
modellati da un forte chiaroscuro, ottenuto tramite vibranti campiture di colore e
lumeggiature. Vi si può sicuramente leggere un'influenza di Donatello e delle sue sculture
nella maestosa monumentalità di alcune figure, come la stessa Madonna o i santi nelle
cuspidi. Domina la ricerca di plasticismo definita più dall'illuminazione che dal contorno. Tutti i
pannelli rispondevano ad un unico punto di fuga in modo che la composizione risultasse
unitaria, per questo si spiegano le figure rialzate della predella e le figure incassate della
cuspide.
• “MADONNA IN TRONO COL BAMBINO”
La Madonna in trono scorciata di tre quarti, tiene in braccio il Bambino, reggendolo con
la mano sinistra, mentre con la destra gli porge un grappolo d'uva, simbolo della
passione di Cristo. Il Bambino, con una manina tocca il frutto e con l'altra porta gli acini
alla bocca, succhiandosi anche le dita. La sua aureola è disegnata in prospettiva. La
Madonna indossa un magnifico mantello azzurro molto naturale. composto da pieghe
realistiche, che modellano il volume delle gambe e del busto. Il maestoso trono è ricco
di dettagli architettonici, come le colonnine in pietra e le cornici "all'antica": la sua
struttura così pienamente rinascimentale. Attorno a esso si dispongono quattro angeli:
due oranti ai lati, e due musicanti in basso, seduti davanti all'alto zoccolo del trono
decorato con strigilatura. L'illuminazione definisce la forma plastica delle figure, il
bambino illuminato mentre il volto della Madonna è in ombra.
• “CROCIFISSIONE”
La cimasa del polittico vede rappresenta la crocifissione di Gesù, dove sono presenti
anche 3 personaggi dolenti: San Giovanni, la Maddalena e la Vergine. Il Cristo
(esemplato da una statuaria classica con corporatura tridimensionale) sembra che
abbia la testa incassata alle spalle ma essendo nel polittico collocato in alto,
presuppone un osservatore in basso; la visione complessiva obbedisce quindi alla
visione dal basso. Il riferimento corre al Crocefisso ligneo di Donatello. Lo sfondo è oro e
sopra alla croce è presente un nido di pellicano (che per nutrire i suoi piccoli si toglie il
cuore) che allude al sacrificio di Gesù. Questa tavoletta di Masaccio ha grande forza
espressiva che segna il culmine del pathos.
• “L’ADORAZIONE DEI MAGI”
La piccola tavoletta in legno era adibita a predella del Polittico, simile a un fregio. A
sinistra si vede la capanna, dove il bue e l'asinello stanno di spalle, accanto a una
cavalcatura per il dorso dell'asino. Subito dopo viene rappresentata la Sacra Famiglia,
con le aureole scorciate in prospettiva. Maria è seduta in un seggio dorato e tiene in
braccio il Bambino che benedice il primo dei Magi. A destra stanno infine i cavalli e i
servitori. Lo stile è a tratti morbido e sfumato, come nello sfondo, a tratti forte e
incisivo, come nei mantelli dei due committenti, ritratti in abiti contemporanei. In ogni
caso la luce e la ricca cromia unificano tutta la rappresentazione.
E’ infatti grazie allo straordinario uso che Masaccio fa della luce, che la ricostruzione delle
singole parti del polittico è resa possibile; la luce infatti è proveniente nelle singole scene
dalla stessa fonte (si presupponeva la vicinanza ad una finestra reale) dalla sinistra.
CAPPELLA BRANCACCI
La decorazione della Cappella voluta nella Chiesa fiorentina del Carmine da Pietro Brancacci,
fu commissionata a Masaccio e Masolino nel 1424 da Felice Brancacci. I due dovettero
mettersi al lavoro molto presto, tra il 1426 e 1427, e quando Masolino lasciò Firenze per
recarsi a lavorare in Ungheria, fu Masaccio a portare avanti da solo l’impresa. La morte di
Masaccio, nel 1428 a Roma, e l’esilio dei Brancacci, fecero si che la cappella rimanesse
incompiuta fino al 1481, quando Filippo Lippi completò le storie del registro inferiore delle
pareti laterali.
Alle trasformazione della cappella, si aggiunse nel 1781 la disgrazia di un incendio, che annerì
la cromia degli affreschi, riportati alle squillanti tinte solo in seguito all’ultimo restauro
effettuato.
Le storie di San Pietro, sono inquadrate sulle tre pareti della cappella, inquadrate da una finta
architettura di paraste corinzie: la loro organizzazione prospettica è concepita con un unico
punto di vista, per uno spettatore fermo nel centro della cappella; si supera l’idea
frammentaria delle scene separate, unificando più episodi nello stesso riquadro. Pur
collaborando assieme agli stessi affreschi, le differenze dei due maestri emergono
chiaramente.
Significativo i questa senso è il confronto tra “ADAMO ED EVA NELL’EDEN” di Masolino, e “LA
CACCIATA DI ADAMO ED EVA DALL’EDEN” di Masaccio. Le eleganti figure dipinte da Masolino,
morbidamente modellate e rischiarate da una luce irreali, occupano uno spazio astratto; i loro
gesti e volti non trasmettono alcuna profondità psicologica, dando nell’insieme un senso di
pacatezza. Collocati nella parete di fronte, i progenitori di Masaccio al contrario poggiano i
piedi saldamente al terreno, plasticamente resi mediante una luce livida, che suggerisce la
tridimensionalità scultorea, che proietta le lunghe ombre nel terreno. Pur con gesti contenuti
di disperazione e di vergogna, Adamo ed Eva esprimono un dolore profondamente umano.
REGISTRO SUPERIORE (da sinistra a destra)
• “LA CACCIATA DI ADAMO ED EVA DAL PARADISO TERRESTRE” (Masaccio)
• “IL TRIBUTO” (Masaccio)
L'opera è divisa in una sequenza cronistorica in tre scene, che si rifanno ad un episodio
del Vangelo di Matteo. Masaccio concentra nello stesso dipinto tre momenti
temporalmente diversi. Nella prima scena al centro viene collocato Gesù, essendo la
figura più importante (il cui volto presumibilmente è stato dipinto da Masolino per un
condotta più morbida e stondata), circondato dai discepoli, San Pietro e il gabelliere
mentre richiede il tributo. Questa scena viene rappresentata con grande intensità e
realismo dato soprattutto dai volti dei discepoli che sono molto espressivi. A sinistra è
raffigurato nel fondo, San Pietro vicino al lago di Tiberiade, intento alla pesca
prodigiosa. Nell'ultima scena a destra in primo piano, viene rappresentato San Pietro
mentre consegna il tributo al gabelliere. In quest' opera le figure sono plastiche e
volumetriche con un panneggio realistico, reso mediante l'utilizzo del chiaroscuro. Le
ombre dei personaggi sono proiettate a sinistra nella stessa direzione,