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PIERO DELLA FRANCESCA
Nasce forse nel 1411.
Piero della Francesca, come ci dice Vasari, viene ricordato come trattatista, prima ancora che come artista.
Scrive un trattato d'Abaco in volgare, il Libellus de quinque corporibus regularibus sui poliedri o corpi
regolari in latino, e uno sulla prospettiva, il De prospectiva pingendi.
Nessuno prima di Piero aveva disegnato poliedri regolari e semiregolari nè studiato le relazioni che
intercorrono tra i cinque regolari.
Dopo di lui molti artisti cominciarono a rappresentarli:
nel Ritratto di Fra Luca Pacioli di Jacopo de' Barbari c'è un dodecaedro di legno appoggiato su un
– libro e destra, mentre a sinistra, sospeso in alto, c'è un rombicubottaedro sulle cui facce appare
riflesso il Palazzo Ducale di Urbino.
In uno degli intarsi di Fra Giovanni da Verona in Santa Maria in Organo c'è un solito a settantadue
– facce, un icosaedro e un icosaedro tronco.
Leonardo da Vinci disegnò in prospettiva altri poliedri
– in Melanconìa di Albrecht Durer è presente un romboide tronco
–
Per Piero della Francesca la prospettiva, la geometria e la matematica sono speculazioni astratte.
Il disegno di Piero è caratterizzato dal tocco leggerissimo e sepiente e dall'esrema sottigliezza del segno
operata per mezzo di una penna molto appuntita.
Il nome di Piero della Francesca compare per la prima volta in un documento fiorentino del 1439 relativo a
Domenico Veneziano. Dunque in quell'anno Piero fu a Firenze e conobbe le opere di Masaccio e di Paolo
Uccello.
Fu poi a Ferrara, nel 1451 a Rimini e l'anno successivo ad Arezzo.
Nel 1459 fu a Roma e dal 1440 entrò in contatto con la corte urbinate.
Morì a Borgo Sansepolcro nel 1492.
BATTESIMO DI CRISTO
La figura di Cristo, immobile, occupa il centro della tavola, a destra San Giovanni Battista compie il suo
geto e a sinistra tre angeli assistono alla scena.
Essa avviene in realtà fra le acque del Giordano ma qui viene rappresentato il Tevere e una cittadina turrita:
San Sepolcro.
La solidità del corpo di Cristo è ripetuta dall'albero alla sua destra la cui chioma determina una specie di
cupola che copire Gesù da cui si libera lo Spirito Santo rappresentato dalla colomba.
Il cielo è solcato da nuvole bianche e il paesaggio è nitido. Solo la lunga strada, le curve del fiume, gli alberi
conici e i tronchi d'albero tagliati che proiettano le loro ombre sul prato danno un senso di profondità dello
spazio prospettico e della lontananza dei colli.
Sui corpi levigati si spande una luce omogenea che definisce un'atmosfera sospesa e irreale.
La tavola venne eseguita su commissione dei monaci camaldolesi di San Sepolcro per onorare l'umanista
Ambrogio Traversari che aveva tutelato i loro interessi contro le pretese del vescovo della Città di Castello,
che aveva combattuto per la conciliazione delle Chiese cristiane d'Oriente e d'Occidente e che durante il
Concilio del 1439 aveva fatto in modo che prevalesse la tesi della Chiesa romana contro quella della Chiesa
di Costantinopoli relativamente alla dottrina della Trinità.
La scelta del soggetto implica la rappresentazione della Trinità ma nella composizione non compare Dio
Padre, che è solo una potente voce dai cieli (Matteo).
La forma della tavola e lo schema compositivo alludono alla Trinità. La tavola infatti ha una porzione
inferiore rettangolare e una superiore semicircolare.
Il lato superiore del rettangolo, passante per le ali della colomba, è la base di un triangolo equilatero che ha il
suo vertice nel piede destro di Cristo e il suo centro nelle sue mani giunte.
Alla Trinità alludono i tre angeli con i colori degli abiti come quelli dell'Ordine dei Trinitari.
Al Concilio dei Greci alludono i sacerdoti bizantini che si scorgono dietro il neofita .
I due angeli (di destra e del centro) che si tengono per mano e l'angelo (vestito di tutti e tre i colori) che
evoca con la mano un gesto di concordia si riferiscono all'unità della Chiesa greca e latina.
L'angelo con la corona d'alloro sul corpo simboleggia Cristo che vince sulla morte, quello vestito di bianco
lo Spirito Santo e quello con tutti e tre i colori Dio.
Gli angeli si stringono la mano anche perchè a Firenze e Ferrara si erano metaforicamente strette la mano la
Chiesa orientale ed occidentale. È un'unione sancita da Cristo.
STORIE DELLA CROCE
Nel 1452 Piero è incaricato dalla famiglia Bacci di continuare gli affreschi riguardanti le Storie della Croce
iniziate da Bicci di Lorenzo nel coro della Chiesa di San Francesco ad Arezzo.
Gli affreschi vennero interrotti tra il 1458 e il 1459 e conclusi nel 1466.
Le rappresentazioni derivano dai Vangeli apocrifi e dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine.
Piero compone 10 scene distribuendole in 8 riquadri e 2 lunette e ad ess evengono aggiunte due figure di
profeti.
Alle scene l'artista lavorò con degli aiuti facendo uso di cartoni i cui disegni furono seguiti meticolosamente
nel corso dell'esecuzione.
Il ciclo si colloca nel clima della conquista turca di Costantinopoli e del timore di una possibile avanzata del
sultano Maometto II in Europa. Esso è sostenuto dalle continue allusioni alla necessità di una crociata per
riconquistare i luoghi sacri.
Scene:
La morte di Adamo
In questa lunetta assistiamo a tre momenti della narrazione: due in primo piano e uno in secondo piano.
Adamo morente invia il figlio Seth dall'Arcangelo Michele; Seth colloca il ramocello datogli dall'Arcangelo
nella bocca del padre; Seth colloquia con l'Arcangelo alle porte del Paradiso Terrestre.
Nel gruppo a destra Eva, con le spalle curve per gli anni, sorregge la testa di Adamo che narra della
promessa fattagli dall'Arcangelo Michele mentre Seth, canuto e coperto parzialmente da un panno bianco,
ascolta il padre con il volto serio.
Un agiovane donna, e un giovane ritratto da tergo in totale nudità assistono alla scena.
Secondo recenti suggestioni la posizione del giovane con le gambe incrociate e appoggiaot su un bastone
potrebbe suggerire la classica raffigurazione della Morte. Sarebbe quindi una figura simbolica della
condanna del genere umano dopo il peccato di Adamo ed Eva.
Qui Piero sembra riassumere le sue conoscenze geometriche e lo studio sui modelli classici che stava
compiendo.
Sogno di Costantino
Questo affresco è stato interpretato come il primo notturno della pittura italiana. Un restauro conclusosi nel
2001 ha svelato che non si tratta del buio della notte che viene interrotto dalla luce dell'angelo, ma dell'alba,
in cui si vedono ancora alcune stelle in cielo.
Un angelo in volo con una piccola croce luminosa porta a Costantino il sogno con la rivelazione che avrebbe
vinto la battaglia contro Massenzio se avesse apposto sugli scudi dei soldati la croce di Cristo.
La luce emanata dall'angelo rende luminosissima la sua ala destra e illumina la tenda dove dorme
l'imperatore vegliato da un servitore.
Due armati proteggono il sonno di Costantino: quello di spalle ha un'armatura riflettente, nel secondo
possiamo notare numerosi gioci di luce e ombre.
Nei piani arretrati notiamo altre tente che presuppongono la presenza di un grande accampamento.
La luce sovrannaturale dell'angelo richiama in vita i colori ed è frutto di un'elaborazione mentale di Piero
che ha una forte capacità di astrazione e che riesce a rendere vero ciò che, pur non esistendo in realtà, può
essere pensato.
La sconfitta e la decapitazione di Cosroe
Rappresenta un avvenimento realmente avvenuto nel 628. un gran numero di fanti e cavalieri , coperti da
corazze di ferro, cerca di difendersi con gli scudi. Le lance soezzate e scheggiate volano in aria e i capi
mozzati si mescolano ai corpi dei caduti e a quelli dei feriti.
A destra Cosroe, vinto e inginocchiato, è circondato dall'imperatore Eraclio con il bastone del comando e dai
suoi dignitari. Egli sta per ricevere il colpo che gli troncherà la testa, è coperto da un manto azzurro dai toni
accesi ed è collocato ai piedi del suo trono posto su una pedana sopraelevata e coperta da una leggera
struttura a botte, un elemento prospettico che contribuisce alla strutturazione spaziale del dipinto.
Piero è riuscito a fondere il silenzio attonito delle pose dei belligeranti e le grida della battaglia, il
congelamento dei gesti nell'azione e il movimento frenetico e la perfezione della resa prospettica.
Flagellazione
In questa tavoletta sono presenti due scene distinte ma tra loro connesse.
In una srada con edifici antichi ci sono tre uomini che parlano , mentre inuno spazio misurato, con classiche
archtietture, il Cristo è legato a una colonna e flagellato.
La tavoletta, malgrado le piccole dimensioni, mostra grandi spazi grazie alla prospettiva. C'è un unico punto
di fuga sul quadro prospettico mostrato dalle fasce bianche, la pavimentazione, gli architravi, le linee di
gronda degli edifici.
Le persone sono immobili ed è presente una specie di vitalità sospesa. I fustigatori sono irrigiditi con le
braccia levate per colpire Cristo.
Pilato, seduto, guarda fisso di fronte a sè come se fosse una divinità arcaica.
Il colloquio dei personaggi a destra sembra congelato. La presenza della scena evangelica suggerisce che i
protagonisti della tavoletta siano i due uomini a destra e il giovinetto che è tra loro.
Essi sono il cardinale Bessarione, Buonconte da Montefeltro e Giovanni Bacci.
L'argomento della discussione è l'imperatore Giovanni VIII, identificato con Ponzio Pilato, che aveva fatto
staccare la Chiesa greca da quella latina ed era ritenuto responsabile delle sofferenze inflitte dai Turchi ai
cristiani d'Oriente. Piero lo rappresenta infatti come Pilato che assiste impassibile alla flagellazioen di Cristo.
La tavoletta è stata inviata da Bacci a Federico da Montefeltro per convincerlo ad appoggiare la crociata
propugnata da papa Pio II Piccolomini nel 1459 per liberare Costantinopoli dai Turchi.
Il giovane Buonconte da Montefeltro è il ragazzo al centro ed è pallido perchè egli morì molto giovane di
peste. Le sue sofferenze vengono paragonate a quelle del Cristo flagellato e quindi a qulle dei Cristiani
orientali, mentre il dolore di Federico è assimilato a quello della Chiesa.
Tramite Buonconte si cerca di convincere Federico della crociata a cui non è favrevole.
POLITTICO DI SANT'ANTONIO
Viene concluso nel 1468 e si compone di una porzione mediana coronata da cinque archeggiature gotiche e
di una cimasa cuspidata conformata e spezzata.
Le strutture lignee della parte mediana e della cimasa sono state eseguite nello stesso periodo e non, come
dicevano alcuni, in due momenti distinti della sua carriera. Quindi Piero si deve essere conformato alle
richieste delle