Analisi dei quadri e stili pittorici del Rinascimento e Barocco
La complessità delle opere
Notiamo la complessità non solo di contenuti, ma soprattutto nella composizione. È molto affollata, è anche abbastanza lussuriosa ed erotica. È un quadro da camera. Anche tutti i gesti sono incatenati. Rappresentano il mondo della corte ed il gusto dei cortigiani.
Opere di Taddeo Zuccari e Caravaggio
Anche altrove oltre Firenze, vediamo Taddeo Zuccari in un quadro conservato nella galleria Doris Pamphii, che rappresenta la conversione di San Paolo, e si trova nella chiesa di San Marcello al Corso, a Roma. È una pala d’altare. Taddeo raffigura la sua conversione come una scena molto affollata. Paolo è raffigurato insieme ad altri personaggi. Si ha anche dio che lo sta illuminando, incorniciato da questo color oro. Questi cerchi concentrici però non hanno colore dorato uniforme, ci sono tante testine di cherubini che danno quasi l’impressione di un turbino, che deriva anche dal modo in cui il mantello si attorciglia intorno a Cristo, il quale si sta sporgendo verso San Paolo. Anche Cristo non è solo, è accompagnato da santi e sante. In primissimo piano vediamo una figura molto michelangiolesca per la sua fisicità, che a testa bassa sembra uscire dal dipinto, e dal lato opposto si ha un personaggio che compie lo stesso gesto. Spinge l’osservatore a osservare tutti questi movimenti, è un quadro centrifugo.
Zuccari deve essere messo a paragone con un’opera del '600, ovvero la conversione di San Paolo nella chiesa del popolo a Roma, dipinta da Caravaggio. È un’opera molto più essenziale rispetto a quella analizzata precedentemente. Ci spostiamo verso un’accentuata economia del '600. Nel primo '600, si capisce che uno dei problemi della pittura della metà del '500, era la complessità delle immagini e delle opere, spesso comprensibili solo ai conoscitori di arte ed a chi conosceva le fonti. Nell’opera di Caravaggio, vediamo il santo e una persona che si presume sia di passaggio ed il cavallo. Lo spettatore deve capire da solo che tutta quella luce, è una luce divina.
Artisti e opere del Rinascimento
Vasari era un’altra artista che preferiva scene estremamente affollate. Nelle due versioni della lapidazione di Santo Stefano (una a Pisa e l’altra a Genova), vediamo che queste scene possono essere paragonate quasi a bassorilievi. Inoltre abbiamo anche un contesto architettonico della Roma antica.
Vediamo l’opera di Orazio Samachini, con ‘la madonna in gloria coronata dalla trinità con i santi’. Si trova alla pinacoteca di Bologna, datata al 1570. La pittura è fatta di citazioni più o meno esplicite di prove di abilità del pittore, il quale va alla ricerca della complessità formale e concettuale per mostrare la propria abilità.
Vediamo invece l’opera di Sabbatini e Calvert, collocata a Bologna, nella quale vediamo San Michele l’arcangelo che calpesta il demone. Il modo in cui i due artisti operano, si distacca da tutte queste cose toscane viste prima, si va già nel senso di una pittura semplificata, in quanto rimuove molti personaggi, e quelli presenti sono ben riconoscibili. Mentre la luce dei dipinti toscani manieristi, è una luce quasi irrealistica e molto diffusa, qui abbiamo una fonte luminosa ben identificata, è una sorta di finestra in alto a sinistra, che colpisce la vergine in questo dipinto. Questo è un dipinto di collaborazione, tra l’italiano Sabbatini e il francese Calvert. Si inizia a vedere qualcosa di molto diverso a Bologna, si ha una sorta di ritorno ad una pittura che Leonardo aveva portato a Milano (si fa riferimento in particolare modo allo sfondo scuro ed alla luce localizzata).
Opera di Passarotti e influenze artistiche
Adesso passiamo ad osservare l’opera di Passarotti, ‘la madonna del silenzio’. È un olio su rame, ed è conservata in Brasile. È un’opera di devozione privata di dimensioni ridotte rispetto ad una pala d’altare. Quest’opera riprende uno stile compositivo indietro nel tempo, basandosi sulle opere di fine '400/inizio '500. Ciò si capisce dall’ambientazione, con questa finestra che si apre sullo sfondo (rimando alle madonne con bambino del Leonardo milanese).
I primi a ripensare ad una pittura nuova, sono gli emiliani. Questi artisti capiscono che per rompere il ciclo del manierismo, è fondamentale ripensare alla pittura di fine '400/inizio '500. Leonardo aveva lasciato un segno importante a Milano.
Nel 1607 circa, Battista Agucchi, un critico bolognese molto importante, compose un manoscritto, in cui distingue le scuole pittoriche italiane. Agucchi distingue la scuola romana, dove dice che ha seguito la scultura ed ha selezionato un ideale di bellezza derivato dalla pittura classica. Parla poi di una scuola di pittori veneti e di Treviso, dove dice che Tiziano è il maggior maestro. Loro invece, hanno preso come modello di riferimento la natura. Parla anche di Correggio, lombardo che ha imitato ancora di più la natura rispetto ai veneti, in maniera più semplice ed anche più nobile (si può trovare la nobiltà anche nelle cose più semplici). Agucchi poi parla anche della scuola toscana, la quale non categorizza, in quanto lavorano in modo molto diverso rispetto alle altre scuole citate precedentemente.
Nel 1648, Carlo Ridolfi, narra un episodio della vita di Tiziano molto sintomatico. Ci dice che Tiziano, parlando con un gruppo di amministratori che dovevano andare a Bergamo, gli raccomanda di farsi fare ritratti da Moroni, per avere ritratti dal naturale e veritiero.
Ritratti di Moroni e Lorenzo Lotto
- Il ritratto della Badessa: Ritratto che nota una perfetta conoscenza della tradizione veneta. Abbiamo un’inscrizione che ci permette di conoscere chi è stata ritratta. È una tabula ansata, ma dagli angoli si comporta come se fosse una pergamena. Tiziano raccomandava di rivolgersi a Moroni, poiché è un ritratto che rappresenta la Badessa così com’è, senza intervenire con abbellimenti, è come se la fotografasse. Siamo di fronte a una donna invecchiata. Il realismo si ha nelle increspature, rughe, ma anche nella semplicità in cui la rappresenta. Per questo Tiziano definisce Moroni come il maestro del ritratto naturale.
- Il ritratto del sarto: In questo caso, a differenza di prima, il realismo del ritratto è noto soprattutto nell’abito, in quanto in questo caso il ritratto è una sorta di pubblicità, per esaltare le doti del sarto e convincere le persone a rivolgersi a lui.
Agucchi, parla anche di Bergamo, dove si era ritirato Lorenzo Lotto, un altro ritrattista, che aveva un’attenzione alla realtà eccezionale. Noi però, guardiamo un quadro che rappresenta la trinità, del 1523. Questo dipinto, ha una particolarità, rappresentata dal paesaggio. Da un’incredibile attenzione alla natura, che descrive con grande cura.
Sempre di Lotto, vediamo una pala d’altare con San Nicola, Giovanni Battista e Santa Lucia. In questa pala, vediamo che combina la natura con la natura religiosa. Si ha un lago, il quale viene curato con un’incredibile attenzione. Sono temi insoliti rispetto all’epoca.
Sempre in Lombardia, vediamo l’ultima cena del 1535 di Girolamo Romanino. Sia Lotto che Romanino, continuano a guardare a Leonardo e alla sua esperienza con la natura. Queste sono le basi della pittura lombarda, che poi vedremo capiterà anche a Bologna.
La Scuola di Brescia
Il 28/09/2021 si apre il capitolo dei bresciani con Girolamo Romanino. La scuola lombarda non è unica, si sviluppa per centri. Le quali non sono sedi di corti, in quanto è una pittura che prende piede in zone ricche, ma non caratterizzate da una cultura cortigiana.
Nell’ultima cena di Romanino (la quale si dice che fu anche vista da Caravaggio), si osserva non solo le passioni che diventeranno un aspetto importante della scuola lombarda, ma si ha una grande attenzione anche per la natura morta (pane, vino, bicchieri...). Attenzione ai personaggi e per il dato naturalistico per gli oggetti. Il nord conosce particolarmente bene questa attenzione per il realismo.
Vediamo Moretto da Brescia, con due opere che mostrano la trasformazione di Moretto (entrambe sono cene a casa di Farseo). Questa subito a sinistra, è la versione del 1544. Vediamo che ha tutta una serie di richiami veneziani, con colori chiari. Questa invece è la versione del 1550. Dipinge lo stesso soggetto ma in maniera diversa. Si ha una differenza di formato, è una drammatica differenza di atmosfera, causata da un diverso tipo di illuminazione. (Di questo concetto ce ne parlerà lo scrittore Mancini). Al centro del semicerchio della parete superiore della pala, vediamo una luce esterna che taglia in maniera diagonale. Non solo quindi c’è un sistema di illuminazione che cambia nel corso di 10 anni, ma anche la composizione cambia.
In quella del 1544, i personaggi si distribuiscono intorno al tavolo non in maniera perfettamente speculare, anche se nell’insieme, si ha un’idea di dipinto equilibrato. Quello del 1550 invece, il tavolo è collocato in una posizione insolita, non è al centro, ma i un secondo piano. Vediamo la Maddalena inginocchiata, con abiti lussuosi. La disposizione dei personaggi attorno al tavolo è diversa da quella del 1544, sono costruiti attorno a diagonali. Tutta l’impostazione luministica, compositiva, e la gamma cromatica (che si scurisce) cambia dal 1544 al 1550. Comunque, bisogna sottolineare il fatto che entrambe le opere sono armoniche.
Opere di Moretto
Tornando a parlare di Moretto, tra il 1540-1542, aveva dipinto una ‘conversione di Saulo’. Il cavallo, in una posa dinamica, si impenna spaventato da questo lume, una sorta di lampo che proviene dal cielo, e guarda verso Paolo. Nel 1550, crea l’opera ‘la Natività’, dove ritorna al modo luministico e molto veneto di trattare il paesaggio. Nella parte degli oggetti, c’è questa attenzione naturalistica. È una natività ‘sui generis’, non abbiamo una semplice adorazione del bambino, ma piuttosto ci sono santi attorno, che non sono contemporanei alla nascita di Cristo. Inoltre Cristo non si trova in una mangiatoia, ma viene lavato, si presuppone dalla Vergine e dalla Sant’Anna (madre del...)
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