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Washington ( National Gallery ) e vede il pellegrinaggio alla tomba di san
Nicola.
Il polittico nasce per questa chiesa che si colloca sotto san Miniato al monte in
una zona che è serrata da una parte dalla torre di san Miniato e l’altra il portale
di san Giorgio. Viene commissionata dalla famiglia dei Quaratesi che era nel
corso del 300 e 400 una facoltosa famiglia di mercanti originari di Quarate, colli
sopra Firenze. Avevano scelto come luogo di residenza proprio questa zona
dell’Oltr’Arno. La chiesa fino al primo decennio del 400 era molto piccola e
sacrificata, dal secondo decennio le cose cambiano perché passa
all’arcivescovato di Firenze diventano una parrocchia e si rendono necessarie le
trasformazioni ( chiesa ad aula unica dotata ad oriente di tre cappelle ). Si
chiedono più volte aiuto finanziario ai parrocchiani per portare avanti i lavori e
ripagando con la concessione di giuspatronati ( delle cappelle che si stanno
costruendo o spazi minori per sepoltura ). Una di queste cappelle viene
concessa nel 1418 a Bernardo di castello Quaratesi, non sappiamo tanto di lui
anche se possediamo diverse copie del suo testamento, ma non sappiamo
della personalità. Sappiamo che doveva avere un ruolo piuttosto importante
quando a Firenze c’era Martino V papa, amministra la carica di confaloniere di
giustizia ( 1419 ). Relativamente al suo rapporto con la chiesa: atto di
concessione della cappella di destra alla maggiore e ricorda che avrebbe
dovuto portare a termine l’edificazione della cappella una volta completata
l’opera di muratura avrebbe dovuto ornarla con suppellettili, stemmi di
famiglia, i paramenti per la celebrazione della messa, una rendita ( per pagare
il cappellano che celebrava ). Doveva poi essere realizzata una tavola con
predella, una finestra con una vetrata e due sepolture, una maschile sopra su
sostegni e una femminile terranea ( lastra pavimentale ). Ad amministrare il
tutto doveva essere il figlio naturale, un certo Paolo. Abbiamo anche i codicilli,
cose che si aggiungevano al testamento, serie di notizie. Nel 1421 per le
concessioni generose il prevosto della chiesa decide di dare a lui la cappella
maggiore. Si qualifica come innovatore, restauratore e benefattore. Sceglierà la
sepoltura terranea e chiederà nei codicilli del 1422 di fa dotare entro tre anni
l’altare maggiore della chiesa ( la sua cappella
funebre ) di una pala d’altare nella quale ci sia anche san Bernardo ( omonimo
santo ). Nel 1423 prima di morire aggiunge un codicillo che gli serve a
diseredare questo figlio naturale per altri esecutori testamentari. Con questo
codicillo finisce la storia documentata del polittico. È stato infatti fatto in tre
anni, anno di datazione 1425.
La descrizione più interessante è di Vasari: ‘ alla porta per la famiglia dei
Quaratesi fece la tavola che di quante cose ho visto di mano di costui a me
senza dubbio pare la migliore ( vede l’evoluzione ) perché oltre alla nostra
donna e molti santi tutti ben fatti, la predella di storie della vita di san Niccolò
non può essere più bella né meglio fatta di quella che l’è ‘.
Non si parla prima di questo polittico e poi altra problematica è la presenza
anche un altro dipinto in questa chiesa, è un polittico con una forma molto
particolare, privo di predella, documentato in questa chiesa solo dalla metà
dell’800. Scena dell’intercessione, chiarito nel corso dell’ultima mostra e ultimi
lavori del 2006. L’altro problema è che quest’opera è stata restaurata
dall’opificio delle pietre dure di Firenze, prima era un’opera totalmente
illeggibile a causa di un incendio che rovinò moltissimo l’opera. Si è potuto
rimettere mano ad un tentativo di rilettura e attribuzione. Centralmente sul
globo terracqueo poggiano i piedi Maria e Gesù, al di sopra è Dio padre con la
colomba dello Spirito Santo. Mostrano le piaghe delle stimmate e il seno che ha
allattato Cristo e intercedono i fedeli nei confronti di Dio. L’idea della doppia
intercessione è una credenza molto diffusa nel Medioevo per un testo attribuito
a san Bernardo di Chiaravalle che è lo speculum humane salvationis ( invocare
Cristo e Maria ). È un tema funerario che ha a che fare con il giudizio
universale.
San Ludovico di Tolosa con il manto con i gigli di Francia perché figlio destinato
a succedergli al trono di Napoli, poi si collega più facilmente alla tematica
funebre è la resurrezione di Lazzaro.
Santi Cosma e Damiano , santi medici e san Giuliano Ospitaliere che ha a che
vedere con le istituzioni assistenziali dove venivano somministrate delle cure.
Ci sono delle animule sotto, figurine in bianco, leggerissime, anime dei defunti
schizzate sul polittico. Sono in una sorta di quinta teatrale con una strada di
Firenze. Poi san Bernardo per l’ipotetico testo.
Non abbiamo la certezza che sia di questa chiesa, ma la Bernacchioni avanza
l’ipotesi che venga da una cappella della chiesa, alla sinistra della maggiore
che era dedicata a san Ludovico da Tolosa.
Non si capisce perché Vasari non lo guardi, o non c’era o era estasiato dall’altro
più grande.
Concessa ne 1420 ad una famiglia di mercati di seta in rapporto sia con i
Quaratesi che con gli Strozzi, è la famiglia Banchi. Una fonte
tardo-cinquecentesca ricorda una pala d’altare con molti santi, non è una
descrizione fantastica, ma qualcosa ci può dire.
L’altra ipotesi è di Cecilia Frosinini che cerca di dare ragione alla presenza degli
altri santi che hanno a che fare con le istituzioni caritative e ospedali. Rapporti
con la fondazione di san Salvatore al monte della chiesa ( Ludovico è
francescano ), dedicato al salvatore. Aveva dei legami profondi con i santi
Cosma e Damiano, nasceva su un oratorio a loro dedicato in origine e
mantenne per molto uno spizio per frati infermi oltre ad avere rapporti con una
fondazione di carità, la fondazione di san Giuliano nella zona di san Niccolò.
Cerca di render ragione degli aspetti iconografici che sono particolari.
Nel polittico di san Niccolò vediamo come ci sia dentro tutto il nostro Gentile,
ma vediamo come il san Ludovico riprende dai toscani e la resurrezione di
Lazzaro e un omaggio a Masaccio.
Prima di passare a Siena, Orvieto e Roma vediamo altri esempi che si
avvicinano alle sperimentazioni gentilesche.
Un livello più basso di appropriazione solo iconografica, tavola di predella di un
polittico che è smembrato e diviso per il mondo di Bicci di Lorenzo e il socio
Stefano de Antonio nel 1433 per il monastero benedettino di san Niccolò di
Cafaggio. Anche le altre tavole recuperano il polittico Quaretesi. È così
smaccata la riproduzione che si è pensato che la committenza avesse chiesto
di riprodurre la tavola del polittico Quaratesi per un’altra chiesa dedicata a san
Niccolò.
Un livello leggermente superiore dell’appropriazione della cultura di Gentile lo
si vede in una tavoletta di predella nella chiesa di santa Trinita di patronato dei
Ravinghieri. È realizzata da Giovanni di Francesco Toscani che è attivo dagli
anni 90 del 300 e muore nel 1430. Pur avendo ricevuto una formazione tardo
giottesca riesce ad individuare la novità gentilesca e reagisce anche alla novità
di Masaccio. In tempi anche veloci reagisce alle novità della Pala Strozzi, non è
una reazione solo iconografica, ma anche alla pittura molto sensibile, delicata,
raffinata e orafa.
Anche Beato Angelico è ben disposto alla cultura gentilesca perché è molto più
anziano di Masaccio e si forma nella bottega di don Lorenzo Monaco. È il
tabernacolo dei vinaioli con ante parte da inserire in un gigantesco tabernacolo
di marmo che oggi si trova al museo di san Marco commissionato dalle Arti dei
rigattieri, vinaioli e sarti per la loro postazione in mercato vecchio. È scolpito su
disegno di Ghiberti. Nelle ante abbiamo santi.
Nella predella le storie di san Marco perché protettore dell’arte dei vinaioli.
Nella tavola del miracolo della grandine di san Marco evidentemente Beato
diventa sensibile alla descrizione della natura, anche in tempesta, tipica della
cultura di Gentile e che emerge con forza nel polittico Quaratesi ( ma un punto
di forza anche a Venezia ). Il martirio di san Marco: ( vescovo di Alessandria
d’Egitto fu sottoposto a gravi torture prima di morire e anche dopo, nel
momento in cui i pagani tentarono di profanare il corpo morto all’improvviso si
scatena una grandinata ( storia sempre raccontata da Jacopo da Varazze ).
Nella Firenze di quegli anni si può vedere ciò solo con Gentile, sappiamo che i
fiorentini non sono molto avvezzi alla descrizione della natura, cavallo di
battaglia invece di Gentile.
Sicuro anche Masaccio lo guarda: la Madonna del solletico, con grande
semplicità crea un’opera di grande raffinatezza. La Madonna fa il solletico al
bimbo sotto la gola. Riflette chiaramente
( madonnina di Pisa ), senza tradire la sua poetica di rigore e semplicità, all’uso
dell’oro, a quell’effetto trasparenza e raffinatezza che Gentile difende. Non ci
sono elementi esornativi, ma attenzione forte alla luce, al modo in cui si
riverbera l’oro sui capelli del bambino. Nonostante alla sua politica austera
guarda al virtuosismo gentilesco.
Poi più che un recupero abbiamo un percorso corrispettivo a quello di Gentile:
Masolino da Panicale, socio di Masaccio anche se formato totalmente nella
cultura del gotico internazionale. Si trova al museo arcivescovile di arte sacra
di Firenze, faceva parte di un trittico per santa Maria Maggiore di Firenze a
partire dal 1423. Masolino ne desume quella grande morbidezza e quell’uso
dell’oro, però è interessate vedere come entrambi sono stati influenzati dalla
cultura del tempo, negli stessi anni reagiscono agli stessi stimoli ( guarda solo
lo scorcio che si crea nella tridimensione della mano e della posa a confronto
con il Quaratesi ). Masolino guarda a Gentile, ma essendo entrambi come
spugne ricevono le novità del tempo.
La tappa successiva al periodo fiorentino porta Gentile a Siena. Sta per andare
a Roma ( Siena e Orvieto devono essere passate per andare a Roma ), ma si
ferma per un po’ in entrambe le città.
Paga qui un affitto per una casa e realizza un’opera ad affresco che doveva
aver avuto un peso enorme per la cultura senese, ma non la abbiamo più. Era
per la piazza del campo nell’angolo del casato al di sopra dei banchi dei notai,
committenti di questa opera. Aveva una copertura in muratura per protezione,
ma venne comunque distrutta da un terremoto nel 1798. Riusciamo a cap