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“CONCETTO SPAZIALE LA FINE DI DIO” FONTANA 1963
Negli anni 1963-64 Fontana si dedica alla creazione di una serie di
opere evocanti la divinità dal titolo "Fine di Dio", costituite da tele
ovali monocrome perforate e a volte cosparse di lustrini, e di altre
denominate "teatrini", in tela e legno laccato, che proseguirà nei due
anni successivi, mentre del 1967 sono le "Ellissi" in legno forato ad
intervalli regolari, ed un gruppo di sculture in metallo verniciato. Il
titolo "Fine di Dio" si rifà al testo di F. Nietzsche "La gaia scienza"
(1882), nel quale un folle, sulla piazza del mercato, proclama la "la
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morte di Dio".
Tra il titolo di questo ciclo, che si può leggere come un manifesto di
ateismo, e i dipinti a forma di uovo, simbolo di vita e - nell'ottica
cristiana- di resurrezione, sembra scaturire una sorta di tensione.
“MANIFESTO SPAZIALE DELLA TELEVISIONE” 1952
Con il Manifesto del movimento spaziale per la televisione, del 1952,
si fa più esplicita l¹individuazione delle caratteristiche del mezzo, sia
per quanto riguarda la trasmissione che per quanto concerne la
definizione dell¹opera stessa: "Noi spaziali trasmettiamo, per la
prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove
forme d¹arte, basate sui concetti dello spazio. La televisione è per noi
un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti.
Siamo lieti che dall’Italia venga trasmessa questa nostra
manifestazione spaziale, destinata a rinnovare i campi dell’arte. E’
vero che l’arte è eterna, ma fu sempre legata alla materia, mentre noi
vogliamo che essa ne sia svincolata, e che attraverso lo spazio, possa
durare un millennio, anche nella trasmissione di un minuto. Le nostre
espressioni artistiche moltiplicano all¹infinito, in infinite dimensioni,
le linee d¹orizzonte; esse ricercano una estetica per cui il quadro non
è più quadro, la scultura non è più scultura, la pagina scritta esce
dalla sua forma tipografica".
L’impiego della televisione, quindi, porta con sé la coscienza e
l’intenzionalità di ridefinire la nozione di opera come oggetto, ma
anche di proporre interrogativi sulla sua struttura, sulla percezione e
sul rapporto con il pubblico. Interessante a mio avviso si rivela l’idea
della televisione come mezzo "integrativo" dei concetti dell’artista,
che in qualche modo fissa una direzione nella modalità di utilizzo del
medium televisivo, soprattutto per quanto riguarda le proposizioni
degli artisti italiani che si occuperanno di video nei decenni
successivi.
L’EREDITà DADAISTA
Oltre all’informale, dagli anni 40 in poi, andavano affermandosi altri
movimenti, che sarebbero poi emersi negli anni 50.
Alcuni possono essere considerati come deviazione dell’informale
stesso, ma la maggior parte sono ispirati dal Dadaismo.
I maestri del surrealismo e del dadaismo erano pronti a far scuola.
Considerati come rappresentanti del neodadaismo o come precursi
della pop art, Jasper Johns e Robert Rauschenberg sono i due artisti
che meglio rappresentano quella fase di transizione che porta l’arte
americana dalla supremazia dell’Action Painting alla Pop Art. 75
La loro attrazione verso Duchamp, porterà i due artisti ad una
concezione più mentale della pittura, e quindi verso un rifiuto del
mero “sfogo” psicofisco dell’Action painting.
Rauschenberg reagirà alla concezione della pittura di gesto
attraverso “prelievi” della realtà e operazioni di collage nei suoi
combine paintings”.
(In questi combine paintings, in cui la parte dipinta è ancora di tipo
informale, i prelievi della realtà si distaccano dal tessuto pittorico,
con un effetto volutamente urtante. Più essenziale Johns sembra
soffermarsi su un oggetto semplice e familiare come la bandiera del
proprio paese, rendendo “pittura” un soggetto non pittorico: la
scontatezza dell’immagine crea un effetto simile a quello del ready-
made di Duchamp.
Dine isola invece oggetti reali appendendoli davanti a tele
moncrome: l’oggetto vero, così teatralizzato, scivola anch’esso
lentanemente nel territorio della finzione, diventa rappresentazione
di se stesso.)
Jim Dine è un altro pittore che è particolarmente vicino a Duchamp.
Nella seconda metà degli anni 50 c’è una srta di dialogo a botta e
risposta tra Parigi e Milano, che sfocerà nel 1960 con il Nouveau
Realisme.
Ma il vero dialogo è tra due artisti, Klein e Manzoni.
La loro attività ha una partenza pittorica, che viene poi superata
dall’esigenza di gesti clamorosi, da un gusto dello scandalo che
ricorda i futuristi e i dada.
Klein si presentò giovane al pubblico francese, con una pittura
monocroma: quadri gialli, arancioni ecc.
Verso il 1957 restringerà questa gamma di colori al solo blu, poi
alternato all’oro in foglia. Dopo il 1960 dipingerà anche col fuoco o
esponendo il quadro coi colori freschi all’effetto degli agenti
atmosferici.
Dal 1958 klein aveva fatto esperimenti con pinceaux vivants, modelle
cosparse di colore che spalmavano, col loro corpo, la pittura su tele e
carte; queste azioni, dette “antropometrie”, diventeranno nel 59
“happenings” veri.
Manzoni, da giovanissimo, si cimenta con una pittura ironicae
nonsensical, nutrito da umori dei surrealisti e dada.
Dal 56 inizia opere con impronte di oggetti in catrame e olio su tela.
Dall’anno successivo ci sono i primi achromes (superfici bianche
trattate a gesso su tela). L’interesse per la superficie trattata come un
bassorilievo deriva forse da Fontana. 76
Dal 1959 alla morte, Manzoni si dedica a gesti clamorosi: uova
firmate con l’impronta del pollice, poi letteralmente “date in pasto al
pubblico”, modelle firmate direttamente sul corpo, fino alle note
scatolette di “merda d’artista”, la sua opera più provocatoria.
Soprattutto l’ossessione della firma, come certificato del valore di un
prodotto che può essere anche immondo, ci dimostra che l’ironia
graffiante di Manzoni è su un altro registro rispetto al
sensazionalismo di Klein.
Entrambi gli artisti non fanno parte del Nouveaux Realistes.
Forse perche questo movimento, con il suo culto dell’oggetto inutile,
consumanto, si collega al dada ma si pone l’obiettivo di ridicolizzare
la società dei consumi, cosa che non doveva interessare Klein.
Tra dada e neodada ci sono analogie per quanto riguartda le strategie
di cominicazione, e l’uso di certi strumenti (cinema, stampa,serata);
ma delle diversità per quanto riguarda la qualità ideologica dei gesti,
molto meno gratuiti e più ideologizzati, nel caso del neodada.
I maggiori artisti del Nouveaux Realites legano la loro attività a un
gesto, a un procedimento di lavoro: Arman alle sue accumulazioni di
oggetti usati o gettati via; César alle comprensioni di rottami
metallici; Christo agli impacchetamenti di oggetti di consumo.
Ci sono poi gli affichites del gruppo, che faranno dei quadri con
manifesti strappati, chiamndoli decollages, proprio perche ottenuto
dallo strappo, e non dall’incollaggio: Rotella, Hains, Villeglé.
Rotella, unico italiano del gruppo, ha portato avanti il concetto del
decollage, che lo porta anche nell’ambito della pop art.
“THREE FLAGS” JASPER JOHNS 1958
Johns ha utilizzato come immagine d'elezione la bandiera americana,
in questo caso in versione segnatamente materica, in tutta una serie
di dipinti realizzati attorno alla metà degli anni '50, presentandone il
familiare aspetto in veduta totalmente frontale, cosicchè vien da
chiedersi, guardando questi quadri, quale sia la differenza tra una
bandiera reale e questo simulacro dipinto divenuto "arte": a
proposito di ciò lo stesso Johns dichiarava la sua volontà di scegliere
oggetti "che la mente conosce già", consentendogli così di "lavorare
su altri livelli".
“BED” ROBERT RAUSCHENMBERG 1955
con “Bed“, è l’oggetto ad essere contaminato con il colore in una sorta
di legame espressionista da Rauschenberg definito “Combine
Penting“, unione tra la vitalità in esso contenuta e la sua esaltazione
in quanto archetipo. Il suo vissuto è esaltato dalle sgocciolature e
colature di varie cromie che macchiano i tessuti.
“ANTROMOTRIE 35” KLINE 77
Tecnica in cui le donne dipingono con il loro corpo.
“SCULTURE VIVENTI” MANZONI 1961
In cui i corpi delle ragazze sono firmate e diventano opere d’arte.
“MERDA D’ARTISTA” MANZONI 1961
Il 21 maggio 1961 Piero Manzoni confezionò 90 barattoli da 30
grammi ciascuno con la sua secrezione naturale. Tale opera è
divenuta celebre ed è conosciuta come Merda d’Artista. Ognuno dei
barattoli fu firmato, catalogato e intitolato dall’autore stesso che sfidò
così tutti gli schemi. Smise subito di fare le merde d’artista poiché
l’arte secondo lui era solo questione di essere nuovi ed originali e
quindi non ripetersi mai.
“COMPRESSIONE” CèSAR 1962
L’arista schiaccia un automobile
“PATTUMIERA” ARMAN 1965
riesce ad eseguire un perfetto ribaltamento della gravità materialista
e lo fa raccogliendo quello che gli altri buttano, mostrando ciò che
non serve più a nulla.
Le prime manifestazioni della pop art si differenziano molto dal
neodada, anche se spesso sono confuse.
Il termine deriva dalla contraddizione della parola inglese popular,
inteso come “commercial” (pop music).
Per pop art, si deve intendere quindi l’assunzione, dagli artisti, di un
linguaggio visivo che, è stato filtrato, assimilato e ritrasmesso dai
linguaggi di alta diffusione di massa: cinema, tv, manifesti
pubblicitari, fotoromanzi, fumetti , ecc, ovvero alla comunicazione
immediata, a cui finora non era stato attribuito nulla di artistico.
Gli artisti, riconoscendo una validità espressiva artistica a questo
slang, operano quindi una scelta pragmatica.
Nonostante ciò, il successo della pop art è stato largo, e ha influito sul
costume, sulla moda, sul cinema ecc.
Il termine avanguardia per pop art è improprio: essa non nasce da
alcuna voluta aggregazione, non ha manifesti, non ha programma
artistico o ideologico.
La pop art è stato un clima, un momento di convergenza di varie
posizioni intellettuali su uno stesso t