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Il romanzo di Zola non è quindi una mera descrizione della vita quotidiana: è semmai qualcosa che individua le patologie
di un corpo sociale (alcolismo, prostituzione, ecc..).
La componente teorica di Zola non si esaurisce solo nel romanzo sperimentale ma si fonda anche su una raccolta di
articoli di critica teatrale che lui pubblica nel 1880 “Il naturalismo a teatro”. Si potrebbe dire che dal punto di vista
strutturale questo trattato va a braccetto con il trattato di Comte: così come Comte crea una filosofia della storia, Zola
elabora una storia della letteratura teatrale ripercorrendo dal punto di vista evoluzionistico i processi e le tendenza e che
hanno animato il teatro francese a partire dal 600. Da buon naturalista quello che costituisce uno dei cavalli di battaglia
nonché principi teorici, è quello dell’individuazione del quoziente di idealismo che ha permeato le varie epoche. Egli
sottolinea la crescente presenza di realismo: ora nell’epoca realista si tratta di esprimere una vera e propria poetica
naturalista. Nel romanzo sperimentale Z aveva fatto la stessa cosa. Il teatro è quel luogo dell’arte dov’è più difficile
sradicare certi usi, certe tradizioni, proprio per l’elemento fortemente convenzionale dell’arte teatrale: “l’ultima cittadella
della convenzione”.
Questa cittadella deve essere espugnata sulla base di modalità che devono attuarsi secondo un’ottica tipicamente
naturalista: che cos’è per Z il naturalismo a teatro? Questo progressivo ingresso del realismo a teatro Z lo percepisce
attraverso una sempre crescente aderenza di elementi fondativi del fatto teatrale al reale. Un attenzione costante anche
nella costruzione degli ambienti, dei costumi. Ambienti e costumi sono quindi le coordinate attraverso le quali attuare una
prospettiva naturalista: questa prospettiva trova una sua attuazione attraverso l’operato di Andre Antoine.
Antoine nasce nel 1858 e muore nel 1943; è di fatto l’iniziatore dal punto di vista pratico del movimento naturalista.
Teatralmente nasce come autodidatta, non riceve formazione accademica, si impiega da adolescente come commesso in
una libreria (Firmin Didot) e in questo ambiente si avvicina al teatro. Dopo anni da militare si impiega nella compagnia
dei Gas.
L’ingresso a teatro avviene in maniera particolare: negli anni 80 fa parte del circolo culturale privato “Cercle Gauloiss”
che tra i propri compiti aveva anche il dovere di fare rappresentazioni teatrali e gli esordi di Antoine avvengono qui. Un
ambito assolutamente dilettantistico. Il punto di svolta e di avvicinamento al naturalismo è il 1887 quando Antoine fonda
il cosiddetto Theatre Libre (in Rue Blanche). Libero da cosa? Dalle convenzioni teatrali di cui parlava Z nel romanzo
sperimentale.
Antoine in progresso di tempo, intorno alla metà dei 90, cessa l’esperienza Libre e fonda il teatro Antoine che dirigerà
fino ai primi del 900. Nel mezzo e dopo ci sono 2 parentesi come direttore come secondo teatro di prosa francese:
l’Odeon.
30 marzo 1897: Antoine mette in scena una piece consistente in una riduzione teatrale di una novella di Z: Jacques
Damour, un reduce della comune di Parigi che se ne era andato in esilio e ritorna dopo 20 anni e trova la sua situazione
familiare completamente stravolta. Lo snodo drammaturgico di questa piece ruota attorno a questa vicenda: è un dramma
in un atto che viene allestito da Z secondo modalità avvertite come rivoluzionarie. Per mettere in scena questo testo
Antoine scrive in “I miei ricordi sul Teatro Libero” che “saccheggia il tinello della madre”: il saccheggio ribadisce
simbolicamente che Antoine cerca di ricostruire un ambiente reale, un sorta di manifesto di naturalismo teatrale. Si
evidenzia in alcune testimonianze il talento di Antoine; tra gli altri spicca Jean Jullien il quale, dal punto di vista teorico,
mette a punto la definizione della “trance de vie” (spaccato di vita quotidiana) e la “quarta parete”. Il trancio di vita
avviene all’interno della scatola scenica a cui il regista toglie la quarta parete che deve essere opaca per l’attore e
trasparente per lo spettatore. Questa quarta parete sarà uno dei nodi concettuali di molti altri registi come Stanislavskij.
Gli attori si devono quindi comportare come se nessuno li guardasse: questo, dal punto di vista della recitazione è una
rivoluzione a 360 gradi. Recitazione quotidiana, spicciola, elementare, ma non priva di significato.
Lezione 7 – 19 marzo 2013
Il naturalismo teatrale pratico affonda le sue radici teoriche nella pratica per poi ridistribuirsi teoricamente. Il termine
“sperimentale” si affianca perfettamente alle abitudini naturaliste. Antoine può essere secondo un ottica storica
considerato come uno tra i primi registi. Egli non è pienamente consapevole di questo: egli fa il regista
inconsapevolmente, lo fa senza avere un portato teorico alle spalle; il suo portato teorico c’è ma si manifesta
successivamente alla pratica sedimentandosi negli scritti solo dopo l’esperienza artistica. La prima rappresentazione di
Jacques Damour vede l’aneddotica del saccheggio del tinello e della recitazione naturale, costituisce un punto di
riferimento che si contestualizza nelle pratiche e nelle linee naturaliste anche attraverso il confronto e la presa in
considerazioni di alcuni aspetti particolarmente importanti contenuti all’interno della stessa dimensione grandattorica:
vengono presi come riferimenti dei grandi attori ottocentesche, e in particolare quel Tommaso Salvini di cui abbiamo
parlato che diventa una pietra angolare di una ipotetica nuova concezione attorica sia sul versante francese (legato ad
Antoine), sia nella visioni di Stanislavskij. Ecco che Salvini diventa un riferimento. Questo sembra confliggere con la
tradizione magniloquenta dell’agire grandattorico: in realtà se questa è la media del grande attore europeo, ci sono le
punte d’eccellenza che si affrancano alla tradizione riuscendo ad andare oltre conferendo al proprio operato una
caratteristica peculiare.
Salvini viene visto da Zolà a Parigi nel 1878 (10 anni prima del Theatre Libre) nella “morte civile” di Giacometti. Salvini
interpreta il protagonista Corrado: una storia che va a toccare una certa fascia di non perfetta integrazione sociale; Corrado
è un evaso che torna a casa e scopre che la moglie lavora a casa di un medico e che ella ha detto alla figlia di essere figlia
del medico: alla dine Corrado si toglie la vita (una storia simile a Jacques Damour di Zolà). Zolà dice di rimanere stupito
nel constatare che la bravura di Salvini consiste nella misura, nell’esattezza, nell’analisi. Attraverso le pagine di Zolà
Salvini si percepisce come un attore naturalista come Stanislavskij percepirà Salvini come uno dei grandi del naturalismo
psicologico.
La recitazione di Salvini costituisce un modello; ciò non toglie che la recitazione di Antoine si affranca negandosi da tutti
gli stilemi dei grandi attori ottocenteschi. Si entra attraverso le coordinate dell’organizzazione spaziale, dei costumi, degli
accessori, della recitazione degli attori, all’interno di quella poetica che abbiamo definito di Estetica della Trance de Vie,
definita dal drammaturgo collaboratore agli esordi di Antoine: Jean Jullien, il quale nel 1892, scrive un trattato intitolato
“Il teatro vivente”.
Cosa ci dice JJ a proposito della quarta parete? (è importante fare attenzione non solo al dettato tecnico di JJ ma anche alla
prospettiva ideologica del drammaturgo). I personaggi sono esseri umani e non creature di fantasia; gli interpreti sono
persona che parlano come nella vita reale seppur alzando un po’ il tono. L’attore naturalista secondo JJ deve slegarsi da
tutti i mestieri; il cliché teatrale è opposto alla naturalezza del quotidiano. Si arriva alla teoria del trancio di vita e alla
quarta parete.
Nel 1887 Mètènier mette in scena al teatro libero “En Famille”: questa piece ci permette di cogliere le linee di indirizzo
che si sono sin qui messe in luce. Anzitutto, partendo da una considerazione elementare, potremmo dire che nella foto non
c’è nulla che cci fa capire che siamo a teatro. Siamo all’interno di un modesto salottino con personaggi raccolti attorno a
un tavolo a fine pranzo: c’è un personaggio che parla, 2 donne lo ascoltano, un personaggio è contrariato, uno è
abbioccato. Cosa ci dice questa immagine? Ci dice che siamo in presenza di un ceto modesto. Piccola borghesia? Forse.
Sicuramente non medio-borghese. Questo ce lo dimostrano per esempio i costumi (spiegazzati, stropicciati, grossi, i
calzoni ed il cappotto ad asciugare). Siamo in presenza di un ambiente che riflette in maniera precisa un modesto
ambiente sociale, animato da personaggi che ci si presentano in maniera del tutto quotidiana. Il personaggio sulla destra è
proprio Antoine, quello che si appisola.
La famiglia rappresentata, al contrario di quello che potrebbe suggerirci il titolo, è un mezzo bordello. E’ il compleanno
della donna seduta sulla destra ma siamo in presenza di una famiglia composta da ladri e puttane; il linguaggio è quello
del dialetto parigino. Questa eccentricità è assai bene resa dalla recitazione. La volgarità complessiva della piece è uno dei
tratti pertinenti della recitazione naturalista.
Antoine è regista inconsapevole perché lui dichiara espressamente “che la figura di riferimento per il teatro non è né
l’attore né il regista, ma è l’autore2. Questo punto ci dimostra inequivocabilmente l’inconsapevolezza di Antoine come
regista teatrale. C’è una pubblicazione i Antoine intitolata “Le Theatre Libre” in fascicoli pubblicitari annuali; in uno di
questi, quello del 1890, Antoine illustra una line di indirizzo dell’arte dell’attore. E’ attore colui che sa adeguarsi alla
mutevolezza della natura e dello spirito umano; l’arte non si baserà più sulle doti naturali dell’attore, ma sulla sua capacità
di naturalizzarsi, di conversare, di eliminare gli effetti artificiosi. Il mestiere, ovvero i cliché, sono nemici dell’attore. La
lettera a Le Bargy è poi un colpo di mannaia sull’arte dell’attore: “gli attori non capiscono mai niente delle opere che
devono recitare” […]; si nega qualsiasi possibilità interpretativa; ideale assoluto dell’attore sarà “fare di sé una tastiera”,
uno “strumento perfettamente accordato” nelle mani dello scrittore (non del regista). L’autore è l’unico responsabile di
front al pubblico. è effettivamente un colpo di grazia nei confronti dell’attore. Egli nega la funzione del regista
facendola retrocedere a vantaggio della funzione de