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Le teorie teatrali, la verosimiglianza e il principio delle 3 unità

Nella seconda metà del 500' arriva l'indice dei libri proibiti (che sono libri dei quali era vietata la stampa e la diffusione) proprio perché la chiesa inizia a prendere il sopravvento e imporre il proprio potere quindi basa la società sul concetto di autorità. Infatti si inizia ad utilizzare l'espediente delle opere classiche come tramite di diffusione del concetto di autorità. Nascono così degli schemi fissi, dei classici, come normative estetiche sotto le quali dovevano stare tutte le forme di attività artistica. Il testo che contribuisce a questo è la poetica di Aristotele che accende un dibattito teorico durante la seconda metà del 500'. Dall'insieme dei commenti sulla poetica nascono delle linee fondamentali di interpretazione che impongono uno schema estetico fisso. Prima esigenza:

Concetto di Diverosimiglianza

L'opera non doveva essere surreale o inimmaginabile, poteva anche non essere una storia vera ma doveva necessariamente essere reale, dovevano essere avvenimenti possibili, e gli unici generi che esulavano da questo erano storie prese dalla bibbia o dalla mitologia. Così vengono eliminati i soliloqui proprio perché non poteva essere reale un uomo che parla da solo per un tot di tempo, così viene inserita la figura del confidente. Scene di folla, guerra e morte venivano svolte fuori dalla scena perché era ritenuto molto difficile se non impossibile riprodurre quelle scene sul palco rendendole vere al 100%.

Seconda esigenza: il dramma doveva imporre un insegnamento morale.

Non erano ammesse lunghe storie nelle quali la giustizia divina sembra non arrivare per via di un lungimirante piano divino, ma di un finale nel quale la giustizia avrebbe sicuramente trionfato. Descrizione della verità ultima e immediata. Le forme teatrali

Le forme teatrali durante il Rinascimento vengono ridotte a due: tragedia e commedia.

Commedia: trarre i personaggi dalla classe medio-bassa e fondare le trame su vicende private e domestiche;

Tragedia: trarre i personaggi dalla storia e dalla borghesia, basare la trama sulla mitologia o sulla storia, finale infelice e stile poetico elevato.

Nel corso del 500’ viene formulato anche il principio delle 3 unità: azione, tempo e spazio.

Unità d’azione: spiegata nella Poetica di Aristotele, ogni opera doveva comprendere un’unica azione nella quale sia tutto compiuto e coerente.

Unità di tempo: proposta da Giraòldi Cinzio in un suo scritto. Gli spettatori non potevano pensare di essere seduti in teatro da 2 ore ma che sulla scena siano passati giorni così si impone il limite di 24h della durata dell’opera.

Unità di luogo: la troviamo nei libri di poesia di Scaligero. Gli spettatori consapevoli di essere nello stesso luogo non accettavano di trasportarsi in un altro posto.

Questaregola è la più facile da seguire perché erano ammessi spostamenti in luoghi raggiungibili entro le 24hdella rappresentazione. Colui che le unisce: nel 1570 Castelvetro stabilì che tutte e tre le unitàdovevano essere delle regole fondamentali.

GLI INTERMEZZI E L'OPERA La maggior parte dei documenti che abbiamo degliLE FESTE,spettacoli sono grazie agli scritti, incisioni e stampe rappresentanti le feste di corte poiché glispettacoli occupavano una fetta molto importante delle feste di corte. Gli spettacoli erano posti inrelazione con il tema del festeggiamento e con una vicenda tratta dalla mitologia. Queste festeriprendevano molto le forme spettacolari dell'epoca romana. Parate trionfali romane diventano iaffidata ad un direttore che era l'architetto di corte Leone detrionfi rinascimentali. Ogni festa venivaSommi uno di questi direttori scrive anche un'opera nella quale ritroviamo consigli e processuali sulladrammaturgia.

sui costumi e messa in scena. Dalle mascherate e i cortei che avvenivano durante il periodo di carnevale presero i loro caratteri gli intermezzi utilizzati tra un atto e l'altro delle commedie. Erano spettacoli vivaci con costumi e scenografie sfarzose e il dialogo veniva utilizzato. L'inserimento di questi intermezzi divenne una pratica solamente per chiarire la trama o degli intrecci comune e incontrarono parecchio successo. Inizialmente non avevano niente in comune tra loro e con la commedia rappresentata. Successivamente iniziano a collegarsi al tema e diventano delle vere e proprie opere drammatiche in 4 atti che potevano essere anche 6 uno prima e uno dopo la commedia. Gli intermezzi venivano anche usati negli intervalli delle opere liriche. L'opera lirica nasce dagli esperimenti della Camerata Fiorentina, una delle accademie fiorentine italiane che studiavano la musica greca e il suo rapporto con il dramma e che cercano di ricreare le opere teatrali per come sono.nellatragedia antica. Dalla prima opera lirica Dafne (1594) fino al successo del genere in italia.Inizialmente i passaggi corali e i dialoghi erano recitati, la musica serviva soltanto ad intensificare il significato dei concetti. Successivamente l'opera lirica che era intrattenimento nelle accademie e a corte si trovò per la prima volta a Venezia in un teatro inaugurato nel 1637 e da quel teatro fino al 1700 ben 4 teatri vennero aperti a Venezia. Primo compositore importante è Claudio Monteverdi che amplia la parte strumentale delle opere, aumentano il numero di canti e arie e il recitativo diminuiva solo nel 1675 iniziò a prevalere la figura del compositore su quella dell'autore. I sempre di più madivi dell'opera sono i cantanti che richiedevano delle arie appositamente scritte per loro e i loro virtuosismi. Queste arie però venivano inserite all'interno delle opere che poi piene di cambiamenti e aggiunte divennero così.

confusionarie da richiedere l'utilizzo di un libretto (usato tutt'ora).

LO SVILUPPO DELLE NUOVE PRATICHE SCENICA

Benché già nel 1300 si fosse svelato l'interesse per il teatro classico le prime rappresentazioni dei testi avvennero intorno al 1470. Le accademie entrarono in competizione per le rappresentazioni e le tragedie e commedie divennero adatte ad ogni tipo di celebrazione a corte. Questa nuova produzione di drammi classici avviene con il del "De Architettura" di Vitruvio. Ritrovato nel 1414 ma tradotto per la prima volta in ritrovamento italiano nel 1521. Assunse dal punto di vista architettonico la stessa importanza della Poetica di Aristotele in letteratura già nel 1500. I membri dell'Accademia di Pomponio Leto iniziarono a mettere in scena dei teatri drammatici rivolgendosi all'opera di Vitruvio e cercarono di ricostruire le caratteristiche del teatro romano che poi avrebbero usato negli allestimenti. Dallo studio di

Vitruvio arrivò ad un palcoscenico simile alle rappresentazioni di Terenzio. Dietro la piattaforma è situata una facciata piatta o tridimensionale in cui si apre una serie di porte, coperte da tende, che rappresentavano ognuna la casa di un personaggio. La maggior innovazione in campo scenografico si verificò grazie agli apporti della pittura prospettica. Trattato di Leon Battista Alberti (Della pittura) nel quale ci sono gli studi della prospettiva che avrebbero fatto sembrare il tutto qualcosa di magico. La prospettiva era già utilizzata nel 1480 ma il primo esempio sicuro è la Cassaria di Ariosto a Ferrara 1508 con scenografie realizzate a cura di Pellegrino da San Daniele. La disposizione scenica rinascimentale tratta da Vitruvio era quella di fornire una sistemazione "La città ideale" cercarono di rappresentarla con palazzi reali nelle scene tragiche o urbanistica ideale. abitazioni di normali cittadini nelle commedie. Le pratiche

sceniche del primo 500' sono descritte nel secondo de "i sette libri sull'architettura" di Sebastiano Serlio che fu il primo a dedicare all'interno di un libro di architettura un'intera parte al teatro. Serlio adatta lo spazio semicircolare della cavea romana inserendolo in una sala rettangolare. Il pubblico sedeva su gradinate che scendevano verso il palcoscenico. La prima fila era quella dedicata al pubblico più importante che delimitava di fronte al palcoscenico lo spazio dell'orchestra. Al centro della prima fila sedeva il principe o signore e tutta la disposizione scenografica era progettata in funzione del suo punto di vista, l'unico che potesse cogliere tutto il quadro prospettico. Serlio ritiene che le scene descritte da Vitruvio possano soddisfare ogni esigenza di rappresentazione: Struttura fondamentale, quattro file di quinte (le prime tre angolari e la quarta piatta) e un fondale. Le quinte più vicine al pubblico erano

ornate da elementi architettonici tridimensionali come arcate e volte. Le scene di Serlio però erano scene fisse e non davano la possibilità di veloci cambi di scena. Ma successivamente nacque questa esigenza di cambiveloci di scena. La prima cosa che venne adottata sono i periaktoi: prismi triangolari che avevano una scena su ogni lato e che ruotavano per far cambiare la scenografia, presi dal teatro antico si ritrovano di Vitruvio e di Polluce. Niccolò Sabbatini però nella sua "pratica di fabbricar anche nella descrizione scene e macchine ne teatri" elenca tre metodi per il cambio repentino di scena.

  1. riutilizza i periaktoi
  2. Sistema di quinte mobili che venivano fatte scivolare via per rivelare quelle dietro.
  3. Tele dipinte che inserite velocemente davanti alle quinte fisse coprivano la scena precedente e mostravano la successiva.

Nel 1600 le quinte angolari venivano dipinte dopo essere state fissate sul palco. Serviva fissare il punto di fuga sulla

Parete di fondo e con una fune tesa verso il basso determinare altezze e dimensioni di tutte le cose sulle quinte angolari. Le quinte piatte si potevano utilizzare per i cambi di scena rapidi. Il fondo erano due fondali scorrevoli che si trovavano al centro e a volte lo sfondo era un telone arrotolato e sdrotolato. Fino al 1650 le scene ispirate ai modelli classici rappresentavano generalmente ambienti esterni e sulla parte superiore era dipinto un cielo intero). Quando divenne comune l'uso delle macchine che consentivano quindi un unico telone (cielo ai personaggi e oggetti di muoversi verticalmente il telone venne suddiviso in più sezioni o arie. All'inizio del 1600 i tre elementi fondamentali della scenografia erano le arie, le quinte laterali e i fondali scorrevoli. All'inizio i macchinisti trovavano difficoltà nel sincronizzare i cambi di scena così Giacomo Torelli chiamato il "gran stregone" per le sue abilità nel creare effetti scenici,

Crea dei modi per i cambi di scena rapidi. Torelli crea delle fessure nel pavimento del palco all'interno delle quali possono scorrere le quinte mobili laterali, queste erano fissate a dei carrelli.

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
39 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giu_lia0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro moderno e contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bellavia Sonia.