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Università degli Studi di Bologna

Scuola di Economia, Management e Statistica

Corso di laurea in Economia e finanza - 0893

Insegnamento: 01424 - STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO

Docente: Prof. Stefano Zamagni

Tesina per l’integrazione di n. 2 CFU

Studente: Maglione Domenico - Matr. 0000705004

La teoria economica contemporanea:

La sintesi neoclassica

Storia del Pensiero Economico:

La teoria economica contemporanea: la sintesi neoclassica

Indice

  • Introduzione .................................................................pg. 3
  • Nascita della ‘Sintesi’ .........................................................pg. 4
  • Salari e prezzi .................................................................pg. 6
  • La funzione del consumo ...............................................pg.16
  • La domanda di moneta e l’inflazione ............................. pg.18
  • La crescita .........................................................................pg.23
  • Considerazioni conclusive ................................................ pg.26
  • Riferimenti ..........................................................................pg.27

Storia del Pensiero Economico:

La teoria economica contemporanea: la sintesi neoclassica

tra gli economisti. Tale ampio consenso è stato rafforzato dai successi delle politiche macroeconomiche ispirate dall’impostazione teorica della ‘Sintesi’, politiche che hanno garantito nei paesi industrializzati per tutti gli anni ’50 e ’60 una fase prolungata di crescita sostenuta del reddito e dell’occupazione, senza rilevanti fenomeni di crisi.

Salari e prezzi

Nella Sintesi Neoclassica il sistema economico è concepito, a un livello estremamente aggregato, come un insieme di mercati, e descritto da un insieme di equazioni simultanee, la cui soluzione rappresenta la configurazione di equilibrio generale. Ad esempio, si prendono in considerazione quattro mercati: dei beni, del lavoro, della moneta e dei titoli, ciascuno dei quali è rappresentato da un certo numero di equazioni che definiscono le grandezze a livello macroeconomico. La soluzione del modello indica quell’insieme di prezzi e quantità dato il quale il sistema economico è in equilibrio. Impostando il problema macroeconomico in questi termini, la Sintesi Neoclassica istituisce un confronto fra la teoria classica e la teoria Keynesiana, cercando di mostrare in quali condizioni sia da ritenersi valida la tesi secondo cui esiste sempre un equilibrio generale di piena occupazione raggiunto spontaneamente dal mercato, e in quali condizioni sia invece da ritenersi valida la tesi secondo cui è possibile un equilibrio di non piena occupazione delle risorse. Questa nuova “corrente”, che limitava l’originalità e l’interesse teorico della riflessione di Keynes, si accompagnava tuttavia alla consapevolezza che questo modello risultava migliore della ‘teoria dell’equilibrio economico generale’ postulata da Léon Walras, per affrontare le questioni reali di politica economica (Leijonhufvud, 1968). In particolare vi si sottolineava che il meccanismo dei prezzi in regimi di concorrenza imperfetta è inadeguato per raggiungere posizioni di

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La teoria economica contemporanea: la sintesi neoclassica

questa ipotesi l'apparente dicotomia tra blocco monetario e blocco reale della visione classica dei sostenitori della neutralità della moneta viene superata dalla visione Keynesiana dove un aumento dei prezzi riduce i salari reali, accresce l'occupazione e le altre variabili reali. Il modello di Modigliani quindi considera innanzitutto un sistema nel quale la domanda di lavoro è tale da uguagliare salari reali e produttività marginale del lavoro e l’offerta di lavoro è funzione diretta del salario. Salari flessibili assicurano che si raggiunga l’equilibrio di piena occupazione in cui tutte le variabili dipendono da fattori reali. La neutralità della moneta poi assicura che variazioni di quantità in circolazione influenzano solo il livello dei prezzi e le altre variabili monetarie. Considerando come ‘caso speciale’ la trappola della liquidità, Modigliani dimostra come, data l'offerta di moneta, l’equilibrio macroeconomico nel modello Keynesiano potrebbe essere raggiunto con qualsiasi livello di occupazione, e quindi nulla garantisce la piena occupazione. Questo risultato si ottiene in presenza dell'ipotesi di salari monetari rigidi. La ragione è molto semplice: data un’offerta di moneta, il vincolo sul salario monetario diventa un vincolo sul salario reale. Le condizioni monetarie determinano il reddito monetario. Il reddito reale varierà al fine di eguagliare la produttività marginale del lavoro al salario reale; e ci sarà un diverso livello di posti di lavoro per ogni livello salariale diverso. Ne consegue che l'intervento pubblico in economia si giustifica solo per smorzare le oscillazioni di breve periodo. In tal modo si riconduceva Keynes nell'alveo neoclassico, secondo l’approccio della ‘Sintesi Neoclassica’. Negli anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Modigliani, l'attenzione fu rivolta al modo in cui salari e flessibilità dei prezzi riescono a neutralizzare la teoria di Keynes. Vi erano almeno due casi molto particolari in cui nemmeno la flessibilità dei salari potrebbe confutare le argomentazioni di Keynes. Una è la trappola della liquidità, l'altra è quella della insensibilità degli

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La funzione del consumo

“... di norma e in media gli uomini sono disposti ad accrescere il loro consumo con l’aumentare del reddito, ma non tanto quanto l’aumento del loro reddito”. (J.M. Keynes, 1936). Secondo l’analisi di origine Keynesiana, il consumo, componente fondamentale della domanda aggregata, dipende in misura significativa dal reddito disponibile e si può ipotizzare una forma funzionale lineare per rappresentare tale dipendenza: C = Co + cY dove C è il livello del consumo, Co è il consumo autonomo, c è la propensione marginale al consumo e Y è il reddito. E’ evidente che il consumo dipende in modo positivo dal reddito effettivamente disponibile. All’aumentare del reddito aumentano anche i consumi. In questa funzione nel breve periodo la propensione media al consumo, C/Y è maggiore della propensione marginale c. La forma lineare (cioè la retta), che empiricamente approssima abbastanza bene tale relazione, è la seguente:

È importante che tale funzione sia stabile, nel senso che i suoi parametri non devono variare significativamente quando le grandezze delle variabili cambiano. Tale funzione non può essere vera nel lungo periodo, poiché in tal caso comporterebbe risparmi aggregati negativi corrispondenti a livelli bassi di reddito. Nella funzione di lungo periodo Simon Kuznets (1942) trasformò la precedente in C = bY. Una spiegazione semplice e ragionevole delle differenze tra le funzioni di lungo periodo e breve periodo è stato

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  • Che l’inflazione da eccesso di domanda poteva verificarsi solo dopo aver superato la barriera della piena occupazione
  • Che prima di aver raggiunto tale barriera ogni eccesso di domanda avrebbe indotto un incremento di occupazione e di produzione e non un incremento dei prezzi.

Vennero gradualmente alla luce così due problemi connessi alla trattazione del problema dell’inflazione:

  • il fatto che lo stesso Keynes sottolineasse la tendenza delle economie capitalistiche a permanere in condizioni di equilibrio di sottoccupazione collocava in secondo piano il problema teorico dell’inflazione.
  • In secondo luogo risultava teoricamente non ammissibile la coesistenza di disoccupazione ed inflazione. A.W. Phillips in ‘The Relation between Unemployment and the Rate of Change of Money Wage Rates in the United Kingdom 1861–1957’ (1958), sulla base dello studio di due serie statistiche (le variazioni percentuali dei salari nominali ed il tasso di disoccupazione) verificò empiricamente l’esistenza di una relazione fra le due variabili: ne risultò un fatto stilizzato (la relazione inversa tra tasso di disoccupazione e tasso di crescita dei salari nominali).

In realtà la relazione individuata era già stata utilizzata da Marx spiegare il carattere ciclico dello sviluppo capitalistico ed appare intuitivamente chiara la somiglianza della tesi di Phillips con la teoria sull’esercito industriale di riserva che collegava le variazioni del salario e dell’accumulazione al numero dei disoccupati. Tuttavia era mancata una spiegazione convincente capace di legare le dinamiche del mercato di lavoro e l’andamento dei prezzi. Lipsey (1960) sostenne che il caso descritto da Phillips poteva essere ricondotto al funzionamento di un mercato del lavoro concorrenziale. La stretta correlazione tra le due variabili mostrava che il lavoro, come ogni altra merce, aveva un suo prezzo di equilibrio determinato dal volume delle quantità di lavoro offerte e domandate. La disoccupazione non era altro che

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Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
28 pagine
1 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher domemaglio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero economico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Zamagni Stefano.