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C.
A) La teoria del valore è impostata in termini ricardiani (ovvero, la quantità di lavoro
contenuto nella merci ne determina il valore) con una serie di eccezioni relative ai: salari
(influenzano la determinazione del valore di scambio dei beni, a seconda dei saggi di
salario, i quali dipendono dal tipo di lavoro svolto), profitti (assumono saggi di profitto
diversi), processi di produzione (hanno intensità di capitali diversi), regimi di tassazione
(influenzano i prezzi dei beni), rendita (piu considerata come residuo ma compresa nei
costi di produzione). Queste eccezioni fanno cadere l’ipotesi del lavoro contenuto come
misura del valore come visto da ricardo, l'unica eccezione riconosciuta da Mill riguarda
l'Eq. di Lp. con rendimenti costanti (in questo caso Ricardo ha ragione, ma è una
situazione surreale).
B) La teoria del Fondo-Salari riguarda la relazione tra domanda e offerta, a partire dai
salari (w):
w = W/L dove: w = saggio di salario; W = fondo salari (coincide con la domanda di lavoro)
L = offerta di lavoro W ed L sono dati 7
nel breve periodo è impossibile per i lavoratori ottenere degli aumenti salariali, tali aumenti
possono essere ottenuti solo nel Lp. se W>L (la produttività>crescita demografica). Cosi
facendo Mill arriva a suggerire politiche di tipo malthusiano come l'emigrazione.
Cos'è il profitto? Mill si affianca alle posizioni anti-ricardiane sostenendo che alla creazione
del valore delle merci contribuisce anche: Il profitto, perchè si configura non solo come un
reddito ma anche come un premio/interesse, è perciò un reddito residuale che serve a
remunerare l'astinenza del al consumo dei capitalisti.
C) Mill condivide la tesi della caduta tendenziale del tasso di profitto, ma la sua è una
visione profondamente ottimista (al contrario di ricardo). La crescita dell’accumulazione,
fa aumentare il benessere sociale, rende sempre meno penosa l’astinenza dal consumo
determinando l’abbassamento del tasso d’interesse sul capitale. Lo sviluppo economico
porterebbe il benessere ad un livello tale da rendere inutile il bisogno di ulteriore
accumulazione e facendo infine azzerare il profitto.
La società giungerebbe ad uno “stato stazionario”, dove non c’è accumulazione ed il
capitale rende un tasso di profitto sarà uguale a zero e il lavoratore si potrà appropriare
dell’intero risultato del proprio lavoro. Ecco perche viene definito un socialista
temporeggiatore (è inutile aspettare, tanto accadrà.
Il tentativo di Mill fù l'ultimo di recuperare la logica economica classica perché dopodiché
avvenne la RIVOLUZIONE MARGINALISTA a causa della definitiva affermazione del
capitalismo (1860-1870 fino al 1929). dalla grande depressione (1870-1895) e dalla belle
epoque (1895-1915) si ha una evoluzione del capitalismo che diventa capitalismo
oligopolistico.
le cose che ci dobbiamo ricordare della rivoluzione marginalista sono 3:
i 6 punti fondamentali
A. fu davvero una rivoluzione?
B. perche ebbe successo?
C.
A. La “Rivoluzione marginalista” in 6 punti:
1) Spostamento dell’oggetto di studio della scienza
economica: il problema diventa l'allocazione efficiente
delle risorse e non più il valore, si passa da un aspetto
dinamico (dall'eq. di Lp.) allo statico (problema
dell'equilibrio generale).
2) Approccio metodologico basato sull’idea di affrontare
ogni problema economico come ricerca dell’ottima
allocazione di risorse scarse: il nuovo problema è
l'allocazione delle risorse a causa della loro scarsità.
3) Approccio utilitarista: si basa sull'idea che il pensiero umano persegua l'utilità e il
piacere, edonismo-egoismo tipici del pensiero bentamita, l'obiettivo è la massimizzazione
del benessere individuale.
4) Principio di sostituzione: la possibilità di realizzare la scelta ottimale tra diverse
alternative. 8
5) Individualità dei soggetti economici: vengono fatti fuori gli agenti economici come le
classi sociali, sono gli individui ad operare nel mercato.
6) A-storicità dei problemi economici (riduzionismo antistoricistico): l'economia di mercato
è il sistema economico per eccellenza.
B) Fu davvero una rivoluzione? sulla base di quanto appena detto sembrerebbe di si, vi
sono però economisti che sottolineano la discontinuità e la continuità.
i primi sostengono che la rivoluzione è contro la componente Macro (teoria del val-lav) e
che si è espressa contro gli aspetti Micro (i disturbi teorici). I secondi, tra cui Marshall si
definiscono NeoClassici e negano la rottura nel pensiero. Vi è comunque un vero e proprio
cambio di linguaggio nell'economia che si pone sempre di più come una scienza
economica a se, come per esempio la matematica, separata dall'etica.
C) Sono 2, endogene e esogene:
1. Le CAUSE “ENDOGENE” sono le Lacune concettuali del “sistema” classico : teoria del
valore-lavoro e la teoria della distribuzione.
2. Le CAUSE “ESOGENE” per dare luogo a teoria scientificamente fondate contrapposte a
Marx:
- Rilanciare l’ideale liberista, la mano invisibile non più in chiave di accumulazione, ma di
allocazione ottimale delle risorse
- analizzare il problema della piena occupazione
- l'economia politica deve diventare NEUTRA e A-POLITICA, una vera e propria scienza
separata da etica e politica, come la matematica.
Vennero scritte 3 opere ricordate come le principali di questo periodo, Le quali influenzarono
numerose scuole di pensiero:
(4) Jevons: ottiene visibilità da quando effettua una pubblicazione sull'esaurimento delle
materie prime/risorse energetiche e da li inizia anche la sua riflessione economica. Un
elemento fondamentale da ricordare è il linguaggio utilizzato da Jevons, un linguaggio
9
matematico, una vera e propria formalizzazione (economia neutra); questo è anche il suo
orientamento di fondo, basato a sua volta su 3 idee:
Utilitarismo benthamiano (egoismo edonismo, più in generale le idee di
1. bentham sono alla base del ragionamento)
Psicologismo di derivazione sensista (ogni conoscenza deriva dalle
2. sensazioni)
Matematizzazione della scienza economica (è alla base del ragionamento in
3. quanto l'economia tratta di quantità, utilizzo del calcolo diferenziale).
in conclusione: L’economia come scienza esatta, affine alla fisica e alla matematica
(scienze naturali) e come teoria della scelta razionale.
Le Due caratteristiche che definiscono gli uomini come agenti economici:
A) gli individui ricavano utilità (PIACERE) dal consumo dei beni
B) ciascun individuo agisce razionalmente con l'obiettivo di massimizzare l’utilità
Riassumendo: la massimizzazione del piacere è l'unico problema dell'economia, massimo
risultato - minimo sforzo.
la sequenza Jevonsiana: (dal punto precedente si passa sempre al successivo)
Utilità
1. Allocazione
2. Scambio
3. Prezzi relativi
4.
1. UTILITÀ: Ma cos'è l'utilità? La somma di piacere e pena consentito dal consumo di un
bene. Il vero piacere non può essere misurato in termini oggettivi, ma con termini
soggettivi, perché ognuno trae un piacere diverso dall'utilizzo di un bene. Detto questo è
facile comprendere come il valore derivi solamente dall'utilità, ma ne esistono di diversi
tipi:
• L’utilità totale: è l’utilità ricavata dall’intera quantità consumata di un certo bene
• Il grado di utilità: è l’utilità associata ad una certa dose del bene
• Il grado di utilità finale (o utilità marginale): , che è ciò che conta, è “il grado di utilità
dell’ultima unità aggiunta, o la successiva quantità molto piccola, o infinitamente
piccola, aggiunta ad una quantità esistente; da qui:
legge dell’utilità marginale decrescente : “Il grado di utilità varia con la
o quantità della merce e, in ultima istanza, decresce man mano che la quantità
aumenta” Da qui si passa a ...
2. ALLOCAZIONE: anche in questo caso Jevons si rifà a Gossen, secondo il principio
della equimarginalità: Un agente razionale cerca di allocare il bene tra i suoi vari usi in
modo da ottenere da essi la stessa utilità marginale, dobbiamo perciò eguagliare i gradi di
utilità finale dei due usi” alternativi di un bene. Questo è collegato a ...
3. SCAMBIO: avviene nel momento in cui l'utilità marginale del bene acquistato è
superiore del ceduto. 10
Importante è la definizione di mercato: due o più persone che trattano due o più beni, le
cui quantità sono note a tutti e le intenzioni di scambio sono note a tutti. E’ pure essenziale
che il rapporto di scambio sia noto a tutti.
sul mercato vige una Legge di Indifferenza, secondo cui: “in un qualsiasi momento, sullo
stesso mercato, non possono esserci due prezzi diversi per la stessa merce”.
E da qui arriviamo ai ...
4. PREZZI REALI: Per analizzarli dobbiamo ripartire dall'inizio e trarre delle conclusioni:
• Nella teoria jevonsiana dello scambio è dunque l’utilità marginale a determinare i
prezzi relativi (valori di scambio) delle merci
• L’utilità marginale, a sua volta, risulta dalla scarsità che, a sua volta, dipende dal
costo di produzione delle merci (????????). In tal modo Jevons apparentemente
chiude il cerchio per la determinazione del valore di scambio delle merci, con il
ragionamento a catena:
Per la proprietà transitiva, il valore di scambio dipende dal costo di produzione (ed è
qui il punto debole del ragionamento di Jevons perché c'è una incongruenza, la
teoria rimane dunque inespressa).
Menger: Fu lui che in Austria cercò di dare continuità, scontrandosi con le teorie tedesche
prevalenti di quel periodo, ovvero il metodo INduttivo (basso-alto) e l'organicismo; fu in
particolar modo nella sua pubblicazione "i principi di politica economica" che espose le
sue critiche:
Metodo induttivo: nega la possibilità di formulare una teoria economica generale, bisogna
studiare solo ciascun contesto
Organicismo: nega la possibilità di considerare le specifiche realtà storico sociali simili a
degli organismi, distinti dai singolo che la compongo.
In particolar modo fu contro Schmoller che Menger si scagliò, lo stesso Schmoller
risponde e Menger replica con un pamphlet: Gli errori dello storicismo nell’economia
politica tedesca (1884), in