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SMITH
Come si determina nel tempo l’andamento del saggio di profitto?
Smith ritiene che il saggio di profitto costituisca la remunerazione del capitalista per la sua attività
socialmente utile, ovvero per aver corrisposto ai lavoratori i salari al fine di garantirne la
sopravvivenza durante il processo produttivo. Il profitto, quindi, è del tutto legittimo e giustificato ed
è composto da due elementi: una remunerazione per il rischio sopportato e una remunerazione a
titolo di puro interesse. Smith riteneva, tuttavia, che non fosse importante il profitto ma il “saggio di
profitto” (π), cioè la sua variazione nel tempo. È sulla base di esso, infatti, che l’imprenditore misura
il rischio e l’interesse.
SAGGIO DI PROFITTO= Profitto/capitale (k)
Mediante questa formula notiamo come la crescita economica nel tempo dipenda dall’accumulazione
di capitale, che dipende a sua volta dal saggio di profitto. Smith ne prevede la caduta per tre motivi:
[π0]
1) concorrenza sul mercato dei beni, ovvero più venditori nel mercato inducono ad abbassare i
prezzi.
2) concorrenza in aumento sul mercato del lavoro che a sua volta provoca un aumento dei salari e un
calo dei profitti.
3) concorrenza sul mercato degli investimenti, cioè più accantonamento di capitale e meno
opportunità di investire.
Il capitale e i capitalisti
Secondo Smith all’interno di una società vi sono delle “classi”. Esse sono costituite dai capitalisti,
dai proprietari terrieri e dai lavoratori. I capitalisti sono i membri della classe nascente industriale,
che riescono ad accumulare capitale tramite risparmi e investimenti. I lavoratori sono coloro i quali
percepiscono un salario minimo, tale da non consentirgli di realizzare guadagni extra dopo aver
soddisfatto i loro bisogni necessari. I proprietari terrieri, infine, sono dediti solo a lusso quindi
alimentano lavori improduttivi. Affinché una nazione sia ricca, quindi, è necessaria una distribuzione
ineguale del reddito. I capitalisti, infine, sono i benefattori della società poiché ne garantiscono la
crescita nel breve periodo e lo sviluppo nel lungo.
Critica di Smith al mercantilismo e alla teoria della bilancia commerciale
Per i mercantilisti, affinchè uno stato abbia un bilancio commerciale all’attivo, è necessario che
favorisca le esportazioni e riduca al minimo le importazioni attraverso dazi e tasse. Smith dissente
con questa visione, sostenendo che i mercantilisti propongano politiche che avvantaggiano solo i
commercianti, non la nazione. Ritiene, quindi, che sia preferibile lasciare in autonomia il mercato.
Ciò, tuttavia, può essere valido solo in un mercato perfettamente concorrenziale.
MALTHUS
Illustra le 3 ragioni sul saggio sulla popolazione
La tesi sostenuta da Malthus in questo saggio è quella secondo cui la popolazione tende a crescere
più velocemente dell’offerta di alimenti, quindi l’aumento del PIL non sarà sufficiente a soddisfare
l’aumento della popolazione. Per elaborare la sua teoria, Malthus parte da 3 fattori:
1) Il dibattito sulle CORN LAWS (leggi sul grano): nel 1790 l’Inghilterra pose una tassa sul grano
importato dalla Francia, che ebbe come effetto collaterale l’aumento dei prezzi del mercato
inglese. In questo modo, inoltre, l’Inghilterra non potè più essere autosufficiente poiché la
popolazione era in continuo aumento e lo stato non riusciva più a far fronte ai bisogni di essa.
2) Il dibattito sulle POOR LAWS (leggi per i poveri): la politica di urbanizzazione condotta dallo
stato, portò allo spopolamento delle campagne e al sorgere di quartieri poverissimi. Malthus
sosteneva quindi che le classi a basso reddito dovessero essere sostenute da politiche volte a
garantire il salario minimo.
3) Il dibattito intellettuale tra Malthus e gli utopisti ottimisti tra cui il padre di Malthus: essi
riponevano la loro fiducia nel progresso della ragione e credevano nella civiltà portata
dall’industrializzazione. Ritenevano, inoltre, che le istituzioni e il governo fossero i responsabili
della povertà che dilagava tra la popolazione. Malthus dissentiva da questa visione e ad essa
contrappose gli effetti negativi della legge sulla popolazione, secondo la quale là povertà non
dipendeva dalla politica o dalle istituzioni ma dalla scarsità delle risorse naturali rispetto ai
bisogni della popolazione.
Sottoconsumismo malthusiano
Secondo Malthus l’operazione di risparmio e investimento nel lungo periodo, conduce
inevitabilmente alla stagnazione. Malthus assume, come punto di partenza, l’esistenza di un livello
adeguato di accumulazione di capitale che può essere assorbito dall’economia. Gli teme, infatti, che
il sistema diventi troppo capitalistico, che si investi troppo e si consumi troppo poco. La soluzione
proposta da Malthus prevede che i proprietari terrieri e i lavoratori improduttivi, debbano sostenere i
consumi senza produrre per evitare crisi di sovrapproduzione e la relativa stagnazione
dell’economia.
Legge di Say
Jean Baptiste Say fu un economista francese noto per aver elaborato una legge basandosi sul
fenomeno delle crisi economiche. Secondo questa legge ogni offerta crea la sua domanda, ovvero il
processo di produzione dei beni genera un potere d’acquisto tale da poterli poi ricomprare sul
mercato a prezzi soddisfacenti. Il fenomeno della sovrapproduzione è possibile solo in alcuni settori
dell’economia, non in tutto il sistema, e presuppone che in un altro settore vi sia sottoproduzione. Di
conseguenza, vi è una tendenza al riequilibrio nel lungo periodo solo se siamo in regime di
concorrenza perfetta (con mobilità delle risorse da un settore all’altro e con prezzi flessibili). Say
non si chiede se la domanda potenziale diverrà effettiva , lo da per scontato poiché essendo il denaro
un “velo” non vi è alcun motivo di tesoreggiarlo. Il denaro, infatti, è solo un mezzo di scambio e non
riserva di valore.
RICARDO
Vantaggio assoluto
Il principio del vantaggio assoluto elaborato da Ricardo , considera un modello di scambio con due
beni e due paesi, dove ognuno dei due ha un vantaggio assoluto nella produzione di uno dei due
beni. Prendendo in considerazione come beni il vino e la stoffa e A e B come paesi, avremo che il
paese A ha un vantaggio assoluto nella produzione di stoffa, mentre il paese B in quella del vino. I
presenza di un commercio internazionale, per il paese A è più conveniente specializzarsi nella
produzione di stoffa e per il B in quella del vino. La specializzazione consente di ottenere, a livello
mondiale, una produzione maggiore. Se il paese A trasferisse un’unità di lavoro dalla produzione del
vino a quella della stoffa, e il paese B dalla produzione della stoffa a quella del vino, la produzione
totale di entrambi aumenterebbe. Ciò, inoltre, permetterebbe di lasciare immutata la quantità di
lavoro impiegata per produrli facendo si che entrambe le nazioni ottengano un guadagno maggiore
specializzandosi nella produzione della merce con il costo di produzione minore. Per quanto riguarda
i prezzi , invece, vi sono di prezzi internazionali per entrambi i beni che permettono alle due nazioni
di ottenere un guadagno dallo scambio.
Vantaggio comparato
Ricardo si schiera contro i mercantilisti e i protezionisti che volevano imporre dazi per proteggere le
merci nazionali, limitare le importazioni e rendere positiva la bilancia dei pagamenti. Egli dimostra
che aprendo le frontiere tutti i paesi potevano trarne guadagno. Elabora, quindi, la dottrina del
vantaggio comparato: un paese tenderà a specializzarsi nella produzione del bene su cui ha un
vantaggio comparato, cioè la cui produzione ha un costo opportunità minore rispetto ad altri paesi.
Secondo Ricardo, tale specializzazione si ottiene applicando il principio del vantaggio comparato e a
tal fine egli crea un modello di scambio basato su due paesi, due beni e un fattore di produzione: il
lavoro. In base a questo principio uno dei due paesi sarà più efficiente nella produzione di entrambi i
beni rispetto all’altro paese. Quindi il paese A utilizzerà quantità di lavoro minori per produrre
entrambi i beni, contrariamente al paese B. ricardo, così, riuscì a dimostrare che è il vantaggio a
determinare la convenienza nel commercio internazionale. Tuttavia, se i costi opportunità sono gli
stessi ovunque, nessun paese ha un vantaggio comparato e quindi non vi sarà alcuna convenienza a
commerciare.
Teoria del valore Ricardo
Ricardo volle superare la teoria del valore di Smith basata sui costi di produzione. Smith faceva
dipendere i prezzi dei beni da altri prezzi, come quelli dei fattori produttivi. Il suo obiettivo era
individuare il modo in cui variavano i prezzi nel corso del tempo. Ricardo rivalutò la teoria del
lavoro contenuto di Smith: il valore dipende dalla quantità di lavoro necessaria a produrre un bene,
non dal costo dei fattori di produzione. Quindi il prezzo di un bene dipendeva da:
1. Il lavoro contenuto
2. La scarsità del bene (riguarda beni come quadri, monete, statue)
Ciò comporta che la teoria del valore ricardiana possa essere applicata solo ai beni riproducibili
liberamente e prodotti in mercati in cui vige la concorrenza perfetta. Elaborò, quindi, una teoria del valore
fondata sul costo del lavoro.
5 problemi affrontati da Ricardo
Ricardo propose le soluzioni di cinque problemi fondamentali:
1. La misura della quantità di lavoro era data dal tempo richiesto per la produzione del bene e
non dal costo del lavoro.
2. Ricardo riconobbe che il lavoro contenuto fosse una grandezza omogenea, poiché ogni
lavoratore aveva una propria abilità e ingegnosità, ma riteneva che i salari fossero una
ricompensa di queste qualità. Quindi i più abili guadagnavano di più.
3. Prendendo come misura del valore di un bene il lavoro contenuto, non si teneva conto del
capitale accumulato. Ricardo risolse il problema sostenendo che il capitale fosse lavoro
accumulato. Il valore di un bene, quindi, era il risultato del lavoro indiretto sommato a
quello diretto.
4. La teoria della rendita. La rendita si determinava in base al costo marginale dell’ultima unità
di grano prodotta nel terreno marginale, cioè dove il rendimento è minore: il prezzo quindi è
determinato al margine, dove la rendita è nulla. La rendita , quindi, è determinata dal prezzo
del grano, non viceversa.
MILL
Teoria del valore e ripresa legge di Say in Mill
Secondo Mill, economista britannico autore de “ Principi di economia politica”, la legge di Say non
è sempre valida. Se siamo in un sistema di baratt