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T.

C’è il cosiddetto “ritorno delle tecniche” secondo cui una tecnica all’inizio è conveniente, poi smette di

à

esserlo e alla fine ritorna conveniente.

Nel nostro esempio, la domanda di capitale diminuirebbe al diminuire del saggio del profitto fino a un certo

punto per poi aumentare. Questi risultati si ritrovano in casi più generali e rappresentano una critica radicale

alla teoria neoclassica delle funzioni di domanda di capitale negativamente elastica rispetto alla variazione

del saggio del profitto (tasso di interesse). Lo stesso stock di capitale che compare nella funzione di

produzione aggregata neoclassica non può essere definito a prescindere dalla distribuzione del reddito.

Capitolo 8: La teoria marginalista dei prezzi relativi e della distribuzione del reddito

La teoria marginalista dei prezzi relativi e della distribuzione del reddito è la teoria che ha rappresentato una

struttura molto più profonda rispetto alla teoria classica del valore e della distribuzione del reddito e si è

affermata alla fine dell’800. E dalla teoria marginalista deriva la teoria neoclassica.

I fondatori della teoria marginalista sono 3:

1. W. Stanley Jevons (1835 – 1882), in Inghilterra pubblica nel 1871 “La teoria dell’economia politica”

2. Carl Menger (1840 – 1921), in Austria pubblica nel 1871 “I principi di economia politica”

3. Léon Warlas (1834 – 1910), a Losanna pubblica nel 1874 “Gli elementi di economia politica”

La teoria marginalista e la teoria classica a confronto:

Una prima considerazione generale che si rifà ad un’imitazione di Sraffa:

- In cui dice che la teoria classica concepisce il sistema concepisce il sistema della produzione e del

consumo come un processo circolare.

- Sraffa poi dice che questa impostazione è netto contrasto con l’immagine offerta dalla teoria

≪in

marginalista moderna di un corso a senso unico che porta dai “fattori della produzione” ai “beni di

consumo”.

Questa è una caratteristica di fondo della teoria marginalista, dove si perde l’immagine di un sistema

è

economico fondato su un insieme di relazioni nel sistema di produzione e di consumo, che derivano

dalla circostanza che il sistema economico si organizza intorno ad un fenomeno che si estende sempre

di più e che è la divisione del lavoro. Quindi stiamo parlando di relazioni tra i soggetti economici e tra i

settori economici, che non sono necessariamente solo interazioni che avvengono attraverso i prezzi, ad

esempio nel sistema classico abbiamo scambi di produzione, abbiamo la possibilità di esaminare le

relazioni dirette tra gli agenti economici e i settori economici. Tutto questo si perde nella teoria

62

neoclassica in cui ci sono degli individui che interagiscono tra loro attraverso il mercato, ossia attraverso

i prezzi nel senso che gli individui perdono delle decisioni sulla base dei segnali di prezzo.

La teoria marginalista e la teoria classica a confronto, sulla base di 5 elementi chiave:

1. La definizione del problema economico:

- La teoria classica: vede il funzionamento del sistema economico in termini di riproduzione e

crescita del sistema (cioè la teoria classica affronta il problema della produzione, della

distribuzione del reddito e dell’accumulazione)

- La teoria marginalista: vede l’utilizzo ottimo di risorse scarse da parte di singoli individui che

hanno l’obiettivo di rendere massima la soddisfazione di qualcosa. In generale questi individui

hanno una funzione obiettivo da massimizzare. Se parliamo di consumatori e di imprese è chiaro

che la funzione obiettivo dei consumatori è quella di massimizzare l’utilità, mentre la funzione

obiettivo delle imprese è quella di massimizzare il profitto.

2. La concezione del valore

- La teoria classica del valore: è una teoria oggettiva del valore che si fonda sull’idea che il tempo

di lavoro sia un indicatore delle difficoltà di produzione; la concezione classica del valore

prescinde da qualsiasi valutazione soggettiva da parte degli individui.

- La teoria marginalista del valore: è una teoria soggettiva del valore che deriva dalle valutazioni

individuali dell’utilità e delle disutilità marginali.

3. Il concetto di equilibrio

4. Il ruolo dei prezzi

Il concetto di equilibrio e il ruolo dei prezzi:

- Nel caso della teoria classica: i prezzi relativi (quelli che gli economisti classici e Marx chiamavano

prezzi naturali o di produzione) rilevanti per la teoria sono quelli che assicurano le condizioni di

riproduzione del sistema e consentono la distribuzione dei profitti secondo un saggio del profitto

uniforme; i prezzi relativi oggetto della teoria classica sono del tutto indipendenti dalle funzioni

di domanda e di offerta; possiamo interpretare l’equilibrio dell’economia classica come

tendenza verso il livellamento dei saggi del profitto, che è una tendenza di lungo periodo.

La teoria classica è strutturalmente una teoria di lungo periodo, non si occupa di situazioni di

breve periodo.

- Nel caso della teoria marginalista: i prezzi relativi di equilibrio sono il risultato delle scelte ottime

di domanda dei consumatori e di offerta e delle imprese; equilibrio di domanda e offerta su tutti

i mercati con determinazione simultanea delle quantità domandate e offerte di equilibrio; i

prezzi sono indicatori di scarsità relativa. In corrispondenza dei prezzi relativi non ci sono eccessi

di domanda e di offerta su nessun mercato.

5. La teoria della distribuzione:

- Nella teoria classica: la distribuzione del reddito tra salari, profitti e rendite è ricondotta in ultima

analisi al ruolo delle diverse classi nella società e ai rapporti di forza tra di esse; i prezzi relativi

della teoria classica hanno un compito limitato che è quello di redistribuire i profitti secondo un

saggio del profitto uniforme.

- Nella teoria marginalista: la distribuzione del reddito è strettamente legata alla distribuzione

simultanea dei prezzi relativi su tutti i mercati dei beni e dei fattori. Nel senso che la distribuzione

del reddito e dei prezzi relativi avviene insieme.

Nella teoria classica la distribuzione del reddito la possiamo studiare anche sulla base di fattori

è

che prescindono dalla determinazione dei prezzi relativi, quindi la distribuzione del reddito lo

possiamo studiare separatamente dalla determinazione dei prezzi relativi. Mentre questo non può

avvenire nella teoria marginalista perché tutti i prezzi dei beni e dei fattori di produzione vengono

determinati tutti simultaneamente attraverso l’interazione delle funzioni di domanda e di offerta,

che sono a loro volta il risultato delle scelte ottime degli agenti economici. 63

La teoria marginalista: i fondamenti soggettivi del valore e della distribuzione del reddito

1) Jevons: ha dato un contributo fondamentale alla nascita della teoria marginalista, sulla base dell’idea che la

teoria economica, se è una teoria deve essere una teoria matematica, e in questa prospettiva Jevons ha

ripreso le idee dell’utilitarismo che nella prima metà dell’800 erano state giù discusse. Infatti secondo lui

l’utilità è un fondamento quantitativo del valore soggettivo.

Secondo Jevons:

- L’utilità (felicità) è quantitativamente determinata dal prodotto tra intensità e durata, considerate

entrambe come variabili continue, che derivano dal consumo di un bene o dalla rinuncia al lavoro.

- Ciò che è rilevante non è l’utilità totale, ma l’incremento di utilità derivante dalla disponibilità di un

bene, ovvero la sua utilità marginalista.

- Ciascun individuo manifesta l’incremento di utilità al variare della disponibilità di un bene mediante il

prezzo che egli è disposto a pagare per quel bene questa è la teoria dell’utilità cardinale, esprimibile

à

quantitativamente come un numero.

- Se gli individui sono in grado di effettuare questo calcolo, essi possono scegliere razionalmente sulla

base di una valutazione quantitativa, senza alcun bisogno di confronti interpersonali. Questo vuol dire

che le utilità marginali espresse dai diversi individui si suppone che siano indipendenti tra loro, ossia si

suppone che gli individui non si condizionino tra di loro in nessun modo.

Jevons riformula l’economia politica come teoria (matematica) delle scelte razionali:

- date le preferenze, il nucleo centrale della teoria è la scelta individuale di consumo e lavoro

- le preferenze sono assunte come indipendenti

- i risultati per l’economia nel suo complesso si ottengono sommando le scelte individuali.

- l’economia viene definita come una scienza della massimizzazione della soddisfazione individuale

derivante dall’allocazione di un dato ammontare di risorse.

- l’economia politica si occupa della scelta razionale in riferimento al soddisfacimento dei bisogni

ordinari dell’uomo al più basso costo del lavoro. Jevons non fa una distinzione tra i diversi tipi bisogni

dell’uomo.

- in questo modo Jevons isola l’attività economica dell’uomo identificandola come un aspetto della

“natura umana”. Infatti questo aspetto della “natura umana” è isolato da altri aspetti della vita sociale

dell’economia.

- l’homo oeconomicus è perciò isolato dagli altri individui non solo perché vengono considerate le

interdipendenze delle preferenze, ma è isolato anche in termini più generali in quanto sua

≪per

natura≫ viene considerato indipendente dal suo essere sociale (cioè dal fatto che l’uomo in quanto

essere sociale ha un insieme più vasto di interazioni con gli altri uomini). Ancora oggi risentiamo di

questa separazione, perché la teoria neoclassica in quanto teoria della scelta razionale tende ad isolare

l’attività economica dell’uomo dal resto delle relazioni sociali dell’uomo.

Costo reale e costo opportunità:

Nell’impostazione che Jevons costruisce:

- il prezzo viene ricondotto a due forze che agiscono sempre al margine degli incrementi. Queste due

forze sono: l’utilità da cui dipende la domanda, e la disutilità del lavoro da cui dipende l’offerta.

- In questo modo il prezzo viene ricondotto a un prezzo reale espresso in termini di disutilità del lavoro.

Il prezzo/costo reale di Jevons è ben diverso dal costo reale degli economisti classici, perché il costo

reale degli economisti classici era un costo NON connesso ad un sacrificio ma era un costo connesso

alle difficoltà maggiori o minori di produrre certi beni.

Wicksteed (era un economista estremamente rigoroso nelle sue analisi):

- Riformul

Dettagli
A.A. 2019-2020
129 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher riccardo.melegoni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero economico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Bonifati Giovanni.