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SEQUESTRATO E SUBIRE UN PROCESSO

qualsiasi offesa o istigazione a commettere reato contro le istituzioni politiche (sovrano, governo,

parlamento, ecc.) interne ed estere, contro la religione cattolica e tutti gli altri culti, contro il buon

costume e il diritto di proprietà. Quindi c’erano degli abusi politici, di buon costume, morali ed etici

e infine contro il diritto di proprietà, cioè un tipo di abuso di classe.

Succede però che di fatto negli anni successivi emergessero delle insufficienze e delle aporie

nell’applicazione liberale di questa legge per motivi diversi, soprattutto per diverse interpretazioni

della legge, in più sarebbero intervenute altre legge di polizia, in particolare quelle del 1865 e 1889

che avrebbero in parte aggravato questi abusi e quelle aporie.

Le aporie più grandi sono cinque:

1) Tendenza ad interpretare la comunicazione della pubblicazione come autorizzazione; in

molto casi le autorità di polizia e i magistrati tendevano a forzare lo spirito e il testo della

legge, per cui si arrogavano la pretesa di autorizzare una pubblicazione anziché prenderne

atto, preci ci furono molti casi di autorizzazione anche se in teoria le autorità non ne

avevano il diritto. (Era un modo subdolo e indiretto per esercitare un potere sulla stampa).

2) Tendenza ad utilizzare il sequestro indipendentemente dall’accertamento di responsabilità

penali; cioè il giudice utilizza la sua facoltà di sequestrare i giornali prima che questo fosse

dichiarato colpevole.

3) Tendenza ad estendere la responsabilità penale anche all’editore, utilizzando il principio di

complicità, per cui se il gerente è complice la responsabilità va estesa anche agli altri

membri del giornale;

4) Nel 1859 fu introdotta la licenza di polizia per l'esercizio dell'arte tipografia e

dell’affissione, la polizia doveva concedere il permesso per fare il tipografo, in questo

modo, in maniera traversale si controllavano anche i giornali;

5) Dal 1889 la polizia poteva sequestrare direttamente affissioni offensive del buon costume.

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La legge sulla libertà di stampa aveva quindi delle lacune e delle controversie che furono sfruttate a

pieno dal sistema repressivo.

Ci furono momenti nella storia d’Europa di questi anni ci furono momenti molto pericolosi, per

esempio nel 1871 a causa dei timori suscitati dalla Comune di Parigi, fu ulteriormente rafforzato

l’apparato di sorveglianza nei confronti dei giornali repubblicani e democratici.

Nonostante queste aporie, contraddizioni e forzature non fu mai messa in discussione questa legge,

ci furono tentavi da parte degli ambienti più conservatori e cattolici che premevano i governi

(soprattutto della destra storica) a limitare questa legge, ma persino la destra storica decise di

mantenerla, perché comunque era una legge liberale che faceva parte dello statuto liberale dello

stato italiano, quindi questi principi non furono mai messi in discussione; non solo, ma la libertà di

stampa finì per diventare una sorta di continua conquista, non sul piano legislativo, ma su quello

della prassi e dell’applicazione, in senso più liberale, della legge.

Dunque più che la legge, ciò che conto principalmente, come aveva detto Giuseppe Montanelli,

furono i rapporti di forza politici, e piano piano si radico un’abitudine e un costume alla libertà di

stampa, che venne messa in discussione con la crisi di fine secolo, per il terrore dei rossi.

M E ’I P -U : vale il discorso fatto per il periodo pre-

ERCATO DITORIALI NELL TALIA OST NITARIA

unitario, l’analfabetismo nel 1861 era del 74,7%; di poco inferiore è la cifra degli analfabeti nel

1871, 68,8%. Naturalmente permanevano forti differenze geografiche, le punte minime erano in

Piemonte e Lombardia, dove gli analfabeti erano più o meno intorno al 40%, in Basilicata, Calabria

e Sicilia il dato sale fino a punte del 90%.

Un altro dato fondamentale è la partecipazione alla vita politica, perché è un fatto che invita

all’acquisto di giornali, solo il 2% della popolazione, nel 1861, aveva il diritto di voto, cioè 418000

persone (all’unità il diritto di voto era censitario); questo limitava enormemente il mercato

editoriale.

Ultimo dato in proposito era quello del reddito. Anche qui i dati sono chiari, i redditi erano

bassissimi a fronte di un costo del giornale vertiginosamente alto, a confronto del reddito. Questi

dati sono molto espliciti: un giornale quotidiano poteva costare dai 5 ai 10 centesimi (alcuni giornali

arrivano anche a 20 centesimi), il salario medio giornaliero nel 1870 raggiungeva a stento le 2 lire.

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Da questi fattori derivava l’estrema ristrettezza del mercato editoriale italiano, le dei

TIRATURE

giornali erano infatti bassissime, si è calcolato che la tiratura complessiva nel decennio post-unitario

fosse per la stampa politica di circa 400.000 esemplari su una popolazione di circa 25.000.000 di

abitanti.

Nel 1873 in Italia si registrava, per circa 555 periodici, una tiratura di circa 7970 copie; a Parigi nel

1867 il Petit Journal, al giorno, vendeva 300.000 copie.

Non erano cambiate nemmeno le condizioni della : i giornali continuarono ad essere

DISTRIBUZIONE

venduti principalmente per abbonamento. Naturalmente la difficoltà della distribuzione ostacolava

grandemente la formazione di un mercato nazionale della stampa.

Nonostante questa situazione di estrema arretratezza, c’era un indice che vedeva il nostra paese in

testa, cioè il numero dei giornali, si calcola infatti che i giornali in Italia, nel 1873, erano uno ogni

24.000 abitanti questa media collocava l’Italia, a livello europeo, appena dopo la Francia e la Gran

Bretagna. Non deve però essere inteso come dato positivo perché era dovuto alla forte dispersione

delle iniziative editoriali, legato all’ che è

ESTREMA FRAMMENTARIETÀ DEL GIORNALISMO ITALIANO,

anche in parte dovuto alla situazione geografica.

Altro dato importante che bisogna tenere in considerazione era il fatto che erano pochissimi i

giornali pubblicati da un editore pure, cioè pubblicato da un editore, che pur avendo le sue idee

politiche aveva un obiettivo commerciale fondamentale: vendere copie.

Negli Stati Uniti in particolare, ma anche in Francia e Gran Bretagna, erano moltissimi gli editori

puri, cioè che avevano giornali pubblicati per vendere copie.

In Italia invece, queste realtà sono pochissime, e quasi tutti i giornali del tempo, invece, non sono

legati al mercato ma sono legati a gangli principalmente politici. I pochi giornali legati al mercato,

poi sono tutti giornali del nord.

Non ci deve stupire poi il fatto, che tutte le imprese giornalistiche fossero di tipo artigianale o

familiare, non sono mai imprese di tipo industriale.

Non ci furono grossi assi avanti neppure sul piano , bisognerà arrivare alla fine del

TECNOLOGICO

secolo per aver un progresso tecnologico notevole.

C - : la prima caratteristica fondamentale

ARATTERISTICHE SALIENTI DEL GIORNALISMO POST UNITARIO

è che fino a agli anni ottanta dell’Ottocento la stampa italiana è espressione di ristretti e ben

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determinati gruppi politici, che si erano già formati nel 1848. In questo senso buona parte del

giornalismo post-unitario italiano è un a forma non di giornalismo ma di attività politica, e quindi

caratteristica di questo giornalismo è che è una sorta di palcoscenico dei conflitti, della dialettica

politica, delle polemiche all’interno dei gruppi letterari e notabili del partito, ci sono derive

personalistiche divenendo espressione di un personaggio politico o di una corrente politica.

Quindi l’enorme quantità di giornali della penisola finiscono per essere degli organi politici, più che

essere strumenti di informazione.

Non ci può stupire il legame tra militanza politica e attività giornalistica, c’erano pochi giornalisti

puri, quasi tutti vedevano strettamente legate l’attività giornalistica e la militanza politica.

Un grande apporto fu dato dai letterati (intellettuali, insegnanti, traduttori) che si legavano però a

gruppi politici, naturalmente accanto a questo gruppo di letterati c’era un’altra tipologia di

“giornalisti” che erano avvocati, notai, procuratori, quindi professionisti del campo legale, a loro

volta legati a gruppi politici.

Q ? quasi tutti non erano delle grandi penne, scrivevano in maniera

UALE ERA IL LORO LIVELLO

retorica, molto pomposa, quasi tutti avevano una conoscenza estremamente sommaria della

penisola, pochi erano i casi di giornalisti che viaggiavano per la penisola o che conosceva l’Italia, la

maggior parte conoscevano la loro città; ovviamente non conoscevano l’Europa. Quasi tutti erano

poi poco attrezzati nel campo della dottrina politica, avevano fatto le lotte risorgimentali ma senza

un’impalcatura dottrinaria che li distinguesse; possedevano quasi tutti una formazione culturale

molto occasionale e angusta.

Ne derivava che i giornali ben fatti, belli e che si affermavano erano veramente pochi.

C ? Non ci furono grandi mutamenti rispetto al decennio precedente;

OME ERANO FATTI I GIORNALI

erano quasi tutti di quattro pagine, pochissimi di sei, molto austeri e uniformi, con titolazioni molto

sobrie, quasi tutti erano privi di pubblicità e non contemplavano le fotografie o illustrazioni (unica

eccezione erano le cartine geografiche quando si parlava di guerre). La struttura dell’impaginazione

era molto primitiva, la più ordinata e strutturata era la prima pagina, però era un ordine un po’ così,

per esempio non c’era l’idea di terminare l’articolo in una pagina, quasi tutti strabordavano nella

pagina successiva, non c’era l’idea dell’architettura della pagine (solo una eccezione); la materia era

poi distribuita casualmente, l’importante era la prima pagina, dove poi si giocava il giornale, il resto

del giornale era casuale con un picco nella quarta pagina dove veniva accumulato tutto quello che

rimaneva, principalmente le corrispondenze dall’estero.

Le notizie “fresche” erano pochissime, perché l’unica agenzia su cui si poteva contare era l’agenzia

Stefani, i cui dispacci erano d’agenzia cioè scarni, solo notizia, le notizie erano pochissime, i

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giornali erano politici, di conseguenza i corrispondenti esistevano solo nei casi dei giornali più

ricchi, e comunque le notizie arrivavano sempre con 5/6 giorni d ritardo.

Non c’era la cronaca nera, era ricca invece la cronaca politica locale (piene di resoconti dei consigli

comunali locali); i giornali facevano poi scarsissima attenzione alle notizie economiche sociali.

Il linguaggio dei giornali era molto gonfio e connotato, retorico c

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Silvia.p92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del giornalismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Piazzoni Irene.