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TAMPA NAZIONALISTA
Quando scoppia la guerra non si sbilancia, appare abbastanza attendista, scrivono «l’Italia deve
stare in vigile attesa», ma non si sbilancia nel dire con chi deve allearsi, assume una posizione
possibilista, in una prospettiva imperialista l’idea era quella di attendere la “migliore offerta”.
S :
TAMPA CATTOLICA
È molto vicina alla posizione della stampa liberale, ci sono poche eccezioni. Il giornale cattolico
che disse subito che si doveva stare con l’Austria-Ungheria per motivi religiosi, perché è
L’AZIONE
un’impero cattolico che difendeva il regno dagli slavi ortodossi; non ci sono quindi motivazioni
politiche ma solo religiose, ma non è un motivo diffuso.
S :
TAMPA SOCIALISTA E RADICALE
Questo è il fronte più problematico, perché è molto tormentato, ne è un esempio L’ !.
AVANTI
L’ ! è diretto da due anni da M , che ha portato il giornale a vendite piuttosto
AVANTI USSOLINI
consistenti; inizialmente il giornale è schierato sulle posizioni del partito, che è contrario alla guerra
perché pensa che la guerra divida il proletariato, questa è una posizione internazionalista, vale a dire
che il proletariato è al di sopra delle nazioni e deve restare unito, dal momento che la guerra è
interclassista è un fattore di divisione. Fondamentale l’editoria del 16 luglio 1914 di Mussolini
“ ”, in cui si esprimeva la direzione del partito e che si concludeva con la frase
ABBASSO LA GUERRA
«non un uomo né un soldo», quindi esprimeva la posizione di assoluto rifiuto della guerra del
partito. La stranezza nell’A ! è che intanto però compaiono nelle sue colonne degli articoli di
VANTI
membri del partito che, nonostante si dichiarino contrari alla guerra, esprimevano un favore per una
fazione, principalmente per l’Inghilterra e la Francia perché erano più democratiche dell’impero,
senza considerare che però nella coalizione prediletta c’è anche la Russia zarista. In queste
primissime battute è già chiara la drammatica incertezza delle posizioni dell’Avanti!, che
porteranno Mussolini alla conversione interventista e il partito allo slogan emblematico «né aderire
né sabotare», slogan ambiguo e infecondo.
La stessa incertezza la ritroviamo nella stampa radicale, che è divisa tra due tradizioni diverse, da
una parte i pacifisti e dall’altra i miti risorgimentali irredentisti.
Le incertezze permangono anche dopo che il 2 agosto il governo italiano dichiara la sua neutralità.
! 2
Solo i giornali nazionalisti interpretarono correttamente il gioco del governo, vale a dire lo
sganciamento dalla triplice alleanza; a questo punto iniziano a mettere a punto la loro posizione,
quella che li porterà a vincere: la neutralità non è vera, ma è una neutralità armata, di attesa a fianco
di chi garantisca il massimo dei vantaggi per l’Italia, salvaguardando i suoi interessi nei Balcani e
nell’Adriatico. I nazionalisti capiscono che è fondamentale stipulare un patto con la Triplice Intesa,
quello che poi succederà con la stipula del patto di Londra.
Accanto a questi motivi che sono geopolitici, i nazionalisti iniziano a soffiare sul motivo
irrazionale, che li aveva sempre contraddistinti, cioè che l’entrata in guerra dell’Italia era un
qualcosa che prima o poi doveva avvenire, perché un bagno di sangue serve a unire la nazione,
portando a compimento il Risorgimento.
Gli organi di stampa liberale, più sommessamente, si pongono sulla linea di denuncia della triplice,
appiattendosi su posizioni filo governativa, in attesa dello svolgimento degli eventi.
Abbiamo due momenti di snodo:
Il primo momento di snodo si ha nell’autunno del 1914, alcuni giornali iniziano a rompere gli
indugi e a dire a fianco di chi entrare in guerra. Il primo giornale a farlo è di Salvemini, un
L’UNITÀ
settimanale democratico, che a settembre si schiera per l’intervento a fianco della Triplice Intesa,
per ragioni tipicamente “democratiche” (questo infatti si chiama ),
INTERVENTISMO DEMOCRATICO
per Salvemini la vittoria austro-tedesca avrebbe consolidato il regime dinastico, e in caso di vittoria
ci sarebbe un ritorno indietro l’Europa con una perdita di tutte le conquiste liberali e civili che
l’Italia aveva guadagnato, invece con una vittoria anglo-francese si avrebbe avuto un esito diverso
e anche la Russia avrebbe visto un avanzamento politico, civile e democratico.
A questo punto anche altri giornali democratici prendono la stessa posizione, e questo fa
configurare la divisione e contrapposizione tra neutralisti e interventisti (tutti a favore di un’alleanza
con l’intesa).
N : socialisti, parte dei cattolici, tutti i giornali liberali giolittiani.
EUTRALISTI : nazionalisti, fronte dell’interventismo democratico (radicali e repubblicani).
INTERVENTISTI : anarco-sindacalisti (a favore della guerra europea perché avrebbe
INTERVENTISTI DI SINISTRA
portato alla rivoluzione del proletariato).
Agisce da acceleratore la conversione di Mussolini all’intervento. Un’avvisaglia di questo
cambiamento di opinione di Mussolini si ha il 18 ottobre 1914 quando compare sull’A !, in
VANTI
terza pagina, un suo lungo articolo intitolato « ,
DALLA NEUTRALITÀ ASSOLUTA ALLA NEUTRALITÀ
! 3
», nel quale affiorano tutti i motivi ideologici e psicologici che lo agitano in
ATTIVA E OPERANTE
quel momento:
1) Mussolini era da sempre insofferente alla tradizione pacifista e tradizionalista del partito, non
tanto per motivi ideologici ma psicologici;
2) Era amante di Sorel e della filosofia razionalista e dell’atto: guerra è maieutica, guerra come
motore acceleratore della storia.
3) Motivo psicologico patologico: ansia di protagonismo.
A questo punto si apre all’interno del partito un dibattito su questa posizione di Mussolini, che porta
alla sua cacciata dal partito e dalla direzione dell’ .
AVANTI! A questo punto Mussolini fonda
un nuovo giornale, IL POPOLO
, finanziato dal direttore
D’ITALIA
del , Filippo
RESTO DEL CARLINO
Naldi, che raccolse i fondi presso
industriali e agrari favorevoli
all’intervento italiano.
Il 15 novembre 1914, il primo
numero del POPOLO D’ITALIA
esce a Milano con il sottotitolo
di .
QUOTIDIANO SOCIALISTA
Finalmente Mussolini può esercitare senza freni le sue doti giornalistiche, con uno stile graffiante,
esaltato e esaltante, riempiendo la prima pagina del giornale di titoli molti efficaci e di brevi note
polemiche; questo stile, che era lo stile di Mussolini fa guadagnare subito al giornale 30.000 copie
di tiratura.
Il secondo momento di snodo è del febbraio 1915 ed è legato a Giolitti, perché Giolitti intanto ha
maturato una sua posizione, cioè l’idea di ottenere dall’Austria-Ungheria il più possibile in cambio
della neutralità.
L pubblica una lettera politica di Giolitti a un deputato in cui veniva affermata che era
A TRIBUNA
possibile ottenere “parecchio” (anche se diceva solo molto) dall’Austria in cambio della neutralità;
la lettera riaggrega tutto gli elementi: chi è contro Giolitti diventa interventista, chi era a favore di
Giolitti e si schierano dalla parte neutralista. ! 4
Si capisce bene il problema della guerra italiana, cioè il nesso tra politica interna e politica estera.
Quello che avviene subito dopo è un fenomeno interessante, cioè i giornali interventisti iniziano ad
aumentare le loro vendite, i giornali neutralisti le vedono diminuire; la cosa importante da tenere a
mente è che in Italia erano pochi i lettori di giornali e che i rapporti di polizia dichiaravano che la
maggior parte del popolo non voleva la guerra; questa era una forte differenza dalla Francia e la
Germania che invece avevano un sentimento a favore della guerra (entrambi avevano un sentimento
fortemente anti-tedesco e anti-francese).
Bisogna quindi puntare l’attenzione su quella fetta che leggeva i giornali, che seppur piccola
contava, perché alla fine tutti questi non avrebbero fatto parte dei soldati semplici ma degli ufficiali
ed è su questa opinione pubblica che i giornali possono operare una certa influenza. I giornali
esercitavano però una pressione ancora più forte, più che sull’opinione pubblica dei lettori, sul
governo e sul parlamento, e dietro i giornali non c’erano tanto i loro redattori, ma forze industriali e
finanziarie a favore o contro la guerra.
La cosa importante è quello che avviene nei mesi successivi, che si vede benissimo dopo la firma
del patto di Londra (26 aprile 1915) che prevedeva l’entrata in guerra a un mese dalla firma del
patto. Questo però è un patto segreto, ed è interessante vedere cosa succede nel periodo successivo
alla firma, perché nelle radiose giornate di maggio, la stampa esercita un ruolo fondamentale per la
pressione sul governo, e sono i gruppi industriali che finanziano i giornali che sono interessati
all’entrata in guerra per le commesse militari a premere.
Oltretutto c’è un problema secondario molto importante di cui bisogna tenere conto, perché la
guerra, che già era iniziata da un po’, aveva determinato l’esaurirsi di alcune possibilità
commerciali per molte industrie italiane, perché molti paesi avevano chiuso le frontiere ai commerci
esteri, quindi c’erano dei problemi di ripercussioni commerciali molto importanti. Quindi alcuni
industriali, che non erano a favore della guerra qualche mese prima, lo diventa per motivi di
bottega, proprio a causa di queste restrizioni commerciali causate dalla guerra.
Dunque il fronte interventista si gonfia e si irrobustisce sempre più e in questa situazione dirimente
sarà la posizione di Albertini, che ad un certo punto si sposta in posizioni interventiste, spostando la
posizione di molta stampa liberale che segue lo spostamento di Albertini.
L’unico giornale che non cambia posizione e rimane neutralista e quindi giolittiana è di
LA STAMPA
Frassati; il giornale resiste fino al 21 maggio 1915, tre giorni prima dell’entrata in guerra. A questa
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data sa che l’Italia entrerà in guerra, a questo punto invece di mettersi su posizioni di
LA STAMPA
aspra critica con il governo, come dovrebbe fare un giornale liberale, la stampa lancia la parola
d’ordine che resterà per tutti gli anni della guerra: «per concordia e disciplina nazionale» bisogna
essere a favore della guerra, viene perduto il senso critico della