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IMPERIALISTA
proprio sul mito dell’espansione coloniale che Scarfoglio costruisce la fortuna del suo giornale,
sfruttando proprio le imprese coloniali italiane.
È molto interessante, però, vedere la sua visione del colonialismo; in questo momento tutti sono
colonialisti, ma c’è modo e modo di esserlo, (non è una politica che non si lega al liberalismo) e
Scarfoglio e tutta la nuova destra hanno una visione del colonialismo che poi sarà una delle radici
del nazionalismo e del fascismo.
Questa visione del vede strettamente legate la politica interna e la politica estera in
COLONIALISMO
due prospettive:
1) Il colonialismo avrebbe potuto dare uno sfogo alla disoccupazione e alla miseria dell’Italia;
2) Il colonialismo è un modo per assorbire le tensioni interne guardando a un’obbiettivo, la
conquista, interclassista, cioè povero o ricco potevano essere uniti nella conquista italiana,
diventando una valvola di sfogo per le lotte di classe interne.
In Scarfoglio questo legame duplice tra politica interna e politica coloniale è molto evidente, perché
secondo lui il colonialismo avrebbe posto fine alle «miserie interne della questione sociale» a
avrebbe anche posto fine alle «degenerazioni parlamentari» (con cui indicava la normale dialettica
parlamentare). Quindi secondo questo punto di vista la conquista di nuovi territori avrebbe avuto
un’obiettivo e un vantaggio di natura geopolitica ed economica insieme e anche un’obbiettivo e un
vantaggio di natura culturale e politico, attraverso la formazione di «un blocco di coscienza e di
volontà», vale a dire che attraverso il colonialismo tutte le tensioni sociali si sarebbero superate.
A questo pensiero si aggiungevano poi dei corollari perché Scarfoglio sfruttava anche i sentimenti
meridionalisti e il rancore dei ceti meridionali per il settentrione, quindi parlando del colonialismo
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affermava che questo avrebbe potuto rappresentare per i ceti meridionali una rivalsa sui ceti
lombardi degenerati.
Concentriamoci su degenerati lombardi: che differenza vedeva Scarfoglio tra i ceti meridionali e il
settentrione? Vedeva una differenza antropologica, a suo avviso infatti i ceti meridionali erano dei
ceti che non guardavano soltanto al risvolto economico delle questioni, ma anche a un risvolto più
spirituale, affermava infatti che il ceto lombardo era caratterizzato dal materialismo, e in questa
visione non faceva differenza tra l’operaio e l’imprenditore perché non c’era una differenza.
Quindi, l’anima colonialista meridionale era anche un’anima poetica, mentre quella settentrionale
guardava solo al risvolto economico della conquista.
È poi Scarfoglio a buttare in campo i primi accenni di antisemitismo, egli infatti guardava al ceto
settentrionale come a un ceto ormai venato dagli elementi giudaici (quindi che pensano solo al
denaro).
È evidente allora che Scarfoglio “un po’ ci faceva e un po’ ci era”, nel senso che era un personaggio
molto ambiguo e incontenibile con una vena anarchica e ribelle e usava molto bene le parole, è
proprio con lui che nasce questo giornalismo molto compiaciuto della frase, un giornalismo ad
effetto, e in effetti la sua prosa e il suo stile sono estremamente persuasivi, suggestivi, pieni di
immagini incisive; è evidente però che questo suo stile immette nel discorso pubblico, attraverso i
giornali, del materiale (contenuti, immagini, retorica, parole), e certamente uno che impara molto da
Scarfoglio è D’Annunzio.
Effettivamente quando parlava dei ceti del nord, Scarfoglio aveva ben presente i suoi nemici, ed è
effettivamente vero che i tutti i giornali del nord sono anticolonialisti, ma non per gli stereotipi che
Scarfoglio adduce, lo sono per motivi di calcolo e di reggimento politico ed economico; per
esempio conduce una dura battaglia anticoloniale, perché è un giornale democratico che
IL SECOLO
capisce il pericolo che si annida nel colonialismo italiano, perché questo si presenta con un volto
autoritario che guarda molto alla politica interna e che la collega a quella estera, ed è inoltre
consapevole dei costi che la politica coloniale comporta, sarebbero costate troppo senza produrre
altrettanto. Non è dunque un problema di materialismo, ma è una questione di avere una visione
completa e totale della questione. I fa lo stesso ragionamento, nonostante
L CORRIERE DELLA SERA
siano di due indirizzi politici differenti; vede nell’espansione coloniale italiana «una avventura
velleitaria priva di radicate motivazioni economiche», afferma che «l’Italia è un paese che non può
ricavare molto dall’esperienza coloniale e afferma, in modo ineccepibile, che solo i paesi molto
industrializzati possono essere potenze coloniali, perché il colonialismo è soprattutto esportazione
di capitali», il colonialismo italiano può essere solo straccione perché può esportare braccia che non
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rendono, piuttosto era meglio insistere su un’attività «politica di influenza nel mediterraneo per
ricavare senza guerre anche sul piano economico»; sulla stessa linea è la Stampa di Torino che
vedeva queste imprese coloniali troppo costose, che avrebbero comportato una grande conseguenza
negativa, e cioè che per essere finanziate avrebbero avuto bisogno di tasse in più aumentando il
peso fiscale sulle classi popolari. La cosa più “assurda” è che anche il Secolo XIX, giornale di
armatori e di imprenditori siderurgici, era contro le politiche coloniali, quando lo appoggerà lo farò
solo in funzione anticomunista.
Quindi, le imprese coloniali furono senza dubbio una “causa” dell’aumento delle tiratura dei
giornali negli anni ’90; attenzione perché ci furono però anche altri motivi che bisogna ricordare:
1) negli anni ’90 fino al culmine della crisi di fine secolo le
ACUIRSI DELLE TENSIONI SOCIALI:
tensioni sociali in Italia aumentano moltissimo. Ci sono moltissimi moti, per il caro vita, per
la tassa sul macinato ecc. è chiaro che questi moti suscitano la curiosità dei lettori, e infatti i
giornali aumento le tirature;
2) T : i giornali italiani erano sempre stati moderatamente
ENSIONI PER LE POLITICHE EUROPEE
attenti alle vicende europee negli ani post unitari, cioè, quando si è formato lo stato unitario
per almeno venticinque anni dl 1861 noi non vediamo grande attenzione per la politica
estera. Questo è dovuto a vari elementi: un elemento editoriale, nel momento in cui non
arrivavano notizie fresche dall’estero era difficile puntare su questo argomento, nel
momento in cui iniziano ad arrivare notizie fresche è chiaro che aumenta l’attenzione per gli
eventi e la vita europea; altro motivo è che in tutta Europa le vicende europee degli anni ’90
sono di grande interesse rispetto ai decenni precedenti, dunque l’attenzione per la politica
europee aumenta anche per questo. Questi due elementi aumenteranno dall’inizio del 900 in
poi fino a culminare con la Grande guerra, quindi è un trend crescente che inizia adesso ma
che poi vedrà il suo culmine nei decenni successivi;
3) S : in questi anni nella politica interna ci sono
I ACCENDE LA LOTTA POLITICA INTERNA
dibattiti molto accesi, una tensione che culmine nella crisi di fine secolo (1898-1899) e
quindi queste tensioni e questa dialettica molto accesa acuisce l’interesse dei lettori.
È in questo vivacissimo contesto, proprio negli anni ’90, che si affacciano delle interessantissime
soluzioni editoriali, la più emblematica è l’esperienza di un grandissimo giornalista, D P ,
ARIO APA
che dopo che fa un viaggio negli USA si inventa il primo giornale all’americana in Italia.
D P , innanzitutto, aveva lavorato al corriere della sera tra 1879 e il 1881, quindi lui inizia
ARIO APA
come corrierista e si fa le ossa come redattore, e poi proprio su invito di Torelli Viollier accetta di
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fare un viaggio negli Stati Uniti e di guardare la vita americana per darne un’affresco attraverso
reportage, libri ecc., in particolare concentra la sua attenzione su New York dove si ferma molto e
dove impara moltissimo dal giornalismo americano e in generale dalla città americana, capisce di
trovarsi di fronte a una vera avanguardia.
Non a caso quando ritorna fa un sacco di conferenze sugli USA e pubblica due libri, New York e La
donna in America, il secondo è un libro femminista scritto da un uomo dove mette a confronto la
condizione della donna negli Stati Uniti con la condizione della donna in Italia, ed è il primo a
mettere sul terreno del dibattito pubblico il tema delle rivendicazioni femminili.
Studia moltissimo la stampa americana, e anche qui fa un confronto con quella italiana, anche in
questo caso è un confronto impietoso: «i giornali americani non sono come i nostri infestati da una
quantità di uomini di lettere, che non si sentono nati e portati a fare un servizio pubblico, che hanno
sempre dei legami di dipendenza elettorale, ma rifuggono dalla fatica di fare del giornale un veicolo
di notizie anziché un’accademia»; Papa afferma quindi che il giornalismo non deve essere
un’accademia, un tribuna da cui qualcuno declama, ma è fatto di notizie «e così avviene che i
giornali di là (gli USA) hanno tutti fra loro un tipo diverso e se ne possono leggere parecchi in un
giorno sicuri di trovarvi sempre qualcosa di nuovo» quindi la ricchezza di notizie e di informazioni
della stampa americana «da noi invece si assomigliano tutti eccetto che per le opinioni» quindi le
notizie sono sempre le stesse, cambiano le opinioni, peccato che al lettore interessano i fatti non le
opinioni «ci rassomigliamo nelle parlate lunghe e magari irte di erudizione prese dall’enciclopedia».
Papa torna in Italia con l’idea di fondare un giornale all’americana, ha un punto di riferimento
fondamentale, il N Y H di James Gordon Bennett Senior.
EW ORK ERALD
Quando i giornali italiani avevano avuto un modello, questo era sempre stato britannico (es.
C ) o francese (es. I S ), Papa è il primo a fondare un giornale che abbia
ORRIERE DELLA SERA L ECOLO
come modello un giornale americano, ed è proprio su questi presupposti che acquisisce L’ , un
ITALIA
giornale fondato a Milano nel 1889, e mette in pratica la sua idea di giornale l’anno dopo, nel 1890.
Questo è un giornale molto bello perché è molto diverso da quelli del tempo, prima di tutto è un
giornale con i titoli di richiamo su più colonne, gli articoli sono brevi e si leggono in pochissimo
tempo a differenza degli articoli del tempo che sono o m