vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LA FISIOCRAZIA
Durante l'illuminismo, numerose sono le novità a livello giuridico:
in primis, si ricerca una teoria giuridica, che abbia delle basi scientifiche
– l'ordine naturale viene riletto secondo una chiave scientifica ed economica
– il diritto naturale assume una sua centralità
– si inizia a parlare dei bisogni dell'uomo, tra cui assume una certa importanza il bisogno
–
dell'autoconservazione.
Nasce, così, l'economia politica come scienza autonoma.
Inoltre, forte è l'interesse dei giuristi verso il diritto di proprietà. Essa veniva intesa alla maniera
giusnaturalistica che vedeva in Locke una delle espressione più rilevanti. Con lo sviluppo, poi della scienza
economica, oltre che assumere un carattere inviolabile, esclusivo e astratto, la proprietà finì poi per assumere
un carattere di natura economica.
Da qui, alcune riflessioni sulla fisiocrazia e sul modo puramente fisiocratico d'intendere la società.
Una prima riflessione riguarda lo sviluppo e la genesi delle teorie fisiocratiche: facciamo, inizialmente,
riferimento alla società francese degli anni '50; una società prevalentemente agraria con forti connotati
feudali, retta da una monarchia assoluta in cui ricopriva una certa importanza anche l'attività parlamentare.
La primitiva centralità del settore agricolo comportava, sotto il profilo agricolo, la definitiva affermazione
della proprietà individuale e assoluta, come forma di gestione della produzione e come principale oggetto di
scambio.
S'imponeva, dunque, in modo definitivo, il binomio formato da proprietà e iniziativa economica.
Inoltre, sotto il profilo giuridico, si avverte sempre più la necessità di salvaguardare l'eguaglianza giuridica
delle parti nelle operazioni di scambio.
Pur appartenendo a contesti sociali differenti, i soggetti venivano considerati ora eguali dinnanzi alla legge,
in quanto portatori di volontà.
Tutto questo comportava la creazione di un nuovo sistema giuridico e sociale, il cui unico obiettivo era
quello di perseguire la felicità e in cui fondamentale, dunque, risultava essere l'iniziativa individuale.
ROUSSEAU
Uno degli interpreti più importanti del '700 è sicuramente Rousseau, autore del Contratto sociale, il suo
trattato più importante.
Nel Contratto sociale, egli evidenzia la sua concezione sullo stato di natura , che anima l'intero trattato e il
contratto sociale stesso è visto come presupposto dell'organizzazione sociale.
La società civile nasce così col contratto sociale, nel momento in cui l'uomo decide di delimitare la sua
proprietà e di escludere dal suo godimento, tutti gli altri soggetti.
Nel momento in cui nascono la società civile e le leggi, secondo Rousseau, l'uomo perde la sua libertà
naturale ed inizia a fissare i principi della proprietà e delle diseguaglianze.
Indagando sul concetto di libertà, Rousseau trova impensabile che questa possa essere alienata, come
ritenevano Pufendorf e Grozio.
Il suo appare come un orientamento fortemente pessimistico, nonostante Rousseau confidi nella libertà di
scelta dell'uomo.
Per evitare che l'uomo, nella società civile, diventi cattivo, è fondamentale un'educazione adeguata. Da tale
presupposto, nascono due opere di Rousseau:
l'Emilio
– la nuova Eloisa
– 10
Nel Contratto sociale, invece, centrale è il quadro del dover essere. Egli muove dalla critica verso coloro che
traevano il diritto dal fatto: metodo che, per Rousseau, si traduceva nella giustificazione della tirannia e nel
consolidamento del diritto dei più ricchi.
La problematica su cui premeva trovare una soluzione era quella di trovare una forma di associazione che
difendesse e tutelasse la persona e i beni di ciascuno, e per cui ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca che a
se stessa.
La questione di risolveva nell'alienazione di ciascun cittadino e dei suoi beni alla comunità o, ancora, nella
subordinazione alla volontà generale.
In un certo senso, il patto sociale introduceva, nella società, un'eguaglianza di diritto, di contro alle
diseguaglianze che caratterizzano naturalmente gli uomini.
Il patto sociale di Rousseau non prevedeva alcun contratto di sottomissione né riguardava parti con interessi
contrastanti.
Il sovrano non può che essere un soggetto collettivo e la sovranità stessa è inalienabile e indivisibile. Tutto
questo comporta che essa non possa rappresentata ma solo esercitata.
La sovranità resta esercizio della volontà generale, intesa, dunque, non come somma delle volontà particolari
ma come interesse comune.
La volontà generale, per esprimersi, non necessitava di alcun tipo di intermediazione fra lo Stato e i cittadini;
se vi fossero state delle società intermedie, infatti, queste avrebbero affermato il loro potere.
La volontà del corpo politico si afferma con la legge, con cui i diritti vengono dichiarati e sanzionati.
La legge è sempre generale e non particolare. Rousseau distingue principalmente 3 tipologie di legge:
le leggi politiche: il sovrano o lo Stato
– le leggi civili: i cittadini o il corpo sociale
– le leggi penali: sanzioni volte a punire le condotte che non rispettano le prime due categorie di leggi.
–
Quanto al legislatore, Rousseau pensava ad un legislatore- educatore che trasformasse gli uomini e gli
educasse moralmente parlando.
Tuttavia, nonostante queste buone premesse, Rousseau era consapevole del fatto che eguaglianza e libertà
erano difficili da attuare, sia per la dimensione degli Stati ( da qui, la predilezione per gli Stati più piccoli),
sia per i limiti della democrazia stessa.
Da qui, l'utopismo roussoniano, uno dei tratti caratteristici del suo pensiero.
BECCARIA
L'opera di Cesare Beccaria, “Dei delitti e delle pene” è una delle opere che trattano al meglio il diritto
criminale e i suoi contenuti.
Essa risente in modo notevole dell'influenza esercitata dal pensiero di Montesquieu e potrebbe essere definita
come un'opera d'autore, essendo ben visibile l'attitudine del Beccaria a disporre logicamente le proprie tesi,
impiantando alcuni principi e deducendo poi le conseguenze.
L'opera è interamente incentrata sulla critica di Beccaria allo svolgimento locale della giustizia criminale e
nella ricerca di un nuovo sistema, in cui alcune pratiche allora praticate, come la tortura e la pena di morte,
non trovassero alcuno spazio.
Con un approccio egualitaristico ed utilitaristico, delinea i tratti essenziali della giustizia politica ,
allontanandosi dal dare giudizi sui singoli atti. Il suo scopo, infatti, restava quello di evidenziare, in ambito
legislativo, quello che comportasse danni all'uomo e alla società.
Vero protagonista dell'opera di Beccaria non è lo Stato ma l'uomo; l'uomo mosso dalle sue passioni, dai suoi
egoismi e dal suo dolore.
In concreto, tutto ciò che l'uomo compie lo fa per soddisfare un proprio interesse e raggiungere così la
felicità.
Su questa base, si innesta la considerazione della società politica, che attraverso il patto sociale pone fine allo
stato di natura, sacrificando l'originaria libertà che da sempre ha caratterizzato l'uomo nello stato di natura
stesso.
E la sovranità non rappresenta altro che la somma delle singole porzioni di libertà a cui ciascun soggetto
rinuncia; conferita al sovrano, essa si manifestava come volontà generale.
11
La principale prerogativa attribuita al sovrano era quella di fare le leggi e di accompagnarvi la minaccia delle
pene, nei limiti e nel rispetto del patto sociale.
Nella visione di Beccaria, le leggi erano uno strumento per ottenere la massima felicità. In ambito penale,
questo si traduceva in bisogno di legalità e tutela dei diritti individuali.
Schematicamente, il pensiero di Beccaria si traduceva in:
riserva di legge: solo la legge posta dal sovrano può indicare quali condotte siano giuste e quali
–
sbagliate. La legge deve essere chiara, giusta ed eguale per tutti. Veniva, dunque, considerato reato solamente
ciò che si opponeva alla volontà del sovrano, espressa attraverso la legge.
Subordinazione del giudice alla legge: il magistrato deve limitarsi ad applicare le leggi ma non può
–
interpretarle.
Presunzione di innocenza: è un principio che esprime pienamente una visione illuministica del diritto
–
nonché ottimistica della società, che ha come scopo fondamentale quello di evitare i conflitti e di favorire
una pacifica convivenza all'interno della società. Al centro, dunque, vi sono l'uomo e i suoi diritti, nonché la
liceità delle sue azioni.
La pena deve essere mite, proporzionale, certa, inflessibile, caratterizzata da una certa prontezza.
–
La pena, secondo Beccaria, dovrebbe indurre, secondo una visione utilitaristica e laica, indurre il reo a non
commettere ulteriori reati e a distogliere i cittadini dal contravvenire le leggi.
Tuttavia, la pena deve essere anche superiore al bene che il delinquente ritrarrebbe dalla
–
commissione del reato. Il più della pena, nonostante tutto, deve essere regolato per evitare forme di tirannia.
Per questo motivo, Beccaria parla di mitezza della pena, dell'inflessibilità dell'applicazione in casi di
–
condanna.
Nell'ordinamento di Beccaria, dunque, non vi era spazio:
– per la pena di morte, secondo una concezione utilitaristica e contrattualista della pena, secondo cui
–
per prevenire i delitti, è meglio parlare di estensione e non d'intensità della pena.
Per la tortura, intesa come afflizione: essa è una sorta di pena ma viene erogata a chi ancora non
–
viene dichiarato colpevole
per i meccanismi processuali non rispettosi dei diritti individuali e del principio di presunzione di
–
innocenza. In particolare, dovevano essere bandite le interrogazioni suggestive e il giuramento a cui veniva
sottoposto l'accusato
per la pena straordinaria: per Beccaria, è dovere del giudice assolvere in caso di mancanza di prova
–
della colpevolezza.
Per le grazie: esse, infatti, deviano il normale corso della giustizia.
–
In un certo senso, Beccaria individuava un sistema in cui si distinguevano tre categorie di reati:
reati rivolti alla società
– reati che recano danni ai privati
– reati che violano la tranquillità pubblica.
–
Nel complesso, l'impianto proposto dal Beccaria tendeva alla razionalizzazione, semplificazione e
predeterminazione legale.
Per quanto dett