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MODELLO INDIVIDUALISTICO
Questo secondo modello corrisponde alla seconda risposta alla domanda che è completamente
diversa dalle altre due, e afferma che le libertà nascono con l'individuo. Questo significa che non
derivano dalla storia, che non c'è bisogno di alcuna legittimazione così risalente, ma significa che
l'uomo possiede dei diritti innati e questi diritti essendo propri all'individui nascono con lui, e quindi
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quando nasce l'individuo nascono anche questi diritti. Non c'è bisogno di alcuna legittimazione
esterna all'individuo, ma l'unica legittimazione necessaria è quella di ritenere di essere propri
dell'individuo in quanto tale. Se questo scenario evita qualsiasi forma di legittimazione esterna ai
diritti produce però una legittimazione non meno forte della precedente.
In questo modello rispetto a quello storicistico presuppone una frattura con il passato, l'esempio più
classico è quello della Francia rivoluzionaria. Più esattamente le discontinuità che il modello
individulistico riconduce con il passato sono due, cioè sono due i pilastri attorno al quale si crea un
approccio individualistico allae libertà:
il soggetto unico di diritto: l'ordine di antico regime era un ordine cetuale, le libertà
1. venivano riconosciute al singolo non in quanot individuo ma in quanto appartenente ad un
ceto. Il modello individualistico rompe esattamente questo aspetto con l'affermazione
appunto del soggetto unico di diritto in base al quale i diritti non si attribuiscono più in base
al ceto di appartenenza, ma i diritti si attribuiscono esclusivamente ad un unico soggetto che
è l'idividuo.
il potere costituente: siamo difronte ad un ulteriore rovesciamento del modo di pensare
2. all'ordine giurdico medievale. Il modello individualistico presuppone pensare all'ordine
giuridico non come dato e immutabile ma come voluto, l'ordine giuridico cessa di essere un
dato di fatto ma è diventa invece il prodotto della volontà degli indidivui. Approcciarsi alle
libertà intermine degli individualistici significa limitare il potere di determinare e anche di
cambiare l'ordine politico nel quale si vive. Esiste quindi una formula che che regola i
rapporti fra i sudditi e principe, fra i cittadini e potere, prima di questo patto con l'avvento di
un approccio individualistico alle libertà nasce il pattis societaris, cioè prima del rapporto
che regola cittadini e i sudditi al potere politico, esiste un patto che è fondante della società.
Questo significa una seconda svolta rivoluzionaria, significa smettere di pensare all'ordine
politico come dato immutabile, ma significa invece pensarlo a disposizione della collettività,
e quindi significa pensare a un potere in mano alla comunità politica che è il potere
costituente cioè il potere di creare l'ordine politico.
Per quanto riguarda le LIBERTA' CIVILI secondo un ottica individualistica, queste si affermano e
si acquisiscono con la nascita, cioè quando un individuo nasce, nasce corredato con queste libertà.
Questo però porta l'approccio individualistico ad incontrare un piccolo paradosso, cioè viene
immaginato come più garantista da questo punto di vista. Mentre l'approccio storicistico
legittimando le libertà nella storia tende a sottrarle alle disponibilità del potere politico; un
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approccio individualistico invece è portato a consegnare queste libertà al potere politico, perché non
è sufficiente affermarle ma vanno anche garantite.
Per quanto riguarda invece le LIBERTA' POLITICHE secondo l'ottica individualistica, a
differenza di quella storicistica, sono tutt'altro che accessorie e secondarie, qui invece sono centrali
e lo sono perché per sovvertire un ordine precedente è necessario affermare un potere molto forte e
cioè il potere costituente, cioè lalibertà di decidere l'assetto dell'ordine politico. Quindi secondo il
modello individualistico le libertà civili e le libertà politiche hanno lo stesso peso.
MODELLO STATUALISTICO
La risposta che il modello statualistico da alla medesima domanda è che i diritti nascono con lo
stato, e questo corrisponde ad un ulteriore cambio di prospettive. Questo significa assumere lo stato
come punto di riferimento per quanto riguarda le libertà e questo presuppone il fatto che prima
esiste uno stato e poi esistono i diritti perché i diritti in fondo gli individui ce l'hanno se e quanto (an
e quantum) decide lo stato; cioè è lo stato a decidere sull'anno cioè sul se riconoscere i diritti e sul
quanto cioè decidere sul contenuto che questi diritti debbono avere. Fuori dallo stato non possono
esistere diritti, e individui che godano di alcuni diritti essenzialmente è perché lo stato glieli
riconosce. Quindi mentre le prime due accezioni di libertà tendono a sottrarre al potere politico la
disponibilità dei diritti, questa terza accezione elimina qualsiasi forma di legittimazione intrinsica
ad individuo o esterna all'individuo, ma riconosce come unica legittimazione immaginabile per
quanto riguarda i diritti è immaginarli legittimati dal potere politico, e quindi dallo stato.
Quel dualismo tra libertà e potere, che era molto presente sia nell'ottica storicistica e sia in quella
individualistica, qui scompare del tutto, al posto del dualismo qui abbiamo un monismo: le libertà
esistono nella misura in cui esiste un potere, perché è il potere che le fonda. Qui non esiste il pattis
societaris, esiste soltanto il patto che regola i rapporti tra i consociati e il potere, e quindi nell'ottica
statualistica prima del potere non esiste alcuna società politica, esiste solo una moltitudine di
individui priva di libertà e potere. Naturalmente in un ottica statualistica lega sia il contrattualismo,
cioè che la società politica nasca attraverso un accordo tra individui, e sia il potere costituente; e li
lega perché entrambi rappresenteerbbero qualcosa a monte e che viene prima dello stato e non
sarebbe possibile perché significherebbe sostituire lo stato, prima dello stato invece in un ottica
statualistica esiste solo il disordine, è con la nascita dello stato che al tempo nascono la società
politica, e cioè il popolo, sia le libertà dei singoli individui. Hobbes dice esattamente questo: prima
che si sia fondato lo stato, e prima di costituire il sovrano, esiste soltanto una moltitudine di
individui in guerra l'uno con l'altro. A questo proposito nel testo si trova una distinzione: tra patto e
contratto. Per un teorico rigidamente statualistico teorizzare che niente esiste prima dello stato
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comporta un problema cioè che lo stato è comunque una creazione artificiale e ciò comporta che
qualcuno ha costruito questo stato e quindi così come è stato costruito potrebbe anche essere
distrutto, perché lo stato è l'unica totale dimensione e al di fuori di esso non esiste niente ne libertà
ne società politica, niente di giuridicamente rilevante. Quindi la distinzione tra patto e contratto
serve a individuare uno strumento di reazione dello stato che non metta in pericolo l'autorità, cioè
l'idea che in un ottica statualistica lo stato nasca non tramite un contratto ma tramite un patto. Il
contratto è quello tipicamente dell'ottica individualistica, è un atto bilaterale che gli indivdui e lo
stato stipulano. Ma la bilateralità di questo atto non sta nel numero dei soggetti ma sta nel tipo di
impegno che i soggetti prendono con questo tipo atto, più esattamente c'è un impegno uguale, cioè
c'è reciprocità. Il contratto è bilaterale perchè "io do affinché tu mi dia": io ti affido il potere
politico, però tu stato ti impegni a garantire i miei diritti, c'è uno scambio reciproco. Il patto invece
è un atto unilaterale che significa che l'obbligazione non va in entrambe le direzioni, gli individui
creano lo stato e lo stato in cambio non offre niente; è un atto di subordinazione, non negoziabile,
irreversibile e non "trasmette nemmeno potere" perché gli individui non possiedono niente, non
possiedono libertà da trasferire allo stato, ma si limitano a sottomettersi allo stato perché quella è
l'unica condizione possibile di esistenza, perché vivere in una condizione non statuale è pericoloso
non garantisce la loro stessa sicurezza. E quindi lo stato è condizione necessaria per la loro
sopravvivenza ed è condizione poi necessaria alla creazione delle libertà individuali e la condizione
necessaria al loro esistere come comunità politica, cioè come popolo.
Le LIBERTA' CIVILI secondo un ottica statualistica sono quello semplicemente quello che lo
stato decide che siano, lo stato ha la possibilità di determinare sia l'ann che il quantum, cioè sia il se
debbano esistere le libertà sia che contenuto eventualmente debbono avere. È quindi tutto nelle
mani dello stato, del potere politico, che decide se debbano esistere e che contenuto devono avere.
Per quanto riguarda le LIBERTA' POLITICHE una delle esperienze più drasticamente
statualistica è quella dello stato di diritto ottocentesco, uno dei grandi padri del liberismo
ottocentesco italiano Vittorio Emanuele Orlando ricostruiva il diritto di voto in un modo molto
curioso, lui diceva che le persone vanno a votare perché lo stato, che ha bisogno di creare un
proprio organo, chiede a loro di aiutare a nominare questo organo. Il diritto di voto in questo senso
forse non è neppure un diritto perché non risponde ad un esigenza dell'individuo ma risponde ad un
esigenza dello stato, e quindi in un ottica rigidamente statualistica possiamo concludere che i diritti
politici non sono dei veri e propri diritti ma assomigliano più all'esecizio di una pubblica funzione,
cioè una funzione che io svolgo perché lo stato mi chiede di farlo per aiutarlo a formare un organo
di cui lui ha bisogno. pag. 166
Questi tre modelli teorici non li rinveniamo nella realtà esattamente così fondati esclusivamente su
queste basi concettuali. E questo spiega perché vi si invenga in certe esperienze storiche
combinati a coppia. Queste tre risposte si escludono l'una con l'altra ma si combinano perché la
realtà è sempre più complessa della teoria e perché questi modelli sono categorie interpretative che
a noi servono per spiegarci la realtà e quindi non è assurdo ritrovarli combinati ad esempio nelle