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Il corso degli studi giuridici

I rapporti degli studenti con i professori all'inizio furono di natura privatistica, in virtù del quale gli studenti concordavano con il professore tempi e costi delle lezioni. Più tardi furono le sedi universitarie ad assicurare uno stipendio, ma anche quando ciò accadde, gli studenti mantennero con il professore il potere di concordare i modi e temi dell'insegnamento. L'insegnamento iniziava ai primi di ottobre sino alla metà di agosto, con un orario assai pesante. Attività didattica sui testi giustinianei. Preoccupazione di finire l'intero programma. Il corso degli studi non ebbe per molto tempo una durata specifica, ma solitamente si protrasse per molti anni. L'educazione giuridica, attraverso ripetuti ascolti da parte degli studenti, si faceva attiva negli interventi. Solo alla fine del lungo ciclo cominciavano gli esami: lo studente si presentava da un professore a sua scelta per.chiedergli l'autorizzazione di sostenere le prove finali. In caso affermativo, lo studente veniva ammesso alla prova a porte chiuse davanti al Collegio dei dottori giuristi "Tremendum et rigorosum examen". Occorreva poi superare un ulteriore esame pubblico, che era anche assai oneroso (panni e abiti di pregio in dono ai professori) sino alla proclamazione di Doctor iuris. Il lungo e faticoso addestramento costituiva la via per conseguire non solo il titolo, ma anche le qualificazioni professionali richieste per l'esercizio delle funzioni giuridiche di livello superiore. L'estrazione sociale degli studenti è variegata: accanto ad una maggioranza composta di esponenti di famiglie della borghesia e del patriziato delle città, troviamo rampolli di nobili di tutta Europa; ma anche, non di rado, giovani di famiglie modeste. Canale privilegiato di mobilità sociale. Professioni legali e giustizia Il notariato A partire dal secolo XII non sono più

Le dichiarazioni dei testimoni a dare all'atto notarile il suo valore probatorio, bensì proprio solo in presenza di certe formalità previste per l'atto (instrumentum), nonché la sottoscrizione autografa del notaio che lo redige. Questa fondamentale innovazione è un prodotto della consuetudine. Al livello legislativo e dottrinale appare in un secondo momento. L'atto del notaio fa piena fede, offre cioè piena prova di ciò che le parti hanno compiuto e dichiarato dinanzi al notaio medesimo, e che solo l'impugnazione dell'atto per falso può rimetterne in discussione il contenuto. Rilevanza probatoria della fede pubblica. Conseguenze fondamentali: certezza dei rapporti giuridici, i negozi privati vengono sottratti ai rischi del tempo e alle incertezze del procedimento probatorio, che gravano sulla prova testimoniale e sulla scrittura privata. Valore direttamente esecutivo di talune categorie di atti rogati dal notaio.

(le parti se nepossono avvalere durante il procedimento).Il registro nel quale figuravano, in forma abbreviata, tutti gli estremi dell'atto prese il nome di imbreviatura:offriva la possibilità di controllare anche a distanza di molto tempo la corrispondenza di un singolo atto con itesti originali e se ne potevano trarre nuove copie autenticate. Si affermò la prassi che l'imbreviatura avessevalore di prova. 13Storia del diritto in Europa – A. Padoa SchioppaLe artes notariaeDel tutto verosimile è che il mestiere si apprendesse essenzialmente con la pratica condotta per alcuni annipresso un notaio. Non solo a Bologna, videro la luce formulari notarili (raccolte di formule): mostrano comei notai sapessero sapientemente coordinare regole di diritto romano comune e consuetudini locali, norme deldiritto canonico e regole del diritto feudale, senza trascurare gli statuti cittadini. 1219 a Bologna nasce lascuola di notariato. Nuovo genere letterario: il

Grande il ruolo esercitato dai notai della civiltà comunale. Essi assicuravano la certezza dei rapporti giuridici privati mediante l'instrumentum. Inoltre a loro risale il merito di aver ideato e radicato nella prassi una serie di istituti giuridici nuovi in simbiosi con i protagonisti della vita economica. Onnipresenza del notaio nella società comunale. Minor prestigio del notariato fuori dall'Italia nei paesi con regimi monarchici: riservare la potestà di redigere atti pubblici a pochi corpi privilegiati, o nell'imporre la presenza di un giudice regio munito di sigillo. Ma anche in queste forme, il documento pubblico ebbe ampio riconoscimento.

I Collegi dei giudici e avvocati

A partire dal Duecento esisteva nei principali comuni italiani un Collegio dei giudici che accoglieva i giurisperiti accreditati (non sempre universitari) ad operare nella città. L'ingresso nel Collegio avveniva secondo

regole stabilite nello statuto ed era il risultato di una cooptazione che prevedeva l’accertamento delle conoscenze tecniche di diritto considerate indispensabili all’esercizio delle professioni legali. Gli statuti cittadini imposero nel tempo il requisito della frequenza di uno studio universitario per un numero di anni che cambiava da città a città. Ma soprattutto si affermò il criterio della cittadinanza quale requisito necessario per l’ammissione al Collegio. L’ingresso venne reso sempre più restrittivo, esigendosi la cittadinanza anche per gli avi e l’attestazione che gli avi non avessero esercitato arti vili. Progressiva restrizione aristocratica. Da notare che in questa epoca in cui il larghissimo ventaglio delle scritture pubbliche e private, civili e processuali affidate ai notai implicava che il numero dei notai fosse in gran lunga superiore a quello di avvocati, consulenti, giudici. Il processo romano-canonico I tratti

Le cause iniziavano con la proposizione di un breve scritto (libello) nel quale l'attore indicava la controparte, l'oggetto della lite e la ragione della sua pretesa. Il giudice fissava il termine di comparizione di entrambe le parti e nel giorno stabilito avveniva la litis contestatio nella quale le due parti esprimevano le rispettive posizioni. Esse prestavano giuramento a conferma della loro buona fede. Seguiva l'enunciazione scritta delle domande di ciascuna parte. La procedura scritta si applicava anche alle dichiarazioni dei testimoni, che venivano raccolte da notai. Udite le allegazioni dei difensori, il tribunale pronunciava la sentenza che nel campo civile era di regola impugnabile in appello. Divenuta definitiva la condanna, il soccombente era tenuto all'esecuzione del giudicato che veniva imposto coattivamente e, in caso di inottemperanza, mediante la stima e vendita.

La forzata dei beni corrispondenti. Dalla fine del Duecento si affermò un procedimento più snello, il procedimento sommario. Nel campo penale, la fase iniziale fu caratterizzata dal principio accusatorio. La vittima di un reato o i suoi familiari presentavano al giudice l'accusa e dovevano provarne il fondamento; se la prova non veniva fornita, l'accusatore rischiava la medesima pena gravante sull'accusato. Alla fine del Duecento si affermò il principio inquisitorio, anch'esso derivato da modelli canonistici, con il quale per i reati più gravi l'iniziativa di procedere alla raccolta delle prove era affidata d'ufficio al giudice sulla base di qualsiasi notizia di reato. Per le condanne penali generalmente era escluso l'appello. Il sistema delle pene subì un mutamento altrettanto profondo: originariamente, pene quali il bando (espelleva l'autore del reato dalla città ed autorizzava chiunque lo trovasse ad

ucciderlo) insieme con la confisca dei beni. A partire dal Duecento, cominciò ad irrogarsi per l'omicidio la pena capitale. Il ruolo della pace privata regredì facendosi strada la moderna concezione pubblicistica del reato e della pena. Processo formalizzato, prevalentemente scritto, fondato su regole probatorie precise.

Il consilium sapientis A partire dal Duecento era divenuto frequente in Italia che i giudici cittadini affidassero ad uno o più giuristi di professione il compito di predisporre un parere legale per una causa in discussione davanti al tribunale. Il parere così commissionato dal tribunale veniva assunto dal giudice come sentenza risolutiva del caso. In Toscana troviamo frequentemente consilia richiesti da giudici professionisti a giuristi di altre città, probabilmente allo scopo di evitare al giudice il rischio di un processo per sindacato al termine del suo mandato. In talune

città questa prassi assume i caratteri di una regola generale. La giustizia è nelle mani dei giuristi locali. Vi era però un'altra forma di parere: a chiederlo non era il giudice bensì una delle parti in causa, che preferiva aggiungere alla difesa normale anche il potere di un luminare del diritto. Tali consilia erano ben distinti dalle allegazioni degli avvocati, in quanto chi li sottoscriveva con ciò stesso dichiarava che, ove fosse stato il giudice, tale sarebbe stata la sua decisione (pareri pro veritate): propria responsabilità giuridica e scientifica. La giustizia Il ricorso alle fonti dotte e alle tecniche di argomentazione fondate su di esse costituisse un formidabile strumento per far valere le ragioni in diritto della parte che aveva dalla sua un giurista addestrato a muoversi con disinvoltura tra i testi giustinianei. I poteri del giudice appaiono molto forti. Nel decidere i consoli sono relativamente liberi: soprattutto sembrano essere.largamente a loro discrezione le decisioni sulle prove, dalcui esito dipende la causa (in tema di ammissibilità dei testimoni sono liberi). Solo raramente possiamo valutare le argomentazioni giuridiche poste sulla base della sentenza, perché esse non erano motivate in diritto. I giudici dell'età comunale esercitavano una funzione decisoria efficace, nei tempi perché i documenti mostrano come le cause cittadine venissero per lo più decise nell'arco di settimane o mesi; nel merito, anche perché i consoli spesso risultano operare con criteri più vicini alla giustizia arbitrale che a quella ordinaria. I Commentatori I postaccursiani Nella prima metà del Duecento, Jacopo Baldovini distingue le norme ordinatorie da quelle decisorie, per la prima volta separando il piano della disciplina processuale da quello del diritto sostanziale. Ma con Accursio si era ormai esaurita la funzione storica della Glossa. Il metodo introdotto daienerale. Tuttavia, il termine "studio generale" era spesso usato per riferirsi a istituzioni di istruzione superiore che offrivano una vasta gamma di discipline accademiche, compreso il diritto. Durante il periodo dei glossatori, le università e gli studi generali divennero centri importanti per lo studio del diritto romano e canonico. I glossatori erano studiosi che si dedicavano all'interpretazione e all'analisi dei testi giuridici, in particolare delle Pandette di Giustiniano. Per formattare il testo utilizzando tag html, puoi utilizzare i seguenti tag:

Glossatori si andava espandendo in Italia e in Europa: Studi generali. In molti luoghi l'inizio dello studio superiore del diritto secondo il nuovo metodo bolognese ha preceduto il riconoscimento formale della scuola come Studio generale. Tuttavia, il termine "studio generale" era spesso usato per riferirsi a istituzioni di istruzione superiore che offrivano una vasta gamma di discipline accademiche, compreso il diritto.

Durante il periodo dei glossatori, le università e gli studi generali divennero centri importanti per lo studio del diritto romano e canonico. I glossatori erano studiosi che si dedicavano all'interpretazione e all'analisi dei testi giuridici, in particolare delle Pandette di Giustiniano.

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A.A. 2012-2013
48 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del Diritto Medievale e Moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cavina Marco.