vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
TITOLO SULL'ORDINE GIUDIZIARIO
Alcune difficoltà si presentarono immediatamente per l'attuazione del titolo relativo all'ordine giudiziario, oggetto intorno al quale già durante il regno di Giuseppe si erano verificati contrasti: il ceto forense era riuscito ad opporsi alla riforma, ma Giuseppe smanioso di sigillare anche questa riforma aveva lasciato in sospeso le importanti questioni sollevate.
Un grave problema riguardava la giurisdizione penale: esistevano le corti criminali quali tribunali di unico grado in ciascuna provincia del regno. Contro le sentenze emanate da questa era previsto solo il ricorso alla corte di cassazione. Tale sistema si differenziava da quello francese che prevedeva l'esistenza del tribunale e di due jurì, quello d'accusation e quello de jujement, sistema che compensava la mancanza del grado di appello. I tribunali avevano competenza solo sulle questioni di diritto, spettava loro in presenza di un riconoscimento.
della responsabilità dell'imputato da parte del giurì, graduare la pena. A Napoli invece non era stato creato né un tribunale d'appello né il giurì; su richiesta di spiegazione da parte di Murat gli fu detto dall'arcicancelliere che la scelta tra i due doveva essere fatta sulla base delle circostanze e delle specifiche esigenze del regno, perciò Murat doveva compiere una scelta di fondo anche se egli era consapevole di non avere l'autonomia necessaria per cambiare le leggi della costituzione; nel 1808 comunque decise di non adottare il sistema delle giurie popolari, e inviò una lettera al cognato chiedendo aiuto e sottolineando la responsabilità di Giuseppe per avergli lasciato una cattiva legge, chiarendo così la sua poco felice condizione, cioè quella di attuare in breve tempo leggi inadatte ed insufficienti. Murat, comunque, nel dicembre del 1808 decise di dare intera attuazione alla costituzione, infatti.già nel gennaio predispose i preparativi per la convocazione del parlamento, nonostante i dubbi e le incertezze: sotto la guida di Zurlo (che seguì a Capecelatro) si svolsero i lavori per la formazione dei collegi elettorali che avrebbero avuto funzione tecnica e politica, successivamente vennero nominati i presidenti e poi convocati su tutto il regno e si aprirono finalmente i lavori. Dopo di ciò (1811), però, stranamente non si parlò più del parlamento nazionale. Perché si arenò tutto proprio quando il governo era pronto per la convocazione dell'assemblea? In quel periodo i rapporti tra Murat e l'imperatore si erano deteriorati, infatti partito per Parigi Murat per la nascita dell'erede di Napoleone egli era inspiegabilmente tornato prima dei festeggiamenti, decidendo di continuare ancor più nettamente la battaglia di indipendentista, emanò così un decreto che imponeva a tutti gli stranieri di.Proporre domanda di neutralizzazione, pena la decadenza dall'incarico ricoperto: con tale attuazione della costituzione egli intendeva rendere i francesi pienamente suoi sudditi, questo decreto gettò in uno stato di angoscia tutti i francesi, per contro gli esponenti del partito napoletano erano entusiasti. Ma immediatamente nella notte tra il 14 e il 15 arrivò a Napoli il decreto imperiale con il quale Napoleone ordinava che tutti i cittadini francesi fossero di diritto cittadini del regno delle due sicilie e che pertanto la disposizione murattiana non li riguardava. Il dispiacere del re per aver così capestato la sua dignità l'imperatore fu grandissima, pochi giorni dopo egli si ritirò nella reggia di Capodimonte dove restò in isolamento per molti giorni: solo il 20 luglio firmò un decreto con il
quale riconosceva pienamente la cittadinanza napoletana ai francesi impiegati nel regno. Ecco a cosa si addebita l'abbandono del progetto relativo alla convocazione del parlamento nazionale: poiché Napoleone non aveva voluto l'attuazione della norma sulla naturalizzazione, egli si ritenne in pieno diritto di lasciar sospesa l'attuazione di quest'altra norma della costituzione. I CENTO GIORNI PIÙ LUNGHI DEL REGNO DI NAPOLI Gli avvenimenti politico-militari della primavera del 1808 segnarono l'inizio della decadenza di Napoleone. Egli infatti aveva conquistato il trono di Spagna con l'astuzia e l'inganno e ciò fu la sua rovina, in quanto distrusse la sua stima in tutta Europa. Infatti, sin dall'incoronazione di Giuseppe gli spagnoli trascinarono i francesi in una serrata guerriglia, in cui si trovarono di fronte anche le truppe inglesi occorse in aiuto delle spagnole. Anche la brutalità con la quale Napoleone trattòIl fratello ed il cognato suscitò un'impressione negativa (Chateaubriand scrive: prese la corona dalla testa del fratello e la pose su quella del cognato, con una manata calzò il copricapo sulla testa dei nuovi re, e quelli se ne andarono ciascuno dalla sua parte, come due coscritti che hanno cambiato sciacco). Il regno di Napoli fu lasciato a se stesso tra un ex re che dal trono spagnolo continuava a legiferare e un nuovo sovrano che tardava ad insediarsi; quei cento giorni (fine maggio-inizio settembre 1808) sono stati considerati come una semplice fase di transizione, in realtà fu una realtà in grande movimento, il Cacciatore, nel suo commento della Storia del Colletta, mise chiaramente in luce il sentimento di delusione dei napoletani per la condotta del Re, e come scrive De Nicola nel suo diario "un re che aveva badato prima di tutto ai suoi interessi ed alla fine non aveva avuto esitazioni a lasciare i suoi sudditi per altra destinazione: se i napoletani
erano delusi i francesi erano adirittura furiosi per l'obbligo della naturalizzazione inserito nella costituzione. È verosimile che in tale contesto sia potuta sorgere una vasta opposizione al regime napoleonico: si allude alla nascita della carboneria meridionale della cui esistenza nel regno si hanno le prime notizie certe proprio nel 1808; inoltre risulta singolare che il fondatore venga indicato Briot francese, giacobino, repubblicano e fautore della causa italiana, cioè un uomo che meglio di ogni altro esprime le due anime dell'opposizione del regime, quella liberale napoletana contro lo stato totalitario voluto da giuseppe e quella francese delusi dal tradimento del sovrano. Ma accanto a Briot il partito costituzionalista del regno aveva figure come Poerio, Cuoco, Abbamonti, i quali abbracciata la fede giacobina avevano vissuto l'esperienza della repubblica napoletana e volevano darle una costituzione. È probabile che intorno a questi personaggiruotasse il partito costituzionalista silenzioso sino a quando gli eventi bellici del 1812 non aprirono un varco alle sue speranze. Infatti l'eco della disfatta di Napoleone in Russia, le notizie di Sicilia e Spagna che parlavano di costituzioni democratiche concesse con l'avallo dell'Inghilterra animarono le ambizioni dei patrioti. Ad essi venne incontro anche Carolina Murat, reggente in assenza del marito, che si propose di appoggiarsi alla carboneria napoletana promettendo la concessione di una costituzione. Tuttavia, il ritorno di Murat vanificò il progetto della regina e le speranze dei patrioti, poiché il sovrano, consapevole della gravità della situazione, preferì scegliere la via austriaca piuttosto che quella inglese per mantenersi sul suo traballante trono. All'alleanza segreta con gli Asburgo si unì il perseguimento di una politica anti-costituzionale sul fronte interno. Perciò, riscontrata la grande diffusione della
carboneria nel regno ordinò, appoggiato dalla massoneria, la repressione dellasetta.BRIOT E LA CARBONERIA
Mathiez nella sua ricerca sulla Francia del terrore, proiettata verso una nuova positiva considerazione di Maximilien Robespierre, si imbatté in un estremista di nome Briot che all'inizio del 1974 si contrappose al fratello di Robespierre, il fratello del capo del terrore, mostrando però per questo personaggio scarsissimo interesse, a distanza di pochi anni nella pubblicazione di un suo saggio nel 1928 Mathiez attribuiva al giacobino Besancon la fondazione della setta della carboneria, perché?
Il prof fa una ricostruzione: il libro di Mathiez capitò nelle mani di Dayet, un discendente di Briot, che dovette risentirsi per il trattamento riservato all'avo; contattò quindi lo storico.robespierristaincuriosendolo con una nuova ipotesi affascinante, in grado di stravolgere quel quadro. In base a documenti privati, Briot sarebbe stato il fondatore della carboneria napoletana, pertanto avrebbe cospirato segretamente contro Napoleone. Mathiez chiese conto di quei documenti ma Dayet gli riferì che erano andati persi in circostanze misteriose, anche se ne aveva ricopiati alcuni e di altri ne aveva redatto una lista. Mathiez, quindi, raffreddò i suoi iniziali entusiasmi, e ciò non cambiò quando Rambaud in un suo scritto attribuì a Briot la fondazione della setta della carboneria nel mezzogiorno. Per lo storico Mathiez mancavano prove certe per avallare la tesi di Briot quale fondatore, tesi suggestiva ma non ardita. Nel frattempo lo storico Soriga, sulla rivista Risorgimento, pubblicava un saggio con il quale pubblicava integralmente il rapporto presentato dall'alto ufficiale a Murat nel giugno del 1814, in virtù del quale sosteneva la
derivazione francese (precisamente franc-comtoise) della carbonerianapoletana. Mathiez leggendo questo saggio rimase colpito, in quanto la ricostruzione del Soriga,storicamente inoppugnabile, convergeva con le ipotesi del Dayet. Così diede alle stampe un saggio(già apparso sugli annales nel 1828) con il quale elaborò la formulazione storica della tesi relativaalla fondazione della carboneria da parte di Briot. Negi anni ’50 la storiografia tornò nuovamente adoccuparsi di briot: dopo un intervento di Peroni fu ancora il dayet a riproporre il tema dellacarboneria in due saggi pubblicati sempre sugli Annales Historiques dedicati ai rapporti di Briot conJullien de Paris e luciano Bonaparte, riportado tracce di corrispondenza intervenuta chedocumentava un rappoto duraturo non solo affettivo ma anche politico, e dei rapporti con CarolinaMurat la quale evidenziava il particolare interesse per Briot e la sua famiglia, dovuto a guadagnarsil’appoggio
della carboneria nel momento in cui suo marito imbeccava la strada anti-francese; infine con gioacchino murat che volle con il briot una riconciliazione dopo tolentino per ottenere il sostegno della carboneria. Nonostante tutti gli