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Riforme del sistema giudiziario e legislativo nel Regno di Napoli

Perciò solo dopo il 1825 la discussione riprese su larga scala ed investì tutti gli aspetti del sistema giudiziario e legislativo d'origine francese e quindi anche della Corte Suprema, ed in particolare dei suoi poteri in tema di annullamento.

Tuttavia alcuni progetti di riforma elaborati nella Consulta generale del Regno e presentati nel 1827 non produssero, a quanto pare, alcun risultato.

Della faccenda si ridiscusse, anche questa volta senza alcun esito dieci anni più tardi, nel 1837, in coincidenza, non saprei dire fino a che punto casuale, con la importante decisione assunta in Francia di abolire il référé legislatif: l'iter processuale si sarebbe concluso nella Cassazione toutes les chambres réunies, eliminando perciò il ricorso al Sovrano nel caso di dubbio di legge. Tali cambiamenti nel regno di Napoli non ebbero luogo: ragion per cui quelli che si potevano considerare i vizi d'origine dell'istituto sarebbero.

restati tali fino alla fine del Regno. In questa sede naturalmente accennerò soltanto ad alcuni dei tanti temi in discussione, quelli che si possono considerare tra i più espressivi dei termini della questione, avendone trattato in un lavoro di qualche anno fa più estesamente. L'occasione immediata di quelle discussioni, polemiche senza fine, opposizioni accanite, iniziate durante il Decennio francese ma sviluppatesi molto più ampiamente nella prima metà degli anni Venti, fu data dalle condizioni dell'ordine pubblico, dopo gli sconvolgimenti della rivoluzione costituzionale del 1820-21. I disordini d'ogni genere diffusi in tutto il paese sembravano richiedere un più stretto controllo del governo su tutte le pieghe della società, ed in particolare una più diffusa presenza delle corti di giustizia, in particolare della giustizia criminale sull'intero territorio: un riesame della normativa vigente e del sistema giudiziario.appariva a questo proposito indispensabile. Discutendo sui numerosi aspetti e problemi della giustizia, ed in particolare del rapporto delle singole magistrature col numero degli abitanti dei distretti provinciali, il Consiglio dei Ministri nel 1824 si era orientato infatti ad un riesame complessivo del sistema. D'altra parte le leggi del 29 maggio 1817 e del 7 giugno 1819 che regolavano rispettivamente l'ordinamento giudiziario delle province continentali del Regno e di quelle della Sicilia (che avevano ricalcato lo schema della Legge organica 20 maggio 1808, cioè di età napoleonica) erano in vigore ormai da molti anni, per cui sarebbe stato possibile "conoscere gli effetti che hanno avuto sull'amministrazione della giustizia e rilevarne modifiche e miglioramenti", secondo quanto si legge nel rapporto con cui il Ministero spedì i vari quesiti alla Consulta generale. Ragion per cui anche il problema delle inefficienze e del cattivo funzionamento.

della Cassazione, tante volte denunciato dal Ministero e dallo stesso Consiglio dei Ministri, poteva essere affrontato, com'era del resto ragionevole, nell'ambito di un riesame complessivo del sistema. La complicata questione fu dunque demandata alla Consulta generale, il nuovo organo consultivo creato nel 1824 su sollecitazione del Mettermeli che ripetutamente aveva insistito perché i sovrani italiani si dotassero, sull'esempio austriaco, di organismi consultivi che potessero coadiuvare i governi, soddisfare almeno in parte le aspirazioni e le idealità politiche delle borghesi e liberali, dare insomma più stabilità ai troni dopo gli sconvolgimenti del 1820-21, indicando una sorta di terza via tra la Monarchia assoluta e la Monarchia costituzionale. Il re di Napoli, si sa, resistette a lungo alle pressioni austriache, e finì con l'accettare obtorto collo la creazione della Consulta, che fu infine istituita ma non fu dotata di poteri effettivi.

Di orientamento politico; le furono attribuite materie tutto sommato d'importanza marginale e funzionò poco e male. Il Regno borbonico mantenne perciò le sue forme illiberali fino all'unificazione nazionale: per cui se si assumesse come linea interpretativa della storia politica e costituzionale delle Sicilie quella della Monarchia consultiva, essa non ci porterebbe da nessuna parte.

Tuttavia l'ampia documentazione prodotta dalla Consulta generale, sia quella relativa agli atti del 1825-27, sia quella della fine degli anni Trenta giunta fino a noi può essere considerata come un insieme di fonti utilissime, una documentazione diretta ed estremamente consapevole degli umori di tanta parte del sapere giuridico nei confronti del sistema giudiziario francese e dei suoi referenti sociali e politici; un esame attento delle virtù e dei difetti di un ordinamento mai del tutto condiviso, quello basato per l'appunto sul doppio grado di giurisdizione e sul

giudizio di legittimità. Cassazione o revisione? Entro questi due poli si svolsero infatti le tante discussioni che accompagnarono l'intero percorso della Corte suprema nell'Italia preunitaria, nel regno delle Due Sicilie, e nell'Italia unita. Difatti nel Regno meridionale durante la Restaurazione se ne discusse ampiamente sia negli organismi di governo sia nel più generale dibattito sull'opportunità di mantenere in vita le istituzioni del decennio. Tuttavia in quel periodo l'esperienza della Cassazione napoletana era ancora troppo breve. Essa era stata istituita infatti con la Legge organica del 20 maggio 1808 ed era entrata in funzione il primo gennaio 1809 assieme al Codice civile. Perciò "non aveva ancora scoperti tutti i difetti del nuovo", come sarebbe stato notato nella Consulta qualche anno più tardi. Ancora troppo scarsa la sua giurisprudenza, mentre quella francese non era ancora conosciuta a sufficienza. Fu dunquesaggia la decisione dovuta in gran parte al ministro della Giustizia Donato Tommasi, "il lasciar in questa parte le cose come si trovavano". Il Tommasi assieme a Luigi de' Medici erastato uno dei principali sostenitori della politica cosiddetta dell'amalgama, che come suo obbiettivoaveva quello di realizzare un compromesso tra le diverse anime della cultura politica meridionale(quella murattiana, la borbonica, la reazionaria) e di mantenere in vita la legge francese e leistituzioni amministrative e giudiziarie di età napoleonica, sia pure con qualche ritocco.Tuttavia sia per mascherare la derivazione straniera della Cassazione, sia per prefigurare unitinerario diretto alla sua modifica in tribunale di revisione secondo il modello austriaco e tedesco lefu cambiato il nome in Corte Suprema di Giustizia "dandosi così preludio del cambiamento che lacosa avrebbe potuto ricevere appresso, adattandola ad un nome capace di sostenere diversisistemi", come notava Gaspare Capone, che fu per molto tempo il principale animatore all'interno della Consulta generale dei dibattiti sui poteri della Corte Suprema. Ma proprio questo era il punto più delicato. Come sarebbe stato possibile innestare il procedimento della doppia conforme nel nuovo sistema rigidamente gerarchico, fondato sul doppio grado di giurisdizione? Comunque i tempi sembravano ormai maturi per un riesame complessivo del sistema francese definito dallo stesso presidente della Consulta, il Principe di Cardito, "un rottame". Numerose furono dunque le incongruenze imputabili a questa "invenzione infernale". In questa sede ne riporterò solo qualche esempio, ampiamente comprensivo del resto, perché riferibile ad una ambiguità d'origine dell'istituto che sarebbe stata corretta in Francia solo nel 1837, ma che restò inalterata nella Cassazione napoletana. È da notare che il confronto conl'esperienza francese appariva necessaria per entrambi gli schieramenti, quelli a favore ed i contrari. In Francia, prima della rivoluzione, si sosteneva dalla parte avversa alla Cassazione, il Sovrano amministrava abitualmente un rimedio straordinario contro le decisioni dei Parlamenti, i grandi tribunali del Regno soppressi dalla rivoluzione, in conseguenza della loro doppia ingerenza nella sfera del potere legislativo. Una indebita ingerenza che si realizzava sia rifiutando di registrare le ordinanze del Re "quando loro non piacevano", notavano i consultori napoletani, sia producendo degli "arresti regolamentari", giacché essi stabilivano "in via generale" massime di diritto sostanziale o di rito, surrogando perciò una funzione propria del legislativo. Non era forse vero del resto che i Parlamenti si consideravano i depositari ed i custodi delle lois fondamentales della Monarchia temperata? Altra storia quella del regno di Napoli dove il

rimedio straordinario era stato sempre "riguardatocome abusivo".

Ragioni dunque di natura politica e giuridica quelle secondo le quali i sovrani del Regno avevanonegato costantemente quel rimedio. In ogni caso i rarissimi interventi del re, non avevano maicomportato come necessaria conseguenza che costui si arrogasse poteri di natura giurisdizionale,ma solo quello di accordare una sentenza di revisione, il che, era bene sottolinearlo, avveniva "unasola volta su mille".

Al contrario ciò che la Cassazione aveva "di proprio e di essenziale" perché era un carattereconnaturato alla sua ambiguità originaria, consisteva nel fatto "che il Re decideva necessariamente egiudicava positivamente" tutte quelle cause nelle quali la Corte Suprema non fosse stata dello stessoavviso delle Corti d'Appello, perché in quei casi la legge si presumeva dubbia ed il dubbio di leggedoveva essere risolto dal potere politico. Confusione

Evidente dunque tra legislativo e giudiziario quella che nasceva dal cosiddetto dubbio di legge e dal référé legislatif. E perciò "grande contraddizione dello spirito umano, quella secondo la quale l'Assemblea legislativa francese, fin dagli inizi della rivoluzione, "per voler allontanare il Re dai giudizi e per separare meglio le funzioni del governo dalla giudiziarie, abbia immaginato una strada che conduce a folla le cause al governo e le fa finire con atti legislativi o governativi e giudiziari insieme", notavano con una certa asprezza i sostenitori del sistema antico.

A ben riflettere era questo un problema reale, cioè una contraddizione evidente al principio tanto conclamato ed appassionatamente sostenuto almeno in teoria della separazione dei poteri, quanto disatteso in realtà, soprattutto dalla legge napoleonica del 1807 sulla Cassazione francese, recepita nel regno di Napoli dalle Leggi del 20 maggio 1808.

sull'ordinamento giudiziario e dalla Legge del 12 aprile 1812 sulla Cassazione, una legge che raccolse in un testo unico tutte le norme che nel frattempo erano state emanate; riprodotta, con qualche leggera modifica nel 1817 e sostenuta a
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A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto italiano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Liberati Gianfranco.