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III di santificazione dei luoghi e di oggetti, e quindi di uno sviluppo in senso templare e sacrificale, diciamo pure (letteralmente) "idolatrico".
Fin dalla seconda metà dell'Ottocento, storici di formazione e sensibilità differenti hanno proposto interpretazioni antitetiche al canone 36 del Concilio di Elvira, una presunta assemblea di vescovi iberici tradizionalmente datata ai primi anni del secolo.
IV Il dettato del canone fu inteso a suo tempo come ispirato dal timore che le pareti istoriate delle chiese (immagini votive?) potessero diventare oggetto di culto. Ma questa lettura contraddice palesemente il senso letterale dell'affermazione che non esprime il divieto di adorare le pitture esistenti sulle pareti delle chiese, ma si prescrive di non dipingere sulle pareti delle chiese ciò che è oggetto di culto, cosa che molti evidentemente, e non soltanto in Spagna, avevano ben cominciato a fare.
Ma è soprattutto la lettera
all'augusta Costanza, ormai ritenuta autentica da tutti gli specialisti, laddove, per giustificare il rifiuto di assecondare la richiesta della sorella del principe di possedere "una certa immagine, che dovrebbe rappresentare Cristo", si argomenta con ben altra gravità l'impossibilità e l'illiceità di riprodurre materialmente le fattezze umane trasfigurate del logos incarnato e risorto, una forma di idolatria. E' opportuno fare una breve riflessione alla figura giuridica delle res sacrae intese come spazi immuni e inviolabili in quanto consacrati ossia dedicati agli dèi attraverso una procedura sancita dal diritto pontificale. Tra la fine del e l'inizio del secolo, alcune leggi confluite nel Codice Teodosiano IV V definiscono le chiese come luoghi immuni nei quali è vietato spargere il sangue e portare le armi e come aree protette dal diritto di asilo. Nel corso del secolo si andò definendo la procedura rituale.per la dedicazione delle chiese tramite la deposizione delle reliquie sotto l'altare, l'aspersione con l'acqua benedetta e l'unzione con l'olio santo, i circuiti processionali intorno al perimetro delle mura e le formule di esorcismo per liberare il luogo di fondazione da eventuali presenze demoniache. Tale processo è già consolidato sotto papa Gelasio, alla fine del secolo. Da Gerusalemme all'Europa. Le orme divine dell'Ascensione. Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, i maggiori folkloristi, etnografi ed eruditi documentarono l'estrema diffusione nelle campagne e nelle aree rupestri, delle leggende che attribuivano le impronte megalitiche naturali o artificiali (rilavorate dall'uomo per adattarle agli schemi e ai racconti mitici tradizionali) al passaggio o alla presenza di eroi e personaggi della fiaba e del mito. Peraltro, nel folklore moderno d'Europa, uno spazio considerevole in questa.sorta di iknografia mitico-religiosa spettava ancora a Gesù, alla Madonna, al Diavolo (o ai demoni) e ai taumaturghi più venerati dell'agiografia cattolica. Grazie alle conoscenze archeologiche ed epigrafiche, possiamo dire che sin dall'ultima fase del Paleolitico, le orme antropomorfe vennero prodotte, perfezionate o utilizzate dagli uomini secondo varie tecniche (incisione, scalfitura, incasso, rilievo ecc.) e in relazione a molteplici scopi e significati di natura rituale: attrazione o maledizione magica degli amanti o dei nemici; affermazione e riconoscimento di una memoria e di una presenza umana, auspicio del buon esito di un viaggio di andata e ritorno verso una meta di pellegrinaggio. Infine, la ben nota assunzione paleocristiana dell'antichissimo simbolismo dei piedi come metafora figurata del viaggio nell'oltremondo. Prendiamo ora in esame il caso delle impronte dei piedi di Gesù, di cui si parla per la prima volta negli scritti di autori.latini tra la fine del IV e i primi anni del secolo. Parliamo delle Vultime tracce del Salvatore, cioè le orme che sarebbero rimaste impresse sulla roccia del Monte degli Ulivi al momento dell’Ascensione. Per molti secoli queste orme sono state quasi una certezza di fede, una prova fisica del passaggio terreno di Gesù e della sua risalita alla dimora del Padre, e quindi anche un pegno escatologico del suo ritorno. Queste orme sono soltanto una delle molteplici evidenze mitiche intorno alle ultime impronte lasciate sulla terra da eroi, esseri divini, profeti, santi e fondatori di culti ed evoluzioni. Pensiamo ad esempio alla sacre impronte di Dioniso, Eracle, Iside, Perseo, Prometeo e dei loro animali, le quali nell’antichità venivano additate tra i più comuni mirabilia eroici. Ma è bene ricordare che proprio a Gerusalemme, nella Cupola della roccia, sul tavolato dell’antico tempio di Salomone, l’islam ha riconosciuto e venerato findopo aver esposto le profezie riguardanti la nascita di Gesù a Betlemme e la sua morte a Gerusalemme, Eusebio si sofferma sulle impronte lasciate da Maometto prima della sua ascesa al cielo. Secondo la tradizione, queste impronte sarebbero state lasciate dall'arcangelo Gabriele durante la sua visita a Maometto. Questo evento è stato oggetto di molte leggende e ha contribuito a creare un'immagine sacra e mistica intorno a Maometto. La cultura folklorica ha giocato un ruolo importante nel diffondere e consolidare queste leggende, che hanno contribuito a creare un'immaginario religioso europeo legato ai luoghi sacri. In particolare, tra Costantino e Teodosio, si è assistito a una vera e propria alchimia di luoghi di memoria legati ai racconti biblici. Eusebio di Cesarea, nei suoi scritti, ha discusso per la prima volta in modo sistematico la possibilità di una reificazione delle profezie bibliche, cioè la trasformazione di un contenuto astratto in un oggetto concreto e materiale. Questo processo mentale avrebbe permesso di collegare le profezie al loro compimento cristiano nei luoghi stessi in cui il Verbo di Dio si sarebbe incarnato. Nel sesto libro della Dimostrazione evangelica, Eusebio approfondisce questo concetto e mette in luce l'importanza dei luoghi sacri nella fede cristiana. Le impronte lasciate da Maometto rappresentano un esempio di come la cultura folklorica abbia contribuito a creare un'immagine sacra intorno a personaggi e vicende della storia sacra.al cap. 18, si analizza la famosa profezia di Zaccaria 14 sul saccheggio e la distruzione di Gerusalemme, quando "metà della città sarà condotta in schiavitù, e quelli del mio popolo che resteranno non periranno". Allora "uscirà il Signore e si schiererà contro quelle nazioni" da lui stesso radunate contro la sua città, "e staranno saldi i suoi piedi in quel giorno, sul Monte degli Ulivi, di fronte a Gerusalemme a oriente".
Per Eusebio, il Monte degli Ulivi rappresenta la Chiesa stessa, ed è stato costituito da Dio in luogo dell'antica Gerusalemme terrena e del suo culto dopo la distruzione di Gerusalemme". Ecco perché la profezia dice che i piedi del Signore "non si fermeranno su Gerusalemme", giacché, una volta distrutta la città, ciò non sarebbe più stato possibile. Si fermarono invece di fronte alla città, sul Monte degli Ulivi.
conclude Eusebio, il senso più profondo di questo passo di Zaccaria indica l'istituzione futura, e ormai compiuta, della santa Chiesa di Cristo, elevata in luogo della Gerusalemme caduta.
Il luogo preciso è quello denominato "la grotta dell'Ascensione" che si trova proprio sul Monte degli Ulivi, luogo di culto molto frequentato dai cristiani.
Di ciò abbiamo testimonianza anche nel terzo libro della Vita di Costantino dove Eusebio celebrava le tre "grotte mistiche": quella del Santo Sepolcro a Gerusalemme, quella della natività a Betlemme, e infine "lo speco che intese solennizzare il ricordo dell'Ascensione al cielo, che avvenne sulla cima del Monte".
Questo luogo fu solennizzato da Costantino nel ricordo della madre Elena che aveva già edificato un luogo sacro sul Monte degli Ulivi a ricordo dell'Ascensione del Signore. Di questa basilica a tre navate ce ne dà testimonianza il pellegrino di Bordeaux.
E nel 384 venne frequentata da Egeria durante i riti della settimana santa, anche se ella non menziona le impronte dei piedi del Signore.
La basilica fu poi distrutta dai Persiani nel 614, fu a mala pena restaurata e sopravvisse astento fino all'epoca delle crociate.
Verso la fine del secolo, la chiesa sulla cima dell'Oliveto viene menzionata come "casa della santa Ascensione" nella versione siriaca della Vita di Pietro Ibero dell'antiocheno Giovanni Rufo.
Inoltre, secondo un'ipotesi di André Grabar, la rotonda dell'Ascensione sarebbe stata raffigurata per la prima volta a Roma, verso la fine del secolo, nel grande mosaico absidale di Santa Pudenziana.
Nel 1959, gli ultimi scavi di Virgilio Corbo confermarono che si trattava di una rotonda con tre portici concentrici a mo' di gallerie coperte, e il centro a cielo aperto, per lasciare visibile il punto in cui si sarebbero posati sulla terra per l'ultima volta i piedi di Gesù.
Prima della sua ascesa al cielo. La fonte cruciale per tutto il nostro discorso è però costituita dal quarto paragrafo dellacelebre Epistola 31 inviata da Paolino di Nola a Sulpicio Severo, redatta nella primaveradel 403 e riecheggiata a stretto giro di corrispondenza nelle Cronache dello stesso Severo,che aveva richiesto al vescovo nolano alcune reliquie di santi per la consacrazione dellabasilica di Primuliacum.Paolino, che ne era sprovvisto, decise di inviare all’amico aquitano, in un sontuosoastuccio d’oro, un frammento della croce del Cristo che aveva ricevuto dal vescovoGiovanni di Gerusalemme tramite Melania Seniore. La lettera contiene il famoso raccontodella inventio della vera croce e la descrizione del ruolo centrale di Elena. È un episodio chedà l’occasione a Paolino di soffermarsi sulle vicende di Gerusalemme tra la morte di Gesù,la profanazione adrianea della città santa e l’avvento provvidenziale di
Costantino edell’augusta Elena. Costei «chiese al figlio di concederle di purificare tutti i luoghi calcatidalle orme del Signore e di restituirli così al culto della sua religione affinché la chiesa fossefinalmente glorificata nella terra delle sue origini». Attingendo a piene mani ai tesoriimperiali «la regina ricoprì e adornò con la costruzione di basiliche tutti quei luoghi in cuiil nostro Signore e Redentore aveva compiuto per noi i misteri del suo amore e della nostrasalvezza con gli eventi santi della sua incarnazione, passione, risurrezione e ascensione». Tra questi edifici, sottolinea Paolino, «è straordinario il fatto che, la basilicadell’ascensione fu santificata per la presenza dalle orme divine che mai permise di esserericoperto di marmo o spianato: il suolo rifiutava ed allontanava da sé tutto ciò che la manodell’uomo cercava di collocarvi per adornarlo».Il miracolodelle orme divine viene poi ripreso da Sulpicio Se