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Tra la fine del X secolo e gli inizi dell'XI nuove forme eremitiche presero vita tra Toscana e
Marche, spiccava Camaldoli.
La Chiesa romana dell'XI secolo e i suoi nemici
Enrico III, re di Germania, Italia e Borgogna, trovò tre papi in conflitto fra loro. Li fece dimettere o
li depose nel 1046 e al loro posto nominò Clemente II, confermando il Privilegium Othonis. Enrico
mirava a liberare la sede papale da condizionamenti e intromissioni locali, scelse anche altri due
papi, Leone IX e Niccolò II. Con Leone IX la Chiesa Romana cominciò a organizzarsi in forme
nuove, attraverso l'istituzione di sinodi pasquali annuali nella basilica del Laterano e la
stabilizzazione dell'istituto dei legati papali. Il papa si adoperò per introdurre e affermare ovunque
l'ordinamento liturgico romano. La linea riformatrice di Leone IX si espresse soprattutto nella
campagna contro simonia e concubinato. Il termine simonia indica sia la pratica di compravendita
dei sacramenti che, in quanto dono spirituali, non possono invece essere commerciati, sia la
compravendita degli uffici ecclesiastici. Poiché i sacramenti sono strumenti della salvezza divina, la
simonia era bollata non solo come un peccato di corruzione, ma anche come sacrilegio. La
campagna di purificazione del clero da contaminazioni mondane raggiunse risultati effettivi e
consistenti solo in Italia, Francia e Germania, ma contribuì in modo decisivo a mutare il volto della
Chiesa Romana e poi delle chiese occidentali. Gli ambienti riformatori romani puntarono a istituire
una netta separazione fra clero e monaci da una parte e laici dall'altra. Per loro, la Chiesa era
innanzitutto e fondamentalmente il suo clero, cui si volevano imporre purezza e disciplina
monastiche. Leone IX cercò altresì di consolidare la potenza della Chiesa Romana sul territorio,
contrastando l'insediamento dei normanni nel Mezzogiorno. La situazione del Mezzogiorno era
cambiata, dopo secoli di dominio, i bizantini venivano scacciati o assoggettati da nuovi occupanti,
per la Chiesa Romana i normanni costituirono un nuovo interlocutore. Morto Leone IX, mentre il
successore non era ancora stato eletto, a Costantinopoli tre legati, fra cui Umberto di Silva Candida,
si affrettarono a scomunicare il patriarca Michele Cerullario, che rispose scomunicandoli a sua
volta: fu il Grande Scisma del 1054. A seguito della rottura, i successivi tredici concili considerati
ecumenici dalla Chiesa Romana si tennero tutti in latino e in Occidente, su convocazione del papa.
Niccolò II emise nel sinodo pasquale del 1059 un decreto sull'elezione papale mirante a
regolarizzarne la procedura, l'elezione doveva spettare ai cardinali vescovi della Chiesa Romana.
Niccolò II attribuiva ai cardinali vescovi il ruolo decisivo precedentemente spettante ai sovrani,
senza però precisare la procedura da seguire in caso di divergenze. Tale decreto nominò due gruppi:
cardinali e preti. I primi, oltre a governare le proprie diocesi nella provincia romana, avevano il
compito di assistere il papa nel servizio liturgico al Laterano la domenica e i giorni festivi. I secondi
erano preti titolari delle antiche chiese romane poste all'interno delle mura e aventi funzione di
parrocchie. Si profilò anche un terzo gruppo, i cardinali diaconi, che sovrintendevano a funzioni
caritative ed economiche per i bisogni dei quartieri dell'Urbe. Per affermarsi contro la nobiltà
romana, Niccolò II fece appello alla potenza militare dei normanni. Essi, considerati fino ad allora
usurpatori e intrusi, ricevevano dal papa una qualche legittimazione delle loro conquiste; a sua
volta, il papa otteneva una protezione utile a controbilanciare la tutela germanica sulla Chiesa
Romana. Fu consolidata la posizione papale. Da un lato fu attenuata la pressione del re di Germania
e delle famiglie romane, facendo perno sui cardini dell'alto clero, dall'altro si otteneva dai nuovi
invasori una protezione militare, che risultò decisiva anche pel successore Alessandro II. Fu dalla
metà dell'XI secolo che si dà il termine papato per indicare il vertice della Chiesa Romana, inteso
come istituzione che si mantiene nel tempo, al di là della persona del papa regnante.
Nuova e prorompente era la volontà di riforma della società religiosa, con richiami alla forma della
chiesa primitiva, cioè al modello di condivisione comunitaria dei beni. Là dove i riformatori non
riuscirono a creare legami più ampi, furono isolati e liquidati come eretici. Milano fu teatro del
movimento della pataria, movimento composito che rifletteva la stessa stratificazione sociale della
città; la sua forza iniziale dipese proprio dall'apporto di ceti differenti. Facendo leva sui patarini e
condividendone gli intenti moralizzatori, il papa perseguiva il suo disegno di ridimensionamento di
potere dell'arcivescovo di Milano e del ruolo del sovrano nel conferimento delle cariche
ecclesiastiche. La campagna contro la simonia del clero aveva dunque aperto la strada a una
radicale messa in discussione della prassi vigente in materia di norme episcopali. L'atto di
vestizione in senso traslato significa l'atto con cui viene attribuito a qualcuno il potere di disporre di
una cosa, un ufficio o una funzione, un bene oppure un potere su una collettività. In ambito
ecclesiastico il sovrano investiva un vescovo con anello e pastorale, il signore investiva il parroco.
Il diritto del re di compiere l'investitura poggiava sul fondamento, già ricordato, per cui a essa era
unita la concessione di un bene di proprietà del concedente oppure di un ufficio svolto per utilità e
in nome del sovrano.
Al nome di Gregorio VII, papa dal 1073, è tradizionalmente associato il concetto di riforma
gregoriana, ma per sintetizzare la sua linea di governo sarebbe più appropriato parlare di
centralizzazione romana, da lui promossa e rivendicata in nome del primato del trono di Pietro. Nel
1075 emanò le ventisette tesi del Dictatus Papae, un breve testo in cui si esaltano in modo lapidario
le prerogative esclusivamente spettanti al papa. La fede divenne obbedienza. Furono convocati
sinodi che emisero sospensioni e scomuniche di vescovi non in linea coi suoi orientamenti. Il
rapporto decisivo fu con Enrico IV, re di Germania, Italia e Borgogna. Enrico dovette arginare la
minacciosa e sempre rinnovata ostilità dei principi tedeschi; Gregorio le opposizioni episcopali in
Italia e Germania. La loro lotta fu amplificata da un'amplia produzione propagandistica. A Worms,
nel 1076, Enrico accusò il papa di averlo privato del privilegio paterno di intervento nell'elezione
papale, di aver cercato di strappargli il regno d'Italia e di avergli messo contro i vescovi, e lo
depose. Gregorio scomunicò Enrico, lo depose e sciolse i sudditi dal giuramento di fedeltà nei suoi
confronti. Enrico, minacciato militarmente dai principi sassoni e abbandonato dall'episcopato
tedesco, per non perdere il regno, cercò la riconciliazione col papa, la ottenne nel 1077 a Canossa.
La tregua fu di breve durata, alla seconda scomunica papale nel 1080 Enrico replicò dichiarando
nuovamente deposto il pontefice e contrapponendogli come proprio papa l'arcivescovo Guiberto,
Clemente III. Gregorio VII, asserragliatosi a Castel Sant'Angelo, fu liberato dai normanni; trasferito
a Salerno, vi morì meno di un anno dopo. C'è chi ha voluto vedere Gregorio VII come precursore
della moderna laicità occidentale, in virtù della netta distinzione tra spirituale e temporale. In verità
egli voleva spostare equilibri e modificare processi decisionali a favore del clero e in special modo
del papato. L'intento basilare fu di ridefinire i confini del sacro entro la Chiesa, la cristianità,
desacralizzando la figura del re ed esaltando la sacralità del papa. Fra regnum e sacerdotium fu
introdotta allora una dialettica che rese i rapporti fra i rispettivi rappresentanti molto più dinamici e
conflittuali rispetto a quelli intercorrenti fra imperatore e patriarca di Costantinopoli. Il quadro
geopolitico era nel frattempo mutato a danno dell'imperatore nel Mezzogiorno, a causa
dell'affermazione dei normanni, su cui il papato contava come alleati, o meglio come vassalli. Le
posizioni gregoriane sulla questione delle investiture furono ribadite da Urbano II nel Concilio di
Clermont del 1095. Il papa ordinava ai vescovi di restituire la regalia, cioè i beni materiali e
immateriali di cui erano detentori, in piena continuità con la linea gregoriana di affermazione papale
sugli episcopati. L'accordo fu infine trovato col Concordato di Worms tra Enrico V e Callisto II
nel 1122: si affermò il principio della non ingerenza del sovrano nell'elezione dei vescovi e dei
grandi abati. L'imperatore rinunciava alla concessione di anello e pastorale, riservandosi di
intervenire per la sola concessione di beni temporali.
In Occidente, nella seconda metà dell'XI secolo il dominio islamico nell'area mediterranea subì la
perdita della Sicilia nel 1072 e di parte della penisola iberica. Dopo due secoli di dominazione
islamica, il cristianesimo non era sparito dalla Sicilia. Il papato ristabilì la propria autorità
giurisdizionale sulla Sicilia sostituendosi al patriarca di Costantinopoli, ma non riuscì ad assumere il
controllo sulle nomine episcopali. In Sicilia vivevano soggetti etnici, culturali e linguistici disparati.
I normanni si comportarono con prudenza, cercando di tenere in vita antichi insediamenti monastici
greci, promuovendo nuovi centri latini e rinunciando a massicci tentativi di cristianizzazione forzata
dei mussulmani. La Caduta di Toledo nel 1085 fu una vittoria emblematica nel quadro della
propagandata Reconquista. Nei territori sotto dominazione islamica si era affermata la nuova etnia
dei selgiuchidi che, sconfitto l'esercito bizantino a Manzikert nel 1071, avevano occupato buona
parte dell'Anatolia, togliendo nel contempo ai califfi del Cairo il Levante e Gerusalemme. Si ritiene
che le finalità di Urbano II a Clermont fossero più ampie, puntando sulla linea di Gregorio VII, alla
liberazione dell'intero Oriente cristiano dalla dominazione mussulmana. I pellegrinaggi avevano
raggiunto un notevole sviluppo nella seconda metà dell'XI secolo. L'appello di Clermont si
caratterizza con la pretesa di raccogliere e orientare le forze dei cristiani d'Occidente, in primo
luogo dei franchi.
È interessante notare che Urbano II fece leva sul richiamo alla pace fra i cristiani per tradurlo
immediatamente in un appello alla guerra contro gli infedeli. Il concetto di guerra santa si pone al
culmine di un lungo sviluppo teorico e pratico, comportando la massima sacralizzazione dell'idea di
guerra giusta, già teorizzata da Agostino. L'appello papale alla CROCIATA non era il primo
passo compiuto in ambito cr