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SOTTO IL SEGNO DELLA POLITICA
Mondanità e politica: un’affinità elettiva
Dalla Restaurazione agli anni Ottanta due sono i punti di svolta cui passa il rapporto salotti-politica:
La rivoluzione del Quarantotto;
1. L’unità d’Italia.
2.
Intorno a questi due momenti ruota la definizione del linguaggio politico che si parla nei salotti, la
sua trasformazione e il suo consolidarsi in posizioni sempre più nette ed a volte contrastanti.
Prima del 1848 in molti circoli ha spazio un generico orientamento liberale dalle sfumature radicali
e mazziniane; dopo il fallimento delle rivoluzioni si definisce il progressivo rivolgersi della
maggioranza dei salons verso il liberalesimo moderato. Dal 1860 in poi l’appartenenza politica dei
circoli mondani si evidenzia nettamente per la presenza in essi di membri di determinati gruppi
parlamentari. Il referente ideologico che finisce per prevalere nei salotti della penisola è il
liberalesimo moderato: con l’eccezione di Firenze, nelle altre città approdano alle soglie degli anni
Settanta circoli che ad esso si riferiscono, se pure con sfumature diverse. È sotto il segno della
politica che si svolge la storia dei salotti di conversazione italiani dal primo Ottocento fino agli anni
Settanta. La “civile conversazione”, che opera dentro i circoli mondani, infatti, mette in azione il
confronto tra persone, la formazione delle idee, il costituirsi di orientamenti collettivi, il definirsi
della pubblica opinione. Comune a tutti i circoli “politici” dell’Ottocento fino agli anni Settanta è il
fatto che il linguaggio mondano e linguaggio politico si intrecciano e confondono: si può dire che si
realizza tra di essi una completa identità di segno e di spazio, proprio perché è la mondanità stessa,
con i suoi riti deputati ad apparire e intrattenere, a diventare pronunciamento politico. Il salotto
elitario dell’Ottocento costituisce il luogo ideale del progetto politico moderato. La pratica della
conversazione si presta a contenere la politica in un momento storico in cui il confronto tra le idee
non si misura ancora con il modello del partito moderno e le grandi masse sono estranee al gioco. Il
mantenimento del carattere mondano significa anche che i salotti di conversazione difficilmente
rivestiranno un ruolo di primo piano nella cospirazione o nella gestione diretta di un movimento.
Interessante osservare due salotti che incarnano bene le differenze tra il prima e il dopo l’unità:
Il salotto prequarantottesco della Maffei a Milano il salotto di Chiara Maffei è uno dei
1. luoghi in cui l’élite milanese costruisce la propria identità ideologica;
Il circolo di Emilia Peruzzi punto di approdo del salon di conversazione politico: qui gli
2. ospiti si identificano con una precisa appartenenza che non è soltanto ideologica, ma anche
parlamentare.
Comune ai due consessi sono i presupposti del modello salottiero: il ruolo educativo ed insieme
ludico, il valore della conversazione, il rispetto delle regole.
A confronto con circoli e club.
A proposito di politica nei salotti, i circoli e i club costituiscono il termine di confronto obbligato.
Comune a queste diverse modalità di incontro è il fatto di funzionare come promotrici di
comportamenti politici o pre-politici. La differente dislocazione cronologica, nelle città capitali, tra i
salons e le altre strutture, accentui la funzione dei circoli di conversazione proprio nel bel mezzo di
quella fase prepolitica che è essenziale definire quando si vuole circoscrivere il ruolo della
sociabilità. L’élite che frequenta i ritrovi di conversazione rivela una composizione omogenea a
quella che va formandosi all’interno dell’altra sociabilità cittadina, quella delle società, dei club, dei
gabinetti ed accademie. Simile per salons e circoli è il funzionamento come griglie di una nuova
sedimentazione sociale che va ormai oltre i ceti per stabilire altre esclusioni, altre barriere, ulteriori
privilegi. Nei salotti si forma un ceto di individui che si dedicano professionalmente alla politica:
questo costituisce una delle ragioni che ne garantiscono la vitalità per buona parte dell’Ottocento. È
una caratteristica che ha radici nell’anima del modello salottiero, in quella funzione educativa e
pedagogica che assolve nei confronti dei giovani che vi sono introdotti e che diventa anche
educazione ad idee ed a pratiche politiche. Se nei salons si costruiscono l’opinione politica e
l’identità delle élite che vi si riconoscono, contemporanei a questo processo sono l’emergere delle
abilità individuali ed il consolidarsi di alleanze, presupposti indispensabili all’affermarsi dell’uomo
politico. Se l’importanza dello scambio interpersonale accomuna il salotto di conversazione al
circolo come spazio di formazione della politica e delle singole carriere, è in parte differente, nelle
due forme di sociabilità, il tipo di reclutamento e quindi di composizione. Il coinvolgimento dei
club, infatti, è prevalentemente su base locale: si tratta di strutture cittadine, profondamente radicate
in una realtà regionale, che raccolgono un’élite ristretta a un ambito circoscritto. Viceversa, il
salotto è per sua natura un luogo cosmopolita, dai tratti aperti, dove l’élite locale che ne costituisce
il nucleo centrale si mescola ad un’élite “sovraregionale” che vagabonda di città in città per
abitudine. Il mondo dei salotti ne viene coinvolto e condizionato: se lo scambio e la formazione
delle opinioni rimane nei circoli a livello cittadino, qui l’orizzonte si fa “nazionale”, si costruisce un
linguaggio comune che, nel bene e nel male, sarà il linguaggio delle future classi dirigenti. Il ruolo
dei salotti sembra qui significativo: sono luoghi eclettici e mondani ma in cui si parla di politica ed
in cui si incontrano generazioni diverse, provenienze differenti, orizzonti culturali ed esigenze
spesso lontane o addirittura contrastanti. Negli anni Settanta e oltre, il travaso tra circoli diversi
continuerà in relazione ai mutamenti che, nella vita sociale, sono causati dagli spostamenti della
capitale: prima Torino, poi Firenze, infine Roma. Gli effetti di questi spostamenti sulla sociabilità
del salotto sono però differenti, a seconda dei diversi contesti cittadini. Mentre la perdita del ruolo
di capitale causa la crisi e il progressivo svuotarsi della sociabilità salottiera a Torino, a Firenze,
viceversa, l’importazione di uffici e ministeri nel 1865 provoca una generale vivacizzazione della
vita culturale e sociale: i salotti fiorentini di questo periodo costituiscono proprio, come vedremo,
l’esemplificazione della disponibilità cosmopolita del modello salottiero, della sua tendenza ad
assorbire ed esprimere ambiti assai larghi di opinione.
Proseguendo nel confronto fra salotti e club, va sottolineato che queste forme di sociabilità
costituiscono, insieme, una rete di luoghi di formazione ed elaborazione delle idee reciprocamente
in relazione e spesso comunicanti. In genere, la sfera sociale coinvolta nell’uno e nell’altro ambito
di aggregazione è in parte coincidente. La presenza in strutture diverse degli stessi individui è alla
base del loro funzionamento come tasselli di un unico mosaico. Ad esempio, sia salotti che circoli si
occupano della questione femminile: un salotto, quello della Peruzzi, ed un circolo, quello
Filologico, sono i principali ambiti in cui si discutono la problematica femminile e spesso c’è
coincidenza di frequentatori.
È dunque possibile rintracciare nella Firenze degli anni Settanta, una rete di contatti che attraversa
settori diversi della sociabilità, ed in cui quella “informale”, che si costituisce nei salotti di
conversazione, sembra giocare un ruolo decisivo, portando attivamente energie ed idee al formarsi
della pubblica opinione. Un modo in cui si concretizza la funzione della sociabilità come
mediazione e incontro tra società civile ed ambito della politica.
La repubblica delle lettere.
Segno distintivo del circolo di conversazione è la presenza degli intellettuali, che vi occupano uno
spazio proprio. Se nei club è coinvolto chi esercita un ruolo intellettuale per la propria collocazione
nell’élite borghese o medio-borghese, nei salons l’inserimento avviene per il puro valore della
speculazione astratta, della parola colta, dal confronto tra eletti. A differenza dall’accademia, dove
gli uomini si ritrovano pariteticamente in uno spazio separato, nel salotto l’intellettuale entra
all’interno di una tipologia di relazioni più complesse e differenziate che possiamo rapportare alla
Corte regale: eletto, ma non del tutto uguale, figura d’autorità e simbolo di prestigio ma amche
coinvolto da altri ed in posizione dipendente. Qui infatti il tratto distintivo non è il rapporto tra
l’homme de lettres tra di loro, ma quello tra loro e gli altri, in un processo di reciproca
identificazione e nel contempo differenziazione dalle sfumature civili. Ovunque, nei salotti si legge:
i salotti sono luoghi di diffusione della cultura, attraverso un meccanismo di vicinanza diretta tra
pubblico, opere, scrittori. Per tutti, il confronto con il salotto è occasione per coltivarsi un pubblico,
per sperimentare le proprie possibilità, per affermarsi. Nel rapporto tra nobiltà e uomini di lettere
c’è ambiguità: da un lato i più autorevoli vestono un ruolo paritetico nei confronti dei propri
interlocutori aristocratici, ed anzi per lo più sono loro stessi aristocratici (Pindemonte), non si può
dire lo stesso per la manovalanza, per coloro che non hanno sufficiente prestigio né autonomia per
cui la ricerca di un aggancio mondano è anche questione di pura sopravvivenza. Si tratta, dunque, di
uno scarto appena percettibile: se comporre componimenti d’occasione può essere avvertito come
costrizione, e se rimane comunque una frattura tra il colto di origini modeste e chi viceversa detiene
il potere, nella società cetuale il peso delle differenze sociali è in qualche modo assorbito
dall’appartenenza comune ad un’aristocrazia: quella di ceto da un lato, quella dell’intelletto
dall’altro. Un esempio importante è rappresentato dal salotti di Isabella Teotochi, emblematico della
situazione veneziana: è un’autentica corte d’amore che ruota intorno alla figura di una donna, la
padrona di casa, occasione di esercizio letterario e oggetto corteggiatissimo di rapporti personali che
hanno nell’approccio galante la loro espressione fondamentale. l’elogio di Isabella si concreta
attraverso una pratica letteraria dalle radici