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UNA GEOPOLITICA DEI CICISBEI
Cicisbei nelle nobiltà cittadine.
Bisogna figurarsi una rete di cavalier serventi distesa a ricoprire tutta una città. Il cicisbeismo non fu semplicemente un
costume privato adottato da qualcuno grazie alle nuove opportunità concesse dalla civiltà della conversazione
illuminata, si ha anzi l’impressione che esso abbia assunto una rilevanza quasi sistematica e strutturale, e rappresentato
così una delle forme di organizzazione della sociabilità nobiliare. A riprova si può avanzare l’argomento del nesso
riscontrabile tra l’esercizio dei cavalier serventi e la gestione dei casini dei nobili, che erano le associazioni istituzionali,
regolate ed esclusive, di definizione e ritrovo delle singole aristocrazie cittadine. Ad esempio, a Pisa, i membri del
direttivo distribuirono i posti tenendo conto della necessità di affiancare i rispettivi cavalieri alle dame. I casini dei
nobili non furono identici in tutte le città, ad esempio a Venezia, dove una dilagante mondanità festaiola non era
incanalata in un istituto deputato, i cavalier serventi figurano come protagonisti nei molteplici luoghi d’incontro della
sociabilità cittadina: salotti, teatri, ridotto, casini di conversazione, caffè.
Importante un documento il cui autore è un nobile francese di lontana origine catalana, Jacques de Campredon. Verso la
fine del 1736 Campredon ricevette dal ministro Chauvelin l’ordine di redigere un memoriale sulla repubblica di
Genova, che contenesse la «notizia esatta dei caratteri, dei talenti, delle inclinazioni di coloro che hanno parte nel
governo, del grado del loro credito, degli appoggi e mezzi usati per raggiungere e conservare il potere». Frutto di questo
lavoro è il documento Relation de l’Etat de Genes, che comprende una breve introduzione storica e una più ampia parte
finale sulle condizioni materiali ed economiche di Genova e del suo territorio. A corrispondere alla committenza è la
parte centrale del testo, costituita da una dettagliata analisi delle magistrature della repubblica, con il corredo di una
serie di ritratti molto caratterizzati degli uomini che allora le ricoprivano. Fin dal paragrafo di apertura Campredon
incentra il suo discorso sui cicisbei. La descrizione dei loro compiti e della loro routine. Nel complesso, la presenza di
coppie cicisbeali, una novantina, e il giudizio positivo sulla loro incidenza politica prevalgono nettamente; sicché il
risultato del lavoro di Campredon è un quadro della nobiltà di governo di Genova come un sistema politico di dame e
cavalier serventi. Nessun altro ha mai scritto un documento del genere, ma c’è da dire che nessun altro ha mai avuto uno
stimolo del genere: le istruzioni di partenza agli ambasciatori nelle città repubblicane menzionavano sempre la necessità
di familiarizzarsi con la nobiltà del posto. Bisogna tener conto del fatto che Campredon doveva badar bene a quello che
scriveva: il memoriale su Genova gli veniva commissionato in un momento delicatissimo per la repubblica, con la
Corsica in rivolta e i Francesi impegnati a inserirsi a proprio vantaggio nella situazione. È vero che, come inviato a
Genova, aveva una caratteristica, comune a tutti i servitori della monarchia di Francia: disprezzava i nobili genovesi,
avidi affaristi, condizionati dai preti e gesuiti, inetti alle armi e privi di generosità verso il popolo. Nonostante questo, si
ambientò bene a Genova, visse tra loro diventandone in qualche caso anche confidente. La Relation fu accolta in
Francia come un documento attendibile. Il quadro descritto da Campredon, però, è parziale, da un lato perché è
impossibile estendere la verifica all’intera prosopografia dei governanti e delle dame da loro servite, dall’altro perché il
suo memoriale non documenta il cicisbeismo a Genova, bensì la rilevanza politica del cicisbeismo a Genova. Nella sua
prosopografia compaiono solo i detentori di cariche, e neppure tutti. Nel trattare del Magistrato dei supremi sindacatori,
egli ritrae con cura i cinque nobili componenti, con le rispettive cicisbee; ma per quanto riguarda le altre quattro
magistrature di sindacato, dei loro 24 membri ne ritrae solo due. La stessa deliberata esclusione si ripete per parecchie
decine di altri ufficiali giovani o comunque marginali. Campredon era il primo a sapere che in questo modo trascurava
un gran numero di cavalier serventi, dato che lui stesso ha scritto: “Le principali occupazioni della gioventù sono l’ozio,
il cicisbeato, i piaceri d’ogni specie”. Si può affermare che la Relation testimonia in misura sproporzionata, ma coerente
al suo scopo, due diversi aspetti del ruolo pubblico del cicisbeismo: ne enfatizza al massimo, senza però inventarsela, la
ricaduta politica in senso stretto, per giunta con un’ovvia speciale attenzione alle conseguenze in politica estera; ne
mette meno in luce la portata politica in senso lato, cioè il fatto che l’esistenza di una rete onnicomprensiva di rapporti
cicisbeali, ben al di là della cerchia dei più maturi e potenti membri del governo, doveva costituire di per sé un fattore
rilevante negli equilibri interni a una nobiltà cittadina.
Ci sono altri due analisi d prendere in considerazione:
1. Lucca, Costumanze lucchesi nel tempo dell’aristocrazia di Chelini. In quest’analisi emerge aperta e limpida la
dichiarazione del ruolo del cicisbeismo nel sistema.
2. Firenze: il carteggio di Horace Mann col suo amico Walpole. Mann giova come testimone di una rete di
rapporti cicisbeali nella nobiltà fiorentina, testimone anche più valido al riguardo che non Campredon su
Genova, perché non si prefiggeva alcuno scopo dimostrativo, ma si limitava a fornire notizie singole che solo
attraverso gli anni finiscono col comporre un quadro più vasto. Mann si era convinto dell’importanza dell’uso
dei cavalier serventi nella vita italiana: ritenendo la sociabilità italiana più fragile rispetto a quella degli altri
sistemi europei, considerava il cicisbeismo un palliativo del problema. Raccogliendo tutte le notizie dei
cicisbei dall’intero carteggio si arriva a delineare settori cospicui della nobiltà fiorentina,. La sua è una
testimonianza efficace a conferma del tema del cicisbeismo come diffuso fattore di aggregazione cetuale. A
differenza di Compredon, che doveva riferire al ministero su tutta la classe di governo per immediate ragioni
politiche, Mann è più prodigo d’informazioni all’amico limitatamente alle persone e famiglie a loro meglio
note.
Altri cicisbei.
Il servizio dei cavalieri alla dama poteva riguardare anche coppie di cui uno dei membri, in quanto straniero, era
estraneo alla realtà del posto. Nel Settecento i nobili italiani ed europei viaggiavano molto e ciò moltiplicava le
occasioni degli incontri e dei rapporti. L’esperienza di un servizio coinvolgente una persona del luogo e una non del
luogo era invece diffusa e comune, tanto da aver dato origine in letteratura al topos particolare e specializzato del
galante di passaggio (es: Lottinger al servizio della moglie di Greppi; Walpole al servizio di Elisabetta Capponi
Grifoni). Il cavalier servente era per eccellenza uno che serviva come accompagnatore in società: nei confronti di un
estraneo, il servizio cicisbeale vero e proprio era situato in una costellazione di pratiche sociali, non solo galanti,
destinate a realizzare in forme codificate l’ammissione, anche temporanea, di un pari grado nella cerchia esclusiva della
nobiltà del posto. Bisogna tenere in considerazione la molteplicità delle reti di rapporti che si giustapponevano o
sovrapponevano in ogni specifica società cittadina, molteplicità favorita, nel caso di quelli cicisbeali, dalla possibilità
sia per una dama che per un cavaliere di intrecciarli con più persone. A tale riguardo va ricordata l’esistenza di un altro
tipo potenziale corteggiatore, che teneva un po’ del nobile e un po’ dello straniero: l’ufficiale di guarnigione. Con i
militari di mezzo, il temperamento fervido era sempre assicurato, e non c’è dubbio che essi riuscissero più di altri a
movimentare i formalistici rituali del cicisbeismo; ma ciò non toglie che la loro sistematica partecipazione al costume
ne abbia moltiplicato gli ambiti di intervento, conseguendo del pari l’effetto d’ingentilire al contatto di dame educate la
componente più rude della buona società.
Altra questione: la versione cittadina del cicisbeismo proposta al massimo grado di coerenza dalla sociabilità di Genova
è una forma essenziale ma non l’unica che assunse l’esercizio nobiliare del costume. Le diversità sociologiche e
culturali fra le tante nobiltà italiane non potevano essere irrilevanti al riguardo. C’erano corpi nobiliari che costituivano
il ceto dirigente di stati repubblicani, con i quali s’identificavano interamente; altri in cui tale profilo era sempre assente
o debole di fronte alla forza d’attrazione e di condizionamento di una corte e di una burocrazia principesca. Non ci
sorprende constatare che gli esempi lampanti della funzione unificante e armonizzatrice del cicisbeismo provengano
dalla vita sociale delle città i cui corpi nobiliari appartenevano alla prima di queste due tipologie, cioè conservavano la
pratica o la rivendicazione di un’autorità e di un potere, rispetto ai quali le alleanze cicisbeali non erano escluse da un
significato, latamente politico, di sostegno privato al regime di governo cittadino. A Roma la presenza di famiglie
attratte verso la curia pontificia da ogni regione d’Italia, l’abbondanza di stranieri stabili o di passaggio, l’affollamento
degli ecclesiastici e il loro influsso dominante nella vita sociale complicavano e variavano fortemente quella logica di
alleanza, di scambio e di equilibrio che abbiamo visto presiedere alle pratiche del cicisbeismo entro le nobiltà cittadine
più semplici e omogenee. Ma anche in città meno universalistiche della capitale della chiesa cattolica la mappa dei
cicisbei manifestava difformità patenti rispetto al modello repubblicano.
Il problema diventava particolarmente importante per il Mezzogiorno, nella quale la sociabilità nobiliare e illuministica
era alle prese, oltre che con una grande corte sovrana, con un modello conservatore come quello spagnolo e soprattutto
con il peso di una cultura tradizionalistica, ancora molto condizionata dalla Controriforma. Il problema relativo a queste
zone è la mancanza di fonti sul fenomeno nell’Italia meridionale. In Sicilia il principale accusatore del cicisbeismo è
stato il grande poeta dialettale Giovanni Meli; il tema in generale ricorre abitualmente nella produzione satirica anche di
livello più modesto. Si sa che la letteratura non è sempre realistica, ma