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Camus. Gli autori consacrati appartengono dunque alla generazione che ha esordito all’epoca del muto e la maggior
parte dei nuovi venuti riprende gli schemi del cinema commerciale di consumo. Registi di questo periodo che sono
passati alla storia: Jean Renoir, Robert Bresson, Jacques Tati.
Nel ’58 il cinema francese è diventato un’industria a pieno titolo anche se la produzione mantiene una forma in qualche
modo artigianale. Verso la fine del decennio il cinema cambia la sua funzione sociale per diventare un mezzo di
espressione artistica. Nel ’59 il cinema esce dalla tutela del ministero dell’Industria e del Commercio per tornare a
dipendere dal Ministero della Cultura. Questa rottura di status sociale è espressa anche nella nouvelle vague: è ciò che si
chiama “crisi del cinema” già dal ’58.
Capitolo 2
Uno dei primi criteri di appartenenza al movimento è l’esperienza della critica. I giovani cineasti sono cinefili.
Innanzitutto la nouvelle vague è un’etichetta, uno slogan giornalistico.
La nouvelle vague è una delle scuole più solide e coerenti della storia del cinema. Una scuola richiede:
- un corpo dottrinale critico
- un programma estetico
- opere corrispondenti a tali criteri
- un supporto editoriale
- una strategia promozionale
- un leader
- degli avversari
André S. Labarthe offre una tavola dei punti di riferimento, una sorta di genealogia del movimento, ed ha conosciuto
fortuna critica.
Alexandre Astruc pubblica l’articolo “Naissance d’une nouvelle avant-garde: la caméra-stylo” nel ’48, in cui dimostra
che il cinema sta diventando un nuovo mezzo di espressione. Per lui, fino al ’48 il cinema è stato solo spettacolo, e con
il sonoro è diventato “teatro filmato”. Il cinema, come la letteratura, è un linguaggio in grado di esprimere qualunque
settore del pensiero. Viene definito “pellicola in movimento” che si dipana nel tempo, è un teorema (definizione ripresa
da Godard). Secondo Astruc, lo sceneggiatore deve realizzare egli stesso il proprio film, perché in un simile cinema la
distinzione tra autore e regista non ha più alcun senso. La regia è diventata una vera e propria scrittura. Le sue tesi
suscitano, ovviamente, polemiche.
François Truffaut pubblica un articolo nel ’54 intitolato “Una certa tendenza del cinema francese” in cui dà tutt’altra
ampiezza a questa posizione teorica. La pubblicazione del pamphlet ha suscitato numerose resistenze, che hanno diverse
cause: l’aspetto polemico del testo, il fatto che attacchi registi largamente apprezzati dalla critica e dagli stessi Cahiers
du Cinéma, sui quali è stato pubblicato. L’articolo si scaglia contro i film ambiziosi che vengono ricompensati nei
festival, che sono appartenenti al realismo psicologico e sono adattamenti di romanzi classici o contemporanei. Nella
pratica di adattamento Truffaut critica la ricerca di equivalenze tra procedimenti letterari e cinematografici: per lui, il
più delle volte viene tradito lo spirito dell’autore, e rimprovera agli adattatori di introdurre temi anarchizzanti e
anticlericali in opere assai diverse (fa un esempio con Diario di un curato di campagna di Bresson confrontandolo con
l’adattamento non realizzato di Aurenche mostratogli). Nell’adattamento risulta: proposito di infedeltà, gusto marcato
per la profanazione molto ipocrita, perché i film non sono apertamente anticlericali. Gli adattatori spesso introducono
tesi del tutto assenti nel romanzo originale, come succede nell’adattamento di “Il diavolo in corpo”. Per Truffaut è
impossibile apprezzare al tempo stesso i cineasti della tradizione e quelli che lui chiama autori (Jean Renoir, Robert
Bresson, ecc…).
I testi di Truffaut suscitano dibattiti. I suoi articoli pubblicati sul settimanale “Arts” (“Siete tutti testimoni in questo
processo: il cinema francese muore sotto il peso delle false leggende”) hanno tutt’altra risonanza. Le tesi:
- il controllo dei soggetti cinematografici invocato dai cineasti è solo un pretesto per giustificare la loro
debolezza
- la crisi del cinema è una crisi della virilità
- si può fare un film eccellente con un budget minimo
- Rossellini dimostra con la sua attività che il rischio paga
- Brigitte Bardot si merita il suo grande compenso “scandaloso”
- ci sono troppi battiti di ciglia e sottintesi nel cinema definito “intelligente”
- non esistono film brutti, ma registi mediocri
- i film di domani saranno girati da avventurieri
Uno dei credo di base della nouvelle vague sarà proprio l’ostilità ai grossi budget.
Politica degli autori di Truffaut:
- esiste un solo autore di film = il regista, non lo sceneggiatore
- certi registi sono autori, altri non saranno mai considerati tali
- non esistono opere, esistono solo autori
Questa politica è provocatoria e paradossale. Nega il carattere collettivo della creazione cinematografica. Truffaut vuole
opporsi ai critici che disprezzano le ultime opere di Fritz Lang, Hitchcock, Hawks e Rossellini.
Bazin afferma che la valutazione di un film non può tenere conto solo della sceneggiatura, ma anche degli elementi
formali. Tema della “tecnica che rimanda a una metafisica” sviluppato da Godard in una tavola rotonda dei Cahiers du
Cinéma dedicata a Hiroshima, mon amour.
L’ammirazione per il cinema americano è una vecchia tradizione della critica francese, ma la scuola dei Cahiers le
ridarà dinamismo. Jean-Pierre Melville è influenzato dal poliziesco americano in “Bob il giocatore”, nelle luci tipiche
da film noir degli anni ’50.
La nouvelle vague è anche una scuola artistica:
- corpo dottrinale = politica degli autori
- programma estetico = film personali, scritti e concepiti dal loro autore
- strategia = piccolo budget
- manifesto = “Una certa tendenza del cinema francese” di Truffaut
- opere e artisti = Chabrol, Truffaut, Kast, Doniol-Valcroze, Godard, Rivette e Rohmer
- supporto editoriale = Cahiers du Cinéma
- strategia promozionale = concepita e messa in pratica da Truffaut sul settimanale “Arts”
- teorico = André Bazin
- avversari = i cineasti di “qualità francese”, gli sceneggiatori, gli altri critici
La nouvelle vague viene incolpata di aver fatto fuggire gli spettatori dal cinema.
Capitolo 3
Si è sempre ritenuto che la nouvelle vague avesse provocato una rottura nella pratica della produzione cinematografica
francese favorendo i film a piccolo budget. In realtà vi sono stati vari film a budget ridotto che non possono essere
definiti di nouvelle vague. Dal pdv del modo di produzione si sono imposti due titoli: “Il silenzio del mare” di Melville
e “La Pointe Courte” di Agnès Varda. Melville si è proclamato inventore della nouvelle vague definendola “un sistema
di produzione artigianale, in ambienti naturali, senza star, senza troupe, con pellicola ultrarapida, senza anticipo del
distributore e senza autorizzazioni né schiavitù”. Il suo film fu un successo di critica e di pubblico: esempio che resta
isolato. Con questo film si dimostra che un film a piccolo budget può avere un’effettiva qualità estetica, ma ci vorranno
10 anni per capirlo.
Nel film della Varda nessuno veniva pagato durante le riprese e ci sono voluti 13 anni per restituire loro il prestito di
capitale-lavoro. Venne considerato come film amatoriale e non venne distribuito nel circuito commerciale.
Alla fine degli anni ’50 il cinema francese gode di ottima salute economica, perciò il fatto che si affermi il piccolo
budget non è di ragione economica. Sono i grossi budget a trovarsi in testa ai botteghini: “Napoleone Bonaparte”, “I
diabolici”, “Il mondo del silenzio” e così via. Prevalgono gli affreschi storici, film in costume e adattamenti. Negli anni
’50 le sale sono ben frequentate e la concorrenza dei film hollywoodiani non si fa ancora sentire (periodo di crisi),
inoltre, lo stato interviene con il sostegno al cinema: decretata una prima legge nel ’48 “Taxe Spéciale Additionnelle”
sui biglietti di ingresso per alimentare un fondo di sostegno che incrementa la produzione nazionale. Viene fatta una
nuova legge nel ’53 con i medesimi principi ma che introduce elementi nuovi, tra cui il criterio di qualità: i film che
presentano grande qualità ricevono un incoraggiamento economico. Vengono denunciati gli effetti nefasti di tale
sostegno, che dà agli artisti una mentalità da industriali vengono favoriti i film che trattano soggetti relativamente
facili con star internazionali (adattamenti o remake). Perciò gli artisti del Cahiers vanno in direzione di un
ringiovanimento e di un rinnovamento cinematografico.
Il premio di qualità viene assegnato a molte opere prime, assumendo un ruolo decisivo nella nascita della nouvelle
vague il movimento perciò non ha nulla della “generazione spontanea”.
Forte diffidenza nei confronti dei grossi budget. Godard accettò di compromettersi scritturando Brigitte Bardot, la star
più cara, affermando che tolto il suo compenso il suo film era comunque a basso budget.
Per i film autoprodotti erano necessari nuovi produttori.
- Ad aprire la strada fu Claude Chabrol (critico ai Cahiers), che produce “Le beau Serge” grazie a un’eredità
familiare. Nasce la AJYM Films, società di produzione creata con sua moglie. Con “Le beau Serge” Chabrol si
lancia sul mercato. Con “I cugini” riscontra un trionfo commerciale, che lo trasforma in star della Nouvelle
Vague.
- Nel ’58 venne messo a punto un progetto di cooperativa di produzione che associa i redattori dei Cahiers du
Cinéma con i cineasti più esperti come Alain Resnais.
- François Truffaut era giornalista-star che scriveva su “Arts”, e fu assistente di Rossellini per due anni. Anche
lui fondò una piccola casa di produzione “Le Films du Carrosse”, insieme a Morgenstern e Berbert. Realizzò
“Les mistons”, “Temps chaud”, “I quattrocento colpi” (venduto agli americani per 50 mila dollari)
- Movimento di rinnovamento della produzione vero e proprio si dovrà a Braunberger, Dauman e Beauregard:
o Braunberger: produsse Alberto Cavalcanti e Jean Renoir. Svolge un ruolo decisivo nell’ambito del
corto d’esordio. Ma dal pdv della produzione e del pubblico è decisivo l’ambito del lungometraggio
di finzione, e Braunberger ne produce uno dopo l’altro.
o Dauman: fonda la Argos Films, specializzata in film sull’arte sul modello dei documentari italiani di