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Lez. Del 14.01.09
Lo Stato italiano nell'immediato dopo guerra si è impegnato in una forte azione di riforme e di intervento per il Sud, la riforma agraria è stata uno degli impegni del Governo De Gasperi fra il 1948-50 con una prima legge che ha favorito la libera compravendita di terreni a prezzi di mercato con un'anticipazione delle somme da parte dello Stato ai contadini per mezzo della legge n.114 del febbraio 1948 (legge a favore della piccola proprietà contadina) e un mese dopo fu fatta un'altra legge n.121 che istituì una speciale Cassa, questo istituto erogava mutui trentennali con un modico interesse a favore dei contadini che compravano le terre a questi due interventi legislativi seguì nel 1950 che espropria le terre latifondiste nei comprensori dove i latifondi era ampi (la Maremma Toscana, l'Agropontino, parte del Lazio, e le terre del Sud) e con le leggi del 1950 che furono diverse in base alla regione di destinazione.
Quali la legge Sila, (limitata a una parte della regione Calabria, e litorale Ionico); la legge Stralcio, (riguardava i comprensori del Delta padano, Maremma tosco laziale, Molise, Puglia); e infine la legge varata dall'assemblea regionale siciliana, che grazie al suo Statuto speciale godeva di propri privilegi. Il primo disegno di legge che riguardava il territorio sopra menzionato, non trovò ostacoli. Questo disegno fissava la superficie massima consentita per i privati oltre la quale si sarebbe proceduto all'esproprio. Ben diversa fu l'accoglienza degli altri due progetti di riforma stralcio, e il testo di riforma generale che era stato formulato dal ministro Segni e da un gruppo di tecnici. Esso suddivideva il territorio in tre zone agrarie. La Confagricoltura si oppose a questo progetto in quanto applicava tabelle di scorporo molto basse, a favore del disegno stralcio che dopo una serie di emendamenti, al quale si lo integrò trasformandolo in una legge per i soli.
territori latifondisti, con esclusione dall'esproprio delle aziende capitalistiche e con la facoltà per i proprietari di trattenere una parte della terra espropriata con l'impegno a realizzare i miglioramenti fondiari entro due anni, infine la legge fu promulgata ad ottobre del 1950. Sulla base delle tre leggi (Sila, Stralcio e Siciliana) furono emanati 8 decreti attuativi nel l'anno successivo il risultato di quest'operazione fu lo sblocco della proprietà terriera, tra esproprio e libero mercato della terra tra il 1948-1965 aveva in questi 15 anni modificato l'assetto del latifondo e si era formata una classe di coltivatori diretti di piccole proprietà terriere. I limiti di questa riforma agraria sono stati evidenziati nella dispensa e in due paragrafi (Einaudi) si può sottolineare due grandi limiti: il primo: "semplice espropriare" ma i lotti assegnati ai cittadini, non erano sufficienti per creare delle aziende agricole.Perché per contentare più famiglie si sono dati dei fazzoletti di terra. Questo limite, negli anni portò all'abbandono delle terre, in quanto molti di loro vendettero le loro quote per emigrare verso il nord e tentare l'inserimento presso le fabbriche del triangolo industriale. I coltivatori divennero di meno rispetto a quelle presenti nel periodo della riforma agraria. Da notare che la superficie media dell'Italia rispetto agli altri paesi europei era minore, formando anche questo fu anche un limite, basti pensare alla Francia o la Germania dove le superfici medie delle imprese agricole erano più grandi rispetto ai nostri. Il secondo limite fu che queste piccole aziende potevano essere competitive se aiutate dallo Stato, dalla regione, o quest'ultimi fornendo del credito a buon mercato, (credito agevolato, incentivi fiscali per esempio per le ricerche idriche, contributi a fondo perduto per creare fabbricati rurali all'azienda) e
fornendo un aiuto in termini di strategie da parte dello Stato, cercando di studiare il mercato internazionale per orientare la produzione del paese, tenendo conto delle varie vocazioni delle parti del paese. Questo aspetto della programmazione e dell'incentivazione dell'attività agricola nella vicenda italiana, venne a mancare, bisogna attendere l'Unione Europea per questi tipi di interventi. Ma la riforma agraria aveva creato negli anni '50, degli enti: quello della Sicilia era l'ERAS, (ente per la riforma agraria in Sicilia) negli anni '70 ESA (enti per lo sviluppo agricolo), il compito di questo ente era quello di aiutare le aziende a fare delle bonifiche, fare dei piani idrici collettivi con un sistema di approvvigionamento idrico, come quello fatto nella nostra provincia, l'attuale diga di Santa Rosolia che doveva servire come centro di irrigazione per le campagne iblee. Benché fossero stati creati questi enti di riforma agraria, anche se hannosperato con convegni, progetti presi da enti, non hanno creato dei laboratori di ricerca di studio atti ad introdurre dei progetti di modernizzazione. Quindi la riforma agraria ha avuto dei limiti consistenti: da un lato industrie piccole, dall'altro le politiche pubbliche sull'agricoltura carenti, ma nonostante questi limiti è riuscita a dare un'impalcatura a questa nazione, che aveva ancora forti residui feudali, per chiudere il discorso della riforma agraria, dobbiamo collegarci ai primi anni '50, i governi italiani soprattutto il governo De Gasperi (1945-53) che guidò diversi governi, a cui si deve riconoscere il merito particolare per avere creato l'altro gamba dell'intervento straordinario che è la cassa per il mezzogiorno. Questa grande agenzia che si occupava di lavori pubblici, nata per realizzare nel sud le infrastrutture, fra il 1950 e il 1993 data della sua liquidazione è stata la principale istituzione che ha erogato capitale.sociale per le zone del meridione con l'obiettivo di industrializzare l'area del mezzogiorno. I pionieri della cassa del mezzogiorno furono tecnici e manager facenti parte degli enti a partecipazione statale, l'Italia aveva una grande tradizione di capitalismo pubblico, (l'IRI- l'IMI) creati durante la crisi degli anni 30, ma in realtà questi enti furono creati da tecnocrati di ispirazione socialista democratica seguaci di Francesco Saverio Nitti, studioso meridionalista ed in particolare di Alberto Beneduce, che aveva lavorato con l'alta dirigenza socialista negli anni della prima guerra mondiale e che nel periodo fascista svolse un ruolo tecnico. Non dobbiamo dimenticare che nel periodo tardo fascista, si sono rinvenuti dei documenti che parlano di interventi a favore del mezzogiorno a partire 1938-40. Nel 1947 si crea l'ISVEMEZ l'istituto per il credito agevolato per il mezzogiorno che utilizza una parte delle risorse provenienti dal banco diNapoli da destinare a i finanziamenti per investimenti da attuarsi nella zona della Campania e nel mezzogiorno, essa fu fratello maggiore dell'istituto regionale dei finanziamenti all'industria (IRFI) quella che oggi dà in Sicilia dà credito alle imprese. Ma non dobbiamo dimenticare che dal 1904 a Napoli esisteva l'industria siderurgica, fu questo uno dei motivi di spinta. Quindi il progetto della cassa del mezzogiorno era un progetto esistente già negli anni trenta e che la seconda guerra mondiale lo aveva messo da parte, tra i nomi spiccano Sartori, Rodolfo Morandi, Pasquale Saraceno che sono tutti giovanissimi cattolici, o democristiani che nel periodo fascista non separarono la loro contrarietà a questa corrente. Dopo la guerra, questi cervelloni quali Saraceno che era a capo della democrazia, Morandi che divenne ministro socialista dell'industria dei primi governi postbellici, tra questi Donato Menichella che diventerà governatore.della Banca d'Italia nel 1948, dopo che Einaudi verrà eletto presidente della Repubblica. Questi erano tutti seguaci Keynesiani, che hanno vissuto la crisi degli anni '30, hanno visto cosa è stato il New Deal negli Stati Uniti, e come Roosevelt aveva attuato delle politiche di salvataggio dell'economia durante la depressione degli anni '30. Hanno anche visto come i regimi totalitari dello stalinismo in Russia e del nazismo in Germania avevano potenziato il ruolo dello Stato come intervento pubblico nell'economia del paese. Ad un paese che usciva dalla seconda guerra mondiale, non si poteva promettere delle terre al meridione altrimenti si sarebbe creato un dualismo tra un Nord industriale e un sud con un'economia agricola. Quindi si rese necessario creare delle infrastrutture primarie per il Mezzogiorno, tali da poter incentivare l'industrializzazione anche per questa parte del territorio. Questo era lo scopo di questo trio democristiano cattolico socialista. Lungo dove sidibatte la nuova questione meridionale, che riguarda l'industrializzazione, in quanto la vecchia era stata la questione relativa al latifondo, è la SVIMEZ, associazione per lo sviluppo del mezzogiorno, creata da Rodolfo Morandi e Pasquale Saraceno, fondata nel 1946 che inizia a studiare il mezzogiorno e a mettere in luce i numeri accanto ai problemi. Pasquale Saraceno sottolinea il concetto di "depressione permanente" che è un concetto, che nacque da una diceria del mezzogiorno come area sottosviluppata, Saraceno afferma che: il mezzogiorno non è un'area sottosviluppata ma è un paese che fa parte dell'Occidente e che negli anni '50 cresceva velocemente. Anche con un'economia più debole rispetto all'Italia del centro-nord ed europea. D'altra parte i problemi del sud non sono congiunturali, quindi area depressa, significa area poco sviluppata all'interno delle aree sviluppate quindi questa parte dell'Occidente.è un'aria depressa e come tale deve essere ripresa attraverso mezzi di intervento per industrializzarla. Si crea una sorta di IRI, istituto di ricostruzione industriale creato negli anni 30 per salvare il capitalismo italiano, specialmente l’industria settentrionale in preda alla crisi, battezzata per il mezzogiorno col nome di cassa per il mezzogiorno. Questo istituto speciale doveva espletare essenzialmente tre cose:
- Primo, doveva fare un piano di opere pubbliche (creare delle ferrovie o modernizzare quelle esistenti, creare degli aeroporti civili e dei sistemi portuali, impianti elettrici e reti fognarie). Questo è l'unico obiettivo che la cassa del mezzogiorno poté realizzare.
- Il secondo obiettivo era quello di trovare delle risorse finanziarie per aiutare le imprese esistenti e quelle future (cofinanziare secondo il principio della sussidiarietà).
- Il terzo obiettivo della cassa del mezzogiorno era quello di fare investimenti industriali dove necessario.