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ITALIANE NEL MEDITERRANEO.

I primi anni dopo l’Unità.

Nell’età d’oro della massoneria italiana, fra il 1860 e il 1925, un contributo, in

termini di logge e di iscritti, venne dalle strutture costituite fuori dei confini

nazionali. Su circa 70.000 nomi di affiliati al Grande Oriente, quasi 9.000

appartenevano a logge fondate all’estero. Questo sviluppo della massoneria

italiana nel bacino del Mediterraneo cominciò subito dopo l’Unità.

3 – MASSONERIA, SCUOLA E QUESTIONE EDUCATIVA

DALL’UNITA’ AL FASCISMO.

Il paradigma massonico.

In vista della prima assemblea costituente del Grande Oriente d’Italia, che

venne convocata a Torino per la fine di dicembre del 1861, circolò un progetto

di programma massonico stilato da David Levi. Levi concepiva la massoneria

come uno strumento di intervento nella sfera pubblica, come un mezzo per

favorire l’evoluzione della società e del sistema politico. In questo documento

Levi indicava di promuovere il benessere delle varie classi sociali mediante

l’educazione morale, fisica, intellettuale del popolo e suggeriva di fondare case

di ricovero per anziani, asili d’educazione per l’infanzia, scuole serali e tecniche

per gli operai. Fu Ernesto Nathan a definire la massoneria come associazione

patriottica ed educativa e non come associazione politica.

La massoneria deve quindi essere: scuola di libertà, esempio di moralità e

d’amore, leva del progresso umano.

L’ambito scolastico ed educativo fu al centro dell’intervento pubblico della

massoneria nei primi decenni dopo l’Unità nel tentativo di contrastare

l’egemonia esercitata dalle forze cattoliche e di realizzare un più ampio progetto

di modernizzazione del Paese.

Alcuni obiettivi importanti che il parlamento avrebbe dovuto perseguire furono

una promozione dell’istruzione primaria con il miglioramento della classe dei

docenti. Adriano Lemmi, maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1885 al 1895,

fece della questione scolastica uno dei cardini dell’impegno massonico e della

laicizzazione dello stato. Affinché lo stato diventasse laico era necessario

abolire le guarentigie (legge che garantiva al pontefice l’inviolabilità della

persona; l’extraterritorialità; la libertà di comunicazioni postali e telegrafiche; il

possesso dei sacri palazzi del Vaticano, del Laterano e di villa di Castel

Gandolfo), vietare l’insegnamento del catechismo nelle scuole, non permettere

il matrimonio religioso prima di quello civile e istituire il divorzio.

Questo ambizioso progetto necessitava, però, della presenza massonica negli

organi di governo, nella burocrazia e nell’amministrazione. La massoneria, per

essere attiva ed efficace, doveva agire nelle istituzioni pubbliche (scuola,

magistratura, forze armate). Il 20 settembre 1897, si tenne a Milano un

congresso massonico dove furono discusse e approvate alcune mozioni, con le

quali si vincolava la massoneria a:

- Promuovere uno Stato caratterizzato da una politica laica;

- Provvedere a che l’istruzione sia impartita con esclusione di ogni concetto

religioso;

- Dare maggiore importanza alle scienze;

- Agire con il popolo per la promulgazione delle leggi.

Le tipologie dell’azione educativa.

Nelle costituzioni approvate si affermò che lo scopo della massoneria doveva

portare al miglioramento e al perfezionamento morale e intellettuale tramite

l’educazione.

Nel 1877 fu approvata la legge Coppino, che estendeva l’obbligo scolastico fino

al nono anno di età, la quale da tempo rientrava nel programma della sinistra

costituzionale appena salita al potere.

Fin dai primi anni dopo l’Unità, varie logge raccolsero l’invito del Grande

Oriente a fondare scuole private gestite dall’ordine liberomuratorio, e in

qualche località l’iniziativa riuscì ad andare in porto. A causa della mancanza di

fondi non sempre tutte le richieste vennero accettate, perciò la massoneria

italiana postunitaria si concentrò su strutture educative e culturali, nelle quali

potessero riconoscersi e impegnarsi persone del mondo laico.

Notevole fu l’impegno della massoneria anche nel settore ricreativo, con lo

scopo di riunire i giovani nei giorni festivi per istruirli e divertirli, in modo da

scalfire l’egemonia delle organizzazioni cattoliche che operavano tramite

oratori collegati alle parrocchie. Questa idea non ebbe mai grande successo.

5 – IL PARTITO DELLA BORGHESIA? BANCHIERI E

IMPRENDITORI NELLA MASSONERIA ITALIANA FRA OTTO E

NOVECENTO.

La massoneria nel giudizio di Antonio Gramsci e Gaetano Mosca.

Il 16 maggio 1925 alla Camera dei Deputati iniziò la discussione di una legge

nota come legge contro la massoneria. Il movimento fascista, ormai avviato ad

assumere i connotati del regime dittatoriale, decideva così di abbandonare ogni

legame con la massoneria, nonostante la massoneria avesse contribuito

all’ascesa del fascismo. Gramsci cercò di dimostrare che la legge contro la

massoneria in realtà intendeva colpire le organizzazioni politiche e sindacali del

proletariato. Il vero obiettivo del fascismo, disse Gramsci, era quello di lottare

contro la borghesia. Gaetano Mosca affermò, così come Gramsci, che la

massoneria era necessaria nella vita pubblica italiana perché aveva svolto una

funzione politica rilevante. Sia Gramsci sia Mosca sostenevano che la

massoneria avesse svolto una funzione politica simile a quella di un partito, ma

così non fu perché un vero partito non si basa su organizzazioni segrete ma si

distingue per il carattere pubblico.

Quale borghesia?

La grande maggioranza degli affiliati alla massoneria italiana tra la fine del XIX

e l’inizio del XX secolo fu costituita da esponenti delle classi medie e

soprattutto della piccola borghesia.

Un ruolo importante lo hanno svolto i Rotary Club, perché dopo la messa al

bando del 1925 alcuni massoni trovarono ospitalità proprio nei club rotariani, e

vi restarono fino al 1938, quando il regime fascista sciolse anche queste

organizzazioni. In questi anni il Rotary si distinse dalla massoneria per la più

elevata estrazione sociale dei suoi membri.

6 – LA MASSONERIA E LA RELIGIONE DEL RISORGIMENTO.

Le ragioni di una ricerca.

Un’indagine sul contributo che le associazioni liberomuratorie dettero

all’elaborazione e alla diffusione del mito del Risorgimento può risultare di

notevole interesse per almeno tre ordini di motivi:

- Fin dai primi anni postunitari l’impegno della massoneria su questo fronte

fu realmente consistente.

- È noto che attraverso le logge massoniche transitarono molti esponenti

della classe dirigente italiana postunitaria, sia locale sia nazionale.

- I settori più ostili allo stato unitario, i gruppi clericali, tentarono di

attribuire alla massoneria lo sviluppo del Risorgimento.

Secondo la massoneria, attraverso la ribellione risorgimentale, il paese aveva

dato il proprio contributo al trionfo dell’idea di progresso.

Dal patriottismo risorgimentale al solidarismo massonico.

Subito dopo l’unificazione, molti fra i maggiori protagonisti del movimento

risorgimentale entrarono a far parte della massoneria. Basti pensare a Garibaldi,

che nel 1864 fu insignito della carica di gran maestro del Grande Oriente

d’Italia. I fattori che determinarono questo approdo di buona parte delle élite

risorgimentali nelle file della massoneria sono molteplici:

- La massoneria rappresentò in alcune zone della penisola un forte

elemento di continuità con le vecchie strutture settarie.

- Le logge diventarono presto uno dei centri privilegiati di raccolta del

nuovo ceto dirigente di provenienza risorgimentale, e presto vi aderirono

anche figure di secondo piano.

- Le logge si connotarono come veicolo di diffusione di una cultura laica e

modernizzante.

Una religione civile per la Terza Italia.

Fin dai primi anni dopo l’unificazione la massoneria cercò, attraverso una serie

di iniziative, di celebrare la memoria del Risorgimento.

Costante fu la presenza delle logge quando si trattava di inaugurare un

monumento o di ricordare qualche evento significativo che riguardasse il

raggiungimento dell’indipendenza nazionale. Dal 1870 si aggiunse anche un

periodico ufficiale, la Rivista della massoneria italiana, sulla quale erano

presenti resoconti di cerimonie patriottiche o articoli commemorativi di grandi

personaggi.

7 – MAZZINI MASSONE? COSTRUZIONE E FORTUNA DI UN MITO.

La morte di Mazzini.

Per capire quali rapporti esistevano tra Giuseppe Mazzini e la massoneria, è

utile partire dalla data della sua morte: il 10 marzo 1872. Massoni erano coloro

che assistettero Mazzini negli ultimi istanti di vita o che accorsero a Pisa nelle

ore successive. Le due principali obbedienze massoniche d’Italia, il Grande

Oriente d’Italia guidato da Giuseppe Mazzoni e il Supremo Consiglio del rito

scozzese di Palermo guidato da Federico Campanella, decisero di onorare

Mazzini mobilitando tutte le logge e invitandole a prendere il lutto per sette

sedute consecutive.

Il 17 marzo 1872, nel giorno dei funerali, a Roma si svolse una cerimonia che

vide la presenza di oltre seicento massoni vestiti di nero e con il fiocco del lutto

al braccio sinistro. Fu così esplicito il tentativo massonico di appropriarsi della

figura di Mazzini, indicandolo come vero e proprio affiliato. Inoltre, il 10 marzo

1874 venne inaugurato ad opera dei massoni il sepolcro destinato ad accogliere

le spoglie di Mazzini, la cui tomba richiamava l’architettura massonica. La

massoneria rappresentò la figura di Mazzini come padre della patria e come

libero muratore.

Il culto massonico dell’Apostolo.

La memoria di Mazzini divenne un vero e proprio culto per la massoneria, tanto

da celebrare il 10 marzo una sorta di Memorial Day, il giorno dedicato alla

commemorazione dei fratelli defunti. Un altro elemento importante fu il diffuso

utilizzo del nome Mazzini per nominare le varie logge. Un altro strumento di

cui la massoneria si avvalse per mantenere viva la memoria di Mazzini fu

pubblicarne le opere e l’edificazione di monumenti, medaglie e lapidi a lui

dedicati. Nel 1905 il centenario mazziniano venne celebrato con il conio di una

moneta, che al dritto recava il profilo di Mazzini e al retro una corona con su

scritto Libertà, uguaglianza, fratellanza.

Il dibattito storiografico.

Fra l’inizio del Novecento e il 1925 si aprì un dibattito intorno alla questione

dell’effettiva appartenenza di Mazzini alla massoneria. Gli studiosi di area

cattolica accreditano con certezza l’affiliazione di Mazzini alla massoneria,

perché vedevano nella massone

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
12 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giuliaf92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Tedesco Luca.