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Cap. 5: L’apogeo del welfare: assistenza pubblica e nuovi ambiti di tutela

Nel 1946, ispirato dalla Nuova Zelanda, il governo inglese emanò una legge che istituiva il Servizio sanitario nazionale gratuito, servizio affidato a strutture pubbliche e finanziato tramite prelievo fiscale. Il servizio sanitario inglese era strutturato su 3 livelli: il primo ricopriva le prestazione mediche di base, assicurate dai medici di base presenti sul territorio inglese; il secondo livello interessava gli ospedali che fornivano assistenza specialistiche mentre il terzo livello ed ultimo livello era costituito da vari enti decentrati che integravano i principali servizi sanitari forniti dallo Stato tramite l’assistenza sociale. Il modello inglese fu poi esportato in Norvegia.

Diverso il caso della Svezia che affrontò varie difficoltà finanziarie, riuscendo ad adottare un servizio nazionale sanitario nel 1955. Nonostante il ritardo, la riforma ebbe tanto successo. La Svezia, nel 1970, adottò altri importanti provvedimenti come la nazionalizzazione delle farmacie. Diversa situazione fu quella della Repubblica federale tedesca che ricostruì il proprio sistema sanitario sulle ceneri di quello di derivazione bismarckiana che lasciava allo Stato solo compiti di controllo.

In Francia, fu attivo, sul tema, il governo Mollet (1956) che rafforzò gli ospedali, si occupò degli infanti abbandonati e degli anziani. La situazione politica francese risultava però estremamente delicata, si arrivò infatti alla nascita della V Repubblica interrompendo così le riforme sociali di Mollet.

Negli Stati Uniti, nel 1946, l’assistenza sanitaria continuava ad essere erogata da soggetti privati, le compagnie assicurative private, mentre le casse aziendali erano totalmente basate sul finanziamento dei lavoratori e raramente su quello dei datori di lavoro. La svolta avvenne nel 1965 con Johnson che, tramite il Medicare e il Medicaid, finanziò indigenti e specifiche categorie di portatori di handicap con assicurazioni finanziate da fondi federali e fondi forniti dai singoli stati.

Italia e il cammino verso l'universalizzazione

La strada verso l’universalizzazione delle prestazioni sanitarie in Italia fu piena di ostacoli. L’idea di un sistema nazionale sanitario fu al centro del dibattito che precedette la costruzione dei governi di destro-sinistra, ma quando quest’ultimo si formò, l’idea fu abbandonata.

Il trentennio glorioso

Il “trentennio glorioso”, successivo alla seconda guerra mondiale, ha avuto grandi effetti economici e sociali richiedendo ai vari welfare di occuparsi di nuovi bisogni. I principali governi europei occidentali dovevano e volevano raggiungere il pieno impiego tramite una politica interventista e la nazionalizzazione dei settori chiave dell’industria, programmi che furono affiancati dall’abolizione di restrizioni per i sindacati.

I vari sistemi di welfare favorirono inoltre lo sviluppo di una struttura familiare basata sulla visione: uomo = percettore di reddito e donna = impegnata alla cura di casa e figli. Si andarono a tutelare le famiglie monoreddito (solo l’uomo lavorava), situazione che cominciò a cambiare dagli anni '60 grazie ai grandi movimenti femministi. Con l’aumento demografico furono potenziati i piani di costruzione per le case, in Italia si parla del “Piano INA-Casa” per agevolare le famiglie ad acquistare casa.

A completare il quadro, le politiche d’istruzione che volevano estendere l’obbligo scolastico alla scuola secondaria inferiore (primi a muoversi furono gli inglesi). In America, prima di Johnson, troviamo alla presidenza Kennedy che, con la sua politica “nuova frontiera”, si fece promotore della lotta contro il razzismo e per i diritti civili; obiettivi che furono solo abbozzati, causa le gravi vicende che gli statunitensi affrontarono (es. Cuba).

Kennedy fu assassinato nel 1963, anno in cui subentrò alla presidenza statunitense Johnson che, oltre ai provvedimenti sopra indicati, pose fine alla discriminazione tra bianchi e neri, inserì i disoccupati nel mondo del lavoro e si occupò di scuola tramite l’istruzione di borse di studio per gli studenti meritevoli appartenenti a famiglie non abbienti.

Il rilancio del welfare in Inghilterra

In Inghilterra, il rilancio del welfare coincise con il ritorno al potere del partito laburista. Wilson cercò di proporre riforme che risolvessero i problemi più forti come la carenza di alloggi, situazione depotenziata grazie a nuove abitazioni popolari. Altro settore prioritario per i laburisti, fu l’istruzione: l’obbligo scolastico fu portato a 16 anni.

Il welfare in Italia tra alleanze e trasformazioni sociali

In Italia, l'apogeo del welfare, coincise con l’alleanza governativa tra DC e PS, il governo si mosse nel campo dell’istruzione cercando di adeguarsi agli standard europei, stessa cosa valse per la politica sanitaria. Nel 1963, quando scadde il programma INA-CASA, fu istituita la GESCAL, un ente che agevolava, tramite finanziamenti, i lavoratori nell’acquisto di case.

Il 1968 non fu un anno semplice per i vari welfare: in Francia i giovani e gli studenti si mossero per essere inseriti nel lavoro, per il loro diritto allo studio e per il miglioramento delle università, proteste che furono accompagnate da quelle dei lavoratori che volevano più garanzie e l’assorbimento della disoccupazione. Stessa situazione investì la Germania.

In Italia, le maggiori università furono occupate dagli studenti che si contrapposero fortemente alla polizia, i movimenti studenteschi si fecero sempre più sentire richiedendo modernizzazione del sistema d’istruzione ed universitario. Nel 1968, fu approvata la legge che istituiva la scuola materna statale, legge approvata ma che non fu poi accompagnata dalle puntualizzazioni per attuarla. All’inizio del 1969 si modificarono le modalità degli esami di maturità e per gli studenti universitari il governo istituì degli assegni di studio. A fine 1969 le università furono liberalizzate.

Con il 1970 si arrivò all’approvazione dello Statuto dei lavoratori che pose attenzione a temi come la sicurezza sul lavoro, gli infortuni e la situazione delle lavoratrici madri. Il livello di spesa dell’Italia risultava in linea con gli altri paesi europei ma la mancanza di un Sistema sanitario nazionale faceva sì che le erogazioni riguardo la sanità risultassero molto più basse.

Più in generale, il trentennio post seconda guerra mondiale, fu caratterizzato da una costante crescita delle economie occidentali, interrotta solo occasionalmente da brevi crisi. A contribuire allo sviluppo dei welfare sicuramente ricordiamo il consumo di massa, la golden age dell’economia e l’influenza delle teorie keynesiane. Per quanto riguarda il livello di copertura restava differenza tra welfare a carattere universalistico e welfare a carattere occupazionale, che a loro volta si classificavano in puri o misti.

Cap. 6: Dal welfare optimism al welfare pessimism, la crisi degli anni '70 e '80

L’aumento del prezzo del petrolio, causato dalla guerra arabo-israeliana, e la scelta di Nixon di abbandonare il sistema di Bretton Woods ebbero pesanti conseguenze sulle economie occidentali e soprattutto su quelle europee. Il ricorso all’intervento statale e l’espansione della spesa pubblica non riuscirono a sanare la crisi ma anzi ne accentuarono i caratteri.

Negli Stati Uniti, i primi effetti della crisi furono il blocco delle riforme sociali e il taglio delle spese pubbliche. La crisi fu successivamente, parzialmente superata verso la fine degli anni '70 tramite la limitazione dell’aumento di spesa pubblica e l’incentivazione degli investimenti per l’industria privata. Sempre negli Stati Uniti, nel 1974, venne introdotto uno schema pensionistico riservato ai lavoratori dipendenti, con l’obiettivo di garantire una maggiore equità di trattamento e la possibilità di cumulare differenti periodi lavorativi. Successivamente, Reagan, sfruttò questo schema e introdusse polizze integrative individuali.

In Europa, soltanto negli anni '80 e più precisamente nei paesi europei dove l’impatto della crisi fu maggiore, si ebbe un ridimensionamento del welfare. Nel Regno Unito, il partito laburista decise di varare una riforma delle pensioni stabilendo che le pensioni di vecchiaia sarebbero state composte da una pensione di base uguale per tutti, integrata da una pensione statale variabile. Tale pensione sarebbe stata versata, in caso di morte del rispettivo coniuge. In breve tempo questo schema divenne quasi insostenibile e il governo intervenne favorendo l’adozione di polizze assicurative private alternative e diminuendo gli importi erogati per il conteggio della pensione.

In Italia, l’aumento delle risorse per il finanziamento degli schemi pensionistici caratterizzò tutti gli anni '70. Fu decisa una parziale limitazione dell’indicizzazione delle pensioni di anzianità, provvedimento che ebbe scarsa incidenza così come l’abolizione delle pensioni minime. Il caso italiano trovò qualche elemento di analogia nei paesi dell’Europa meridionale come Spagna e Portogallo.

Anche le spese sanitarie seguirono, fino alla prima metà degli anni '80, le linee degli anni precedenti. Da ricordare il caso della Svezia, che tramite i provvedimenti adottati arriverà negli anni '90 all’introduzione del “modello di Stoccolma”, un sistema sanitario che pur restando sotto controllo pubblico, si avvaleva di strutture e servizi privati.

In Inghilterra divenne presidente del consiglio, nel 1979, Margaret Thatcher che ridimensionò il potere dei sindacati, liberalizzò gli affitti e tagliò la spesa pubblica, rivedendo i sistemi di assistenza sociale.

In Italia, nonostante la crisi esterna ed interna, si assisté ad un rilancio delle riforme sociali: fu introdotto il regionalismo e nel 1977 si aprì la strada per il decentramento territoriale dei servizi sociali e sanitari, si disciplinarono anche altri temi come la salute mentale, imponendo la chiusura dei manicomi. L’organizzazione sanitaria fu articolata in 2 differenti livelli: quello statale, attinente al ministro della Sanità con compiti di indirizzo, controllo e coordinamento e quello locale, basato sulle USL. Nel 1985 la struttura organizzativa delle USL fu rivista ma il settore rimase oggetto di critiche causa la cattiva qualità e gestione dei servizi. Alla vigilia dei profondi sconvolgimenti che sarebbero seguiti alla caduta del muro di Berlino, tutti i paesi occidentali avevano intrapreso un percorso di riorganizzazione, più o meno profonda, dei propri sistemi di welfare.

Cap. 7: Dagli anni '90 ai primi anni 2000: Alla ricerca di un nuovo welfare

Il 1989 rappresentò un anno ricco di avvenimenti spartiacque per le politiche di...

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

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