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PSDI.
Nel 1970 il centro-sinistra, sempre costituito da DC, PSI, PSDI e PRI, sembrò avere una
nuova spinta propulsiva, sotto la guida Mariano Rumor. Tra le riforme di quegli anni si
ricordino l'approvazione della legge sul divorzio (ovviamente senza il sostegno della DC),
dello Statuto dei lavoratori, dell'attuazione delle regioni, la costituzione della Commissione
Parlamentare Antimafia.
Alla fine degli anni Sessanta si erano avute forti agitazioni sindacali, il cosiddetto autunno
caldo, unite alla forte contestazione studentesca del 1968. La strategia della tensione fu
probabilmente l’evento più insidioso che la Repubblica dovette affrontare con il tentativo di
golpe di Junio Valerio Borghese. Dall'altra parte, l'avanzata del movimento operaio e in
particolare del PCI poneva nei fatti il problema dell'accesso dei comunisti al governo. Il
centro-sinistra termina così definitivamente nel 1976, quando ebbe inizio l'esperienza dei
governi di solidarietà nazionale con il progressivo coinvolgimento del PCI nelle
maggioranze parlamentari e il cosiddetto compromesso storico. ]
2. L'illusione riformista
Dal 62 al 72 tutti i governi furono di centrosinistra (cioè alleanze tra democristiani e socialisti). Quest'alleanza,
preparata per 10 anni, risulterà però poco efficace, anche a causa della costante opposizione dell'esercito e dei
carabinieri, che non si arrenderanno mai a lasciare spazio ai comunisti. I politici di DC accolgono i comunisti in
quanto portatori di equità distributiva e assistenziale (concetti cristiani) e in quanto schermo contro il ritorno di
dittature. Il PSI affronta quindi, per la prima volta, un governo in collaborazione con le forze moderate (la DC). Il
PSI è però diviso tra favorevoli e contrari alla collaborazione. Nenni, leader del PSI, ha la meglio su Turati, anche
se è amareggiato per lo spaccamento del partito. Due scelte del nuovo governo, attuate da Lombardi, hanno diversi
effetti negativi: la nazionalizzazione dell'industria elettrica causa disordine e pirateria finanziaria, mentre
“l'acconto sull'imposta complementare” (legge su opere pubbliche e evasione fiscale) causa una fuga di capitali verso
la Svizzera e un turbamento della Borsa. Otrettutto in questo periodo si fa pochissimo per il welfare state
(ospedali, scuole, ecc). La politica economica del governo non aiuta a diminuire il gap nord/sud. A questi fattori si
aggiunge l'opposizione comunista, che denuncia il centrosinistra come “neocapitalista” in quanto taglierebbe le
gambe alla rivolta operaia. Per non fare il gioco della destra democristiana (che preme per esiliare i socialistidalla
CIGL), però, si cerca di evitare uno scontro frontale. Togliatti, segretario PCI, polemizza in un saggio l'assurdità di
una democrazia realizzata con l'esclusione dal potere del partito delle classi lavoratrici, anche se riconosce un passo
avanti nell'aver rotto la preminenza dei governi conservatori. In questa situazione in cui il governo è possibile solo
con collaborazioni compromissive, è scontato come i programmi dei singoli partiti vengano annacquati e diluiti in
programmi spesso inefficaci. La Chiesa è chiaramente opposta al governo, e predica il divieto di un'”apertura a
sinistra”. Il veto ecclesiastico ha origine nell'incompatibilità tra cristianesimo e marxismo. Gli esponenti del mondo
degli affari e della finanza, invece, si distaccano dal “socialismo cattivo” (Fanfani, La Malfa) e si avvicinano a un
“socialismo buono” (Moro, Saragat).
Le numerose opposizioni spingono l'alleanza cattolicosocialista ad agire subito: nei primi anni di governo vengono
approvate le seguenti leggi: obbligo scolastico a 14 anni, tolto il latino e introduzione di nuove materie scientifiche.
Nel frattempo però gli eventi precipitano e il 26 luglio 1960 nasce un governo essenzialmente democristiano
presieduto da Fanfani, che fa approvare il precedente disegno di legge sull'istruzione. Il nuovo Ministro
dell'istruzione Gui però cancella la legge, ripristinando il latino come insegnamento fondamentale per il liceo: i
socialisti optano allora per un compromesso, mantenendo il latino ma non ponendolo come prerequisito per entrare
nel liceo (“compromesso CodignolaGui”, con cui l'accesso alle scuole secondarie è concesso con ogni tipo di
diploma). Il conflitto sull'istruzione fu chiaramente politico. Nel 63 la legge viene finalmente varata e mette fine al
dualismo italiano tra istruiti e analfabeti. La scuola media unica sarà realizzata solo nel 77, senza latino ed esami
autunnali.
Preoccupati per l'eccessivo progressismo delle riforme (e dalle elezioni del 62, che vedranno un netto calo di
democristiani e socialisti) la DC frena la politica riformatrice. La riforma urbanistica proposta da Sullo,
aspramente criticata (basata sul “diritto di superficie” espropri, vista come attentato alla proprietà privata), fu
una delle causa del declino della DC, che bloccò la proposta; ciò causa gravi fratture nel PSI autonomista. Si crea
una nuova proposta di legge sull'urbanistica, ma essa crolla insieme al governo Moro nel 64.
La disputa su questa legge oppone il PSI a Moro, che la giudica una “nazionalizzazione delle case”. Nel 64 si
verifica il “Piano Solo” (attuato da De Lorenzo, che voleva un piano attuato dai soli carabinieri) che prevedeva
l'occupazione di RAI, prefetture e sedi dei partiti, oltre alla deportazione in Sardegna di ignoti politici. Non sono
chiari i fini di questo movimento (dichiaratamente: l'ordine pubblico). Moro e Nenni (Presidente e Vicepresidente
del Consiglio) sapevano tutto, mentre il Presidente della Repubblica Segni fu un protettore per De Lorenzo, che
cosi fu libero di agire (cosi si dice). La possibilità che Segni abbia guidato un colpo di stato è clamorosa, ma lo è
anche il fatto che esiste un doppio stato in cui De Lorenzo controlla i servizi di sicurezza e l'arma dei Carabinieri.
Alla fine del 66 nasce il Partito Socialista Unitario (PSU) per mano di Nenni e Saragat, che si sciolglie poco dopo.
Moro è un cristiano mite che punta all'armonia tra tutti i partiti, non amante del potere; il suo linguaggio è sempre
sobrio e semplice, non attacca mai. Non sfrutta la politica per assumere un ruolo di evangelista. L'abilità di Moro
si è vista in due occasioni, in particolare: quando ha fatto eleggere Saragat Presidente della Repubblica nel 64 e
quando, nel 70, il terzo governo Rumor viene bloccato dal Vaticano che vuole impedire la legge a favore del
divorzio (dato che è competenza dei tribunali ecclesiastici l'annullamento dei matrmoni cattolici); egli non seppe
opporsi efficacemente alla Chiesa, mentre Moro lo fece sottolineando la divisione dei poteri religiosi e politici; in
questo modo Rumor non viene sommerso da polemiche e può governare. Moro sa insomma placare le tensioni e
ridurre gli strappi. Dal punto di vista del rinnovamento economico, la passività di Moro non è stata sicuramente
d'aiuto, nonostante nel 65 sia stato scritto il “Progetto di programma di sviluppo economico per il quinquennio 65
69” (o “Piano Pieraccini”) che comprendeva: aiuti al mezzogiorno, riforma della pubblica amministrazione, aiuti
all'agricoltura, riordino della sicurezza sociale, revisione del sistema fiscale e il varo dello statuto dei lavoratori.
Questo piano economico quinquennale, il primo italiano, si invischia nella legislazione ordinaria, in quanto un
piano economico di tale portata non è conciliabile con il concetto di democrazia. Il secondo piano (il “Progetto 80”)
viene allora codificato come un elenco di obbiettivi, tecnicamente non specificati. Esso però non verrà applicato
durante il governo Rumor, a causa di pressioni di politici che non vogliono perdere il controllo sulle leggi della spesa
pubblica.
Dopo il 68 il centrosinistra entra in coma. Nessun obbiettivo è stato raggiunto (riforma delle strutture statali,
programmazione dello sviluppo, isolazione dei comunisti). Nel 1970 viene approvato il “piccolo divorzio”, per cui il
matrimonio può essere rotto dopo 5 anni di separazione. Il Clero, inviperito, raccoglie firme e ricorre al referendum,
nonostante i divorzi non siano molti. Essi sfruttano una campagna apparentemente laica per raccogliere più
adesioni (crisi della famiglia, turbe psichiche per i figli, ecc). Fanfani, tornato segretario della DC dal 73, si batte in
modo particolare. Il 59% degli italiani, omogeneamente distribuiti (anche nelle zone bianche) dice NO
all'abrogazione. Questo evento è storico nel segnare il tramonto dell'epoca della cultura cattolica ufficiale.
Ulteriore colpo verrà inferto alla Chiesa nel 1980, quando con il 68% si dirà NO all'abrogazione della legge che
consente l'aborto.
Grazie al supporto di un sindacato influente come non mai, nel 69 il Ministro del lavoro, il socialista Giacomo
Brodolini riesce a far approvare lo Statuto dei lavoratori che rende le relazioni industriali democratiche: libertà di
opinione nelle fabbriche, divieto di vigilanza delle guardie giurate all'attività lavorativa e di videosorveglianza,
vieta i licenziamenti per motivi religiosi, razziali, politici e senza una giusta causa.
Su pressione dei socialisti e comunisti (che promettono appoggio), il governo Moro affronta anche il problema delle
regioni: istituisce consigli regionali eletti per circoscrizioni provinciali. Le regioni rimanevano comunque fortemente
dipendenti dal governo centrale, risultando spesso sterili, e venendo accusate di avere il solo ruolo di aumentare il
numero di chi “vive di politica”, soprattutto quando la riforma della salute renderà l'organizzazione ospedaliera
dipendente dalle regioni, ed essa verrà gestita da decine di exdeputati, exsindaci, ecc.
Il governo democristianosocialista, alla fine, si rivela poco efficace a causa della malfidenza interna (i
democristiani temono l'unità di classe con i comunisti). La DC, che ha sempre avuto un proprio uomo alla
presidenza del Consiglio, aumenta l'importanza della figura presidenziale in modo da avere una priorità sui
socialisti, similmente al cancelliere tedesco (nel particolare: il capo del Governo assume una supervisione totale
sulla spesa pubblica).
Giornalisti stranieri definiscono l'Italia di Moro e Rumor una “Repubblica senza Governo” per sottolineare come
esista un “doppio stato”, molto potente e immune da controlli, composto da notabili. Da ciò nasceranno la
contestazione del 68 e la “strategia della tensione”.
3. L'anno dei miracoli
Nel febbraio del 68 la cittadella universitaria di Roma è occupata dagli studenti, che nelle facoltà di Lettere e
Filosofia ottengono la sperimentazione