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Estratto del documento

Sardegna alla guerra di Crimea. La sera del 14 gennaio 1858 si presentò un problema: un italiano

Felice Orsini attentò alla vita di Napoleone. Cavour dovette tirar fuori le sua abili doti. Si

incontrarono a Plombieres e Cavour ne approfittò per convincerlo che la situazione italiana era

incandescente e sarebbe stato opportuno sostenere la strategia sarda per evitare nuove

insurrezioni. Si accordarono per un appoggio francese a una guerra all’Austria in vista di un

riassetto della penisola: era la ripresa del progetto neoguelfo francese e Cavour seppe

approfittarne, in cambio promise alla Francia la Savoia e Nizza.

Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II inaugurò la sessione parlamentare. Si preparava la guerra.

Le alleanze sono in genere difensive e così lo era anche l’alleanza segreta tra Cavour e il sovrano

francese. Napoleone III minacciò l’ambasciatore austriaco, da tutta Italia si mossero volontari e

Garibaldi ne inquadrò buona parte nel gruppo dei Cacciatori delle Alpi. In aprile l’Austria lanciò

l’ultimatum ordinando al Piemonte di smobilitare: risposta negativa, le truppe austriache varcarono

il confine. Il Piemonte era così stato aggredito e l’alleanza potè scattare. La guerra durò da aprile a

luglio e fu una successione di vittorie. Anche il Veneto stava per cadere quando però il re francese

decise di ritirarsi. Cavour rassegnò le dimissioni. Dopo un governo con a capo La Marmora, nel

1860 Cavour riprese il potere col programma di accelerare le annessioni. Già l’11 e il 12 marzo si

tennero i plebisciti, si trattava di dire si o no all’annessione. Venti giorni dopo si tennero le elezioni

per il parlamento subalpino. Il nuovo regno era cosa fatta: comprendeva le province del Centro-

nord della penisola che avevano diversa tradizione ma assetti economici e civili abbastanza

omogenei e già relativamente integrati. Ma le cose presero tutt’altra piega. I mazziniani non

avevano cambiato idea sia sul fatto che l’unificazione dovesse avvenire su altre basi sia sul

carattere nazionale del moto. Nello stato pontificio e nel regno delle due Sicilie la cospirazione non

era spenta. In particolare in Sicilia il fermento antiborbonico era febbrile. Ci si rivolse a Garibaldi

che partì da Genova radunando volontari. La sera del 5 maggio 1860 Bixio prese il comando di

due piroscafi ancorati a Quarto dove li raggiunse il Generale. Erano poco più di mille abbigliati alla

buona, confusione, poca o nulla esperienza militare, scarseggiavano armi e cibo e carbone. Il

mare fu benigno e l’11 maggio i due piroscafi entrarono a Marsala. Avanzarono, vinsero e

Garibaldi si proclamò dittatore della Sicilia. Lasciò il governo a Crispi e continuò a marciare

espugnando la fortezza di Milazzo. Il 7 settembre entrò a Napoli dove c’erano anche gli altri capi

della democrazia come Mazzini e Cattaneo. L’esercito borbonico si arrestò a nord di Napoli e ai

primi di ottobre i due eserciti si scontrarono. Fu la più grande battaglia del Risorgimento, la vinse

Garibaldi. Si delineava il risorgimento di popolo delineato dai democratici, solo che il problema

giunse dalla campagna: i contadini volevano le terre e attaccavano i signori, Garibaldi fu costretto

a far reprimere i dissidenti. Cavour era preoccupato e cercò di accelerare le annessioni nel

Mezzogiorno e mandò dei prodittatori in aiuto al Generale. Poi giocò la carta risolutiva, la carta

militare: spiegò a Napoleone che bisognava anticipare Garibaldi e fece attaccare lo stato pontificio

da una spedizione piemontese guidata dal re in persona. I sardi spinsero verso sud senza entrare

nel Lazio, andavano verso Garibaldi. Garibaldi puntava all’integrazione nazionale non allo scontro

rivoluzionario, così il 26 ottobre vicino Teano consegnò le terre al re. Nel Mezzogiorno furono votati

i plebisciti e il 17 marzo a Torino nella nuova assemblea parlamentare fu proclamato il Regno

d’Italia.

Il nuovo regno si estendeva ora su tutta la penisola ad eccezione di Veneto e area intorno a Roma.

La questiona di Roma e del pontefice era cosa spinosa. Nel marzo del 1861 appena proclamato il

regno, fu stabilita come capitale Roma, ma il pontefice non era disposto ad accordi e per di più

c’erano le truppe francesi a difenderlo. Per puntare a Roma bisognava accordarsi con i francesi.

Non era un problema di facile soluzione e solo Cavour avrebbe potuto trovare la soluzione, solo

che morì improvvisamente il 6 giugno 1861. Garibaldi mobilitò per marciare su Roma e il governo

lo lasciò fare. Nel 1865 il primo ministro Minghetti seguì la via diplomatica accordandosi con i

francesi nella Convenzione di settembre con la quale i francesi lasciavano Roma e gli italiani si

impegnavano a sostituirli senza aggressione. Fu deciso anche il trasferimento della capitale a

Firenze. Occorreva dare consistenza al regno e questo compito fu dato alla destra storica, il partito

di Cavour. Si spirito moderato, liberalconservatore, simpatizzavano per il liberalismo inglese e

detestavano il giacobinismo alla francese. Al governo della destra storica fu rimproverata

l’eccessiva chiusura verso il paese, il carattere elitario, oligarchico, la ristrettezza del voto,

l’adozione di un rigido centralismo amministrativo. Ma tennero insieme il paese e si misero subito a

unificare le strutture, a costruire un esercito, una marina, un sistema scolastico e uno bancario.

Veneto e Lazio intorno a Roma furono annesse rispettivamente nel 1866 e nel 1870. L’Italia

nacque scomunicata con la presa di Roma. Ciò che era necessario era fare gli italiani: diffondere

lingua, istruzione, memorie comuni, erano tra loro molto diversi. Alla politiche di nazionalizzazione

diede un contributo essenziale la costruzione di una adeguata memoria storica di ispirazione

patriottica: Vittorio Emanuele, Garibaldi e Mazzini divennero degli idoli italiani.

Nel frattempo nuove nazioni nascevano fuori d’Europa come gli Stati Uniti. Un paese poco

popolato e molto periferico, ma un paese giovane, dinamico, padrone del futuro. Negli Stati Uniti si

sperimentavano vizi e virtù della società democratica. Alla fine della loro rivoluzione, il confine degli

Stati Uniti si fermava al Mississippi, nel 1830 comprò la Louisiana dalla Francia , un immenso

territorio che confinava a nord con il Canada. Questo portò allo scontro con gli inglesi al nord e a

sud e sud-ovest con gli spagnoli. Le turbolenze che scossero i territori dell’ex impero spagnolo

portarono gli Stati Uniti a precisare il loro ruolo di nazione americana. Le colonie spagnole avevano

sollevato movimenti indipendentisti e sotto la guida di Bolivar si liberò Argentina e Perù. Il 4

dicembre 1823 il presidente Monroe aveva dichiarato l’astensione americana da qualsiasi

questione europea e qualsiasi tentativo di ingerenza negli affari degli stati americani sarebbe stato

considerato ostile. Nel 1846 iniziò una dura guerra con il Messico e nel 1848 in California fu

scoperto l’oro. Il giovane stato si stava armando e ammodernando a ritmi sostenuti. Agli inizi degli

anni sessanta fu messo in cantiere e completato rapidamente il collegamento ferroviario

transcontinentale e furono sfruttati i giacimenti di petrolio scoperti in Ohio, Pennsylvania e West

Virginia. Nel 1857 il principio costituzionale stabilì che i neri non erano cittadini degli Stati Uniti ma

schiavi, cose. Sul tema della schiavitù si crearono due schieramenti. Lincoln nel 1860 era

favorevole alla concessione della cittadinanza ai neri e fu eletto presidente con i soli voti del nord.

La Carolina del Sud si staccò e creò la Confederazione del sud. La questione della schiavitù diede

origine a una profonda contrapposizione di interessi: il nord era interessato all’industria e alla

finanza; il sud all’agricoltura quindi aveva bisogno di mano d’opera nera. La guerra fu durissima e

anche se la confederazione era in netta minoranza attaccò per prima e per prima perse la guerra.

Nel 1865 ci fu la resa e pochi giorni dopo Lincoln rieletto presidente, fu assassinato da un sudista.

L’8 luglio 1853 gli americani entrarono nel porto di Tokyo per convincere (forzare) i giapponesi ad

aprirsi ai loro traffici. Gli americani non erano i soli a premere sul Giappone, anche dall’Europa

c’era molto interesse. Il Giappone sarebbe presto diventata un’altra potenza mondiale. Il Giappone

era un paese molto antico che spesso si rifaceva alla sua antica tradizione e fu proprio questa

tradizione ad aprirsi alla penetrazione occidentale e permise il rapido sviluppo senza disgregare la

nazione. A metà 800 vigeva in Giappone il governo dei samurai guidati dalla dinastia Tokugawa sin

dal 500. Questi avevano stabilito un sistema assai complesso di gerarchie sociali. La capitale

imperiale era a Kyoto e quella politica a Edo, i signori locali dovevano alternare un anno di

residenza nei loro domini e un anno nella capitale. I samurai erano riuniti intorno ai castelli nobiliari

dai quali ricevevano riso in pagamento in base al rango. I villaggi godevano di una quasi totale

autonomia e l’agricoltura era l’unico fondamento dell’economia. Nel 1636 soppresso il

cristianesimo, gli occidentali furono cacciati dal pese, tutti i contatti stranieri furono sbarrati e tutto

ciò che non era giapponese era proibiti, fu ordinato addirittura di uccidere i naufraghi. Ciascun

individuo apparteneva alla catena generazionale, non era un individuo dotato di personale destino

e capacità decisionale. La riaffermata sacralità imperiale portò alla restaurazione Meiji che pose

fine al governo Tokugawa. La rigidità del vecchio regime impediva al paese di svilupparsi e anche

se l’agricoltura raccoglieva in se tutta l’economia c’erano alcuni settori in via di sviluppo ed

esisteva una potenziale borghesia artigianale e commerciale. Il regime Tokugawa nel 1867 fu

abbattuto da una sollevazione di samurai. Il Giappone con i Meiji si avviò a diventare una potenza

continentale.

La questione tedesca era ancora aperta, né le agitazioni del 1830 né la rivoluzione del ’48 avevano

portato ad un esito nazionale. L’intera area germanica aveva opposto una rigida chiusura alle

rivendicazioni liberali, la Prussia al nord e l’Austria al sud erano i poli dell’area. In Austria la

costituzione del 1849 fu soppressa due anni più tardi e tutto il potere finì nelle mani dell’imperatore

Francesco Giuseppe che instaurò un regime dal nome neoassolutistico visti i metodi rigidamente

autoritari. Un concordato eliminò ogni potere dello stato sulla chiesa e a questa fu concesso il

monopolio sull’istruzione e la censura. Non meno severo fu il governo in Prussia dove la

costituzione non fu abrogata ma fu emendata in senso ancor più restrittivo con una Camera bassa

elette su un sistema a tre classi

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
36 pagine
12 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vanity_90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Papadia Elena.