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Estratto del documento

Più incerta e lenta fu la stabilizzazione economica in Gran Bretagna, il cui apparato produttivo si

dimostrava sempre più invecchiato e sempre meno in grado di reggere la concorrenza con i paesi di più

recente industrializzazione. Il risultato fu un generale ristagno produttivo protrattosi per tutti gli anni Venti.

Anche in Gran Bretagna furono le forze moderate a guidare il paese negli anni critici del dopoguerra. Fra

il 1918-29 i conservatori furono sempre al potere, salvo un breve intervallo nel 1924, quando l’affermazione

Labour

dei laburisti consentì la formazione di un governo guidato per la prima volta da un esponente del

Party , James Ramsay MacDonald. I conservatori riuscirono a spezzare la maggioranza che lo sosteneva, a

provocare lo scioglimento della camera ed a vincere le successive elezioni (novembre ’24). La grande novità

fu la secca sconfitta dei liberali, che consentì ai laburisti d’assumere il ruolo di principali antagonisti dei

conservatori ed al sistema politico inglese di riassumere la tradizionale forma bipartitica.

Tornati al potere, i conservatori avviarono una politica d’austerità finanziaria e di contenimento dei salarî

che li portò a scontrarsi duramente coi sindacati. Nel maggio ’26 un milione di minatori entrò in sciopero

chiedendo aumenti salariali e proponendo la nazionalizzazione del settore minerario. Anche se erano

appoggiati da altre categorie di lavoratori, padronato e governo non cedettero alle pressioni. Con la tensione

sociale che aveva toccato livelli altissimi, i minatori dovettero arrendersi. Il governo conservatore cercò di

approfittare di questa storica sconfitta per minare le basi stesse dell’opposizione laburista: furono vietati gli

Trade Unions

scioperi di solidarietà e fu dichiarata illegale la pratica per cui gli aderenti alle veniva iscritti

Labour Party

d’ufficio al . I laburisti accusarono il colpo, vedendo quasi dimezzati i proprî iscritti, ma

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riuscirono a riaffermarsi nelle elezioni del ’29, quando si formò un nuovo ministero guidato ancora da

MacDonald, che sopravvisse per poco a causa della crisi internazionale del 1929-30.

6. La Repubblica di Weimar

La Repubblica dalla Costituente di Weimar rappresentò nell’Europa degli anni Venti un modello di

democrazia parlamentare aperta ed avanzata. Lo stesso rigoglio d’attività intellettuali, che fece della Germania

weimariana il centro più vivace della cultura europea del tempo, era strettamente collegato al clima di grande

libertà che allora si respirava e che faceva singolare contrasto con l’atmosfera chiusa e conformista dell’età

guglielmina.

Molti erano tuttavia i fattori che contribuivano ad insidiare la vita democratica ed ad indebolire il sistema

repubblicano. Il più evidente motivo di debolezza stava nell’accentuata frammentazione dei gruppi politici,

che rendeva instabili maggioranze e governi, e nell’assenza di una forza egemone, capace di dominare i nuovi

fenomeni di mobilitazione sociale, di superare le pesanti fratture presenti nella società, di guidare il paese

nella difficile crisi di trasformazione che stava attraversando.

L’unica forza in grado d’aspirare a questo ruolo era la socialdemocrazia, riunificatasi in un unico partito

nel 1922 con la confluenza dell’Uspd nella Spd. Appoggiata dalla classe operaia, la socialdemocrazia rimase

per un intero decennio il partito più forte e fece sempre sentire il suo peso nella vita politica tedesca. Tuttavia

non riuscì mai ad allargare i suoi consensi al di là del tradizionale elettorato operaio.

Le cassi medie si riconoscevano infatti nel Centro cattolico ed in parte maggiore nelle formazioni della

destra conservatrice e moderata: il Partito popolare tedesco-nazionale ed il Partito tedesco-popolare. Un terzo

partito di matrice borghese, il Partito democratico tedesco, dopo un iniziale successo, si ridusse alle

dimensioni di una forza marginale.

Tutto ciò dimostrava che la diffidenza nei confronti del sistema democratico coinvolgeva non solo i

gruppetti dell’estrema destra sovversiva, non solo gli esponenti della vecchia classe dirigente, ma anche buona

parte della media e piccola borghesia. Contrapponendosi all’età imperiale, fatta di relativa prosperità, la

Repubblica era indissolubilmente legata alla sconfitta, a quell’autentica tragedia nazionale che fu costituita

dal problema delle riparazioni.

Nella primavera del 1921, una commissione interalleata stabilì l’ammontare delle riparazioni nella

spaventosa cifra di 132 miliardi di marchi-oro, da pagare in 42 rate annuali. In altri termini, i Tedeschi

avrebbero dovuto privarsi, per quasi mezzo secolo, di un quarto del loro prodotto nazionale per assolvere

un impegno a cui la popolazione non riconosceva alcuna legittimità. L’annuncio dell’entità delle riparazioni

suscitò in tutta Germania un’ondata di proteste. I gruppi dell’estrema destra nazionalista – fra i quali si stava

mettendo in luce il piccolo Partito nazionalsocialista guidato da Adolf Hitler – scatenarono una vera e propria

offensiva terroristica contro la classe dirigente repubblicana, accusata di tradimento per essersi piegata alle

decisioni dei vincitori. Nel ’21 fu ucciso in un attentato il ministro delle Finanze Matthias Erzberger, esponente

del Centro cattolico, colpevole d’aver firmato l’armistizio del ’18 in rappresentanza del governo provvisorio.

L’anno dopo la stessa sorte toccò a Walther Rathenau, grande industriale ed esponente del Partito

democratico, che, in qualità di ministro degli Esteri, si stava adoperando per raggiungere un accordo con le

potenze vincitrici.

I governi di coalizione che si succedettero fra il ’21 ed il ’23 s’impegnarono comunque a pagare le prime

rate delle riparazioni, ma, per non rendersi ulteriormente impopolari agli occhi di un’opinione pubblica già

esasperata, evitarono interventi troppo drastici sulle tasse e sulla spesa pubblica: quindi furono costretti ad

aumentare la stampa di carta-moneta. Il risultato fu che in pochi mesi il valore del marco precipitò (1$ valeva

15DM), mettendo in moto un rapidissimo processo inflazionistico. Nelle intenzioni dei governanti tedeschi la

caduta del marco avrebbe dovuto allarmare le stesse potenze vincitrici e convincerle della materiale

impossibilità per la Germania di sopportare il peso delle riparazioni.

7. La crisi della Ruhr

Nel gennaio 1923, Francia e Belgio, traendo pretesto dalla mancata corresponsione di alcune riparazioni

in natura, inviarono truppe nel bacino della Ruhr, la zona più ricca ed industrializzata della Germania.

L’azione aveva per scopo ufficiale quello di controllare la consegna dei materiali dovuti, ma il vero obiettivo

era spegnere ogni velleità tedesca di sottrarsi al pagamento integrale delle riparazioni. Impossibilitato a

reagire militarmente, il governo tedesco incoraggiò la resistenza passiva della popolazione: imprenditori ed

operai della Ruhr abbandonarono le fabbriche rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti. Intanto gruppi

clandestini formati perlopiù da membri dei disciolti corpi franchi organizzarono attentati e sabotaggi contro

i Franco-belgi che reagivano con fucilazioni ed arresti di massa.

Per le già dissestate finanze tedesche l’occupazione della Ruhr rappresentò il definitivo tracollo, in quanto

privava il paese di una parte delle sue risorse produttive e contemporaneamente costringeva il governo a

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nuove ingenti spese per finanziare la resistenza passiva della Ruhr con sussidî alle imprese ed ai lavoratori

disoccupati. Il marco precipitò a livelli impensabili (5 milioni di DM per 1$ in luglio, 200 miliardi in settembre,

4.000 miliardi in novembre) ed il suo potere d’acquisto fu praticamente annullato (un chilo di pane costava

400 miliardi di DM). Le conseguenze di questa polverizzazione della moneta furono sconvolgenti. Lo Stato

stampava banconote in quantità sempre maggiore e con valore nominale sempre più alto (arrivando alla

banconota da cento miliardi). Chi possedeva risparmi in denaro o in titoli di Stato perse tutto. Chi viveva

del proprio stipendio dovette affrontare grossi sacrificî: le retribuzioni venivano infatti continuamente

adeguate, ma mai abbastanza da poter tener dietro al ritmo dell’inflazione. Furono invece avvantaggiati i

possessori di beni reali (agricoltori, industriali, commercianti) e tutti coloro che avevano contratto debiti.

Doppiamente avvantaggiati furono gli industriali che producevano per l’esportazione, dato che si facevano

pagare in valuta straniera. Nell’anno della grande inflazione l’industria tedesca riuscì comunque a conquistare

nuovi mercati ed ad aumentare profitti ed investimenti, ponendo le basi per l’espansione degli anni successivi.

Il prezzo pagato dalla collettività fu tuttavia altissimo, così come altrettanto grave fu il danno per le istituzioni

repubblicane.

Nel momento più drammatico la classe dirigente trovò però la forza di reagire. Nell’agosto ’23 si formò

un governo di “grande coalizione” comprendente tutti i gruppi costituzionali (dai tedesco-popolari alla Spd)

e presieduto da Gustav Stresemann. Leader del Partito tedesco-popolare, con alle spalle un passato di

nazionalista intransigente, Stresemann era tuttavia convinto che la rinascita della Germania sarebbe stata

possibile solo attraverso gli accordi con le potenze vincitrici. Fra le proteste della destra, il governo ordinò la

fine della resistenza passiva della Ruhr e riallacciò i contatti con la Francia. Subito dopo decretò lo stato

d’emergenza e se ne servì per sciogliere i governi regionali della Sassonia e della Turingia, per reprimere

un’insurrezione comunista ad Amburgo, ma anche per fronteggiare la ribellione della destra nazionalista in

Baviera. A Monaco, nella notte fra l’8 ed il 9 novembre 1923, alcune migliaia di aderenti al Partito

nazionalsocialista ed altre formazioni paramilitari cercarono d’organizzare un’insurrezione contro il governo

locale, ma il complotto, capeggiato da Hitler e dal generale Ludendorff, non ottenne lo sperato appoggio dei

militari e delle autorità locali e fu rapidamente represso. Hitler fu condannato a cinque anni di carcere e la

sua carriera politica parve precocemente conclusa.

Ristabilita l’autorità dello Stato, il governo cercò di porre rimedio al caos economico. Nell’ottobre ’23 fu

Rentenmark

emessa una nuova moneta, il cosiddetto (“marco di rendita”) il cui valore era garantito dal

patrimonio agricolo ed industriale della Germania: lo Stato tedesco si comportava cioè come un privato che

impegni tutti i suoi averi per garantirsi un credito. Nel contempo fu avviata una politica rigorosamente

deflazionistica (li

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A.A. 2014-2015
143 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giacometallo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Bongiovanni Bruno.