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I partecipanti alla Guardia dei labari furono sgominati e portati a processo, difesi da
un collegio fortissimo di avvocati; tuttavia non emerse una chiara impostazione delle
accuse e se la cavarono con poco. Pignatelli stesso fu arrestato nell’aprile del ’44,
fatto che porta alla decapitazione del fascismo clandestino. Pignatelli aveva costituito
un fronte anticomunista con fascisti e monarchici, sicuramente aveva contatti e
collaborazioni con l’OSS (servizio segreto alleato, interessato alla costruzione di una
rete di fascisti clandestini in chiave anticomunista). Altrimenti come spiegare che in
piena guerra la moglie (di Pignatelli) di uno dei capi del fascismo clandestino potesse
tranquillamente varcare le linee nemiche?
75-83 (Romualdi)= Pavolini lavorò alla costituzione di gruppi clandestini di fascisti che
potessero fungere da spina nel fianco degli Alleati. A questa strategia si affiancava la
seconda, quella relativa al dopo. Un movimento insomma clandestino che sapesse
rifornirsi di mezzi, quadri, preparazione alla lotta politica che permettesse di vivere
dignitosamente dopo e malgrado la sconfitta militare. Queste sono parole di Romualdi,
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il più alto in grado sopravvissuto alla resa dei conti del dopoguerra (addirittura figlio
naturale di Mussolini, si mormorava). Fu il personaggio più significativo nella
ricostruzione di contatti del neofascismo. Fu quello che tra il 26 e 27 aprile ’45 diede
l’ordine di tregua ai 5.000 fascisti riuniti a Como, e che non riuscì a salvare Mussolini,
ma lui scampò alla fucilazione, anche per la misteriosa presenza di due agenti dei
servizi (qui comincia a farsi sentire la figura dell’Angleton, uno dei capi dell’OSS, che
si prodigò a indurre i fascisti a collaborare in vista del dopoguerra).
83-95 (Decima Mas)= I componenti della decima furono contattati riguardo alla
necessità che una forza politica e militare si opponesse al comunismo. La Decima
verso gli alleati si comportò in maniera duplice: dapprima li avrebbe trattati come
invasori; alla fine della guerra poi, si sarebbero astenuti da sabotaggio, e sempre con
un occhio all’eversione possibile di Togliatti. Il loro capo, Valerio Borghese fu trattato
con indulgenza dai Servizi alleati se poté rifugiarsi da persone fidate. Tutto il
comportamento della X fu indirizzato a ipotizzare una prosecuzione del conflitto con
altri soggetti, anticipando i temi della Guerra fredda. Contatti ce ne furono, sono
nebulosi, difficili da chiarire, ma ci furono e ci testimoniano il clima di grande
incertezza.
95-116= Le prime prove di neofascismo si ebbero a Roma. La propaganda antialleata
poteva contare sulla delusione e la rabbia, e anche disoccupazione, malavita fame. Il
gruppo Onore seguendo il modello cospirativo fascista, puntava sull’anticomunismo,
faceva propaganda per azioni insurrezionali. Esso deve essere ricollegato alle
complesse vicende della nascita dell’MSI. Il questore di Roma nel ’46 lamentava il
lassismo nel punire il risorgente fascismo e lo attribuiva alla gestione interessata degli
Alleati. A Roma il neofascismo era ramificato, ma anche nel Lazio. Borghese e
Romualdi agirono in modo abbastanza lineare, chi agiva in maniera meno lineare
nell’ambiente romano, lo faceva con l’intento di poter essere valorizzato nel
dopoguerra in chiave anticomunista, cosicché si assistette alla penetrazione verso le
forze politiche esistenti di dx e sx.
117-147=Difficilissimo è stabilire il numero dei morti ammazzati fascisti nella resa dei
conti di aprile-maggio ‘45: tra 20 e 30 mila sono le stime più attendibili, sebbene ci
siano fonti, fasciste, che parlano di 300.000, e altre, G. Bocca, che parla di 12-15
mila. La violenza durò per tutto il mese di maggio da parte del CLNAI, che pure aveva
stabilito in ogni provincia del Nord tribunali di guerra e corti di assise straordinarie.
Piccola notazione per coloro che preferirono farsi ammazzare in nome della bella morte
educata all’attivismo.
da parte della generazione
All’inizio i detenuti erano 55.000, ma già dopo 7 anni nelle galere rimanevano soli 266
fascisti condannati. I campi di internamento, usati subito dopo la fine della guerra, da
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ricordare sono la Certosa di Padula (Salerno) che arrivò a contare fino a 2.000-2.500
detenuti, maltrattati, derisi, spogliati dei loro averi, secondo la logica punitiva degli
Inglesi. L’internato non godeva di nessuna tutela da parte del governo italiano. Altri
campi furono a Lecco, Novara, Ivrea. Il campo più conosciuto fu quello di Coltano (fino
a 32.000 ne ospitò). Al Sud Aversa, Afragola e soprattutto Taranto (fino a 10.000).
L’alto numero di internati consentì una discreta attività di proselitismo per DC e PCI,
come ricorda anche Sandro Curzi. In totale i campi di concentramento, come ricorda
Jannacci, furono 110.
147-156= La condizione di chi sfuggiva alla giustizia sommaria o a quella dei tribunali
era cmq difficile: marginalizzazione politica, clandestinità, classe dirigente
precocemente finita, cercare lavori umili, trauma per la sconfitta e la condanna,
sentirsi esuli in patria; qualcuno preferì emigrare. I due principali punti di raccolta di
ex fascisti furono Milano e Roma. Milano era stata la capitale morale del fascismo e
sebbene liberata, non era proprio controllata dai vincitori: solo una parte stava con
loro. Quindi ci si poteva ancora nascondere alla caccia dei partigiani. Mense popolari,
qualche istituto religioso, lavori umili e precari: erano le condizion di sopravvivenza
dei fascisti.
A Roma le zone extraterritoriali, la fitta struttura ecclesiastica e la disponibilità del
clero a proteggere i fascisti (come aveva protetto i partigiani) consentiva ai fuorilegge
fascisti di trovare dei luoghi sicuri. La Chiesa era un momento di serenità per questi
reduci nostalgici impegnati in feroci discussioni e alla ricerca di punti di riferimento.
156-170= Fu Pino Romualdi a costruire una fitta rete di contatti tra i neofascisti. La
strategia consisteva nel non lasciare senza guida migliaia di fascisti e sostituire ai
discorsi velleitari un progetto politico. Il neofascismo non intendeva far leva su
argomentazioni, ma intendeva comunicare attraverso slogan e parole d’ordine, che finì
col diventare il veicolo di comunicazione privilegiato nell’ambiente neofascista.
Partito fascista democratico, Squadre armate Mussolini, esercito del colonnello Pollini
furono i primi tentativi pittoreschi o velleitari. Nel ’46 i progetti furono formulati in
modo più organico. Nei mesi precedenti al referendum Romualdi, Buttazzoni,
Borghese si resero protagonisti della ricostruzione neofascista. Gli Americani
ritenevano i fascisti affidabili e in tal senso furono rassicurati in chiave anticomunista e
in cambio dell’amnistia.
171-193= Senza il referendum e senza l’amnistia il MSI non sarebbe nato.
Inizialmente i fascisti confluirono nell’Uomo qualunque, seppur esso poco badasse al
concetto di nazione. Il movimento detto Senato nacque come risposta unitaria delle
anime neofasciste di fronte al referendum. I neofascisti dunque cercavano uno spazio
politico e umano agibile, per difendersi dagli attacchi e per tentare qualche timida
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sortita, contando anche sulle contraddizioni all’interno dell’antifascismo. Poco dunque
importava ai neofascisti del referendum, tuttavia la scelta cadde sulla monarchia.
Perché i partiti accettarono di ridare agibilità politica al movimento? A causa delle
difficoltà. Erano molte: c’era da un lato il progetto PCI di rivoluzione; dall’altra DC e
Alleati volevano un ritorno cauto alla democrazia; di qui l’opportunità di una
pacificazione e poi dell’amnistia, per chiudere la guerra civile che poteva fare da
viatico a problemi. Si affrontò dunque l’impopolarità. I giornali già parlavano di
Recuperare dei figli all’Italia, per evitare che si costituisse il movimento fascista e per
guadagnare le buone individualità alla causa del PCI. E ci furono delle adesioni di ex
fascisti ai nuovi partiti, tra chi apprezzava l’antiamericanismo e non sopportava
l’aspetto conservatore e anti-rivoluzionario della DC. Ma per lo più fallì la cosa: 1) il
PCI ignorava i buoni rapporti tra gli ex Salò e gli Alleati; 2) i democristiani,
compresero le mosse del Migliore, e reagirono reinserendo i funzionari e impiegati
epurati che non avevano pulsioni revansciste, ma che volevano continuare solo a
servire lo Stato. Fu per questa strada che avvenne lo sviluppo legale del neofascismo.
193-210= Vi fu dunque l’uscita dalle galere in cambio dell’affidabilità promessa verso
le istituzioni, difatti i neofascisti non attuarono azioni terroristiche. Alcuni sostenevano
che era meglio controllarli con un partito venuto alla luce del sole; altri non volevano
che un possibile partito facesse breccia nel campo istituzionale, ripetendo contatti e
coalizioni che avevano portato Mussolini al governo nel 1922. Tutto ciò non sarebbe
avvenuto se ci fosse stata l’epurazione, che invece si concretizzò in una burletta
(Melis). Si stava mettendo in atto la stessa continuità tra giolittismo e fascismo, che
avrebbe fatto fallire gli intenti della guerra civile e della bonifica che ne sarebbe
dovuta derivare. Non ci fu un effettivo ricambio nella classe dirigente. L’epurazione fu
fatta in basso infatti; operazione che tra le altre cose portò gli epurati a prendersela
con la Resistenza. Qualcuno come Gonella dirà che non si poteva ricominciare dalle
macerie con le epurazioni, frutto di provvedimenti magari male impostati in dispregio
della democrazia, vizio proprio del Ventennio. Il Paese chiedeva che i fascisti
sparissero immediatamente? E si potevano vuotare gli uffici, i ministeri di persone che
erano state fasciste solo per rassegnazione o convenienza? Se il 90 % era stato
implicato col fascismo, come si potevano epurare milioni di persone? Gli azionisti
replicavano che era impossibile la convivenza coi fascisti che minava l’intento di
un’uscita fisica dal fascismo.
Già nel ’46 dunque l’Italia, uscita dalle macerie, che doveva avere una riforma etica,
dovette lasciare spazio all’Italia del compromesso e della continuità dello stato, gestita
da due partiti di massa dove la presenza fascista era condizionante. La certezza
azionista che il fascismo fosse stato un regime oppressivo di cui gli Italiani volevano
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liberarsi venne a cadere; come cadde l’idea che il fascismo fosse stato un regime
fantoccio, pieno di retorica e senza legami con la società italiana. Perché la storia degli
ultimi 65 anni dimostra che l’Italia è rimasta fondamentalmente legata ai vizi che
avevano portato l’Italia ad aderire al Ventennio.
Per uscire dal fascismo ci sarebbe voluta un pe