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IL RISORGIMENTO ITALIANO

-Il mito della Costituzione alle origini del Risorgimento

Gli avvenimenti politici che si svilupparono in Italia a seguito della rivoluzione

Francese, posero l’esigenza di fare una costituzione sul modello di quella

della Francia repubblicana dell’anno III (1795). Nel triennio rivoluzionario

vennero emanate una serie di costituzioni, dette “giacobine”, la quale

rappresentarono l’occasione per una presa di coscienza dei problemi

riguardanti il nuovo assetto da dare alla cosa pubblica e delle riforme da

avviare per superare il vecchio ordinamento degli Stati regionali e cittadini.

L’occasione per la diffusione dell’espansione rivoluzionaria venne offerta

dall’avanzata dell’Armée d’Italie nella penisola nel 1796. La promulgazione e

l’attivazione delle diverse costituzioni non avvenne ovunque nello stesso

modo, il alcuni casi a prevalere fu l’iniziativa dei generali o dei commissari

francesi che ne redassero i testi, in altri casi a dominare fu l’attività

costituente locale. L’esistenza delle repubbliche “giacobine” ebbe fine per

l’evolversi della situazione politica e militare creatasi nella penisola durante

l’offensiva, scatenata dalla seconda coalizione antinapoleonica. Il

consolidamento della presenza francese nella penisola e il definitivo

riconoscimento della Cisalpina, resero evidente la necessità di un nuovo

ordinamento per la repubblica. Napoleone diede vigore a un progetto per

un’assemblea costituente e la repubblica Cisalpina mutò il nome in Italiana.

Con la creazione del Regno italico nel 1805 e la promulgazione del primo

statuto costituzionale, la repubblica fu trasformata in una monarchia ereditaria

e il trono venne assunto da Napoleone I, imperatore di Francia. Nel

Mezzogiorno, Giuseppe Bonaparte nel 1808 promulgò la costituzione di

Baiona, la quale si differenziava per aver definito l’ordinamento della

monarchia meridionale con un unico atto normativo. La difficile situazione in

cui venne a trovarsi il Mezzogiorno e la diffidenza di Gioacchino Murat,

impedirono la completa attuazione della Costituzione. La costituzione

promulgata nel 1812 in Sicilia, sotto l’egida di Lord Bentik, si ispirava a un

Parlamento bicamerale e prevedeva un ordinamento meno accentrato

rispetto a quello della penisola sotto il dominio francese. Al crollo

napoleonico, dopo la sconfitta di Waterloo, il 18 giugno 1815, e il rispristino

dell’equilibrio europeo secondo il Congresso di Vienna, seguiva il venir meno

delle forme costituzionali. La costituzione venne assunta come idea di forza

per mezzo della quale far valere le esigenze di libertà politica e civile; venne,

infatti, rivendicata durante la Restaurazione nella penisola durante i moti del

1820-21 e del ’31. La rivoluzione del 1820-21 determinò la ripresa del

movimento costituzionale in Italia che portò alla sollevazione della

guarnigione di Nola nel Mezzogiorno. L’esercito fu guidato dai tenenti Morelli

e Silvati, mentre la direzione del movimento costituzionale veniva assunta da

Guglielmo Pepe. L’obiettivo dei moti era di dar vita a ordinamenti

rappresentativi di matrice liberale e di ripristinare l’egemonia borghese,

accompagnata da un ridimensionamento dei poteri dinastici. La repressione,

però, fu stroncata sia nel Regno delle due Sicilie che in Piemonte. Nel 1830

l’Europa venne investita da una seconda ondata rivoluzionaria che dalla

Francia, si propagava all’Italia, al Belgio e alla Polonia. Nel 1831 proclamata

la decadenza del potere temporale del pontefice, l’assemblea delle Province

Unite promulgò un testo costituzionale che garantiva la laicità dello Stato, la

separazione dei poteri ecc. questa fu repressa e le potenze europee

tentarono di spingere il pontefice a riformare l’organizzazione con la

creazione di un Consiglio di stato. Il ’48 europeo rappresentò, invece,

l’aspirazione verso strutture statali più liberali, fondate sull’allargamento del

suffragio elettorale e su carte costituzionali che spazzarono via l’antico

regime. Il 4 marzo 1848, fu deliberato lo Statuto di Carlo Alberto al Regno di

Sardegna, esso fu il prodotto di una decisione politica urgente, un simbolo

della nazionalizzazione del paese e dell’identificazione della nazione con la

dinastia sabauda, che da assoluta si trasformò in costituzionale e si diede vita

ad un sistema parlamentare. Lo Statuto definiva una forma di monarchia

costituzionale, con una natura “flessibile” (modificabile con legge ordinaria).

La prima modifica dello Statuto fu quella della bandiera, che dalla coccarda

azzurra passò a quella tricolore. Esso era “breve”, limitandosi ad enunciare i

diritti e ad individuare la forma di governo. Il re restava capo supremo dello

Stato ed esercitava il potere esecutivo. Il Parlamento era composto dalla

Camera del Senato e da quella dei deputati.

-Mazzini e l’opzione rivoluzionaria

Il pensiero rivoluzionario influì notevolmente sulle società segrete nate in

Italia dopo il 1789, la Carboneria era un’organizzazione settaria e le sette

segrete furono i primi movimenti politici, dopo la restaurazione, che miravano

a un rovesciamento politico. La prima consapevolezza politica di Mazzini si

ebbe durante i moti piemontesi del 1821. Nel 1827 si affiliò alla Carboneria,

ma poi fu costretto all’esilio a Marsiglia, dove nacque l’idea di “Giovane Italia”

che avrebbe dovuto rappresentare un vero e proprio movimento popolare. In

particolare, Mazzini introdusse un elemento centrale nella futura evoluzione

del sentimento nazionale: la visione mistico-religiosa della patria. Gli obiettivi

erano: l’indipendenza dell’Italia dallo straniero, l’unità italiana e la libertà. Fu

creata anche una rivista, con lo stesso nome, la quale propagandava le idee

di Mazzini a un pubblico più vasto. Il fallimento della spedizione in Savoia non

affievolì lo spirito di Mazzini: anzi, i fallimenti dovevano costituire l’elemento

fondamentale per una ripresa, per ritentare ancora la via insurrezionale. Nel

1834, si pose il problema di allargare i confini e gli scopi della “Giovane Italia”

a un ambito più vasto. Nacque così, da un gruppo di esuli politici la “Giovane

Europa”. Era presente in Mazzini il concetto di “primato” e cioè l’idea che

l’Italia fosse la nazione che potesse meglio costituire un esempio da seguire.

Falliti i moti in Savoia, Mazzini di fatto sciolse la “Giovane Italia” e si riparò in

Inghilterra; nel 1839 la rifondò, soprattutto perché era preoccupato

dall’aumento di gruppi e organizzazioni totalmente privi di un unico centro

operativo. Negli anni ’40 mentre si registrava l’ennesimo fallimento

insurrezionale con la spedizione dei fratelli Bandiera, per Balbo bastava

stabilire con l’Austria un accordo per determinare un vantaggio territoriale per

l’Italia. La proposta risultò essere assolutamente inaccettabile. Per Gioberti

l’Italia si sarebbe potuta realizzare attraverso una federazione con al vertice il

Papa, una sorta di capo dei principi italiani, garante della loro nuova alleanza.

Nella nuova “Giovane Italia” Mazzini aggiungeva un elemento significativo,

ossia la questione sociale; parlando di collaborazione tra le classi e di

partecipazione degli operai; una comunità fatta da tutto il popolo e non

soltanto espressione di una classe.

Uno dei principali nemici di Mazzini fu Cavour, inoltre per egli la Repubblica

era la migliore delle soluzioni possibili perché avrebbe rappresentato

l’affermazione di un governo popolare. Per Mazzini Liberalismo voleva dire

egoismo, individualismo e separazione di Stato e individuo; la stessa libertà

era finalizzata alla educazione dei cittadini affinché arrivassero alla verità. Per

l’unificazione Cavour mirava alla reazione di una società di credenti nella

quale i doveri venissero prima dei diritti, e per poter raggiungerla era

indispensabile una politica di accordi internazionali; mentre per Mazzini, ogni

accordo internazionale sarebbe stato un errore perché avrebbe tolto al

popolo italiano la possibilità di realizzare il suo farsi Stato. Gli anni 40, mentre

Mazzini era in Inghilterra, erano stati gli anni delle grandi illusioni

dell’insurrezionalismo, l’episodio più drammatico fu senza dubbio quello dei

fratelli Bandiera, Attilio ed Emilio, dalla Grecia raggiunsero le coste calabresi,

convinti che vi fosse un’insurrezione in atto, ma in realtà si era conclusa con

una dura repressione del governo borbonico. Mazzini fu accusato di mandare

a morire inutilmente i giovani che lo seguivano, invece i fratelli Bandiera

avevano seguito le indicazioni del capo della Legione Italica, Nicola Fabrizi,

che Mazzini non condivideva. Mazzini abbandonò l’organizzazione della

Giovane Italia e costituì l’Associazione Nazionale Italiana, nel marzo 1848,

essa costituiva un vero e proprio partito politico, con un programma ben

definito, il cui primo passo era il raggiungimento dell’unità e la liberazione

dallo straniero. Per egli la patria e la nazione erano una comunione fraterna

di uomini liberi parlanti la stessa lingua e credenti in una fede sociale. La

stagione delle insurrezioni del 1848 non ebbe l’esito sperato, infatti, il papa

Pio IX, dopo essersi dichiarato contrario, fece fallire l’ipotesi neoguelfa.

Nel 1848, a Roma fu ucciso Pellegrino Rossi, primo ministro dello Stato

Pontificio, così la popolazione chiese a Pio IX un nuovo governo che

operasse a favore del progetto unitario e convocasse la costituente. A

febbraio venne proclamata la repubblica romana, della quale Mazzini fu uno

dei triumviri, con Armellini e Saffi. La costituzione fu votata dall’Assemblea

costituente il 3 luglio 1849, il giorno stesso in cui la repubblica finiva. Tra le

novità più rilevanti vi era il suffragio universale maschile, non era prevista la

figura del capo dello Stato, non si proclamava la religione cattolica religione

dello Stato, la sovranità era per diritto eterno nel popolo ed era prevista la

suddivisione dei poteri.

La fine della repubblica romana e di quella di San Marco, chiusero l’attività

del biennio rivoluzionario; per Mazzini il fallimento era dovuto al fatto che

l’insurrezione non aveva avuto un solo centro di coordinamento a livello

nazionale; nell’opuscolo “Agli Italiani” ,scritto da Mazzini, si ribadiva che se i

moti non erano riusciti, ciò era dipeso dalla codardia delle classi dirigenti della

penisola, che non avevano avuto il coraggio di appoggiare i moti. Egli non

mostrò e

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Publisher
A.A. 2016-2017
8 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher a12795- di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Gin Emilio.