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CAP.1 - La Grande Guerra: evento e racconto
La Grande Guerra rappresenta lo spartiacque del mondo contemporaneo (prima guerra tecnologica) e la frattura del corso storico. La violenta irruzione del moderno nella realtà è ancora più profondamente nella mente degli uomini.
La Grande Guerra rappresenta inoltre un evento chiave della memoria, in particolare per la gente comune (contadini) come viene attestato dalle testimonianze orali e dalle scritture:
- epistolari
- diaristiche
- memorialistiche
La guerra è un evento che trascina via da se stessi. L'esperienza della modernità è in primo luogo un'esperienza di lacerazione che investe il senso della vita e il senso della storia.
La guerra veniva dimenticata perché aveva offeso in profondità e modificato il quadro mentale; si parla di "neurosi da guerra" a distanza di anni. Il vocabolario della guerra è fatto dai diplomatici e dai potenti MA dovrebbe essere corretto dai reduci, dalle vedove, dagli orfani ecc.
Nel caso in cui testimone e protagonista coincidano, un ruolo decisivo nel definire il senso della comunicazione è riportato dalla qualità del destinatario come del mezzo impiegato per comunicare. Le parole dette o scritte dai combattenti vanno quindi, decodificate e interpretate: forme di autocensura, rassicurazione e autoassicurazione che devono essere decifrate e decodificate
"Non era il caso di dare pensieri a casa…" ciò è vero soprattutto quando si scrive alla madre o alla moglie, mentre si tende a essere più veritieri con i fratelli, zii ecc. L'intenzione primaria quando si scrive dal fronte era quella di occultare il proprio stato. Il bisogno di raccontare si scontra col desiderio di rimuovere (nominare le proprie paure significa rafforzarle anche se desiderio superarle).
La scarsa dimestichezza con la penna costringe i soldati a farne un uso spropositato, dove si capisce che nell'atto di scrivere sentono il disagio di una comunicazione insufficiente. Per supplire a questa insufficienza delle parole, non c'è pertanto altro mezzo che ricorrere alla fotografia come forma di comunicazione più diretta. Fotografia vista come oggetto di investimento emotivo superiore.
L'ancoraggio ai sentimenti e ai legami famigliari appaiono come unico rifugio in una situazione inospitale e precaria.
La corrispondenza tende in primo luogo a ricomporre la continuità della propria esperienza e dei propri legami famigliari, nel momento in cui essi subiscono il più violento assalto. La lettera diventa un bisogno primario. Le corrispondenze si assomigliano fra loro come gocce d'acqua (soprattutto gli aspetti più orribili e cruenti della guerra).
Al di sotto delle formule sempre uguali, le lettere sono diversissime:
- secondo periodi (tono speranzoso solo nei primi mesi della guerra)
- secondo gli scriventi (tono afflitto negli anziani)
- secondo i destinatari (maggiore sincerità alle persone che non sono la madre o la moglie)
Quanto più grande è la distanza degli scriventi dall'abitudine allo scrivere, tanto più questa scrittura appare in sé un fatto nuovo di singolare rilievo.
L'evento Guerra fu "Grande" anche e soprattutto per le modificazioni che indusse nella SFERA MENTALE, nella forma di comunicazione e autorappresentazione.
La scrittura rappresenta il moderno, il nuovo, ciò che trasformò l'azione del leggere in un esercizio silenzioso, interiore, individuale fu la conquista della scrittura.
Il possesso e l'uso della scrittura indicano in generale una vera e propria "mutazione antropologica".
All'uso della scrittura è legata la nascita del senso del passato: "Registrare il passare del tempo".
Diari e memorie autobiografiche:
Oltre al racconto degli eventi e delle abitudini, c'è il costruirsi del soggetto separato dal mondo: la scissione fra un io rappresentato autonomamente e un mondo che (nella guerra e nella tecnologia) si proietta per la prima volta fuori di sè come entità sovrastante e insieme altamente coinvolgente.
Infine troviamo il costruirsi di un passato sperato dal presente, quello che abbiamo già chiamato "senso della frattura e della discontinuità".
Scrivere può rappresentare una forma di:
- difesa
- resistenza
- fuga (diserzione)
- conquista di sé
Le metafore della "frattura" e del "trauma" derivano entrambe dal linguaggio clinico, della patologia del corpo e della mente, a indicare una lesione violenta, una ferita che lascerà comunque il suo segno indelebile.
Medici sono le centinaia di ufficiali che su tutti i fronti, per oltre quattro interminabili anni, svilupperanno osservazioni e costruiranno discorsi sull'orrore e sull'oscenità, sulla mutilazione e sulla morte, sulla paura e sul desiderio di fuga. Nella letteratura specializzata, nell'osservazione professionale, i medici appaiono i più precisi interpreti della guerra come olocausto industriale e come follia, come esperienza che trasforma e deforma, dal punto di vista fisico e mentale, intere generazioni.
"Il libro d'oro" è una pubblicazione celebrativa dedicata dai "medici italiani ai loro eroi". Nelle incisioni del pittore Duilio Cambellotti che illustrano il volume, ferite, mutilazioni e malattia smettono le loro sembianze mostruose per circondarsi di un alone di sacralità.
La morte appare come destino imperscrutabile e come evento glorioso, come compimento di una missione e di un dovere. Benché la morte renda tutti uguali, essa non è, in queste pagine, anonima, non è morte di massa.
Doppiamente sacra è quindi la morte del medico, e di tutti coloro che in guerra svolgono funzioni sanitarie e di soccorso.
La Grande Guerra, con l'eccezionale durata e intensità delle sofferenze e dei disastri provocati, unite l'impossibilità di trovare altre vie di fuga, segnò una decisa recrudescenza dell'auto lesionismo, osservato dalle autorità con crescente preoccupazione e dai medici con un misto di curiosità professionale e di disgusto patriottico. Le denunce e le condanne di automutilazione furono più di quelle per diserzione. Per lo più vittime di questi mali non erano che "poveri diavoli" alla ricerca di una via d'uscita dalla situazione intollerabile.
Dalle mani del medico dipendeva tutto: decisione per una licenza o per un rinvio al fronte, ricovero o un deferimento al tribunale militare. In ultima analisi nelle sue mani sono spesso la vita o la morte di molti uomini.
Per curare disturbi di ordine "sensitivo-sensoriale e sensorio-motorio", il metodo suggerito da un autore francese, consiste nell'applicare a scopo suggestivo forti e brusche scariche di corrente faradica. Dolore e terrore sono dunque parte delle pratiche mediche di investigazione e recupero. Al terrore della guerra, da cui il soldato è riuscito a sottrarsi, si contrappone il terrore di queste pratiche, onde farle desistere dai suoi propositi.
Il manicomio si presenta come un'alternativa al plotone di esecuzione, e comunque può offrire una via d'uscita alla costrizione, una chance per momenti di insofferenza, una scappatoia. L'idea di "fare i matti" come mezzo per eludere i meccanismi implacabili della mobilitazione o quelli della giustizia militare, appare radicata nei modi di pensare popolari.
CAP.4 - Un nuovo paesaggio mentale
La prima guerra mondiale segna il trionfo della tecnologia anche come grande agente di trasformazione delle esperienze visive e sonore, ossia delle forme di percezione. Il vecchio equilibrio sensoriale è rotto dalla potenza dei nuovi eventi visivi e sonori. Ciò è dovuto in primo luogo al bombardamento sensoriale, sia di tipo visivo sia, soprattutto, acustico.
Sempre più frequenti sono i casi di sordità e mutismo: quasi che l'esplosione abbia prodotto un deserto percettivo dal quale sia impossibile estrarre nuovi suoni e che le vittime tentino di opporre un'impenetrabile barriera a ulteriori rapporti col mondo esterno.
Predominio dell'elemento sonoro e intensità lacerante degli stimoli sensoriali sembrano essere alla base di un altro fenomeno tipico dell'ambiente di guerra: la dissociazione e scomposizione degli eventi percettivi. Separazione dell'esperienza visiva da quella uditiva nel corso dei bombardamenti.
Fotografia e cinema devono molto alla guerra, così come la guerra deve molto all'una e all'altro: sul piano delle tecnologie militari e su quello dell'organizzazione del tempo libero e del consenso. Il cinema è tecnologia e serve alla tecnologia, all'organizzazione del lavoro. Il cinema è artificio: come la protesi, è oltre l'idea di natura.
La riproduzione meccanica, l'amplificazione e la conservazione danno al suono una fisionomia nettamente artificiale. Sui campi di battaglia della Grande Guerra un'esperienza simile diviene patrimonio dell'uomo comune, si impone al suo orizzonte percettivo. Il paesaggio sonoro del combattente è popolato di suoni e rumori intensissimi, prodotti artificialmente, che sovrastano l'ambientazione naturale, la rimodellano ex novo e avvolgono pervasivamente la mente.